ordinanza 9 maggio 2003, n. 157 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 14 maggio 2003, n. 19);Pres. Chieppa, Est. Marini; Corte d'appello di Roma c. Camera dei deputati. Conflitto diattribuzioneSource: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 10 (OTTOBRE 2003), pp. 2525/2526-2529/2530Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23198671 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
che il carattere incidentale del giudizio di costituzionalità non
consente di sollevare la questione di legittimità dopo la decisio
ne del merito della causa, quando il suo oggetto comporti la ne
cessaria applicazione della disposizione censurata; che la questione è, dunque, irrilevante per difetto di pregiudi
zialità, in quanto il giudice amministrativo, pronunziando nel
corso dello stesso giudizio la sentenza parziale con la quale pro
prio in applicazione della norma denunciata ha respinto le cen
sure proposte con il ricorso, ha esaurito la propria cognizione e
si è precluso la possibilità «di sollevare l'eccezione di legitti mità costituzionale» (ordinanza n. 264 del 1998, id., 1999, I,
392; sentenze n. 315 del 1992, id., 1992, I, 2907; n. 116 del
1992, id., Rep. 1992, voce Pena (applicazione su richiesta), n.
26; n. 242 del 1990, id., 1990,1, 2093), sicché essa va dichiarata
manifestamente inammissibile.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la manife
sta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale
dell'art. 3, 2° comma, d.leg. 30 luglio 1999 n. 286 (riordino e
potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e
valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell'attività
svolta dalle amministrazioni pubbliche, a norma dell'art. 111.
15 marzo 1997 n. 59) sollevata, in riferimento all'art. 76 Cost., dal Tar Lazio con l'ordinanza indicata in epigrafe.
I
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 9 maggio 2003, n. 157 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 14 maggio 2003, n. 19); Pres. Chieppa, Est. Marini; Corte d'appello di Roma c.
Camera dei deputati. Conflitto di attribuzione.
Corte costituzionale — Conflitto tra poteri dello Stato —
Parlamentare — Immunità per voti dati e opinioni espres se — Ricorso dell'autorità giudiziaria — Delibera parla mentare già annullata in altro giudizio — Inammissibilità
(Cost., art. 68, 134; 1. 11 marzo 1953 n. 87, norme sulla co
stituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale, art.
37).
E inammissibile, in quanto avente ad oggetto una delibera par lamentare già annullata dalla Corte costituzionale a seguito di altro conflitto tra poteri sollevato da diverso giudice, il ri
corso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato ripro
posto dalla Corte d'appello di Roma nei confronti della deli
bera 17 novembre 1999 con cui la camera dei deputati ha di
chiarato insindacabili, ai sensi dell'art. 68, 1° comma, Cost., le opinioni espresse dall'on. Sgarbi cui si riferisce il giudizio civile in corso per risarcimento dei danni. (1)
(1-2) In entrambi i casi il ricorso era stato dichiarato ammissibile dalla Corte costituzionale (v., rispettivamente, ord. 31 maggio 2001, n.
177, Foro it., Rep. 2002, voce Corte costituzionale, n. 73, e 16 novem bre 2000, n. 499, id.. Rep. 2001, voce cit., n. 73), ma il giudice, «per un
mero disguido», non aveva proceduto alla notificazione dell'atto intro
duttivo e dell'ordinanza dichiarativa di ammissibilità ed aveva quindi
riproposto il ricorso, negli stessi identici termini. Con riguardo al ricorso deciso con l'ord. 157/03, la corte non ha pre
so in considerazione il fatto che veniva riproposto il medesimo conflitto
dalla stessa autorità giudiziaria, in quanto ha ritenuto assorbente il fatto
che la delibera parlamentare impugnata (per due volte) dalla Corte
d'appello di Roma, nell'ambito di un giudizio civile per risarcimento
dei danni, era già stata annullata dalla corte (sent. 12 novembre 2002, n.
