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Organo della FNISM fondata nel 1901 da della scuola nuova ... · di Domenico Milito 3 ... politiche...

Date post: 16-Feb-2019
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ISSN: 0012-9496 Sommario Editoriale di Domenico Milito Gigliola prima di Gigliola di Luisa La Malfa Quando gli amici se ne vanno... di Anna Maria Casavola Accesso democratico al sapere e cura della formazione di Fiorenza Taricone Per Gigliola di Antonia Sani I “Cosa pensiamo di...” di Gigliola Corduas Ricordo di Gigliola di Matilde e Franco Lanzino Un rapporto speciale Gigliola e la lettura di Elisabetta Bolondi Di Gigliola Corduas, di Terni, di scuola e di media di Fausto Dominici La Collana di Gigliola di Marisa Caccia Gigliola Corduas: la guerriera gentile al servizio della scuola di Pina Arena Ciao G di Paola Farina L’ECO della scuola nuova LXXI n.3 (236) Luglio-Settembre e n.4 (237) Ottobre-Dicembre 2015 € 3.10 Periodico trimestrale con supplemento - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale 70% - DCB - Roma. Abbonamento e iscrizione alla FNISM su C.C.B. Unicredit - Iban IT 35 Y 02008 05198 000102040572 intestato a FNISM - Federazione Nazionale Insegnanti Organo della FNISM Federazione Nazionale Insegnanti fondata nel 1901 da Gaetano Salvemini e Giuseppe Kirner “... Non è la prima volta che ribadisco il mio desiderio di passare la mano per la carica della Presidenza che ricopro dal 2002. Non è una dichiarazione formale! Sono convinta che in un’associazione l'alternanza sia garanzia di democraticità...” Il giorno 3 giugno 2015 la nostra Presidente Gigliola Ciummei Corduas ci ha lasciato. A Lei è dedicato l'intero numero di questo giornale. L'impronta della sua guida sarà per noi, redazione ed associazione, la traccia anche del nostro futuro. 2 3 6 13 7 14 30 31 32 32 33 35
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ISSN

: 0012-94

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Sommario

Editorialedi Domenico Milito

3Gigliola prima di Gigliola di Luisa La Malfa

6Quando gli amici se ne vanno...

di Anna Maria Casavola

7Accesso democratico al sapere

e cura della formazionedi Fiorenza Taricone

13Per Giglioladi Antonia Sani

14I “Cosa pensiamo di...”

di Gigliola Corduas

30Ricordo di Gigliola

di Matilde e Franco Lanzino

31 Un rapporto specialeGigliola e la letturadi Elisabetta Bolondi

32Di Gigliola Corduas, di Terni,

di scuola e di mediadi Fausto Dominici

32 La Collana di Giglioladi Marisa Caccia

33 Gigliola Corduas: la guerrieragentile al servizio della scuola

di Pina Arena

35Ciao G

di Paola Farina

L’ECOdella scuola nuova

LXXI n.3 (236) Luglio-Settembre e n.4 (237) Ottobre-Dicembre 2015 € 3.10

Periodico trimestrale con supplemento - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale 70% - DCB - Roma.Abbonamento e iscrizione alla FNISM su C.C.B. Unicredit - Iban IT 35 Y 02008 05198 000102040572 intestato a FNISM - Federazione Nazionale Insegnanti

Organo della FNISMFederazione Nazionale Insegnanti

fondata nel 1901 daGaetano Salvemini e Giuseppe Kirner

“... Non è la prima volta che ribadisco il mio desiderio di passare lamano per la carica della Presidenza che ricopro dal 2002. Non è unadichiarazione formale! Sono convinta che in un’associazionel'alternanza sia garanzia di democraticità...”

Il giorno 3 giugno 2015 la nostra Presidente Gigliola CiummeiCorduas ci ha lasciato. A Lei è dedicato l'intero numero diquesto giornale. L'impronta della sua guida sarà per noi,redazione ed associazione, la traccia anche del nostro futuro.

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Parlare di Gigliola Corduas, nel mo-mento in cui la sua imprevedibilescomparsa ci coglie di sorpresa e cicoinvolge emotivamente, non puòche risultare condizionato e riduttivo.Altri interventi, ospitati nel presentenumero de “L’Eco della scuolanuova”, a lei interamente dedicato,contenenti testimonianze ampie earticolate sulla sua figura umana esulla funzione da lei svolta da Presi-dente della FNISM, valgono a trat-teggiare in maniera più completa edesaustiva il profilo di una personache, senza ombra di dubbio, conti-nuerà a vivere nei cuori di quanti leabbiamo voluto veramente bene.Per quanto mi riguarda, in questaparticolare circostanza, mi preme in-quadrare l’operato di Gigliola, focaliz-zando l’attenzione su una sua chiaraposizione che la vedeva inquadrare iproblemi, affrontati e discussi, attra-verso un’ottica pedagogica, soprat-tutto allorquando si trattava diaffrontare questioni riguardanti lavalorizzazione della funzione do-cente e la difesa della scuola pub-blica.Fattori essenziali, questi, a cui veni-vano ricondotti, in buona parte, i li-velli di consapevolezza critica e dilibertà di pensiero, da considerarealla base di ogni offerta formativanella consapevolezza di quanto ciòpossa incidere, a lungo termine,sull’intero impianto repubblicano edemocratico del nostro Paese.Coerentemente, richiamandosi alsolco tracciato dalla nostra miglioretradizione, la FNISM con GigliolaCorduas, nel continuare a configu-rarsi come “partito della scuola”, haprivilegiato tale prospettiva anchenel momento in cui si è trattato diaffrontare le trasformazioni regi-strate nell’intero quadro di sistemae nella Pubblica Amministrazione,interpretandole come ripercussionidi quanto si era andato via via deter-minando nello scenario planetario

scosso da stravolgimenti repentini eincessanti e da eventi storici di rile-vante portata.L’impronta data alla conduzionedella FNISM, nell’interpretare e af-frontare i problemi emergenti nellasocietà multiculturale, globalizzatae liquida, è stata quella riflettente ilmetodo che ci ha sempre contraddi-stinto basato sul confronto aperto esulla laicità.Da qui la tensione, trasmessa forte-mente a tutti noi, a intraprendere e aportare avanti una costante verificain chiave pragmatica delle implica-zioni derivanti dalle scelte effettuatedai paesi dell’OCSE, dell’UNESCO edall’Unione europea nel campo dellepolitiche formative, segnalando i li-miti e i rischi prefigurabili, a volte, perle aree territoriali e le fasce socialipiù deboli e a rischio.Particolare importanza è stata attri-buita alla convergenza tra educa-zione, valorizzazione delle differenzedi genere e impegno effettivo delleistituzioni scolastiche e delle univer-sità ispirate alla mission; di ogni ipo-tesi di progetto formativo si è datalettura attraverso un’etica laicaorientata a comprendere “se equanto” ogni proposta potesse es-sere considerata dotata di senso e disignificato, sottoposta al vaglio delprincipio di responsabilità.Parimenti, l’esercizio della raziona-lità è stato utilizzato come stru-mento attendibile e affidabile per laspecificazione dell’esperienza, assu-mendo, a guisa di lezione di vita, ilrifiuto politico delle categorie dellaviolenza e della coartazione, anchequalora espresse in forma tacita esibillina.Obiettivo dichiarato da Gigliola èstato quello di poter riaffermare,pur in un clima culturale mutato, lafiducia nel metodo della laicità,continuando a farci riflettere e in-terrogare sulle connotazioni dellapedagogia laica e sulle sue rela-

zioni con la politica scolastica.La presenza assidua e costante nelleiniziative convegnistiche e formativenazionali, regionali e locali, svolte incollaborazione con altre forze ideal-mente ispirate, nonché i momenti diconfronto nelle occasioni dei forume delle audizioni politico-istituzionalihanno permesso, attraverso la vivavoce di Gigliola, di far conoscere eapprezzare i fattori connotativi diuna linea che, in progress, è stata (econtinuerà a essere) ribadita, diffusae consolidata: “no a una scuola cheprivilegi l’omologazione piuttostoche la differenza come categoriafondante della soggettività; no a unascuola immobile, inchiodata su unavisione neutra nei valori, nei com-portamenti e nei linguaggi; sì allascuola come luogo di generi e di ge-nerazioni diverse in cui poter trovarestrumenti per crescere, accrescendola propria umanità”.Siamo stati invogliati, così, a reinter-pretare il pensiero dei LombardoRadice e di Codignola, quali baluardistorici della FNISM, nel momento incui essa viene chiamata a lottare,più strenuamente che mai, per l’af-francamento da ogni dipendenza oasservimento a credi e settori parti-colari, affidando alla scuola pub-blica, alla scuola di Stato, e alle altreistituzioni repubblicane come l’uni-versità, il traguardo di garantire losviluppo di menti critiche, auto-nome, libere e creative, inteso comeelemento di forza affinchè le nuovegenerazioni siano in grado di ren-dersi protagoniste nel migliora-mento della nostra democrazia.Anche attraverso questi pochi pas-saggi credo possa evincersi la le-zione lasciataci in consegna dallanostra Gigliola.A noi il compito e la responsabilitàdi proseguire sempre con maggioreforza e vigore.

Domenico Milito

2 Luglio-Dicembre 2015 EDITORIALE L’ECO della scuola nuova

Gigliola Corduas nella sua FNISM

Dal 14 al 17 marzo 1985 la FNISMtenne a Roma il suo XXVI Con-gresso nazionale, preceduto, se-condo la prassi allora consueta, daun Convegno aperto al pubblico. Iltema del Congresso e del Convegnoera: “ Stato e scuola oggi. Problemiaperti: il pubblico e il privato”. Fuun evento di portata storica, per laqualità e quantità dei relatori e de-gli intervenuti, per l’aspettativa nonpriva di timori suscitata nelle stanzedel potere (la Sala della Camera deiDeputati dove doveva aver luogo funegata all’ultimo minuto causa unmai chiarito sopravvenuto incendioe si dovette trovare in tutta frettauna nuova sede a Palazzo Altieri)e, infine, per il prestigio e l’autore-volezza che ne vennero alla Fede-razione. Vale la pena di citare i nomidei relatori per dare l’idea del ri-salto che esso ebbe a suo tempo.Dopo un’introduzione della sotto-scritta essi furono, per le 5 sessioninelle quali fu articolato il Convegno:Norberto Bobbio,”Libertà nellascuola e libertà della scuola”; Giu-seppe Galasso, “La regolamenta-zione della scuola privata nel dibat-tito politico-culturale e nellalegislazione dell’Italia unita”; PaoloSylos Labini, “La scuola e lo Stato:costi e benefici”; Lamberto Bor-ghi,”L’insegnamento della reli-gione”; Gustavo Zagrebelski, ”Istru-zione pubblica e privata nelle sceltecostituzionali”. Fra gli intervenutinumerosi furono i politici e i docentiuniversitari, tra questi ultimi ricordoGilmo Arnaldi, Piero Bellini, Gia-como Cives, Sergio Lariccia, Ste-fano Rodotà, Antonio Santoni Ru-giu, Paolo Ungari, Aldo Visalberghie molti molti altri. Gli Atti del Convegno furono poi

pubblicati a cura di Graziella Mor-selli per le Edizioni Scientifiche Ita-liane di Napoli.Quel momento indimenticabile nellastoria della FNISM dal secondo do-poguerra in poi vide Gigliola Cor-duas avvicinarsi alla Federazione(ne ha un ricordo preciso l’allora di-rettrice de L’Eco della ScuolaNuova, Elena Picchi Piazza) per nonlasciarla più. Trent’anni esatti dun-que della vita purtroppo non moltolunga di Gigliola.Negli anni immediatamente succes-sivi, la frequentazione della FNISMda parte di Gigliola Corduas rimasesporadica. Di lei non vi è traccia sulperiodico della Federazione che diquesta registrava puntualmente ini-ziative e presenze.L’anno che la vide entrare decisa-mente e direi autorevolmente nellenostre file di allora fu il 1988. La ri-cordo partecipe di quel Convegnodel febbraio a Roma sugli inse-gnanti (“Insegnanti al bivio: impie-gati o professionisti?”) che fu unaspecie di masso – e che masso! –gettato nello stagno morto del di-battito sul rinnovo del contratto dilavoro del comparto scuola. Ancheallora la FNISM godette della par-tecipazione di relatori autorevoli,come Saverio Avveduto, Direttoregenerale del Ministero della Pub-blica Istruzione e di Maria Corda Co-sta, docente di Pedagogia alla Sa-pienza.In quel Convegno ponemmo le basidi un dibattito che continua ancoraoggi più o meno inalterato: se nonsono semplici esecutori ma contri-buiscono a creare i valori e i mo-delli di comportamento su cui sifonda la convivenza sociale, allora– sosteneva Saverio Avveduto – gli

insegnanti non possono essere in-quadrati, come la piattaforma sin-dacale aveva predisposto, come im-piegati di settimo livello nellagerarchia del pubblico impiego. An-drebbero piuttosto posti sullostesso piano dei magistrati. Ma aquel punto, aggiungeva la FNISM,era anche auspicabile una pro-grammazione quantitativa del fab-bisogno, che evitasse gli esuberi efavorisse un rapporto tra docenti eallievi più allineato sulle medie eu-ropee (più allievi per docente mastipendi adeguati).Ponemmo in quell’occasione il pro-blema delle carriere, degli avanza-menti per merito e non per sola an-zianità e, ovviamente, quello dellavalutazione di cui si continua a di-scutere ancora oggi senza venirnea capo.I risultati? Allora, come oggi del re-sto, molto deludenti. Si inneggiò almiglior contratto del dopoguerraper il notevole balzo salariale degliinsegnanti (aveva contribuito laFNISM col suo clamoroso conve-gno?) ma non si sottolineò abba-stanza la sostanziale disattenzionedel mondo politico e sindacale pergli aspetti di valorizzazione dellaprofessionalità e della carriera de-gli insegnanti. “Un contratto bi-fronte dunque - osservava mesta-mente Gigliola nel suo primoarticolo su L’Eco del settembre ‘88(un corsivo in 2° pagina dal titolo“tra le nebbie d’autunno”) – chepuò essere letto, a seconda dell’ot-tica, come il migliore o il peggioredegli ultimi 30 anni. Criteri che pri-vilegiano l’anzianità di servizio….fi-niscono con il penalizzare l’innova-zione e i giovani docenti relegati aesercito di riserva”.

Luglio-Dicembre 2015 3L’ECO della scuola nuova

Gigliola prima di Gigliola

di Luisa La Malfa

Nell’ottobre 1988 Gigliola entra afar parte del Comitato di Redazionede L’Eco accanto a Graziella Morsellie a Elena Picchi Piazza, che ne è di-rettore insieme alla sottoscritta.Dopo il Congresso di Salerno, delfebbraio 1989, la troviamo membrodel Consiglio Nazionale della FNISMe successivamente della Giunta.La sua presenza sul giornale e nelleiniziative della Federazione è orapiena e costante. È iniziato il per-corso che la porterà nel 2002 allapresidenza della Federazione.Abbiamo individuato due temi checostituiranno linee guida perma-nenti di tutta l’attività di GigliolaCorduas nella Federazione Nazio-nale Insegnanti: la prima è la difesa,mai settaria mai apodittica, ma fer-missima e tenacissima, della scuolapubblica proprio in quanto fondatasui valori costituzionali della libertàdi coscienza e di pensiero; la se-conda, non meno importante, è lavalorizzazione della professione do-cente, alla quale è affidata appuntola formazione dei futuri cittadini aiprincipi della Costituzione. Su que-st’ultimo tema venne affermandosi,a partire dalla metà degli “anni ot-tanta”, con l’apporto considerevoledi Gigliola, il ruolo delle associazioniprofessionali degli insegnanti, unruolo non necessariamente antisin-dacale, ma certamente caratteriz-zato da una sua insostituibile spe-cificità.Sull’intreccio di queste due tema-tiche la Federazione venne poi ela-borando negli “anni novanta” delloscorso secolo una concezione amio giudizio ricca di contenuto po-litico-pedagogico del ruolo dellascuola nella formazione dei giovanialla cittadinanza. Essa metteva inevidenza la necessità di definire,accanto a quello degli insegnantie del personale dirigente, il profilogiuridico degli studenti cui anda-vano riconosciuti diritti e doverianche attraverso una revisione ra-dicale del regolamento disciplinaredi origine e di impronta fascista.Una scuola, dunque, abitata, percosì dire, da cittadini – questa la

novità dell’impostazione dellaFNISM – concepita e quindi rego-lata dagli stessi principi che nor-mano e fondano la convivenza na-zionale: quelli della Costituzionedemocratica e antifascista del1948. Con questa impostazione laFederazione accantonava il con-sueto dibattito sull’insegnamentodell’educazione civica come disci-plina curricolare, già in crisi daanni, per introdurre invece quellodella “pratica della cittadinanza”nell’istituzione scolastica intesacome palestra di convivenza demo-cratica.Già in occasione della Conferenzanazionale sulla scuola, indetta daSergio Mattarella, ministro pro tem-pore dell’Istruzione, nel gennaio del1990, il contributo della FNISM erastato tutto incentrato sul tema dellatrasparenza dei processi decisio-nali, valutativi, programmatici nellascuola, trasparenza che avrebbeportato con sè la responsabilizza-zione di tutti i soggetti coinvolti avario titolo nell’attività educativa equindi, come conseguenza, il con-creto esercizio quotidiano della de-mocrazia nella scuola. A conferma di quella impostazionefece seguito un documento del Con-siglio nazionale e della Giunta nelquale si poneva al centro dell’atten-zione del mondo della scuola iltema della qualità della vita all’in-terno delle istituzioni scolastiche esi invocava la creazione di un climaculturale ed etico delle scuolestesse, che avrebbero dovuto es-sere non solo dotate di autonomiadidattica e amministrativa (cosadella quale si era cominciato a di-scutere nella Conferenza ministe-riale) ma anche e soprattutto carat-terizzate da una loro identitàculturale, ovviamente nel quadrodei fondamenti e dei programmidell’istruzione pubblica nazionale.Diveniva questa, per così dire, lanuova frontiera della Federazione.Seguiva infatti il Convegno del mag-gio a Roma su I Giovani e la Scuola,con la partecipazione del ministroMattarella.