448, id., 2003, I, 1294, con nota di richiami) a seguito di analogo con flitto proposto dal Tribunale di Caltanissetta nell'ambito di un proce dimento penale cui avevano dato luogo le stesse affermazioni del par lamentare. Se non si fosse verificata questa coincidenza, quella delibera
parlamentare, in conseguenza della giurisprudenza instaurata con la
Il Foro Italiano — 2003.
II
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 10 aprile 2003, n. 116 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 16 aprile 2003, n.
15); Pres. Chieppa, Est. Neppi Modona; Tribunale di Calta
nissetta (Avv. Manna) c. Camera dei deputati (Avv. Panun
zio). Conflitto di attribuzione.
Corte costituzionale — Conflitto tra poteri dello Stato —
Parlamentare — Immunità per voti dati e opinioni espres se — Ricorso dell'autorità giudiziaria
— Riproposizione
— Inammissibilità (Cost., art. 68, 134; 1. 11 marzo 1953 n. 87, art. 37).
E inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato riproposto negli identici termini dal Tribunale di
Caltanissetta nei confronti della delibera 21 giugno 2000 con
cui la camera dei deputati ha ritenuto coperti dall'immunità
di cui all'art. 68, 1° comma, Cost, i fatti per i quali è in corso
un procedimento penale nei confronti dell'on. Vittorio Sgarbi
(nella specie, il giudice, «per un mero disguido», non aveva
provveduto a notificare l'atto introduttivo e l'ordinanza di
chiarativa di ammissibilità relativi al primo ricorso). (2)
III
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 1° aprile 2003, n. 111
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 9 aprile 2003, n. 14); Pres. Chieppa, Est. Flick; Tribunale di Roma c. Camera dei
deputati. Conflitto di attribuzione.
Corte costituzionale — Conflitto tra poteri dello Stato —
Ammissibilità — Deposito del ricorso — Termini — Inos
sent. 116/03, non sarebbe stata più sindacabile ed il parlamentare non sarebbe stato più giudicabile.
Con la decisione 116/03 infatti la Corte costituzionale risolve, in senso negativo, il dubbio circa la riproponibilità dei ricorsi già presen tati o perché, come nella specie, il giudice non ha provveduto ai richie sti adempimenti successivi al provvedimento di ammissibilità della corte o, come più spesso è accaduto, perché lo ha fatto in ritardo ed il
ricorso è stato così dichiarato improcedibile per tardività. Per questa seconda ipotesi, v., successivamente, Corte cost., ord. 18 luglio 2003, n. 254 e 15 luglio 2003, n. 247, G.U., la s.s., n. 29 del 2003; 11 luglio 2003, n. 238, id., n. 28 del 2003; 18 giugno 2003, n. 214, id., n. 25 del
2003; 4 giugno 2003, nn. 188 e 189, id., n. 23 del 2003; 9 maggio 2003, n. 153, id., n. 19 del 2003, che hanno pure concluso per l'inammissibi lità della riproposizione del ricorso.
La Corte costituzionale ha ritenuto che la mancanza di un termine di decadenza ha rilievo solo per la fase anteriore alla proposizione del conflitto e svolge il ruolo di favorire al massimo le intese a livello extra
giudiziario, mentre una volta formalizzato, con il ricorso, il conflitto, interviene allora l'esigenza che il giudizio, instaurato, sia concluso in termini certi, non rimessi alle parti configgenti e «va dunque superata la ormai palesata situazione di conflittualità e di incertezza, che non si
attaglia alle questioni di equilibrio tra i poteri dello Stato, le quali inve
ce. attenendo alle garanzie di ripartizione costituzionale delle attribu zioni, postulano che siano ristabilite certezza e definitività di rapporti, al fine di assicurare il regolare esercizio delle funzioni costituzionali».
In tal modo colui che si è sentito leso da espressioni o comporta menti tenuti nei suoi confronti da un parlamentare, reputati estranei al l'esercizio delle sue funzioni da un soggetto indipendente ed imparziale come il giudice, non avrà sul punto risposta alcuna, essendo ormai pre clusa, causa comportamenti del tutto estranei al soggetto leso, una deci sione nel merito.
In dottrina, sul problema della riproponibilità di ricorsi dichiarati im
procedibili per tardività, v. Romboli, Sentenze di improcedibilità della
Corte costituzionale ed effetto preclusivo alla riproposizione dello stes
so ricorso per conflitto tra poteri: a proposito di una «memoria a futu ra memoria», in Foro it., 1999, I, 2427; Benelli, «Repetita iuvant». A
proposito della riproponibilità di (due) conflitti già dichiarati impro cedibili, in Giur. costit., 2000, 1110; Cecchetti, Problemi dell'accesso
al giudizio sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato, in An
zon-Caretti-Grassi (a cura di). Prospettive di accesso alla giustizia costituzionale, Torino, 2000, 348; Guarini, Riflessioni minime in tema
di (ri)ammissibilità di conflitti tra poteri già dichiarati «improcedibi li», in Giur. it., 2000, 1989; Perini, Una pronunzia della Cassazione sulla riproponibilità dei conflitti di attribuzione dichiarati improcedi bili. in Giur. costit., 2000, 3447; Grassi, Immunità e giurisdizione nei
conflitti costituzionali, in AA.VV., Immunità e giurisdizione nei con
flitti costituzionali, Milano, 2001, 303.
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2527 PARTE PRIMA
servanza — Imprevedibilità — Fattispecie in tema di im
munità parlamentare (Cost., art. 68, 134; 1. 11 marzo 1953
n. 87, art. 37).
E improcedìbile il ricorso per conflitto dì attribuzione tra poteri dello Stato allorché lo stesso, una volta dichiarato ammissi
bile dalla Corte costituzionale, sia stato depositato, unita
mente alla prova delle avvenute notificazioni eseguite ai sensi
degli art. 37, 4° comma, l. 11 marzo 1953 n. 87 e 26, 3° com
ma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
costituzionale, presso la cancelleria della corte oltre il termi
ne di venti giorni dall'ultima notificazione (fattispecie in te
ma di immunità parlamentare per opinioni espresse e voti
dati). (3)
I
Ritenuto che con ordinanza-ricorso del 18 gennaio 2002, de
positata presso la cancelleria di questa corte il 6 febbraio 2002,
la Corte d'appello di Roma, nel corso di un giudizio civile per il
risarcimento dei danni promosso dal magistrato Antonio Tricoli
nei confronti del deputato Vittorio Sgarbi ed altri, ha sollevato
conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della
camera dei deputati in relazione alla deliberazione con la quale l'assemblea, nella seduta del 17 novembre 1999, ha dichiarato
insindacabili, ai sensi dell'art. 68, 1° comma. Cost., le opinioni
espresse dal deputato Sgarbi, cui la pretesa risarcitoria si riferi
sce; che il giudice ricorrente premette di avere già sollevato con
flitto, in relazione alla medesima deliberazione e nel corso dello
stesso processo, con ordinanza del 27 novembre 2000: conflitto
dichiarato ammissibile da questa corte, con ordinanza depositata il 31 maggio 2001, n. 177 (Foro it., Rep. 2002, voce Corte co
stituzionale, n. 73); che, per un disguido della propria cancelleria, la ricorrente
Corte d'appello di Roma non ha provveduto nei termini alle
prescritte notificazioni ed al conseguente deposito nella cancel
leria di questa corte degli atti notificati; che tuttavia permarrebbero, secondo lo stesso giudice, le ra
gioni di conflitto già esposte nella ricordata ordinanza del 27
novembre 2000, in quanto le frasi e le opinioni asseritamente le
sive dell'onore e della reputazione dell'attore, espresse dallo
Sgarbi nel corso di una trasmissione televisiva, non sarebbero in
alcun modo collegate all'esercizio della funzione parlamentare; che pertanto la Corte d'appello di Roma chiede che questa
corte accerti che non spetta alla camera dei deputati dichiarare
l'insindacabilità, ai sensi dell'art. 68, 1° comma, Cost., delle
opinioni espresse dal deputato Vittorio Sgarbi e conseguente mente annulli la deliberazione parlamentare adottata dalla stessa
camera dei deputati nella seduta del 17 novembre 1999.