Il 1990 vide anche la riforma dellaScuola elementare e la istituzionedella Commissione Brocca per lariforma dei programmi del bienniosuperiore.In un fondo su L’Eco del settembre1991, nel quale si annunciava unConvegno della Fnism destinato afare il punto sull’applicazione deimoduli introdotti dalla riforma delleelementari, Gigliola, pur sottoline-andone il carattere isolato, conclu-deva con una nota di speranza: “L’innovazione faticosamente messain moto nella scuola elementare èun’occasione da non perdere e nonva sottovalutata la funzione di vo-lano che potrebbe avere nei con-fronti dell’intero sistema scola-stico”.Nell’appropriarsi con grande com-petenza e riflessività dei temi piùtradizionalmente propri dellaFNISM, Gigliola portava all’internodella Federazione la sua ricca storiapersonale, che l’aveva vista impe-gnata a fondo sul fronte della pa-rità dei sessi e dell’associazionismofemminile. La sua prima apparte-nenza, oltre a quella con il maritoClaudio all’Associazione Mazzi-niana Italiana, era stata al CNDI ,Consiglio Nazionale delle DonneItaliane, di cui fu poi presidente dal2011 al 2014, appartenenza chequindi la vedeva particolarmenteversata sui temi legati alla condi-zione femminile, al lavoro delledonne, alla rivendicazione di unapiena parità economica e socialedei sessi. D’altronde, sotto questoprofilo, la FNISM era il luogo idealenel quale potevano comporsi i varifiloni di interessi che animavano Gi-gliola: dove costruire infatti il fon-damento etico e culturale della pa-rità di genere se non a partire dallascuola e dai suoi insegnamenti?Ecco dunque prendere corpo e di-panarsi il terzo grande tema, spe-cifico apporto di Gigliola allaFNISM, quello dell’educazione allaparità. Rivedo la collezione de L’Eco dellaScuola Nuova e mi sembra di scor-gere un segnale di apertura su la

4 Luglio-Dicembre 2015 L’ECO della scuola nuova

tematica della parità in un conve-gno organizzato dal CNDI e dallaFNISM (Gigliola chiaramente tra-mite tra le due associazioni essendoallora Vicepresidente della prima eautorevole esponente della se-conda) a Roma, nel dicembre del1991. Il tema è quello dell’educa-zione sessuale nella scuola, oggettodi dibattito parlamentare e di unprogetto di legge unificato. E giànel 1992 Gigliola entra a far partedel neocostituito Comitato nazio-nale per le Pari opportunità pressoil Ministero della Pubblica Istru-zione, nel quale svolgerà un ruolomolto rilevante sia nell’organizza-zione della rete dei consiglieri di pa-rità appoggiata presso i Provvedi-torati agli Studi, sia nella redazionedel Piano nazionale 1993 – 95 ( chelei stessa illustrerà nel numero delmarzo ’93 de L’Eco). Il tema viene sviluppato da Gigliolain un articolo di fondo su L’Ecodella Scuola Nuova del marzo 1992dal titolo allusivo “Non solo mi-mose”. Tre le ragioni per le quali lascuola si sarebbe trovata in primalinea nella battaglia per le pari op-portunità: in primo luogo, perchéla recente legge n.125 sulle azionipositive assegnava alla scuola unruolo decisivo nell’orientamentodei giovani e delle giovani ai finidell’acquisizione di “una realisticaconoscenza di sé per la propria col-locazione professionale e sociale”;secondariamente perché grazie allavoro della Commissione Culturadella Camera dei Deputati vi erauna realistica possibilità di unalegge sull’educazione sessualenella scuola che avrebbe definiti-vamente superato il modello del-l’alunno “presunto neutro” po-nendo le premesse per unaapprofondita revisione dei conte-nuti degli insegnamenti nell’otticadi una cultura della parità. Il rin-novo del contratto della scuola –era questo il terzo motivo di otti-mismo - avrebbe fornito più risorseal Comitato stesso e al personaletutto impegnati a “far passare letematiche della parità nella realtà

quotidiana della scuola”.Con il XXIX Congresso del novem-bre 1994 (Roma, Sala Borromini:“Valori senza frontiere. Quale 2000per la scuola?”) Gigliola Corduasdiviene Vicepresidente nazionaledella FNISM. In questa veste daràun contributo essenziale alla ela-borazione delle posizioni della Fe-derazione in tema di autonomiascolastica, difesa della laicità dellascuola, formazione iniziale e in ser-vizio degli insegnanti, riforma deiprogrammi di studio della scuolamaterna e della secondaria supe-riore. Collaborerà poi – è questol’ultimo evento sul quale mi piacerichiamare l’attenzione dei lettori– allo svolgimento del Convegnonazionale per il centenario della Fe-derazione, “La FNISM e la Scuolaitaliana. 100 anni di storia fra me-moria e progetti” (Roma, 29 no-vembre 2001, Istituto dell’Enciclo-pedia Italiana), cui fece seguito, ilgiorno dopo, lo storico incontro conil Presidente della Repubblica CarloAzeglio Ciampi. La delegazionedella FNISM si recava al Quirinaleaccompagnata dai rappresentantidelle altre associazioni professio-nali della scuola: Bruno Forte perl’AIMC, Associazione italiana mae-stri cattolici; Domenico Chiesa, Pre-sidente nazionale del CIDI, Centroiniziativa democratica degli inse-gnanti; Gabriella Romano, Coordi-natrice nazionale del Movimento diCooperazione Educativa, e LucianoCorradini, Presidente nazionale del-l’UCIIM, Unione cattolica insegnantimedi. Questo incontro volto a cele-brare il centenario della FNISM nesegnava anche uno dei momentipiù alti e rappresentativi della pre-senza e autorevolezza nel mondoassociativo della scuola.Il XXX congresso del novembre2002 e il successivo Consiglio Na-zionale sancivano il definitivo pas-saggio di consegne a Gigliola. Lamia presidenza era durata poco piùdi un ventennio. Gigliola era gio-vane, piena di idee, di coraggio e dienergia….Il seguito penso che sia noto ai let-

tori de L’Eco e che comunque debbaessere ricordato da chi ne ha vis-suto lo svolgimento, momento permomento.Io mi fermo qui. Ho voluto parlarvidi quella parte della vita di Gigliolache pochi, nella FNISM di oggi, oltreme, ricordano.Non voglio tuttavia chiudere questamia parziale rassegna senza met-tere in evidenza la dimensione eu-ropeistica dell’impegno intellettualee civile di Gigliola Corduas e senzacitare a questo proposito, su sug-gerimento di Elena Picchi Piazza, ilbellissimo articolo di fondo checompariva sul numero di marzo-aprile 1989 de L’Eco della Scuolanuova con il titolo “Dopo il Novan-tadue”. In esso Gigliola indicava lascuola “come uno dei settori stra-tegici più delicati e importanti nelprocesso di integrazione europea”.Ad essa infatti sarebbe spettato ilcompito “di tradurre nel campodella formazione i risultati accele-rati e sempre più complessi dellenuove conoscenze scientifiche…”.Ciò avrebbe richiesto, in primoluogo un rinnovamento qualitativodell’istruzione e il superamentodelle insufficienze quantitativedella scuola italiana (evasione sco-lastica, tassi di abbandono, troppobassi livelli medi di istruzione, etc.),e in secondo luogo una maggioreintegrazione dei sistemi formativieuropei.Gigliola insomma credeva profon-damente nell’unificazione culturalee politica, oltre che economica,dell’Europa. Era figlia degli ErnestoRossi, degli Altiero Spinelli e deglialtri padri e maestri dei nostri gio-vani anni…..

Il privilegio di ricordare le personeper intero (non dico di conoscere,poiché nessuno è capace di tanto)è di pochi, i sopravvissuti. Io sonotra questi: ben triste privilegio, setale si può chiamare.

Luglio-Dicembre 2015 5L’ECO della scuola nuova

La morte di Gigliola - lo confesso – miha turbato non poco, ancora oggi misembra irreale come le scomparse diamici e di persone che ho conosciuto efrequentato, che mi sono state familiariper un pezzo considerevole della miavita. Così mi viene naturale di pensarealla vita del mondo come ad un grandeteatro in cui ci si affolla e si spinge perentrare, poi quando siamo entrati, bastauna rapida occhiata intorno per accor-gerci di tanti posti già vuoti, tanti entraticon noi o un minuto prima o un minutodopo sono già usciti. E allora? Per chitemporaneamente è rimasto indietro,non è ancora uscito, resta il dubbio, l’in-terrogativo di avere forse sprecatoquell’occasione unica, irripetibile, irre-vocabile di un incontro vero, più pro-fondo con la persona che ormai nonc’è più. Forse se non rifuggissimo sem-pre dal pensiero della morte che ci at-terrisce, sapremmo dire le parole giustequando siamo ancora in tempo.A me dopo la morte di Gigliola è ri-masto acuto questo rimorso.Io ho conosciuto Gigliola per via dellaFNISM molti anni fa, quando la sedeera ancora a via Cavour, poi entrata afar parte della redazione dell’Eco, i no-stri incontri meno ufficiali si trasferi-rono nella sua casa all’Eur in via delleMontagne Rocciose. Di carattere riser-vato entrambe, il nostro rapporto assairispettoso rimase circoscritto al lavorocomune che facevamo sempre dibuona lena e nel massimo accordo. Lenostre conversazioni erano di tipo im-pegnato, centrate sulla scuola, sullapolitica, sulle donne. Lei era un’espertadella questione femminile e alla CNDIdedicava come alla FNISM tempo,energia e studio per una sorta di im-perativo etico, anche se - mi confes-sava - volentieri avrebbe lasciato il te-stimone ad altri. volenterosi...Ci concedevamo ogni tanto qualchepausa più leggera con battute scher-zose o con scambi di confidenze sui

nostri reciproci hobby. Gigliola amavacollezionare cartoline d’epoca con i tim-bri postali, che trovava nei mercatini eminuscole campanelline di porcellana,di ottone, di ceramica, di rame, che te-neva bene in fila in un armadio e chetalora tirava fuori facendole tintinnareoppure si divertiva ad infilare collaneche poi distribuiva alle amiche intorno.Si stava bene a casa di Gigliola, unacasa grande, luminosa, sospesa nelverde, piena di librerie, di oggetti par-ticolari e di solidi mobili di famiglia. Sipercepiva un ordine ma non eccessivoanche perché la famiglia - suo maritoClaudio e suo figlio Federico – convi-veva con un grosso cane e con ungatto. Spesso e volentieri il gatto pas-seggiava sul nostro tavolo di lavorotra le carte, mentre dal cane dovevamofaticare non poco per sottrarci alle suemaldestre effusioni–aggressioni ognivolta che entrava nella stanza.Qualche anno fa Gigliola mi regalò unlibro, non ricordo in che occasione,con dedica. Un autore spagnolo da mesconosciuto Ferdinando Pessoa, il ti-tolo del libro era ”Il libro dell’inqietu-dine di Bernardo Soares” la dedica,che è come se la leggessi oggi per laprima volta, diceva tra l’altro ”per col-tivare la necessaria dose di inquietu-dine che dà senso e spessore ad unavita spesso intollerabile...” Quindi im-plicita la richiesta di un assenso ol’apertura di un dialogo su temi maitoccati e che purtroppo rimasero talitra noi. Questo libro che dopo la suamorte ho ripreso tante volte tra lemani, è tra le cose più dolorose cheabbia mai letto, di un pessimismo as-soluto, senza luce ma anche senza la-crime. Mi sorprendo a pensare chefosse la lettura più familiare a Gigliolain cui ella si riconosceva e da cui avevaforse tratto quella forza laica, che tuttinoi abbiamo constatato in lei in occa-sione delle vicende che hanno attra-versato la sua vita: la perdita improv-

visa, assolutamente inaspettata delmarito, uscito per la consueta giornatadi lavoro e mai più ritornato, e poi l’al-trettanto improvvisa sua malattiadall’esito così irresistibilmente fatale.In quest’ultimo periodo io l’ho vistadue volte e sempre convocata per ilgiornale, il suo pensiero dominante.L’ultimo numero Paola ed io l’abbiamocomposto che lei era a letto in clinica,ma voleva controllare tutto, metico-losamente e sembrava non essere maicontenta, lo voleva perfetto. Era visi-bilmente provata dalla sofferenza, madall’espressione del viso apparivatranquilla, solo la voce bassissima sipercepiva a stento. Poiché io ingenua-mente, senza pensare, la complimen-tavo per la capigliatura in ordine, leicon un sorriso e una mossa veloce delcapo mi fece vedere che si trattava diuna parrucca, la chemio le aveva por-tato via tutti i capelli. Poi come erasolita fare quando lavoravamo in-sieme, ci indicò sul tavolino dellastanza un piattino di dolci che l’amicaLuisa le aveva portato, perchè ne gu-stassimo con lei. Infine essendosimolto affaticata ci fece capire che vo-leva riposare e noi al suo cenno, ra-dunate le carte, silenziosamenteuscimmo dalla stanza.Questo è l’ultimo ricordo che custo-disco di Gigliola viva, poi come leiaveva chiesto, non molti giorni dopo,l’abbiamo salutata al Cimitero Ingleseacattolico di Porta San Paolo con unfunerale laico coerente con le sueconvinzioni.Di fronte al mistero insondabile dellamorte conviene arrestarsi, ma a mevengono in mente le parole dello scrit-tore preferito da Gigliola, FernandoPessoa, che testualmente dice “Guar-dando un cadavere, la morte mi sem-bra una partenza. Il cadavere mi dàl’impressione di un vestito smesso.Qualcuno se ne è andato e non haavuto tempo di portarlo con sè“.