Considerato che in questa fase la corte è chiamata, ai sensi
dell'art. 37, 3° e 4° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 (norme sulla
costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), a
deliberare se il ricorso sia ammissibile, valutando, senza con
traddittorio tra le parti, se sussistano i requisiti soggettivo ed
oggettivo di un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato;
(3) Il ricorso era stato dichiarato ammissibile da Corte cost., ord. 5
aprile 2002, n. 93, Foro it., Rep. 2002. voce Corte costituzionale, n. 93. Per la dichiarazione di improcedibilità dei ricorsi per mancato ri
spetto del termine di venti giorni dall'ultima notificazione per il depo sito del ricorso, unitamente alla prova delle avvenute notificazioni, v. Corte cost. 1° aprile 2003, n. 106, G.U.. 1" s.s., n. 14 del 2003; 28 mar zo 2003, n. 99. id., n. 13 del 2003; 10 maggio 2002. n. 172, Foro it., 2002,1, 1914, con nota di richiami e osservazioni di Romboli.
Per l'inammissibilità di ricorsi aventi ad oggetto l'ambito di applica zione dell'art. 68. 1° comma, Cost, per incertezza o carente indicazione del petitum o per assenza di una demanda chiaramente individuabile, v. Corte cost., ord. 20 giugno 2002, n. 266, sent. 14 giugno 2002, n. 237, e 23 maggio 2002, n. 206, id., 2003,1. 988, con nota di richiami.
In tema di conflitto di attribuzione tra autorità giudiziaria e camere in ordine all'applicazione ai parlamentari dell'immunità per i voti dati e le
opinioni espresse nell'esercizio delle loro funzioni, v. Corte cost. 24
giugno 2003, n. 219. in questo fascicolo. 1, 2518, con nota di richiami; ord. 15 gennaio 2003, n. 3, e sent. 12 novembre 2002, n. 449, id., 2003, 1. 1010, con nota di richiami ed osservazioni di Romboli; 6 dicembre
2002, n. 521, ibid., 1013, con nota di richiami e osservazioni di Cerase; 4 dicembre 2002, nn. 509 e 508, 12 novembre 2002, n. 448, e 31 otto bre 2002, n. 435, ibid., 1293, con nota di richiami. [R. Romboli]
Il Foro Italiano — 2003.
che a tali finì — ed a prescindere dall'esame di ogni altro
profilo — è sufficiente rilevare che la deliberazione della came
ra dei deputati in data 17 novembre 1999, in relazione alla quale la Corte d'appello di Roma ha sollevato conflitto, è già stata an
nullata da questa corte con la sentenza n. 448 del 2002 (id.,
2003, I, 1294), a seguito del giudizio su un distinto conflitto di
attribuzione, sollevato dal Tribunale di Caltanissetta nel corso di
un processo penale a carico del deputato Sgarbi; che, infatti, la deliberazione in questione si riferiva sia al pro
cedimento penale nel cui ambito è stato sollevato il conflitto
giudicato con la sentenza n. 448 del 2002, sia al procedimento civile di cui si tratta, all'epoca pendente, in primo grado, dinan
zi al Tribunale di Roma, l'uno e l'altro originati dalle medesime
dichiarazioni dello Sgarbi, riguardanti due diversi magistrati; che pertanto, una volta caducata la predetta deliberazione
della camera, è venuto meno l'ostacolo che, secondo la giuris
prudenza di questa corte, preclude al giudice di pronunciarsi sui
comportamenti oggetto della deliberazione stessa;
che, conseguentemente, non esiste più la materia di un con
flitto di attribuzione tra poteri dello Stato (cfr. ordinanza n. 3
del 2003, ibid., 1010). Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara inammissi
bile il ricorso per conflitto di attribuzione di cui in epigrafe,
proposto dalla Corte d'appello di Roma nei confronti della ca
mera dei deputati.
Il
Diritto. — 1. - Il conflitto di attribuzione tra poteri dello Sta
to, sollevato dal Tribunale di Caltanissetta con atto del 19 luglio 2001 indicato in epigrafe, ha per oggetto la deliberazione con la
quale la camera dei deputati, nella seduta del 21 giugno 2000, ha dichiarato che i fatti, per i quali era in corso innanzi al mede
simo tribunale il giudizio per diffamazione aggravata nei con
fronti del deputato Vittorio Sgarbi, riguardano opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni parlamentari e conseguentemente sarebbero insindacabili ai sensi dell'art. 68. 1° comma, Cost.
Il tribunale ricorrente, premesso di avere già sollevato, con
atto del 19 luglio 2000, conflitto di attribuzione nei confronti
della camera dei deputati avverso la suddetta deliberazione e di
non avere successivamente disposto né effettuato, «per un mero
disguido», le notificazioni prescritte dall'ordinanza della Corte
costituzionale n. 499 del 2000 (Foro it., Rep. 2001, voce Corte
costituzionale, n. 73) di ammissibilità del conflitto, ripropone
«negli identici termini» il precedente atto introduttivo, soste
nendo che la deliberazione in questione violerebbe la propria sfera di attribuzione, costituzionalmente garantita. Secondo il
Tribunale di Caltanissetta, infatti, la deliberazione della camera
dei deputati si fonderebbe su una motivazione poco plausibile ed arbitraria, che non farebbe «il pur minimo riferimento ad
un'identità o analogia delle dichiarazioni con atti parlamentari
tipici», al di là di un generico richiamo al contesto politico e al
sindacato ispettivo esercitato dallo stesso Sgarbi sull'uso della
custodia cautelare. In difetto di una sufficiente motivazione sul
l'esistenza del nesso funzionale tra l'attività del parlamentare e
le opinioni espresse, la delibera impugnata, ad avviso del tribu
nale ricorrente, avrebbe causato l'illegittima menomazione della
sfera di attribuzioni propria dell'autorità giudiziaria. 2. - In via preliminare occorre esaminare l'eccezione d'i
nammissibilità sollevata dalla difesa della camera dei deputati, sotto il profilo che il ricorso non poteva essere riproposto, poi ché il giudice «aveva ormai consumato il relativo potere».
Il ricorso in questione era già stato dichiarato ammissibile, in
sede di sommaria delibazione, da questa corte, con ordinanza n.
253 del 2002, riservata peraltro «ogni pronuncia definitiva an
che in ordine all'ammissibilità del ricorso, con particolare rife
rimento ai profili —
per la prima volta all'attenzione di questa corte, e che è opportuno possano essere discussi in contradditto
rio tra le parti — concernenti l'ammissibilità della riproposi
zione del medesimo ricorso quando non sia stata effettuata la
notificazione del precedente atto introduttivo e della relativa or
dinanza di ammissibilità, prevista dall'art. 26, 3° comma, delle
norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale».
3. - L'eccezione d'inammissibilità del ricorso deve essere ac
colta.
I conflitti tra «poteri» dello Stato, ora demandati dalla Costi
tuzione alla cognizione della Corte costituzionale, nell'ordina
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
mento statutario, in quanto riguardavano controversie tra gli or
gani supremi dello Stato, non avevano un giudice e venivano ri
solti, a seconda dei casi, in base a prassi, convenzioni o con
suetudini, che si fondavano su convincimenti in larga misura di
carattere politico. Incentrandosi pertanto la soluzione dei con
flitti su rimedi spontanei tipici delle vicende politiche, la dimen
sione giuridica delle controversie finiva per l'essere assorbita da
quella politica, tanto che la relazione ministeriale al disegno di
legge 11 marzo 1953 n. 87 rilevava che questi conflitti «finora
non erano mai stati considerati come suscettibili di soluzione
fuori del campo politico». Tuttavia, anche quando è entrato in vigore l'art. 134 Cost, ed
è divenuta costituzionalmente garantita la delimitazione della
sfera di attribuzioni dei diversi complessi organizzativi titolari
di funzioni si è assistito, almeno nei primi tempi, alla riluttanza
dei titolari degli organi vertice dello Stato ad abbandonare la lo
gica delle mediazioni e delle intese spontanee per chiedere alla
Corte costituzionale la soluzione di divergenze sulla spettanza dei reciproci poteri, nelle quali molto spesso il profilo giuridico ed il profilo politico della questione sono strettamente intrec
ciati. Del resto, dell'utilizzabilità dello strumento giudiziario
per la soluzione dei conflitti tra poteri si dubitava anche durante
la fase di attuazione dell'art. 134 Cost., tanto che l'on. Ambro
sini, nel corso del dibattito parlamentare sulla 1. n. 87 del 1953
(I legislatura, atti camera dei deputati 28 novembre 1950), ren
dendosi interprete di questi dubbi ebbe a ribadire che la soluzio
ne di quelle divergenze «non può aversi, anche oggi, che nel
campo politico». Nell'ottica di una soluzione di queste controversie consegui
bile prioritariamente, se non esclusivamente, nell'ambito del
«campo politico» si può comprendere, da un lato, la ragione della mancata fissazione, nella 1. n. 87 del 1953, di termini di
decadenza per la proposizione del ricorso e, dall'altro lato, la
previsione di una struttura «bifasica» del procedimento di riso
luzione dei conflitti di attribuzione tra poteri.