6 Luglio-Dicembre 2015 L’ECO della scuola nuova

Quando gli amici se ne vanno...di Anna Maria Casavola

Luglio-Dicembre 2015 7L’ECO della scuola nuova

Affinità amicali

Questo scritto intende rendereomaggio esplicito a Gigliola Cor-duas, nello spirito che avrebbeamato: amicale, ma fattivo, privo disdolcinature, ricco di senso dell’im-pegno costruttivo. Su questa lun-ghezza d’onda ci siamo subito in-tese fin dall’inizio, molti anni fa,accomunate da un’etica laica, un po’mazziniana, nel senso di voler con-tribuire a rinsaldare legami umanisu una base di eguali diritti e doveri,convinte di un progresso semprepossibile, con aperture europeistee delle positività dell’emancipa-zione, in qualunque modo interpre-tata: culturale, sociale, economica,dei due sessi. Il vincolo amicale e professionalefurono anni fa le politiche di pariopportunità, incrociate con il biso-gno di una formazione scolastica atutti i livelli più moderna, agile, cheincrociasse la valorizzazione delledifferenze. Il terreno comune allafine degli anni Ottanta e Novantafurono i Comitati Pari Opportunitàdell’allora Ministero per la PubblicaIstruzione e gli studi sull’associa-zionismo femminile per quanto miriguardava, fin dalla metà degli anniOttanta. Gigliola ha sempre avuto molta fi-ducia in quello che ormai molti annifa avevo definito una rivoluzionenella vita privata e pubblica femmi-nile, ossia progettare e far parte diun’associazione non più informale,ma formale, e riunire le forze perscopi sociali e politici non raggiun-gibili individualmente. Le donne allafine del XIX secolo, in uno Stato uni-tario, uscivano finalmente da unasfera solo privata, e da una socialitàsolo parentale o amicale per assu-

mere contorni autonomi e social-mente rilevanti. Di questa ancoramisconosciuta e gloriosa storia, unruolo considerevole fu svolto dalConsiglio Nazionale Donne Italiane,federazione di associazioni nato aRoma nel 1903, messo in condizionidurante il fascismo di non poter piùoperare democraticamente e rinatoappena finita la seconda guerramondiale. Era all’interno del Cndi che Gigliolaaveva profuso anche le sue energie,in diversi ruoli, fino a essere la Pre-sidente dal 2008 al 2014; ci era-vamo incrociate tante volte, a Romae in Italia, in occasione di Convegni,Direttivi, Mostre, come quella fra lepoche in Italia al tempo organizzatadalle associazioni femminili, dal ti-tolo Intervento e inaugurazione allamostra L’Europa è donna: dai Trat-tati di Roma all’obiettivo ‘92, pro-mossa dal Consiglio NazionaleDonne Italiane con la collabora-zione della Commissione ComunitàEuropea presso di Salerno1. La Mo-stra era un’incisiva dimostrazionedello spirito europeista del Cndi,svincolato da forze partitiche pre-cise, che non a caso avevo già defi-nito nei miei studi come associazio-nismo terza forza, cioè nonriferibile direttamente alla dottrinasociale della Chiesa come il CentroItaliano Femminile(Cif) e l’UnioneDonne Italiane, (Udi), che si richia-mava direttamente all’ideologiamarxista e ai partiti della Sinistra.Ciò non vuol dire naturalmente cheil Consiglio non avesse espresso po-sizioni politiche chiare, né del restoavrebbe potuto senza tradire la suastoria, piena di nomi fondantil’emancipazionismo italiano delprimo e secondo Novecento, a co-minciare da quello di Teresita San-

deski Scelba, la medico che avevapolemizzato con le teorie lombro-siane sull’inferiorità cerebrale fem-minile, dalla famiglia Lollini Agnini,composta dal deputato socialistaVittorio Lollini che nel Parlamentodel primo Novecento aveva difesoil riconoscimento dei figli naturali,battaglia che si è risolta solo recen-temente in Italia, e dalla moglieElisa Agnini, socialista pacifista. Daloro erano nate quattro figlie, di cuiuna, Clelia, aveva fondato l’Associa-zione Italiana Donne Medico (Aidm),che fa ancora parte del Consiglio2.Fino alla partigiana Frida Malan cheper tanto tempo aveva continuatoa lavorare per il Consiglio e alla Se-gretaria Generale Jolanda Torraca,che ricordo tanti anni fa di aver co-nosciuto e intervistato nella suacasa romana di fronte al Colosseo,circondata dalle foto alcune dellequali ritraevano anche il marito Vin-cenzo Torraca, direttore del TeatroEliseo e noto antifascista3. Il Cndi è nato con la caratteristicaprecisa dell’“internazionalità” a dif-ferenza di altre associazioni puremolto attive in Italia, come l’UnioneFemminile di Milano, allora non na-zionale, federata al Consiglio. La co-stituzione del Cndi fu preceduta daun lungo lavorio da parte dell’Inter-national Council Women che rispon-deva all’esigenza di coordinare lepiù svariate attività femminili e faremergere un protagonismo socialeche non tardò ad assumere valenzeanche spiccatamente politiche.L’Icw era stato fondato da ungruppo di donne impegnate nel mo-vimento femminile dell’America delNord, specialmente per impulso diMay Wright Segall, la quale, nel1888, dopo aver preso accordi an-che in Inghilterra e in Francia, or-

Accesso democratico al sapere ecura della formazione

di Fiorenza Taricone*

ganizzò un’assemblea costituente aWashington, dove si teneva il Con-gresso Femminile Internazionale;questo, a sua volta, era stato con-vocato per celebrare il quarante-simo anniversario di Seneca Falls,da cui era scaturita la Dichiarazionedei Sentimenti, manifesto politicodel femminismo americano che se-guiva non molti anni dopo la Decla-ration des droits de la femme et dela citoyenne della rivoluzionariafrancese Olympe de Gouges(1791). A Washington fu stabilita l’organiz-zazione dell’Icw e dei singoli comi-tati nazionali costituiti da associa-zioni confessionali e apolitiche. Soloperò nel 1893, accettando l’invitodel Comitato Femminile dell’Espo-sizione mondiale a Chicago, l’Icwtenne nella città la sua prima as-semblea generale, insieme a uncongresso femminile internazio-nale. Le Delegate di trenta paesi eb-bero così modo di conoscere l’or-ganizzazione dell’Icw e molte diesse tornarono nei rispettivi paesicon il proposito di fondarvi formal-mente un comitato nazionale. Nei successivi cinque anni si costi-tuirono i Comitati Nazionali del Ca-nada, della Svezia, della Gran Bre-tagna, della Danimarca, della NuovaZelanda, dell’Olanda, del Galles edella Tasmania. Questi dieci Comi-tati Nazionali parteciparono ufficial-mente al secondo congresso gene-rale, il quale, differito per varieragioni dal 1898 al 1899 ebbe luogoa Londra, insieme a un congressointernazionale. Fu la dott.ssa MariaMontessori a portare il saluto delledonne romane. Nell’archivio non sihanno documenti diretti delle vi-cende che hanno portato in Italiaalla nascita del Cndi, ma le notiziesono desunte da un opuscolo rias-suntivo, che non si trova nell’archi-vio, a firma di Maria Koenen4. In Italia l’assenza di un vero e pro-prio movimento rispondente ai ca-ratteri e agli intenti del Cndi reseassai difficile e laboriosa la crea-zione di un Consiglio Nazionale. Nel1899 la canadese Sofia Sandford sirecò a Roma come delegata del CID

per esporre le finalità del progettoad una ristretta assemblea; fu co-stituito un Comitato Promotore dicui facevano parte Lavinia Taverna,Giacinta Martini, Maria Pasolini, Te-resa di Venosa, tutte di rango nobi-liare. Il 4 maggio 1899 si tenne laprima assemblea generale della Fe-derazione romana delle Opere diAttività Femminile cui partecipa-rono 36 società. Iniziò la sua atti-vità con il creare un centro di cul-tura femminile e nel 1901 fu apertaal pubblico una biblioteca circolantecon sala di lettura a Roma, nellasede della Federazione5. L’anno suc-cessivo si accelerarono i tempi an-che in vista del Congresso Interna-zionale di Berlino del 1904 e nel1903 il Cndi fu finalmente costituitocon altre due federazioni, oltre aquella romana, la lombarda e la pie-montese. Nel 1907 le società cheaderivano al Cndi erano circa uncentinaio, molte delle quali legateall’assistenza all’infanzia, alla difesadella maternità e alla profilassi ecura di malattie infantili molto dif-fuse. Puntò sin dai primi anni sul-l’elevazione culturale delle donne,affidando alla Sezione Giuridica ladiffusione di testi e opuscoli, cu-rando la pubblicazione di alcuni librie dotando la Biblioteca di Piazza Ni-cosia di un catalogo ragionato. LaSezione Assistenza istituì invece nel1907 una Cassa di maternità, chenon prevedeva però per la forma-zione del capitale alcun contributoda parte dello Stato e degli impren-ditori. L’attività di altre Sezioni, Mo-rale, Igiene e Giuridica s’intersecavaper l’intercambiabilità di molte ri-vendicazioni femminil-femministeche non potevano essere conside-rate isolatamente le une dalle altre.In particolare, il problema degli il-legittimi andava visto in relazionealla proibizione della ricerca di pa-ternità, mentre era consentita soloquella di maternità; a loro volta ilproblema degli esposti, cioè i figliabbandonati sia legittimi che ille-gittimi, si collegavano alla criticadella cosiddetta doppia morale peri due sessi che di fatto assolveva

l’uomo da qualunque atto legatoalla vita sessuale e riproduttiva,compresa la prostituzione, bisognoper l’uomo e vergogna per la donna.Nel Consiglio operava anche un Uf-ficio Indicazioni e Assistenza, pro-gettato nel 1903 dalla Sezione ro-mana Vita Cittadina e aperto nel1904 sul modello di quelli esistentia Londra e New York, organizzatidalla Charity Organization Societye di quelli già esistenti in Italia,come quello dell’Unione Femminiledi Milano, nato nel 1901.Sulla scia dell’intensa attività svoltadal Cndi nei primi anni della sua co-stituzione quasi come momento didefinitiva consacrazione si collocail primo grande congresso nazio-nale delle donne italiane del 1908,inaugurato il 23 aprile, a Roma, allapresenza di Sua Maestà la Regina,della principessa Laetitia del sin-daco Nathan che aveva fin dagliinizi benevolmente appoggiato l’ini-ziativa e di un numeroso pubblico.Nelle carte d’archivio è presente sulCongresso Nazionale una quantitàdiscreta di documentazione, com-presi i ritagli di quotidiani che se-guivano i lavori.Negli anni successivi al 1908, l’atti-vità del Consiglio si divise fra inter-venti concreti e immediati, ma an-che attività a lunga scadenza, comequella a favore dell’emigrazione. Nelgiugno del ‘13 fu varata la rivista<<Attività Femminile Sociale>> conlo scopo di far meglio conoscere illavoro e le finalità del Consiglio se-guendo le attività femminili nel loroinsieme. Nell’archivio è presentequalche numero del periodico. Alla fine del 1914, il clima pre-bellicoprovocava le prime spaccature, siaall’interno del Cndi, sia nell’ambitopiù generale dell’associazionismofemminile. Come ho accennatopoco sopra, moltissima documen-tazione è presente sulle attività bel-liche della Federazione toscana.Nell’ottobre del ’14, la sua presi-dente Elena French Cini, di cui sonoconservate numerose lettere, ren-deva noto in una circolare che nonsperando più nessuno di salvare

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l’Italia dagli orrori della guerra“sentiva il dovere di organizzarsionde quando disgraziatamente laguerra venisse, essere pronte a of-frire alle Autorità un’opera vera-mente utile”. Nel Comitato per lapatria, successivamente passato nelComitato di Preparazione Civile, en-trarono quindi tutte le componentidella Federazione Femminile to-scana. Nel ’18, nasceva dal ConsiglioNazionale il Fascio Nazionale Fem-minile, con lo slogan di resisterefino alla vittoria e risolvere i pro-blemi sociali resi più urgenti dallaguerra. Sullo scorcio del ’22, circa un mesedopo la marcia su Roma, il Cndi in-viava alle federazioni a firma dellavice presidente T. Sandeschi Scelba,una copia del telegramma destinatoa S. E. Mussolini in cui si affermavache il Consiglio “plaudiva fidente aidestini dell’Italia”, ma insieme alle-gava una copia dell’appello del Co-mitato Centrale presentato a S. E.Acerbo in merito alle rivendicazionifemminili più urgenti, rispetto allequali il Governo rispondeva di nonavere alcun preconcetto. In realtà già dai temi proposti alleAssemblee Generali e dai Resocontidel Comitato Centrale si percepiscel’influenza del clima politico: gli ar-gomenti diventavano più tradizio-nali e familistici, e meno battaglieriper esempio la valutazione del la-voro femminile in famiglia, di quelloa domicilio, la cultura musicale ecorale nei fanciulli e negli adulti. Lariforma Gentile fu solo in parte ap-provata dal Cndi. Riguardo all’isti-tuzione dell’ OMNI, OrganizzazioneNazionale Maternità Infanzia, sichiedeva che il Consiglio Centralefosse composto per metà di donne,mettendo in guardia dal pericolo diuna eccessiva burocratizzazione.L’istituzione del podestà mise finea ogni trattativa ulteriore sul votoamministrativo per le donne, già ri-stretto ad alcune categorie. Nel ‘27,furono revisionate le modifiche alloStatuto sottoposto a Mussolini e algoverno, avendo avuto cura di pre-cisare che tutti i progetti curati dal

Cndi avevano contribuito a consoli-dare la grandezza della patria. L’ar-ticolo 2 dello Statuto, conservatodattiloscritto con correzioni apenna, recitava che lo scopo delConsiglio era di riunire associazionie donne in un’azione comune e con-corde, intesa a elevare e rafforzarelo spirito patriottico e religioso. Nel‘28, in occasione del XXV anniver-sario, fu avanzata la proposta diuna pubblicazione sull’attività delConsiglio che fosse anche un omag-gio a Gabriella Rasponi Spalletti; lapresidente della sezione romanaraccomandò di citare solo il fiorfiore delle attività patriottiche, mapurtroppo dell’iniziativa non è ri-masta alcuna documentazione e ingenere quella parte di archivio chesi riferisce al fascismo è scarsa, perdue motivi principali. Il primo è che,come abbiamo già messo in evi-denza, le attività dell’associazioni-smo liberale pre-fascista si contras-sero o si auto ridussero. Il secondoè che la contessa Spalletti morivanel ‘31, lasciando al fascismo campolibero nel nominare dall’alto unanuova presidente allineata politica-mente., nella persona della con-tessa di Robilant, che si oppose du-ramente all’educazione sessuale ealla diffusione della contraccezione. Il dopoguerra, come è noto, assi-stette ad una novità assoluta: il di-ritto di voto per le donne, attivo epassivo, anche se, come è stato sot-tolineato, la conquista ha avuto itratti del non- evento, per il silenzioda cui è stata circondata all’epocae anche dopo dalla storiografia, perla naturalezza con cui le destinata-rie accolsero la novità, dato il con-tributo notevolissimo prestato du-rante il conflitto, ma anche per ilcarattere che rivestì; il voto delledonne fu anche un’operazione so-prattutto di vertice fra le due forzepolitiche maggiori, Democrazia Cri-stiana e Partito Comunista, checolse in contropiede le donnestesse, mentre stavano preparandouna manifestazione, per iniziativadell’Udi, e la partecipazione dellaFildis6.

Il Cndi si ricostituiva nel ‘49 sulleceneri dell’associazionismo eman-cipazionista, liberale e pre-fascista,dopo una breve polemica fra duecandidate alla presidenza, che ebbetermine con la nomina di Nina Ruf-fini. Una rara avis, si può dire, poi-ché assieme alla Fildis e a poche al-tre, il dopoguerra conobbe unassociazionismo del tutto nuovo,come già detto, con il Centro Ita-liano Femminile e l’Unione DonneItaliane, espressioni se non direttedi forze politiche, quantomeno for-temente impegnate sempre a tro-vare una propria autonomia ri-spetto al partito democristiano e aquello comunista. Rispetto all’originalità che ebbe ilCndi quando nacque, segnato da te-matiche emancipazioniste inediteper l’epoca, il segno distintivo delsecondo dopoguerra fu un altro,quello di rappresentare l’associa-zione più cospicua di una “terzaforza”, laica, indipendente, aparti-tica, di cui Anna Garofalo, la gior-nalista della fortunata serie radio-fonica sulle donne italiane, in tantisuoi articoli sottolineava forte-mente la necessità.

La cura della memoria

Credo di farle un degno e amicaleomaggio rievocando in particolarele vicende che hanno coinvolto en-trambe per la collocazione degli ar-chivi del Consiglio, di cui abbiamospesso anche nella sua casa ro-mana. L’approdo è arrivato alla finedi un lungo viaggio non solo intel-lettuale, poiché ha significato anchela conclusione di un peregrinare fi-sico dell’archivio stesso, con vi-cende emblematiche dell’intera sto-ria dell’associazionismo femminile.Basandomi ormai su ricerche per-sonali consolidate negli anni, possoaffermare che la conservazionedella memoria storica è stata dise-guale per le associazioni che vannodall’unità d’Italia al fascismo7. I fat-

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tori sono stati molteplici, da quellipsicologici e personali che hannoriguardato la convinzione di esseresoggetti più o meno autorevoli ditrasmissione storica a quelli piùpropriamente politici. Tra questi, ilmancato riconoscimento per ledonne di un diritto di cittadinanzanell’Italia post unitaria che ha con-tribuito non poco alla sorte po-stuma degli archivi: prive infatti dimolteplici diritti anche in base alnuovo codice civile del 1865, che lerendeva della apolidi in patria, im-pediva loro tra l’altro di affittare ovendere immobili o di stipulare uncontratto di locazione; le donne conle maggiori cariche associativeospitavano quindi spesso nelle pro-prie abitazioni la sede dell’associa-zione, anche perché, come nel casodel Cndi, la base originaria era al-tolocata e benestante. Tutto ciò, serisolveva egregiamente il problemadella sede legale, legava la sorte deidocumenti alle vicende familiari,alla sensibilità degli eredi, alla ca-sualità. Da parte delle istituzioni,sia politiche, sia culturali, sono

mancate invece,fatta eccezione pergli anni più recenti,la sensibilità e la giu-sta valutazione diquanto le associa-zioni femminilihanno prodotto nel-l’interesse non solodelle donne, ma del-l’intera società.La parziale dignitàstorico- documenta-ria attribuita alla do-cumentazione asso-ciativa ha fatto sìche essa non avesseinoltre automaticoaccesso alle sedi de-putate alla conserva-zione della memoriastorica quali archivi,fondazioni, istituti,biblioteche. Non esi-ste traccia infattioggi della Bibliotecadi Piazza Nicosia a

Roma, aperta agli inizi del ‘900dalla Federazione Romana delleOpere di attività femminili da cuinacque poco tempo dopo il Cndi,smembrata per chissà quali vie. Ascarsi risultati hanno portato le miericerche per quando riguarda gli ar-chivi, o meglio sarebbe parlare disedimentazioni culturali, delle espo-nenti più prestigiose. A nulla infattihanno condotto le indagini, anchetestamentarie, ad esempio su Te-resa Labriola, la figlia nubile di An-tonio L., presidente per anni dellasezione giuridica del Consiglio,morta in solitudine nel ’41, allaquale non sono stati sufficienti ilcognome illustre e l’adesione al fa-scismo perché le istituzioni si oc-cupassero delle sue carte, certa-mente numerose essendo nota lasua foga nello scrivere.I conflitti hanno invece avuto effettiopposti. La prima guerra mondiale,con l’intensificazione di molte atti-vità da parte di Federazioni delCndi, ha visto crescere l’archivio inquegli anni, tanto da squilibrare ilfondo a tutto vantaggio della Fede-

razione Toscana, che sembra incar-nare in quegli anni l’intero Consi-glio. La seconda ha visto invece per-dite consistenti di materiale, ancheper le associazioni federate al Cndi,come la Federazione Italiana Lau-reate Diplomate Istituti Superiori,anche se sarebbe più esatto affer-mare che l’eclissi dell’associazioni-smo femminile inizia molto prima,con le leggi restrittive fasciste, ilgiro di vite dato intorno agli annitrenta, e le leggi razziali che anda-vano a colpire una parte vitale delleassociazioni femminili. Al Cndi ade-riva infatti l’Adei associazionedonne ebree italiane, che aveva ilsuo corrispettivo nella internazio-nale Wizo.È quindi ancora più significativo chefinalmente l’archivio del Cndi siaoggi liberamente consultabile nellapiù prestigiosa delle istituzioni pub-bliche deputate alla conservazionee all’accrescimento della memoria,Archivio Centrale dello Stato, segnodefinitivo di un irreversibile dirittodi cittadinanza per la cultura asso-ciativa e in senso lato politica, fi-nora prodotta dalle donne a van-taggio di donne e uomini, anche sesi continua a pensare in modo ste-reotipato che le associazioni fem-minili siano delle terre-lago, privedi emissari e trattino problemi solodi genere femminile.L’approdo nell’Archivio Centraledello Stato, segnò quindi la fine diperegrinazioni materiali proseguitein tante sedi diverse, dalle case pri-vate di Roma, sede nazionale delConsiglio, a residenze più ufficiali,sempre romane, nel secondo dopo-guerra: in via M. Dionigi, in via L.Calamatta, in via E.Q. Visconti, e inultimo Piazza dei Quiriti dove hacondiviso i locali con un’altra asso-ciazione. Qui, negli anni ’80, ho con-sultato per la prima volta le cartedell’archivio, assieme alla collegaBeatrice Pisa, che erano state nelfrattempo riordinate da una ricer-catrice francese. Da quest’ultimasede, non più utilizzabile, assiemea Gigliola Corduas, era cominciatala ricerca di una sede finalmente

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definitiva. In questo faticoso per-corso vanno almeno menzionati al-cuni nomi, in primis la prof.ssa Gi-nevra Conti Odorisio, per essersiadoperata al deposito dell’archivionei locali della LUISS, contandosulla sensibilità di Paolo Ungari, daanni scomparso. Arenate le trattative per l’assorbi-mento definitivo dell’archivio nellaLibera Università e proseguendo lericerche, dopo alcuni infruttuositentativi, di grande importanza siera rivelato il collegamento sugge-rito dalla dott.ssa Anna Maria Isa-stia, docente di Storia Contempo-ranea alla Sapeinza di Roma, conl’Archivio Centrale dello Stato; fu-rono avviati i contatti ufficiali conla Sovrintendente Paola Carucci, esi arrivò finalmente alla dott.ssaLuisa Montevecchi, con la quale hocondiviso, certamente in manierameno rigorosamente “archivistica”della sua, la cura del Fondo che,dopo tanti traslochi, e inventaria-zioni parziali, ha dovuto essere ri-controllato meticolosamente, inparte scorporato e sottoposto adun nuovo ordinamento. In questo cammino, la sottoscrittaè stata naturalmente appoggiatadagli organi direttivi del Cndi, edalla sua past-president, Elena Fa-dini Bettica che avevano manife-stato la scelta di insistere, nella fasedi mora delle trattative, con l’ACS,piuttosto che accettare la propostaavanzata da Annarita Buttafuoco,anch’essa scomparsa, a nome degliArchivi Riuniti delle donne per unsuo deposito nella sede milanese.Era evidente quindi per tutte noi,l’intenzione esplicita di responsabi-lizzare in un certo qual modo la piùprestigiosa delle istituzioni pubbli-che nella cura della memoria sto-rica femminile. Abbozzati brevi cenni di quella chespesso ho chiamato la “ controsto-ria” di tante iniziative scientifiche,convegni, presentazioni, seminari eche scherzosamente mi ripromettoprima o poi di scrivere, più chescientifica, ma molto umana,spendo aprole più precise sull’ar-

chivio, in omaggio anche a quellegiovani generazioni che Gigliolaamava formare e che magari tro-veranno utile l’archivio per chi sioccuperà di storia sociale e politicadi questo Paese. Agli inizi di questo lavoro mi sonoritrovata nella situazione oppostaa quella dell’utente che avevo vis-suto per anni come ricercatrice, tro-vandomi davanti un fondo non daconsultare, ma da rendere il piùpossibile consultabile, supportandocome potevo il lavoro di Luisa Mon-tevecchi. Poco mi aiutava il mio re-cente passato di diplomata di Pa-leografia, Diplomatica e Archivisticae di Biblioteconomia; l’archivisticacome scienza e come disciplina,così denominata in Italia solo nel1874, non ha avuto del tutto a chevedere con l’archivio del Cndi. In-tanto, anche se per archivio oggis’intende un complesso di docu-menti prodotti da una persona fi-sica o giuridica, pubblica o privatanel corso dello svolgimento dellapropria attività, non tutti includononel novero degli archivi quelli pri-vati. Il Cndi è provvisto di statuto,ma potrebbe essere contestata lanatura di archivio pubblico, ancheper la presenza di appendici note-voli per entità, come l’archivio pri-vato di Anna Garofalo. Le fasi elencate dall’archivistica, ar-chivio corrente che riguarda lecarte in corso di trattazione, l’archi-vio di deposito e infine il passaggiodei documenti all’archivio storico,il cosiddetto versamento precedutodalla selezione, non hanno riguar-dato che in parte l’archivio del Cndi,traslocato, selezionato da eventifortuiti e più volte manipolato. Sepoi aggiungiamo il principio del-l’ininterrotta custodia, la unbrokencustody , è chiaro che la lontananzadall’ortodossia aumenta. E’ anchevero però che la gender history haaperto dal suo nascere nuove pro-blematiche, diverse cronologie edha anche allargato notevolmente ildiscorso sulle fonti non tradizionali,preceduta in ciò dalla social historye dagli sviluppi di una storia del

pensiero politico sostanziato dafatti storici e personaggi minori,storicamente contestualizzati, manon meno interessanti. Quindi, purnella sua non completa ortodossiail grande archivio del Cndi rimaneuna fonte imprescindibile per chivoglia tracciare non solo una storiadelle donne, ma una storia delleidee, sociale, politica, di costume,di una fetta amplissima della storiaitaliana, che tanti cambiamenti havisto, dalla nascita del Consiglio. Ba-sta fare mente locale alla cosiddettastoria- manuale per un rapido rie-pilogo dal 1903, anno della nascitadel Consiglio fino ad oggi, visto cheil Consiglio è tuttora operante incampo italiano, europeo e interna-zionale. L’associazionismo femminile strut-turato, al di fuori cioè della “socia-bilità informale”, si consolida inmodo particolare nell’Italia liberalee giolittiana. Le istituzioni politiche,il governo, la classe dirigente, eb-bero nei suoi confronti un atteggia-mento prevalentemente conciliato-rista d’integrazione, in linea con lapolitica di pacificazione dello stati-sta di Dronero. Lo confermano in-direttamente i consensi parlamen-tari sul voto amministrativosostenuto anche dai liberali mode-rati, oltre che dai radicali progres-sisti e a cui inizialmente non eraostile lo stesso Giolitti. La discrasiafra femminismo moderato e leader-ship giolittiana si verificò laddovela normalità delle richieste venneforzata a diventare una “normaliz-zazione”. I contrasti però riguarda-vano sostanzialmente i diritti civilie politici poiché le richieste di so-stegno per attività solo culturali tro-vavano maggiori consensi. Ancheper il dopoguerra, infatti, si trovanell’archivio documentazione epi-stolare fra il Cndi e segreterie di Mi-nisteri con la concessione di soste-gni finanziari, è bene precisare noningenti. Qualcuna è a firma dell’on.G. Andreotti, per un convegno or-ganizzato dal Cndi. In linea generale, data la sua carat-teristica federativa, sono conservati

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in archivio anche i documenti ri-guardanti le attività delle associa-zioni aderenti, oltre naturalmenteagli statuti via via modificati, e airesoconti delle attività delle origi-narie federazioni, poi divenute se-zioni, che articolavano le iniziativein varie Commissioni. I titoli dannogià da soli un’idea delle priorità so-ciali e politiche e della distanzatemporale rispetto al primo Cndi.Negli anni Cinquanta, ad esempio,abbiamo una Commissione Econo-mia Domestica che poi scomparirà,così come si modificheranno quellededicate alla Migrazione, la Com-missione di studio per l’abitazione,di Igiene e Sanità, quella su Stampae Radio, Lettere e Arti, parallela-mente alle trasformazioni del co-stume e ai mutamenti introdotti dauna nascente società del benessere.Poche varianti subirà invece laCommissione Studio per i problemidel lavoro femminile, la Commis-sione di Studi giuridici e legislativie la Commissione Infanzia e Fami-glia, soprattutto negli anni sessantache vedranno approvata la legge

sulla liberalizzazione dei pubbliciimpieghi, del ’63, la crescente alfa-betizzazione femminile, le discus-sioni sulla riforma del diritto di fa-miglia, sul divorzio, sull’educazionesessuale, sulla contraccezione.Distinte sono inoltre nell’archivio leattività interne al Cndi, quali i ver-bali delle riunioni del Comitato Di-rettivo, le circolari, i lavori delle As-semblee generali e dei Convegni,compresi i protocolli conservatidella corrispondenza dalle busteche riguardano l’attività internazio-nale del Consiglio, così come le at-tività organizzate dal Cndi rispettoa quelle cui ha preso parte con mo-dalità di vario tipo: patrocinio idealee/o economico, messa in rete dinomi ed esperienze, interventi cul-turali ad ampio raggio. Com’era consueto nell’associazioni-smo femminile, sia delle origini, siasuccessivo, alcune esponenti moltoattive facevano parte contempora-neamente di più organismi. TeresitaSandeschi Scelba, ad esempio, vicepresidente del Cndi per moltotempo, fu anche la presidente del-

l’Alleanza Femminile Italiana, maanziché costituire una sezione aparte dedicata ad altra associa-zione, il materiale è stato fatto rien-trare comunque nelle carte dellaScelba. Il materiale iconografico, infine, an-che quello che compare su giornalie riviste d’epoca è talmente inte-ressante che si rimpiange di nonpoterne avere a disposizione unaquantità maggiore; purtroppo,come è accaduto spesso per la sto-ria fotografica di genere, mancanomolte didascalie, che consentanodi poter finalmente dare un voltod’autrice alle tante pagine scritteda donne infaticabili e preparatesia nel proprio lavoro che in quellovolontario e gratuito a favore nonsolo dell’emancipazione femminile,ma della collettività, dello spiritodemocratico e della convivenza pa-cifica.

* Docente Università di Cassino edel Lazio Meridionale

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Note1 Ricordo con apprezzamento altre occasioni

d’incontro e di riflessione Intervento alCorso di aggiornamento La condizione fem-minile in Italia analisi e proposte per un col-legamento con la cultura scolastica, (20 no-vembre 1996), presso Nazionale Insegnantidi Roma. Intervento al Corso d’aggiornamento dellaFnism Federazione Nazionale Insegnanti, incollaborazione con l’Archivio Storico Capi-tolino e di Stato dal titolo Storie di lavoro aRoma e nel Lazio raccontate attraverso fontidocumentarie, su Donne che lavorano:emancipazione, fatica-obbligo, indipen-denza, marzo 2000.Il lavoro femminile: emancipazione, fatica-obbligo, indipendenza, in La società dell’800al 2000. Donne e uomini cambiano il lavoroe la scuola, a cura di L. Di Ruscio-L. France-scangeli, Comune di Roma-Fnism, 2002.

2 Sulla famiglia Lollini Agnini e su Clelia Lol-lini, Silvia Mori erede diretta, ha scritto dueromanzi storici tratti da documenti di fami-glia: La dama del quintetto, Ferrara, LucianaTufani Editrice, 2012 e Polveri di luna, Fer-rara, Luciana Tufani Editrice, 2014.

3 Recentemente una parte dei diari di JolandaTorraca è stata ripubblicata, a cura di Silvia

Calamandrei, con un ritratto grafologico diElena Bracci Testasecca, e una mia Prefa-zione, Jolanda Torraca. La mia storia seguitoda Diario di una sedicenne d’altri tempi,Roma, Epsylon Editrice, 2011.

4 Fu attiva per molti anni nel Consiglio, tede-sca di origine, femminista radicale, favore-vole al divorzio, sposata allo scienziato G.B. Grassi. La figlia Isabella, amica personaledella presidente del Cndi, Gabriella SpallettiRasponi, fondò a sua volta agli inizi deglianni venti e presiedette fino alla morte, nel‘35, la Federazione Italiana Laureate Diplo-mate Istituti Superiori, federata al Cndi. Suquest’ultima e su Isabella G. in particolare,rimando ai testi a mia firma Una tessera delmosaico, Storia della Fildis, Pavia, Antares,1992 e Isabella Grassi Diari (1920-21) asso-ciazionismo femminile e modernismo, Ge-nova, Marietti, 2000. Nell’opuscolo la Koenen fa risalire al 1863l’idea di costituire un organismo internazio-nale quando per iniziativa di Elisabeth CadyStanton si tenne a Liverpool una conferenzacui presero parte 41 donne fra le quali, oltrealla Stanton, Susan B. Anthony, la femmini-sta francese Hubertine Auclert e alcune rap-presentanti inglesi. Fu formato un comitato

promotore e l’originario obiettivo di creareun’organizzazione suffragista si ampliò finoa includere molti temi del movimento fem-minile. Le promotrici furono sostituite conelementi più moderati: infatti la Auclert sidissociò e non fu lei a promuovere in Fran-cia, nel 1901, il Consiglio Nazionale francese,in M. Grassi Koenen, Il Consiglio Internazio-nale delle Donne, s.n.t.

5 Si veda su tutto ciò F. Taricone, L’associa-zionismo femminile italiano dall’Unità al Fa-scismo, Milano, Unicopli, 1996 e per un’ana-lisi dell’associazionismo rispettoall’orientamento politico, il più recente Teo-ria e prassi dell’associazionismo italiano nelXIX e XX secolo, Cassino Edizioni dell’Uni-versità, 2006.

6 Di non evento parla A. Rossi-Doria, in Di-ventare cittadine Il voto alle donne in Italia,Firenze, Giunti, 1998.

7 Le mie prime riflessioni organiche sull’as-sociazionismo femminile sono state pubbli-cate nel 1988, dal titolo Riflessioni per unostudio sull’associazionismo femminile traOttocento e Novecento, in Gli studi sulledonne nelle Università: ricerca e trasforma-zione del sapere, a cura di Ginevra ContiOdorisio, Napoli, ESI.