Quanto al primo punto, va osservato che il livello precipua mente politico-costituzionale delle controversie da risolvere ha
indotto il legislatore a non prevedere — in analogia a quanto
previsto per i conflitti di attribuzione disciplinati dalla 1. 31 marzo 1877 n. 3761 — termini per la proposizione del ricorso,
per favorire al massimo, al di fuori delle strettoie dei termini di
decadenza, la ricerca e la conclusione di intese extragiudiziarie tra gli organi interessati al conflitto.
Quanto al secondo punto, va osservato che — nel momento in
cui con il deposito del ricorso si attesta che non è possibile la
composizione spontanea della controversia, che pertanto viene
ufficializzata e sottoposta alla cognizione della corte — la for
malizzazione di una fase d'ammissibilità del conflitto risponde
proprio all'esigenza di delimitare il più possibile questo tipo di
processo ed i relativi soggetti ed oggetto, così da evitare che il
giudizio della corte possa interferire sulle scelte proprie del
«campo politico». E appunto a questo fine l'art. 37 1. n. 87 del
1953 dispone che la corte previamente deve decidere sia se esi
sta «la materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua
competenza», sia quali siano gli «organi interessati» al giudizio sul conflitto medesimo.
4. - Per tutte queste ragioni la disciplina legislativa di questo
tipo di processo presenta, in relazione alle sue finalità ed alla
particolarità dell'oggetto, aspetti assolutamente peculiari. Tale
disciplina deve peraltro continuare ad applicarsi in tutti i suoi
precetti, anche in presenza di una significativa evoluzione della
prassi e della giurisprudenza in materia di conflitti di attribuzio
ne, che mostra, tra l'altro, l'ampliamento dei soggetti legittimati e soprattutto il crescente coinvolgimento di autorità giudiziarie
diverse, nella qualità di organi di un potere «diffuso», in ricorsi
che hanno ad oggetto la tutela costituzionale della sfera di com
petenza dell'ordine giudiziario nei confronti degli altri poteri dello Stato.
Il legislatore del 1953 ha dunque conferito alla Corte costitu
zionale, in sede di delibazione sull'esistenza della «materia di
un conflitto», un potere molto ampio di individuazione dei pro fili soggettivi e di qualificazione del thema decidendum del con
flitto, tale addirittura da rischiare talvolta di investire gli aspetti di merito della questione, come potrebbe anche lasciare suppor re la reiezione — nel corso dei lavori parlamentari sulla 1. n. 87
del 1953 -— dell'emendamento dei senatori Mastino e Oggiano diretto appunto a limitare l'esame della corte, in sede d'ammis
II Foro Italiano — 2003.
sibilità, alle sole condizioni e forme del ricorso (I legislatura, atti senato 12 marzo 1949).