Luglio-Dicembre 2015 13L’ECO della scuola nuova

Ho pensato spesso a Gigliola du-rante questi mesi che ci separanodalla sua morte. Mi ero abituata apensarla senza poterla vedere anchequando era ancora in vita, a causadi quella malattia scoppiata un po’all’improvviso, ma apparsa di giornoin giorno più grave… Ci scambiavamo messaggi sul cellu-lare. Uno l’ho conservato: erano au-guri festosi che non mi sarei aspet-tata: “Antonia, starai cuocendo lelenticchie in attesa del 2015…”.Ci univano interessi che entrambecoltivavamo, ambiti apparentementeseparati, ma che in realtà facevanoriferimento a un unico denominatorecomune: la laicità.Non era una “parzialità” il suo impe-gno a tutto campo nella FNISM perl’attuazione della democrazia nellascuola, come non lo era l’azione dalei svolta con ruolo di primo pianonell’associazione femminile CNDI, co-stantemente interessata alla cono-scenza di esperienze e realtà di donnedi altri paesi europei ed extraeuropei,di diverse condizioni sociali. Ci eravamo conosciute nel 1986, all’in-domani dell’entrata in vigore delNuovo Concordato, quando col contri-buto di varie associazioni laiche e de-mocratiche, e di numerose confessionireligiose, abbiamo dato vita al Comi-tato Nazionale Scuola e Costituzione.Gigliola, con Luisa La Malfa e GraziellaMorselli, rappresentava l’impegnodella FNISM su un terreno congenialealla natura dell’associazione.Erano anni di grande fervore; delNuovo Concordato stigmatizzavamosoprattutto due aspetti: la presenzadell’IRC (Insegnamento della Reli-gione Cattolica) all’interno dell’orarioscolastico obbligatorio e le modalitàtruffaldine per la raccolta dell’8 permille da parte della Chiesa cattolica.Le sentenze della Corte Costituzio-nale, (la n.203/1989 sullo stato di

non obbligo per coloro che non in-tendevano “avvalersi” dell’IRC, lan.13/1991 sulla possibilità dei non av-valentisi di non essere presenti ascuola durante l’IRC), come la stessalegge n.281 del 1986 che consentivaagli studenti benché minorenni di di-chiarare personalmente la loroscelta rispetto all’IRC, furono il fruttodi un impegno tenace ribadito in in-contri locali e nazionali con la co-struttiva partecipazione di Gigliola.Una sua proposta era relativa a unpercorso che avrebbe evitato la scelta–inaccettabile nella scuola pubblica diuno Stato laico- tra l’IRC e una suaalternativa (quale alternativa avrebbepotuto credibilmente porsi a frontedi un insegnamento confessionale?).A suo parere si sarebbe dovuto offrirealle classi un panorama di insegna-menti opzionali, tra i quali l’IRC…Al centro della sua elaborazione edella sua azione c’era sempre il prin-cipio di non discriminazione, la con-siderazione che l’istruzione era unbene di cui tutti e tutte devono poterfruire nelle strutture pubbliche in cuisia garantita la laicità dello Stato.Questi erano punti fermi dai quali Cor-duas non si sarebbe mossa di un mil-limetro. Sempre sorridente, equili-brata, disposta all’ascolto ma non atradire le proprie posizioni ideali riba-dite con fermezza nel corso di dibattititra esponenti di diverse posizioni.Tra le lunghe battaglie combattuteinsieme, un ruolo centrale lo occu-pano quelle contro l’attribuzione delcredito scolastico da parte dei do-centi di RC agli Esami di Stato. LaFNISM vi ha partecipato con una ven-tina di associazioni laiche e varieconfessioni religiose. Una battagliadurata negli anni (L.Berlinguer, Fio-roni, Gelmini…), dal TAR Lazio, alConsiglio di Stato…Dell’esito finaleGigliola, come del resto noi tutti/e,non fu del tutto soddisfatta.,,,

La morte improvvisa del suo amatis-simo consorte l’aveva lasciata immersain un dolore che pareva insuperabile…ma le risorse di Gigliola erano salde enon potevano non riemergere.Ricordo una festa durante le vacanzedi Natale a casa sua. Fu come la suariemersione: una festa dolce in cui cimostrò un altro aspetto della sua po-liedrica personalità: la capacità crea-tiva di graziosi bijoux di cui fece donoa tutte le amiche invitate....Infine, voglio ricordare la sua ade-sione- a titolo personale- al Coordi-namento Nazionale per la Scuoladella Costituzione. Era interessatis-sima a questo coordinamento che siera formato con la partecipazione dimovimenti, sindacati, associazioniper rivendicare il rispetto dei principicostituzionali nella scuola, in parti-colare per completare l’iter degli Or-gani Collegiali verso una loro totaleindipendenza dai diktat di una buro-crazia ministeriale che ne tarpava lepotenzialità democratiche.L’ultima volta che ho visto Gigliolaè… stato alla FAO! Di nuovo le nostrestrade si intrecciavano su terreni in-consueti. Si trattava della riunionedi associazioni per “l’Alleanza controla Fame e la Malnutrizione.” Gigliolapartecipava come presidente dellaFNISM con Nanda Nobile e Paola Fa-rina. Veniva ribadito dalle nostre as-sociazioni che il diritto al cibo for-mava un tutt’uno col diritto alla nondiscriminazione, non una benefi-cenza, ma, in chiave laica, un dirittoda estendere a tutti e a tutte comeil diritto all’istruzione, il primo fratutti i diritti, secondo Gigliola, perpromuovere un’umanità consape-vole di sé e del proprio futuro. Sono molto orgogliosa di averla cono-sciuta.

* Componente del Comitato Nazionale“Scuola e Costituzione”

Per Giglioladi Antonia Sani*

Schedare Rom e Sinti

È proprio sicura, signora ministro,che sia questa la strada per portarepiù bambini a scuola? Abbiamo pa-recchi dubbi, innanzitutto perché iRom e i Sinti sono solo una piccolapercentuale di quel 8 per cento dievasione scolastica cui si attesta lamedia nazionale, ma che arriva an-che al 15 per cento in alcune cittàdel sud, per ragioni che non hannonulla a che vedere con la presenzadi Rom. Nella sua dichiarazione, riportatadalla stampa, dice “”Non giudico laproposta di Maroni, ma se può ser-vire ad obbligare qualcuno a man-dare i figli a scuola, allora ben ven-gano le impronte”. E sullo spiragliolinguistico del qualcuno passa l’ac-cettazione di una pratica simbolicache viola le garanzie della dignitàpersonale e dell’uguaglianza perchérelegata a un gruppo etnico e in par-ticolare ai bambini di quel gruppo,anello debole e facile da colpire.Sullo sfondo rimane il problema dellosfruttamento dei minori (tanti mi-nori, di tutte le etnie), la negazionedei loro diritti, tra cui quello all’in-fanzia e alla formazione. Diritti chepossono infastidire molti adulti, per-ché a scuola si imparano i linguaggidelle relazioni sociali, si pratica laconvivenza tra soggetti cui si rico-nosce sia il diritto alla diversità sia ildovere del dialogo per scegliere con-sapevolmente come vivere la propriavita e, in questo caso, come coniu-gare essere Rom e essere cittadini.Sempre sullo sfondo, si stagliano unpo’ tristemente quelle buone prati-che di accoglienza dei Rom realizzatein questi anni in molte scuole e damolti insegnanti di buona volontà,da relegare in archivio proprioquando servirebbero. E allora discutiamo su come realiz-

zare l’obiettivo di mandare a scuolapiù bambini, non solo Rom ma anchequelli delle fasce più deboli e depri-vate, dei quartieri malavitosi, i nostripiccoli italiani di serie B, poiché ilproblema va ben oltre la schedaturae le impronte digitali.

01-07-2008

Integrazione versus Segregazione

L’emendamento della Lega, appro-vato dalla maggioranza, che prevedel’istituzione di classi d’inserimentoper bambini e ragazzi con uno scarsolivello di conoscenza della lingua ita-liana, è solo apparentemente unostrumento utile all’integrazione sco-lastica degli studenti stranieri.A parte il fatto che sarà difficile tra-durlo in pratica, poiché in un conte-sto generale preoccupato solo di ri-durre, per ragioni economiche, leclassi e gli organici, difficilmente sipotrebbe contare sulla flessibilità or-ganizzativa e sulla disponibilità dipersonale competente e preparatosulla didattica del recupero. Inoltre, con quali criteri sarebberoistituite le classi? tenendo conto deilivelli di competenza linguistica, del-l’età degli studenti, delle classi di ri-ferimento? Ciascuno di questi criteriapre a implicazioni didattiche e psi-cologiche che non possono esseresottovalutate se si punta a percorsidi apprendimento e non a parcheggiper non disturbare gli altri, i normali. Tanto più difficile è se si tiene contoche in Italia sono presenti bambini eragazzi di oltre 160 diverse apparte-nenze etniche e linguistiche e, per laloro distribuzione territoriale, in al-cune scuole sono gli studenti italiania costituire la minoranza: sarebberoper loro le classi differenziali?

Di fronte a provvedimenti come que-sto, ancora una volta, si ha la sensa-zione che un perverso buon sensominimalista si limiti ad identificare iproblemi per appiattirsi su soluzionisolo apparentemente semplici e chein realtà costituiscono a loro voltoun problema. Certo, nelle scuole italiane si deveconoscere e praticare la lingua ita-liana.Certo, tutti gli studenti devono pos-sedere solide competenze linguisti-che e le carenze devono essere col-mate e questo vale anche per gliitaliani. Ma nulla autorizza a creareseparazioni e a ripercorrere stradeche la nostra scuola ha da tempo ab-bandonato, come quella delle classidifferenziali.Distinguere, separare, segregare puòavvenire per tante ragioni: di lingua,d’etnia, d’intelligenza, di classe so-ciale, per il fatto di essere maschi ofemmine. La scuola italiana ha da tempo intra-preso la strada, indicata dalla Costi-tuzione, dell’integrazione e del ri-spetto delle differenze, una stradadifficile che considera tutti ugualisenza distinzioni di sesso, di razza,di lingua, di religione, di opinioni po-litiche, di condizioni personali e so-ciali e si impegna a dare a ciascunociò di cui ha bisogno e a rimuoveregli ostacoli -tutti gli ostacoli- che li-mitano la libertà e l’eguaglianza deicittadini e ne impediscono il pienosviluppo. L’assunto di base è unosolo: non può esserci qualcuno piùuguale degli altri.È un principio che in anni ormai lon-tani ha portato a superare, con la L.517/1977, le classi differenziali e cheoggi fa riferimento all’autonomiascolastica. Corsi di rafforzamentodelle abilità linguistiche, percorsi mo-dulari, gruppi di approfondimento:sono questi gli strumento attraverso

14 Luglio-Dicembre 2015 L’ECO della scuola nuova

I “Cosa pensiamo di...”di Gigliola Corduas

Luglio-Dicembre 2015 15L’ECO della scuola nuova

cui rendere reale questo diritto at-traverso iniziative che procedano pa-rallele e non separate rispetto all’at-tività didattica ordinaria, poiché ènelle classi di appartenenza che sirealizza la socializzazione e l’integra-zione dei bambini che è poi il motorepiù efficace per favorire anche l’in-tegrazione comunicativa.

01-10-2008

Allegria!

Stupisce e offende la prontezza concui l’attuale governo ha ovviato allasvista che, nella generale ventata ditagli che resta la principale arma concui si fronteggia una crisi dalle innu-merevoli facce, aveva ridotto di 133milioni di euro il finanziamento allescuole private.Il ripristino, praticamente immediato,è stato di 120 milioni di euro e pococonta che sia a favore del ministerodell’istruzione senza precisi vincolidi destinazione, che restano compe-tenza del ministro Gelmini: le rassi-curazioni alle gerarchie cattoliche(“potete dormire su quattro cuscini”avrebbe detto il sottosegretario Ve-gas) e la tempistica, coincidente conla minaccia di mobilitare le scuoleprivate, sono messaggi molto chiari. Ci conforta che, almeno questo, ri-manga un canale di comunicazioneaperto ed efficace, mentre agli stu-denti, che pure hanno animato unavivace protesta cui è stata riservataun’attenzione assai scarsa, si lan-ciano ammiccamenti mediatici suyoutube, con una comunicazione uni-laterale e all’insegna dell’imboni-mento. A chi conta si danno rispostenei fatti e solo dopo li si rassicura ,agli altri ci si limita alle parole e auna disponibilità tutta teorica, con iconti serrati. Colpiscono anche le solerti dichiara-zioni di membri dell’opposizione chehanno manifestato un’indignazionepari, se non superiore, a quella mo-strata per i tagli di 456 milioni allescuole statali, in nome -dicono- della

libertà di scelta delle famiglie di edu-care i figli secondo le proprie con-vinzioni etiche e religiose, con buonapace dell’art. 33 della Costituzione esenza alcuna considerazione per igiovani cittadini italiani –quelli chesono oggi nelle nostre scuole- a ve-dere riconosciuto il loro diritto allostudio in una scuola di qualità. Ma non ci era stato detto che gli isti-tuti privati eserciterebbero una sa-lutare concorrenza ad una scuolastatale danneggiata dall’assistenzia-lismo e che non deve competere perconquistare la sua utenza? Ci sembra che i ruoli sono ormai in-vertiti, con una scuola statale la-sciata allo sbando, sulla quale non siinveste ma si taglia senza progetti oprospettive di futuro, e una scuolaprivata assistita sia con finanzia-menti diretti sia abbassando la qua-lità del servizio pubblico e alimen-tando una domanda sociale, che haormai bisogno di tempi prolungati edi servizi di supporto, cui la scuolastatale può sempre meno dare rispo-sta. Un sostegno che va ben oltre lelogiche e le dinamiche del mercato. E allora, per dirla con un vecchio pre-sentatore di un’Italietta che forsenon immaginava di arrivare a tanto,“Allegria!” e magari possiamo ag-giungere “Chi non brinda con me,peste lo colga” perché l’ottimismo eil consumo restano oggi i cardini delpotere e non vanno intaccati per nes-suna ragione, senza rinunciare nep-pure a crediti per l’al di là e a benpiù concreti sostegni politici per il diqua.

09-12-2008

L’ultima del ministro Brunetta

“Se uno fa il professore, il burocrate,l’impiegato al catasto si vergogna didire quello che fa. Se invece dice alfiglio: faccio il tornitore alla Ferrarilo dice con il sorriso, con orgoglio edignità”(da “La Repubblica” 12 gennaio2009).

L’ultima boutade del ministro Bru-netta -che ci piacerebbe ignoraresdegnosamente, ma che merita in-vece attenzione proprio per il pulpitoda cui proviene- è uno stimolo a dareuna sbirciatina dal buco della serra-tura per carpire l’immaginario dif-fuso relativamente ai pubblici dipen-denti, a partire dagli insegnanti, chenon sarebbero in grado di raccontarecon dignità e orgoglio ai figli checosa fanno.Li vediamo osservare preoccupati iloro figli e chiedersi se davvero sivergognano del loro lavoro e se sisentirebbero più forti e solidi con ungenitore tornitore alla Ferrari. E inquesto caso, sarebbe merito delmansionario del tornitore o della mi-tizzata Ferrari?E poi la loro crisi dipenderebbe dallavoro del genitore insegnante –atti-vità, come è noto, dai contenuti fu-mosi ed equivoci- o dalla scuola cheè obiettivamente difficile possa reg-gere al paragone con la Ferrari?Pure sembrerebbe lapalissiano affer-mare che gli insegnanti insegnano:certe materie, a certe fasce di stu-denti, in scuole alle quali sono asse-gnati con una trafila trasparentis-sima e tutta impiegatizia, in cui ilnumero di figli e dei familiari a caricocontano più dei meriti professionali,delle esperienze e dei titoli. Alcunilo fanno bene, altri meno bene, altriancora in maniera addirittura ecce-zionale.Ma ciò che è davvero inquietante èche il ministro praticamente dichiaridi non sapere come riempiono il lorotempo gli insegnanti quando sono li-beri da problemi -veri o falsi- di sa-lute e non sono in preda a crisi di as-senteismo (ma questo è oggetto diun’altra edificante esternazione dellostesso ministro).Certo le novità in serbo per gli inse-gnanti devono essere proprio inquie-tanti se hanno bisogno di essere pre-cedute da simili premesse volte aldiscredito e all’umiliazione di un’in-tera categoria!

19-01-2009

L’insostenibileleggerezza dei numeri Dopo che ci è stato insistentementeripetuto dallo stesso Ministro del-l’Istruzione e dell’Università che inItalia si spende troppo e male perl’istruzione, arriva la bocciatura, perquanto si riferisce al troppo, di Eu-rostat l’istituto statistico della com-missione Europea. L’Italia infatti nonsi classifica bene, nella graduatoriadei Paesi dell’Unione Europea per laspesa relativa all’istruzione, con il4,4% del Pil, Nel 2005 la spesa pub-blica degli stati membri della UE perl’istruzione è pari, in totale, al 5%del Pil. Il dato rilevato da Eurostatconsidera tutti i livelli di spesa pub-blica, locali, regionali e nazionali, ecomprende non soltanto le istituzioniscolastiche e universitarie ma anchele altre istituzioni che garantisconoil funzionamento del sistema educa-tivo nazionale. L’Italia si situa al ventunesimo posto.Meno dell’Italia spendono infatti sol-tanto Repubblica Ceca (4,2%), Spa-gna (4,2%), Grecia (4%), Slovacchia(3,8%) e Romania (3,5%). Nella spesa relativa al numero deglistudenti, calcolata utilizzando comeunità di misura lo standard del po-tere d’acquisto, che tiene conto deidiversi livelli di costo della vita, l’Italiasi situa al quattordicesimo posto, conuna spesa pari a 5.908, dato piùbasso della spesa media Ue e moltoinferiore rispetto a quello di paesicome Austria e Danimarca (8.000),Giappone (7.100), USA (10.600).Speriamo almeno che i pochi nonsiano spesi troppo male.

20-01-2009

Il cielo sopra Berlinoe le nuove frontiere della laicità. Nella Berlino abitata da una pluralitàdi etnie e professioni religiose nonha suscitato alcun entusiasmo il re-

ferendum indetto a sostegno dell’in-segnamento religioso. Ha votato il29 % degli aventi diritto: di questi,solo il 48% si è dichiarato a favorementre il 51% era contrario. È un esito che riflette lo stato d’animodi una città in cui il 60 % degli abi-tanti si dichiara “non credente” madove una minoranza politicamenteagguerrita ha spinto perché nellescuole ci fosse un insegnamento ob-bligatorio della religione, su iniziativadi un’associazione di cattolici e pro-testanti con l’appoggio esterno -po-tremmo dire, se fossimo in Italia- dialcuni gruppi musulmani. Un insegnamento religioso che orac’è già ma, ahimé, è solo facoltativomentre è obbligatorio fin dal 2006l’insegnamento di “etica” i cui con-tenuti sono i valori fondamentalidella costituzione tedesca e i principidella convivenza civile. La proposta referendaria mirava ametterli sullo stesso piano, impo-nendo la scelta tra avvalersi dell’unoo dell’altro. Buoni cittadini o buonireligiosi? e perché non lasciare allascuola la responsabilità di formarecittadini e alle parrocchie e alle strut-ture religiose quello di formare buonicredenti?Colpisce che, mentre una città cheesce dalle sofferenze dell’integrali-smo e dei suoi muri per il controllodella vita e delle coscienze difende ilpluralismo e chiede alla scuola di nonabdicare sul fronte della tenuta eticabasata sui valori di cittadinanza, inItalia il pontefice abbia ancora unavolta cercato di razionalizzare il con-fessionalismo della scuola stataleproprio tirando la coperta della lai-cità fino a snaturarla. Ha infatti af-fermato che “l’ora di religione èparte integrante della scuola italianaed è esempio di laicità positiva”. Eccoancora il vecchio vizio di aggettivarela laicità distinguendone una buonae una cattiva, o forse solo una appa-rente e conciliante e una che non habisogno di alcun aggettivo perché osi è laici o non lo si è e non c’è nullada aggiungere. Questi sottili distinguo sono possibilisolo nel nostro paese, dove le prote-

ste dei vescovi fanno riapparire mi-racolosamente finanziamenti per lescuole private negati alla scuola sta-tale e dove nulla deve turbare quelbel giardino del Vaticano che è sem-pre stata l’Italia.

01-04-2009

Una materia come poche

La appassionata difesa del ministroGelmini sfociata nell’affermazioneche anche la religione cattolica devepoter contare su un trattamento nondiscriminato rispetto alle altre ma-terie scolastiche, finalmente ripor-tate tutte dagli infami giudizi al voto,impone qualche considerazione al-trettanto appassionata: - neppure ai bei tempi in cui nessunoaveva ancora pensato di sostituire ivoti con i giudizi, l’insegnamento re-ligioso si concludeva con un voto, masi limitava ad alcuni innocui giudizicome “sufficiente” “molto” “moltis-simo” - che cosa significa dare un voto inreligione: valutare le conoscenze inmateria di catechismo o le compe-tenze di buon cattolico o il grado diintensità della fede o che altro? - è in corso un processo di normaliz-zazione per cui la religione, se nonpuò più essere dichiarata “fonda-mento e coronamento” dell’insegna-mento come nei regi decreti, è co-munque presente a tutti gli effetti econ ricadute tangibili sul percorsoscolastico e ogni tanto registra avan-zamenti, come è stato per i “creditiscolastici” riconosciuti dall’allora mi-nistro Fioroni - quanto più aumentano le mino-ranze religiose nel nostro paese,tanto più si vuole blindare il ruolo ela posizione della religione cattolicacome religione prevalente, o megliodominante o meglio ancora unica, vi-sto che per le altre non sono previstispazi neppure sul piano della cono-scenza, che favorirebbe non pochecorrezioni degli atteggiamenti som-mari e incolti che alimentano la xe-

16 Luglio-Dicembre 2015 L’ECO della scuola nuova

Luglio-Dicembre 2015 17L’ECO della scuola nuova

nofobia e i timori nei confronti di chiè diverso - i tagli sul piano finanziario e la ri-duzione degli organici, anziché in-durre a più miti consigli in direzionedella facoltatività, inducono a sceltesemplificatorie della serie “religioneper tutti” e perdono valore le sotti-gliezze della facoltatività di questoinsegnamento, oggetto di numerosepronunce, ultima quella del TAR delLazio dello scorso luglio - di fatto, prevedendo un voto, si spin-gono gli studenti a un concreto cal-colo in termini di costi/benefici percui poter contare su un voto in più(che avrà lo stesso valore di quelloin greco o matematica), “val beneuna messa”, come si suol dire, tantopiù che non esiste un percorso alter-nativo alla religione cattolica per unaprecisa volontà che ha sempre svuo-tato il contenitore delle materie al-ternative che rischiava di fare con-correnza alla religione cattolica,magari proponendo la conoscenzadi altre religioni o contenuti di eticasociale invadendo terreni riservatialla religione, unica depositaria diun’etica pubblica religiosa.Ci chiediamo perché in questo paesesia sempre la scelta laica –che peral-tro nulla nega alla scelta religiosa acondizione che non rivendichi privi-legi a danno degli altri, di tutti glialtri – a dover dare continue testi-monianze di sé e non è invece lascelta religiosa ad essere chiamataa testimoniare il suo valore in un con-testo laico libero e rispettoso di tuttele vocazioni religiose come anchedella scelta di non riconoscersi in al-cuna religione senza essere per que-sto accusati di bieco materialismo odi pericolosa immoralità.

09-10-2009

Ora di religione islamica a scuola?No, grazie Un’ennesima provocazione sul frontedell’insegnamento religioso a scuolaviene dalla proposta di inserire

un’ora settimanale di religione isla-mica. Neppure la motivazione basata sulbuon senso, per cui un insegnamentodi religione islamica impartito ascuola sarebbe meglio dell’indottri-namento realizzato da un imamestremista, giustifica l’insistenza sulruolo della scuola in campo religioso,ruolo che proprio non le spetta. Se è opportuno che la scuola forni-sca le informazioni essenziali relativealle grandi religioni come fenomenida cui non si può prescindere nellaconoscenza della storia, dell’arte,dello sviluppo sociale, culturale edeconomico, non è assolutamenteproponibile che si creino spazi sepa-rati per studenti cristiani, islamici,ebrei, confuciani e chi più ne ha piùne metta, visto il crescente numerodi etnie e di professioni di fede pre-senti nel nostro territorio. È la cultura comune che deve cre-scere, sprovincializzarsi, aprirsi allegrandi dimensioni in cui la globaliz-zazione ormai ci ha collocato. Il compito della scuola è svilupparela cultura che è la base della cittadi-nanza e di cui si alimenta la convi-venza civile: in questa non possonomancare elementi di conoscenza re-lativi alle religioni. Alle singole persone, alle famigliespetta invece la scelta di coltivarnegli aspetti attinenti alla formazionespirituale e alla pratica religiosa e ri-spetto a questi la scuola deve fareun passo indietro rispettando tuttele scelte, a partire da quella di nonessere religiosi. In una società ormai di fatto multiet-nica e multireligiosa, bisogna rasse-gnarsi a lasciare le pratiche di cultoe gli indottrinamenti religiosi fuoridalla scuola, a soggetti e istituzioniapposite, siano esse le parrocchie ole madrasse, poiché la scuola di com-piti ne ha già tanti e se risponde al-l’esigenza di formare buoni cittadiniallora avrà combattuto, con gli stru-menti che le sono propri, la primabattaglia contro l’integralismo, l’in-civiltà e l’ignoranza.

30-10-2009

Tra simboli e valori

Non ci sembra così offensiva, comevogliono farci credere, la sentenzadella Corte Europea che conferma –ma in realtà lo sospettavamo datempo- che l’esposizione obbligato-ria del simbolo di una confessionereligiosa nell’ambito di una funzionepubblica, e in particolare nellascuola, comprime il diritto delle fa-miglie ad educare i figli secondo leloro convinzioni come anche il dirittodegli studenti di credere o di non cre-dere(« l’exposition obligatoire d’unsymbole d’une confession donnéedans l’exercice de la fonction publi-que relativement à des situationsspécifiques relevant du contrôle gou-vernemental, en particulier dans lessalles de classe, restreint le droit desparents d’éduquer leurs enfants se-lon leurs convictions ainsi que ledroit des enfants scolarisés de croireou de ne pas croire.») Stupisce invece l’unanimismo deicommenti che vanno dall’orgogliosarivendicazione delle radici cristianedella nostra società al buon sensopiuttosto limitativo e rassegnato dicredenti e non per i quali quel poverosimbolo “non fa male a nessuno”. E infatti non è quel simbolo che famale, un uomo inchiodato ad unacroce che -come afferma una re-cente sentenza del Consiglio di Stato- potrebbe anche assurgere a sim-bolo universale di condanna dellaviolenza, caratteristica comune atutte le religioni, ma è la persuasioneche, attraverso quel simbolo, si vuolfar passare una legittimazione dellapredominanza della chiesa cattolicanella realtà sociale e politica italiana,come più volte in questi anni ab-biamo dovuto constatare. È anche il rischio di conservare unasorta di gerarchia di fedi religiosecon al vertice il cattolicesimo, ex re-ligione di stato detronizzata ma difatto sempre dominante, e via via lealtre religioni, da quelle cristiane al-l’ebraismo, all’islam e a quelle ancoraminoritarie fino all’ultimo gradino

dove si raccolgono gli irriducibili noncredenti, sempre sospetti di mate-rialismo, relativismo e comunquepoco affidabili. Al di là delle polemiche di parte, lasentenza ci ha voluto ricordare chei luoghi pubblici sono tali in quantotutti possono trovarvi la loro collo-cazione, senza gerarchie, mentre lereligioni appartengono alla sfera pri-vata e hanno forza in quanto aggiun-gono i loro valori a quel denomina-tore comune di cittadinanza in cuitutti si riconoscono e che non pre-vede guerre di religione, anche que-ste fortemente presenti nel bagagliosimbolico della nostra gloriosa ci-viltà.

01-11-2009

Lupo Alberto torna a colpire Stupisce lo stupore che ha suscitatola decisione di un liceo romano dicollocare un distributore automaticodi preservativi.Non si può pensare alla scuola comeluogo astratto in cui i giovani la-sciano fuori dalle aule le loro ansie,incertezze, aspettative per diven-tare, nell’età più segnata dall’ideali-smo ma anche più pressata da sti-moli fisici e ormonali, i bravi ragazzistudiosi e diligenti secondo lo ste-reotipo che ogni famiglia applica aipropri figli.Né è lecito meravigliarsi che, dopobombardamenti implacabili di imma-gini, chiacchiere da bar e da talkshaw, fatti di cronaca e politici, unasessualità esaltata sul piano esteticoo strumentalizzata commercial-mente, riveli la sua influenza sull’im-maginario e sulla vita quotidiana deigiovani condizionandone i compor-tamenti. E allora è pura e semplice ipocrisiapensare di avvicinarli alla culturasenza partire dal loro essere ”qui eora”, dalla loro fisicità e dal com-plesso di sentimenti che la accom-pagna, dalla necessità che sperimen-tano di convivere con le emozioni e

con le ansie di un’identità in fase distrutturazione.Come non basta neppure pensareche un distributore di preservativipossa risolvere il problema neanchese accompagnato da qualche corsoin cui appaltare a uno psicologo unaquestione che va oltre il livello del-l’informazione e chiama in causa leregole del rispetto verso se stessi egli altri e allena ad assumere respon-sabilità e a fare scelte comporta-mentali ispirate a valori etici.È la scuola che essi interrogano enon è facile giustificare la sua persi-stente impreparazione.

16-03-2010

La forma e la sostanza Ci piacerebbe cogliere la dimensionepositiva dei provvedimenti contenutinel Disegno di Legge approvato dalConsiglio dei ministri il 1° agosto. Cipiacerebbe pensare che democraticie asettici grembiuli o divise unificateper i più grandi o il ritorno al voto dicondotta possano rilanciare compor-tamenti corretti, alimentati dal pac-chetto di 33 ore annue di insegna-mento di “Cittadinanza eCostituzione” con tanto di valuta-zione e magari di riparazione a set-tembre. Ma c’è il timore che ci si voglia illu-dere che sia sufficiente una verni-ciata tutta esterna per coprire lecrepe di questa scuola che ha biso-gno di interventi radicali e sistemiciper tornare ad essere credibile. Servono provvedimenti di cui nonvediamo traccia, al di là delle pro-clamazioni di principio e dei toni mi-nacciosi e punitivi con cui è statosfiorato ad es. un tema crucialecome quello della valutazione. Al contrario, sono ormai imminentile ricadute del decreto legge 112, cheporterà a classi sovraffollate e a taglidrastici, con la conferma di un ap-proccio al sistema scolastico in ter-mini di risparmio seppure camuffatodietro obiettivi di efficienza, decisa-

mente poco in sintonia con la com-plessità dei processi formativi di cuila scuola si occupa. Ancora una volta il passaggio d’ob-bligo potrebbe essere l’autonomiascolastica, la cui ragion d’essere vaben oltre la facoltà, attribuita ai di-rigenti, di assumere gli insegnanti,facendone una punta avanzata dellafilosofia sottesa al PDL Aprea. Solo nella responsabilità di un’auto-nomia finalizzata al raggiungimentodi obiettivi di istruzione e forma-zione, attenta alle pratiche didatti-che e relazionali potrebbero confi-gurarsi scuole che trasforminoregole astratte in norme di compor-tamento vincolanti per tutti, scuoleche non si limitino a valutare gli stu-denti ma accettino di essere valutatee che garantiscano la democraticitàdel sistema portando gli studenti –tutti gli studenti- ai livelli essenzialidelle prestazioni, questi sì da ridefi-nire urgentemente a livello nazio-nale! Scuole dove abbia senso stareper studenti e per insegnanti e doveun meccanismo di appartenenza edi identificazione porti ad accettareuna divisa che ha valore perché èquella della propria scuola e pocoimporta se l’abbia disegnata qualchenoto stilista magari con periodici ag-giornamenti del look come per le mi-tiche divise delle hostess dell’Alitaliadi tempi migliori. Insomma, per ricordare il detto diArchimede “Datemi una leva, solle-verò il mondo”, pensiamo davveroche grembiuli e voto in condottasiano la leva con cui risollevare lascuola?

22-08-2010

Dai fasti della storia alle miserie della cronaca In un giorno drammatico per lascuola, nel bel mezzo di una protestache sta animando università escuole, è stato rilanciato il tema dellavalorizzazione del merito di scuolee insegnanti con incentivi economici.

18 Luglio-Dicembre 2015 L’ECO della scuola nuova

Luglio-Dicembre 2015 19L’ECO della scuola nuova

E, parola del ministro, quel giornodiventa storico.La valorizzazione, o meglio la pre-miazione, scaturirebbe da una valu-tazione che indicherebbe le scuolemigliori e gli insegnanti più bravi. Masono pochi i fondi e dunque pochele scuole: l’ambitodelle migliori sarà circoscritto allescuole medie di Pisa e Siracusa. Pergli insegnanti ci si limita a Torino eNapoli. I punti critici di questa inizia-tiva sono innumerevoli, dalla com-posizione dei team giudicanti ai cri-teri di giudizio che, soprattutto pergli insegnanti, sono tutt’altro chescontati, per non parlare del quan-tum del premio, della volontarietàdella partecipazione e dell’angustiadel campione scelto.Per non essere inutilmente critici,vorremmo sottolineare come la va-lutazione sia un elemento impor-tante nel profilo di una categoria pro-fessionale chiamata continuamentea giudicare e valutare, come sono gliinsegnanti. Ma perché questo siapossibile è necessario ridefinire quelprofilo, stabilirne senza equivoci ipercorsi di formazione iniziale e inservizio, i canali di reclutamento,tutte cose su cui la Fnism,insiemealle altre associazioni di insegnanti,insiste da tempo ormai immemora-bile. Altrimenti che cosa si giudica?Forse la capacità di sopravvivere inun sistema che fa acqua da tutte leparti e la tenacia di conservare la di-gnità del proprio lavoro e il rispettoper le persone che ci sono affidate?Ma questa è una partita che ciascunoaffronta in maniera diversa e chi ciriesce merita una medaglia al valorepiù che uno sporadico premio. Ab-biamo bisogno di definire chi sono ibravi insegnanti e di sostenerli nelloro difficile lavoro. Premiarli appar-tiene a un’altra fase, magari per evi-denziare il surplus rispetto alle pre-stazioni base al di sotto delle quali anessuno è consentito scendere, equesta è l’altra faccia della valuta-zione, altrettanto essenziale anchese meno spendibile sul piano dell’im-magine di un ministro in crisi.I tagli che hanno massacrato la

scuola esigerebbero una maggioresobrietà nell’affrontarne i problemie anziché fare i conti ogni volta conprospettive storiche o epocali, sa-rebbe opportuno puntare sulla suacapacità di tenuta in attesa di tempimigliori. Insomma, vale per la scuolal’auspicio disperato “speriamo chese la cavi”.