Si tratta quindi di un potere di conformazione del giudizio sul
conflitto di attribuzione, che si esprime attraverso la fissazione
di regole che necessariamente definiscono la «materia» del con
flitto, stabilendo inderogabilmente soggetti e termini per lo
svolgimento del processo. Regole che, per la loro natura con
formativa, non possono essere eluse quando il conflitto sia stato
sollevato in sede processuale, neppure invocando — ai fini di
un'eventuale riproposizione del medesimo ricorso già dichiarato
improcedibile per tardività della notifica o del deposito degli atti — la mancata previsione di termini di decadenza, che in questa fase non può avere rilievo, dal momento che la ratio di tale
mancata previsione, come si è detto, attiene alla fase anteriore
alla proposizione del ricorso: sussiste invero l'esigenza costitu
zionale che il giudizio, una volta instaurato, sia concluso in ter
mini certi non rimessi alle parti confliggenti. Va dunque supe rata la ormai palesata situazione di conflittualità e di incertezza, che non si attaglia alle questioni di equilibrio tra i poteri dello
Stato, le quali invece, attenendo alle garanzie di ripartizione co
stituzionale delle attribuzioni, postulano che siano ristabilite
certezza e definitività di rapporti, al fine di assicurare il regolare esercizio delle funzioni costituzionali.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara inammissi
bile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato
proposto dal Tribunale di Caltanissetta, sezione II penale, nei
confronti della camera dei deputati, con l'atto indicato in epi
grafe.
Ili
Diritto. — 1. - Il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato
è stato promosso con ordinanza pronunciata dal Tribunale di
Roma il 2 maggio 2001, nei confronti della camera dei deputati, in relazione alla delibera da quest'ultima adottata nella seduta
del 20 febbraio 2001 (atti camera, doc. IV-quater, n. 169), con
la quale è stato ritenuto che i fatti per i quali è in corso proce dimento penale nei confronti del deputato Tiziana Parenti con
cernono opinioni espresse da un membro del parlamento nel
l'esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell'art. 68, 1° comma,
Cost.
2. - Preliminare è l'esame della procedibilità del ricorso.
Nella disciplina dei conflitti di attribuzione tra poteri dello Sta
to, infatti, l'avvio di ciascuna delle due distinte fasi procedurali, nelle quali si articola il giudizio
— rispettivamente destinate a
concludersi, la prima, con la deliberazione sommaria sull'am
missibilità del ricorso e, la seconda, con la decisione definitiva
sul merito, oltre che sull'ammissibilità — è rimesso all'iniziati
va della parte (potere interessato, promotore del conflitto), che, in particolare, all'esito della prima fase sommaria, ha l'onere di
provvedere, nei termini previsti, sia alla notificazione del ricor
so e della relativa ordinanza, sia al deposito presso la cancelleria
di questa corte degli atti notificati, nel termine di venti giorni dall'ultima notificazione, ai sensi dell'art. 26, 3° comma, delle
norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale
(v., fra le altre, le sentenze n. 172 del 2002, Foro it., 2002, I,
1914; n. 293 del 2001, id.. Rep. 2002, voce Corte costituziona
le, n. 70; n. 253 del 2001, ibid., n. 69; n. 247 del 2001, ibid., n.
68). L'anzidetto termine di venti giorni ha carattere perentorio,
perché da esso decorre l'intera catena degli ulteriori termini sta
biliti, per la prosecuzione del giudizio, dall'art. 26, 4° comma, delle richiamate norme integrative (v., ex plurimis, le già citate
sentenze). 3. - Nella specie, l'atto introduttivo del conflitto è stato depo
sitato nella cancelleria della corte, con la prova delle notifica
zioni eseguite a norma dell'art. 37, 4° comma, 1. 31 marzo 1953
n. 87, I'll maggio 2002, oltre il termine di venti giorni dall'ul
tima notificazione, eseguita il 18 aprile 2002; termine, peraltro,
espressamente richiamato nell'ordinanza di questa corte n. 93
del 2002 (ibid., n. 93), emessa nella fase preliminare del con
flitto ai sensi dell'art. 37 della citata 1. n. 87 del 1953. Il ricorso
deve, pertanto, essere dichiarato improcedibile. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara improcedi
bile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato
proposto dal Tribunale di Roma nei confronti della camera dei
deputati con il ricorso indicato in epigrafe.
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