01-11-2010

Tormentone o“convitato di pietra”?

Il tema dell’educazione alla sessua-lità nella scuola è un vero e propriotormentone, se ne consideriamo l’as-sillante quanto inutile riproporsi ci-clico che ogni volta finisce per esau-rirsi ed essere messo da parte.Questa volta l’efficacia del rilancioè tutta nelle parole con cui il 10 gen-naio, nel suo discorso agli ambascia-tori accreditati in Vaticano, il Papasi è scagliato contro l’educazionesessuale: «Non posso passare sottosilenzio un’altra minaccia alla libertàreligiosa delle famiglie in alcuniPaesi europei, là dove è imposta lapartecipazione a corsi di educazionesessuale o civile che trasmettonoconcezioni della persona e della vitapresunte neutre, ma che in realtà ri-flettono un’antropologia contrariaalla fede e alla retta ragione». Con-traria alla fede, forse, ma non certoalla retta ragione che da secoli è im-pegnata nel non facile compito diancorare la sua rettitudine a cardiniche non siano le fedi religiose.E se in passato, alla latitanza su que-ste tematiche delle famiglie, i giovanipotevano contrapporre come fontid’informazione oltre ai confessionali,gli amici che magari ne sapevanomeno di loro, oggi questo terreno èinvaso in maniera totale dai mezzid’informazione che, lungi dal rispon-dere ad esigenze informative e for-mative, ne fanno uno strumento peralimentare la propria vocazionecommerciale. È vero che anche in questo caso in-

terventi di educazione sessuale pos-sono essere d’ostacolo alle ragionitutte poco razionali che sono allabase del consumo, ma non ce neaspettiamo una difesa da parte dellachiesa.La critica del pontefice si è rivoltain particolare a quei paesi europeidove le scuole assumono su di séquesta responsabilità e dunque l’Ita-lia esce incolume dagli strali pontificipoiché, nonostante fin dal 1975 cisiano stati innumerevoli tentativi diarrivare a una legge in materia, sirimane ancora a livello di rari inter-venti extracurricolari, ormai privi an-che dei minimi finanziamenti su cuipotevano contare. Eppure le espe-rienze realizzate hanno mostratocome la domanda che viene dai gio-vani non si esaurisce ad un livelloinformativo, pur necessario per ge-stire la propria sessualità e non es-serne condizionati in manieraspesso estremamente pesante, matocchi le dinamiche dell’affettività,delle relazioni, dell’identità di generee delle tante maniere in cui si èdonne e uomini e si vive la propriasessualità nell’ampiezza delle suesfumature. Essere accompagnati in manieraconsapevole in questo campo peruscire dalla barbarie dei pregiudizie degli ammiccamenti viziosi fà diquesto insegnamento un “convitatodi pietra” della cui presenza si gio-verebbe la stessa vita pubblica e pri-vata degli adulti. E chi potrebbe farlomeglio della scuola, a condizioneche accetti di confrontarsi con quellacentralità di studentesse e studentitanto proclamata ma mai attuata?

10-01-2011

Tra il serio e il faceto

Tra il serio e il faceto, tra il folclore el’impudore, siamo passati dalla car-nevalata della scuola di Adro deco-rata con il sole delle Alpi, pezzo es-senziale della fumosa mitologialeghista, all’ultima – ma tale solo in

ordine di tempo- uscita dell’asses-sore regionale all´istruzione del Ve-neto che ha invitato le scuole dellaregione a non adottare, non far leg-gere né conservare nelle bibliotechei testi diseducativi degli autori chehanno firmato l´appello a favore diCesare Battisti. “Semplicemente”dice lei. E aggiunge «non chiediamonessun rogo di libri, intendiamoci”.Tuttavia precisa, «un boicottaggio ci-vile è il minimo che si possa chiederedavanti ad intellettuali che vorreb-bero l´impunità di un condannatoper crimini aberranti». Annuncia cheinvierà una lettera in proposito a tuttii presidi. Una lettera ufficiale e sucarta intestata, presumiamo, tantopiù che l’iniziativa riscuote l’appog-gio dell’assessore alla cultura dellaProvincia di Venezia e del presidentedella Regione. Del resto la censura leghista, più omeno esplicita, si sta manifestandoanche nelle biblioteche, dove sisconsigliano i libri di Roberto Sa-viano. Della libertà di pensiero e distampa probabilmente non si discutemolto da queste parti. Ci incuriosisce vedere come reagi-ranno le scuole, le istituzioni e la po-polazione, anche questo sarà un in-dice interessante degli effetti di unacolonizzazione antistorica e tutta ra-dicata sul terreno di interessi eco-nomici che hanno bisogno di esserefondati e riconosciuti in un’identitàcondivisa, hanno bisogno di stigma-tizzare una compatta schiera di “co-muni nemici” (gli altri in generale: iromani antichi e moderni, i meridio-nali, gli extracomunitari). E per farquesto serve una cultura rozza e pri-mitiva, con un vocabolario limitato,possibilmente triviale perché così locapiscono tutti e non ci sono equi-voci. E nell’Italia che celebra i 150anni del suo difficile percorso a statounitario aperto alla dimensione eu-ropea e internazionale, brilla questofiore all’occhiello della Padania pocolontana dai tempi delle caverne.Tutto il resto è materia da censura.

20-01-2011

La residenza non è un merito

La Corte Costituzionale, con la sen-tenza n. 41 dello scorso 9 febbraio,ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 1,comma 4-ter, del decreto legge 25settembre 2009 n. 134 Disposizioniurgenti per garantire la continuitàdel servizio scolastico ed educativoper l’anno 2009-2010,aggiunto dallalegge di conversione n. 167 del 24novembre 2009.I docenti precari già inclusi nelle gra-duatorie provinciali ad esaurimento,per il biennio 2009/2011 avevano po-tuto presentare domanda di aggior-namento limitatamente alla provin-cia del loro inserimento precedente,poiché non era previsto il trasferi-mento in una provincia diversa. LaL.167/2009 aveva concesso, sia a do-centi già inclusi che a quelli inseritiper la prima volta, la facoltà di inse-rirsi in un numero massimo di altre3 province, ma con una collocazionein coda all’ultimo dei candidati giàinclusi o neo-inclusi nelle provinceprescelte. 1.500 precari avevano impugnato ilcriterio di tali disposizioni con un ri-corso al Tar del Lazio che però hasospeso il giudizio chiedendo allaCorte Costituzionale di verificare lalegittimità costituzionale di quantostabilito dalla legge 167/2009. La sentenza della Corte ha dichiaratol’illegittimità di tale provvedimentonella parte in cui prevede la colloca-zione “in coda” degli aspiranti aiquali, invece, compete l’inserimento“a pettine” in rapporto al punteggioper i titoli ed i servizi maturati allapresentazione delle domande.È stato così cancellato un tratta-mento discriminatorio nei confrontidei docenti che avevano chiesto diessere inseriti nella graduatoria inuna provincia diversa da quella diprovenienza.È ora necessaria una soluzione cheeviti o limiti i disagi conseguenti allarevisione delle graduatorie e quindidelle assunzioni.Il problema che si era cercato di ri-

solvere derivava dalla difficoltà di con-ciliare il diritto degli insegnanti di spo-starsi da una provincia all’altra conquello di coloro che, fatta una scelta,si vedono continuamente scavalcatinelle proprie posizioni. C’è da chie-dersi quali strategie possano ora es-sere perseguite senza creare nuovesituazioni di difficoltà e senza caderenegli equivoci di un territorialismo an-gusto che ha ben poco a che spartirecon i proclamati criteri meritocratici.

14-02-2011

La scuola ai tempi di Berlusconi Alle dichiarazioni di Silvio Berlusconiche denunciano professori che “in-culcano agli studenti valori diversirispetto a quelli delle famiglie” e digenitori che non hanno la possibilitàdi educare i propri figli liberamente“e liberamente vuol dire non esserecostretti a mandarli in una scuola distato”, ci chiediamo di quale paesepensi di essere il premier. È evidente la strumentalità di dichia-razioni rilasciate in un‘occasione benprecisa come il congresso dei crisi-tiano-riformisti, dichiarazioni chehanno il tono assertorio e semplifi-cato di uno spot pubblicitario miratoalla conquista di un elettorato catto-lico ormai esasperato. Tuttavia ci in-terroghiamo sull’arroganza di unapolitica scolastica che da anni privala scuola di risorse materiali e pro-fessionali e poi le rinfaccia di nonfunzionare.Chi sono gli insegnanti di cui parla ilpremier? Certo non quelli che ognigiorno entrano in classe, senza stru-menti che li aiutino a svolgere il lorolavoro, in una scuola che negli ultimianni ha conosciuto solo tagli e de-curtazioni ben oltre qualsiasi razio-nalizzazione degli eventuali sprechiche è difficile immaginare, visto chesulla scuola si è sempre mirato a ri-sparmiare. Chi sono i genitori di cui parla? Certonon sono quelli che incontriamo quo-tidianamente nelle nostre scuole,

20 Luglio-Dicembre 2015 L’ECO della scuola nuova

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preoccupati per il futuro dei loro figlie disposti a coprire le carenze di unascuola stremata portando da casaquegli strumenti di ordinario con-sumo che vanno dalla carta per lefotocopie alla carta igienica.Ci aspetteremmo parole diverse dacoloro che per il loro ruolo istituzio-nale dovrebbero impegnarsi per darvalore a questa scuola e risponderedelle scelte di politica scolastica e for-mativa. Assistiamo invece a una sven-dita di fine stagione proprio in con-comitanza con il periodo delleiscrizioni, in cui si addita la superioritàdel modello della scuola confessio-nale. Non vogliamo entrare nel merito diquanto possa essere libera unascuola che nasce orientata su valorireligiosi o di quanto essa si ponga aldi sopra delle logiche di un mercatodove tutto può essere acquistato. Quello che si chiede è una scuolapubblica su cui si investe invece dilesinare, con rigore e chiarezzad’obiettivi, una scuola in grado didare risposte alle esigenze formativedegli studenti che con i titoli di studioche essa rilascia entrano nel mondodel lavoro e delle professioni. Unascuola che collabori con le famigliein un compito educativo sempre piùdifficile e complesso. E ci piacerebbe che le dessero fiduciacoloro che guidano il nostro paese eche di quelle scelte hanno tutta laresponsabilità.

28-02-2011

“Inaccettabili le dichiarazioni delPremier sulla scuola!”

Gigliola Corduas intervistata da Pie-tro Ceccarelli per Prismanews.Insorge la Fnism-Federazione Nazio-nale degli Insegnanti, a seguito dellerecenti dichiarazioni espresse dalPresidente del Consiglio Berlusconiriguardo la scuola pubblica, chia-mando in causa sia gli insegnanti -che “inculcano agli studenti valori di-versi rispetto a quelli delle famiglie”

- sia i genitori, che non hanno la pos-sibilità di educare i propri figli libera-mente “e liberamente vuol dire nonessere costretti a mandarli in unascuola di Stato”.Prismanews ha voluto raccogliere laprotesta lanciata dalla Fnism, la piùantica Associazione di Insegnanti,fondata nel 1901 da Salvemini e daKirner, che associa insegnanti dellescuole pubbliche di ogni ordine egrado, personale direttivo ed ispet-tivo della Pubblica Istruzione e do-centi universitari. Abbiamo intervistato, nel meritodella protesta, la Presidente nazio-nale Gigliola Corduas: per lei e pertutta l’Associazione, una scuola pub-blica è quella su cui si investe invecedi lesinare, con rigore e chiarezzad’obiettivi; in grado, parimenti, didare risposte alle esigenze formativedegli studenti che con i titoli di studioche essa rilascia entrano nel mondodel lavoro e delle professioni.

D. Presidente, perché questa vostraalzata di scudo?R. “Perché è evidente la strumenta-lità delle dichiarazioni rilasciate dalpremier in un‘occasione ben precisacome il congresso dei crisitiano-ri-formisti, dichiarazioni che hanno iltono assertorio e semplificato di unospot pubblicitario mirato alla conqui-sta di un elettorato cattolico ormaiesasperato. Tuttavia ci interro-ghiamo sull’arroganza di una politicascolastica che da anni sta privandola scuola di risorse materiali e pro-fessionali e poi le rinfaccia di nonfunzionare”.

D. E a quali professori si riferiscesecondo lei il Presidente del Consi-glio?R. “Certo non a quelli che ognigiorno entrano in classe, senza stru-menti che li aiutino a svolgere al me-glio il loro lavoro, in una scuola chenegli ultimi anni ha conosciuto solotagli e decurtazioni ben oltre qual-siasi razionalizzazione degli eventualisprechi, che del resto sono difficili daimmaginare, visto che sulla scuola siè sempre mirato a risparmiare”.

D. Chi sono invece i genitori di cuiparla il Premier?R. “Certo non sono quelli che incon-triamo quotidianamente nelle nostrescuole, preoccupati per il futuro deiloro figli e disposti a coprire le ca-renze di una scuola stremata, co-stretti a portare da casa quegli stru-menti di ordinario consumo chevanno dalla carta per le fotocopiealla carta igienica”.

D. Il documento da voi diffuso, con-tiene altre richieste?R. “Da sempre ci battiamo per laqualità della scuola pubblica e ciaspettiamo parole diverse da coloroche, per il loro ruolo istituzionale,hanno il dovere di impegnarsi perdar valore a questa scuola e rispon-dono delle scelte di politica scola-stica e formativa. Assistiamo invecea una “svendita di fine stagione” pro-prio in concomitanza con il periododelle iscrizioni, in cui si addita la su-periorità del modello della scuolaconfessionale. Non ci interessa en-trare nel merito di quanto possa es-sere libera una scuola che nasceorientata su valori religiosi, o diquanto essa si ponga al di sopra dellelogiche di un mercato dove tutto puòessere acquistato”.

D. Ma?R. “Vogliamo una scuola pubblicasu cui si investe invece di lesinare,con rigore e chiarezza d’obiettivi,una scuola in grado di dare rispostealle esigenze formative degli stu-denti che con i titoli di studio cheessa rilascia entrano nel mondo dellavoro e delle professioni. Una scuolache collabori con le famiglie in uncompito educativo sempre più diffi-cile e complesso. Soprattutto preten-diamo che le diano fiducia coloro cheguidano il nostro paese, che hannotutta la responsabilità di quelle sceltee non possono lavarsene le mani ad-ditando la scuola privata come alter-nativa alla loro incapacità o cattivavolontà”.

07-03-2011

Chi ha paura della scuola pubblica?

Intervista di Pietro Ceccarelli a Gi-gliola Corduas per Prismanews.A seguito delle recenti polemichesulle dichiarazioni, per lo più infelici,di tanta parte politica sull’argomentoscuola ed insegnamento, Prisma-news ha intervistato sul tema la Pre-sidente della Federazione Nazionaledegli Insegnanti (FNISM), professo-ressa Gigliola Corduas.La Federazione Nazionale degli In-segnanti è la più antica associazionedi insegnanti, fondata nel 1901 daSalvemini e da Kirner, e associa in-segnanti delle scuole pubbliche diogni ordine e grado, personale di-rettivo ed ispettivo della P.I. e do-centi universitari.

D. Presidente è proprio vero chegli insegnanti delle scuole pubbli-che inculcano negli studenti, conla scelta dei libri testo, ideologiee valori diversi da quelli della fa-miglia?R. “Ancora una volta torna l’accusa,già prospettata il mese scorso in oc-casione del congresso dei cristiano-riformisti, di inculcare negli studentiideologie e valori diversi da quellidella famiglia. Questa volta il con-testo è l’incontro dell’AssociazioneNazionale delle Mamme, così ab-biamo dovuto subire anche un me-lenso peana sul valore delle donne-mamme, ministre-mammecomprese, “più brave in tutto” se-condo uno stereotipo nostrano checonvive tranquillamente con una re-altà che continua ad essere fatta dadonne portatrici d’acqua escluse dalpotere effettivo. In realtà la scuolapubblica che trova il suo ancoraggionella Costituzione, è ben lontanadall’inculcare qualcosa negli stu-denti, poiché parla del diritto di tuttiall’istruzione nel rispetto, come af-ferma l’art.3, di tutte le differenze,comprese quelle di opinioni politi-che e religiose. Insomma è unascuola che non catechizza ma, perdirla con le parole del fondatore

della Fnism Gaetano Salvemini, è“una scuola in cui tutti gli insegna-menti sono rivolti a educare e raf-forzare negli alunni le attitudini cri-tiche e razionali” Quanto ai libri ditesto, poi, l’accusa sarebbe quella dinon rispettare la realtà e di proporreuna versione di stampo eversivo, inparticolare della storia patria. La so-luzione sarebbe l’istituzione di unaCommissione parlamentare che ga-rantisca la loro oggettività e scoviquelli colpevoli di una parzialità che“getta fango su Berlusconi”. Va inquesta direzione il Progetto diLegge Carlucci, firmato da 18 parla-mentari del Pdl, con allegatol’elenco dei libri incriminati e relativipassaggi messi all’indice del pub-blico ludibrio”.Ci sarebbe di che allibire, ma ormaianche questo sta diventando diffi-cile.

D. Perchè sono così dure e inac-cettabili le dichiarazioni del Pre-mier?R. “Sicuramente in queste esterna-zioni si va ben oltre le critiche agliinsegnanti o ai testi scolastici. Di si-curo non è sotto accusa l’insegna-mento della Storia: chi può pensareche sia possibile ridurla a un neutroresoconto cronachistico deglieventi? Siamo sempre di fronte anarrazioni del passato, la cui atten-dibilità rinvia ad esempio al rigore ealla completezza delle fonti cui ci sirifà, che devono essere verificabilida chiunque. Ma siamo certi chequesti aspetti non interessino moltochi ha sollevato la polemica. Ciono-nostante fa davvero male vedere de-gli studiosi sul banco degli imputati,accusati in base alla loro scarsa fun-zionalità alla politica e al potere at-tualmente in auge. Non ci piace pro-prio che si entri nel merito di quantoi giudizi di Franco Della Peruta ri-spondano di una presunta “veritàstorica”: conta la correttezza dellesue argomentazioni, la sua credibi-lità di studioso, quell’onestà intellet-tuale che tale rimane anche quandoaltri studiosi arrivano a conclusionidiverse”.

D. Quindi sotto accusa è tutta lascuola pubblica?R. “Mentre siamo alle prese conproblemi - questi sì epocali e tali daincidere pesantemente sulla vita ditutti, dal lavoro all’economia, dallaqualità del rapporto con le giovanigenerazioni private del loro futuroalla nostra immagine sulla scena eu-ropea e internazionale - le accuserivolte ai libri di testo e agli inse-gnanti sarebbero davvero poca cosase non costituissero in realtà un at-tacco alla scuola pubblica, così pocofunzionale ad educare consumatorie a trasmettere una cultura che nonsia indottrinamento a maggior gloriadel potere. Al di là dell’apparente ca-sualità di queste esternazioni, nonsi può più dubitare che tanta insi-stenza sulla scuola la indichi comeun potente ostacolo nel piano, chesta così a cuore a chi ci governa, diliquidazione del sistema pubblicoche passa anche attraverso la dele-gittimazione e l’intimidazione deisuoi professionisti”.

D. Qual è allora il vero ruolo dellascuola pubblica?R. “In realtà la scelta di fondo è tradue alternative. Da un lato abbiamouna scuola in cui è lecito indottrinaregli studenti, purché i valori di riferi-mento siano gli stessi delle famigliee, poiché non parliamo di scuole pri-vate –per definizione parziali, rivoltea chi le sceglie perché si riconoscenel loro cartello valoriale e religioso-ma di scuola pubblica, allora dovreb-bero esserci dei valori omologati,semplificati, definiti una volta pertutte che solo i regimi possono per-mettersi. Dall’altro lato abbiamo unascuola che persegue obiettivi di in-nalzamento dei livelli di cultura e diformazione che sono alla base del-l’esercizio della cittadinanza e cheattraverso la rimozione degli osta-coli rende praticabile senza discri-minazioni il diritto all’istruzione dicui parla la Costituzione. In questaprospettiva, il problema non è se ivalori e le ideologie che la scuola in-culca negli studenti sono diversi daquelli delle famiglie, ma il fatto che

22 Luglio-Dicembre 2015 L’ECO della scuola nuova

Luglio-Dicembre 2015 23L’ECO della scuola nuova

la scuola non deve inculcare proprionulla. Educare è far crescere, svilup-pare il senso dell’appartenenza auna comunità che si riconosce in de-terminati valori espressi nella cartacostituzionale e che non sono ideo-logie ma assi d’orientamento dellaconvivenza civile e il cui valore prin-cipale consiste nell’essere conosciutie accettati in maniera consapevole”.

D. Lei cosa si auspica?R. “Che si possa realizzare il dettatocostituzionale che afferma la libertàdi pensiero e di parola, il diritto a uninsegnamento non ideologico, allosviluppo delle potenzialità individualianche oltre i limiti del contesto fa-miliare, il diritto alla formazione dispirito critico, al rispetto della libertàe dell’uguaglianza. Vale ancora l’os-servazione di Salvemini “In generaletutti i partiti religiosi o politici guar-dano con cupidigia alla scuola e sonportati a considerare gl’insegnanticome doganieri del pensiero, o giul-lari che abbiano il dovere di cam-biare la canzone secondo ‘Muta ilcapriccio della castellana” (ne “Ilprogramma scolastico dei clericali”).Quante volte ancora dovrà morireSocrate che, non volendo educare igiovani agli dei della città, fu accu-sato di perturbare e corrompere leloro coscienze?”. 02-05-2011

Chi valuta i valutatori?

Uno dei passaggi più difficili su cui ilMinistero continua a inciampare ro-vinosamente è quello della valuta-zione. Anche perché il presuppostoè che ad ostacolarla sia solo l’ostru-zionismo e un no pregiudiziale dellescuole e degli insegnanti.A conferma che non è così, ecco l’ul-timo scivolone dell’INVALSI, l’istitutonazionale per la valutazione del si-stema scolastico. Già il discutibiletempismo nell’emanazione dellenorme sugli esami di stato del 1° cicloe le indicazioni sulla prova scritta re-

lativa alla seconda lingua avevanocreato sconcerto e ora, nella fase dicorrezione delle prove, è arrivata lacomunicazione che le griglie di valu-tazione delle prove di matematica edi italiano contenevano degli erroritali da falsare la valutazione deglistudenti. Una cosa non da poco, vistoche ormai le prove Invalsi contribui-scono a pieno titolo alla media deivoti. A cavarsela meglio sono statele scuole e gli insegnanti che ave-vano proceduto con la correzionemanuale, mentre per chi aveva usatole griglie il lavoro è stato tutto da ri-fare.Un disguido irrilevante, un incidenteda minimizzare come dice il Mini-stero? Forse, ma conferma come lapartita della valutazione nel nostroPaese sia ancora tutta aperta e nonbasta che il ministro Gelmini dichiaricon una certezza che sfiora l’arro-ganza “sulla partita Invalsi non sitorna indietro”. Siamo in Europa, nondimentichiamolo, dove da anni si faricorso a strumenti di valutazione delsistema e, parodiando Totò del“Siamo uomini o caporali?” po-tremmo dire “siamo europei o afri-cani?” magari con una punta di or-goglio leghista del tuttoingiustificato.Non vorremmo passare per i solitidisturbatori della pace scolastica,che non vogliono arrendersi alla ras-sicurante certezza delle circolari mi-nisteriali e delle decisioni -come sem-pre- già prese.Tuttavia, modestamente e con un po’di vergogna per non essere portatoridi certezze in una fase politica in cuinon ci sono spazi intermedi tra il sì eil no, spazi per il dubbio e la rifles-sione, per una ponderazione delle ra-gioni dell’una e dell’altra parte, vor-remmo fare alcune osservazioni.Queste prove rientrano in una logicadi rilevazione internazionale dei li-velli di competenza che in Italia nonha mai riscosso molte simpatie an-che per ragioni riconducibili alla scar-sità e alla poca chiarezza dell’infor-mazione sull’uso delle prove stesse.Sappiamo bene che tra i NO alla va-lutazione si può trovare di tutto, da

chi pensa inopinatamente che l’inse-gnamento sia un’arte incompatibilecon qualsiasi tipo di verifica e di va-lutazione della sua efficacia a chi so-stiene che si vuole proporre solo uncriterio che distingua tra scuolebuone e scuole cattive, tra insegnantibravi e insegnanti incapaci. Sono unmodo per verificare le carenze nel-l’azione delle scuole, per capirne leragioni e magari provvedere a mi-gliorare o sono solo un altro aspettodella valutazione degli studenti e, in-direttamente, di controllo dell’effica-cia degli insegnanti? In questo casofanno bene quegli insegnanti che, inprevisione della prova, si mobilitanoa preparare i loro studenti perché èchiaro che il loro insuccesso li chia-merebbe in causa? Ecco allora en-trare a pieno nella didattica gli “alfatest“ messi on line dalla stessa IN-VALSI, e i manuali preparatori chetrovano ampio spazio, ricchi di con-sigli per l’uso e all’insegna dei para-disi di una didattica alternativa aquella tradizionale.In realtà il problema di fondo ci sem-bra un altro. In assenza di un sistemadi valutazione delle scuole e degli in-segnanti, oltre che degli studenti, ilricorso ai test perde il carattere diparzialità che dovrebbe connotarlointrinsecamente e esce dal pianodella verifica e dell’accertamento deilivelli di comprensione della mate-matica o della lettura per diventarel’unico strumento cui si affida un giu-dizio di valore sulla scuola. E, siadetto per inciso, torna a insisteresulla valutazione degli studenti,come avviene appunto per gli esamidi terza media.E dov’è la scuola che da sempre èanche molto altro rispetto alla capa-cità di leggere, scrivere e far di contoe tutto ciò che può essere quantifi-cato con strumenti presunti ogget-tivi?A questo punto hanno ragione gli in-segnanti a dire di no a una didatticache si debba preoccupare delle ri-sposte ai quiz, hanno ragione a pro-testare i genitori che si aspettanodalla scuola qualcosa di più di un’abi-lità che al più può portare a buoni ri-

sultati nelle trasmissioni televisive,hanno ragione gli studenti che hannodiritto di sapere le ragioni e le finalitàdi ciò che si fa a scuola, per loro enon su di loro.

19-06-2011

Uscire dai compromessi

L’insediamento del nuovo ministroProfumo si apre con due verificheimportanti per la scuola.La prima riguarda il monitoraggiopromosso dal MIUR per verificare gliesiti sul piano della didattica e del-l’organizzazione delle modifiche or-dinamentali introdotte dalle leggi132/2008 e 169/2008 e avviate nel2009. L’obiettivo è di far emergere irisultati dell’applicazione di due di-verse indicazioni curriculari: le Indi-cazioni Nazionali del 2004 e le Indi-cazioni per il curricolo del 2007.Per la verifica è stato predisposto unquestionario destinato alle scuoleche dovrebbe far emergere “l’armo-nizzazione degli assetti pedagogici ,didattici e organizzativi della scuoladell’infanzia e del primo ciclo di istru-zione con gli obiettivi del DPR89/2009”.Ci chiediamo come possa un questio-nario con domande di tipo tecnico-organizzativo dar conto dei cambia-menti che hanno investito la scuolae che sono conseguenza dei Regola-menti Gelmini con i loro tagli lineariassai più che dei processi d’innova-zione e di miglioramento che purehanno incrociato. Come possono iquestionari dar conto delle depriva-zioni che hanno investito le scuole edelle difficoltà per i docenti, i diri-genti, i genitori e, non da ultimi, glistudenti? Eppure è da lì che bisognaripartire, anche per arrivare alla pre-vista, eventuale elaborazione di unnuovo testo entro l’agosto 2012.L’altra verifica riguarda la sperimen-tazione “Valorizza” che ha coinvolto33 scuole nell’obiettivo di individuaremeccanismi per individuare e pre-miare gli insegnanti migliori. Anche

in questo caso sono evidenti i limitiprogettuali di un’impostazione cen-trata sul presupposto che la “repu-tazione” sia il miglior strumento perindividuare la qualità, in assenza dimodelli professionali efficaci e per dipiù rimanendo nella dimensione pre-miale dei più bravi, propostisi volon-tariamente alla sperimentazione.Ferma restando la necessità di defi-nire un solido –ed equo- sistema na-zionale di valutazione che tenga in-sieme la valutazione degli istitutiscolastici, dei suoi operatori e deglistudenti, ci troviamo di fronte a unaquestione delicata, dove c’è ancoramolto da lavorare e bisogna dar spa-zio alla voce delle scuole, alle loroesperienze e tener conto delle prati-che utilizzate in altri Paesi.Il Ministro Profumo ha dichiarato divoler perseguire “obiettivi chiari, conrisorse certe, monitoraggio conti-nuo” (Convegno ANP di Fiuggi). Cisembra un ottimo punto di partenza.Ma forse prima di ripartire bisogneràsgombrare il campo dalle macerieche hanno ingombrato la scena inquesti anni.

15-12-2011

Insegnanti e de-qualificazione dellascuolaIl Consiglio Nazionale della Fnism,riunitosi il 26 novembre, ha conclusoi lavori con il seguente documentoapprovato all’unanimità.

La Fnism, interpretando il pensierodei suoi associati, ritiene di doveresprimere il proprio dissenso neiconfronti di una politica scolasticache continua sulla linea dei tagli edelle riduzioni di personale, in as-senza di prospettive di innovazionee di una progettualità che sia ingrado di dare risposte a studenti einsegnanti. Ad essi, che in questigiorni stanno manifestando la lororabbia e delusione, la Fnism esprimela sua solidarietà condividendo l’aspi-razione ad una scuola pubblica forte,che sia messa in condizioni di svilup-

pare nei giovani tutte le potenzialitàindividuali e le attitudini di cittadi-nanza.A conferma di quanto poco la scuolae le sue dinamiche siano conosciutee considerate all’esterno, sono anchearrivate le affermazioni del Presi-dente del Consiglio che, in uno deinumerosi luoghi di una politica ormairidotta a spettacolo d’intratteni-mento serale, si è rammaricato dellascarsa disponibilità degli insegnantia prolungare il loro orario frontale,accusandoli di conservatorismo e didifesa di interessi corporativi. Egli ècosì ritornato su una questione cheaveva già suscitato nel mondo dellascuola proteste così forti e motivateda consigliare il ministro Profumo aritirare la proposta. Ci chiediamo quali fondamentali pro-blemi si possono risolvere con 6 ore(non 2, signor Presidente!) d’inse-gnamento frontale in più. Possibileche non arrivi il messaggio che nonsi tratta di allungare il brodo per ta-gliare qualche altra cattedra e buttarfuori un altro po’ di insegnanti, ma-gari precari, ma che bisogna resti-tuire alla scuola qualità e valore so-ciale?Quale visione della scuola e della for-mazione delle giovani generazionihanno i componenti di questo go-verno formato per di più da docentiuniversitari?Con molto rammarico non possiamoche registrare un’intima continuitàcon il precedente governo, radicatasulla visione del risparmio a tutti icosti. È chiaro che siamo inchiodatia una visione contabile della scuola,molto simile a quella del governoBerlusconi e di un ministro come laGelmini che ha gestito l’istruzionepubblica con logiche minimali dalpunto di vista culturale e ragionieri-stiche nella sostanza, in quanto fattedi tagli dettati dal ministero dell’eco-nomia. E ora siamo in presenza di unliberismo tecnico per cui la produtti-vità degli impiegati-insegnanti si cal-cola in ore in più o in meno di servi-zio.È significativo che questa volta nonci abbiano detto che “è l’Europa che

24 Luglio-Dicembre 2015 L’ECO della scuola nuova

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ce lo chiede” perché in Europa, sullascuola, si sta investendo decisa-mente di più. E non si dica che gli in-segnanti italiani hanno un orario piùbreve dei loro colleghi europei per-ché allora si continua ad alimentarel’identificazione dell’orario di serviziocon le ore in cattedra, come succedein una scuola che prevede, come es-senziali, solo aule sovraffollate e uncaotico non luogo come la sala do-centi.Ma forse il messaggio vero, distrut-tivo per la scuola pubblica, è proprioquesto: invitare gli insegnanti a ri-nunciare a una professionalità forteper la quale la scuola continua a nonessere attrezzata. Chi può permet-tersela potrà cercarla nel sistemadell’istruzione privata che dall’affos-samento della scuola statale ha tuttoda guadagnare, con la complicità ela disponibilità di tutti i governi, piùo meno tecnici.

26-11-2012

Professori pistoleri?

Ci sentiamo in dovere di parlarneperché anche questa è scuola ed èconferma dello stretto rapportodella scuola con il contesto in cui èinserita.Da una parte abbiamo una societàche, come avviene in particolare inAmerica ma con una tentazionecrescente in altri Paesi compreso ilnostro, sostiene il diritto a possederearmi, alimenta l’insicurezza psico-logica che è alla base di questobisogno e considera la difesa comeun problema da affrontare in una di-mensione individuale.Dall’altra parte una scuola che, difronte all’impatto di episodi di vio-lenza, passata l’onda emotiva,preferisce rassegnarsi ai metal de-tector perché pistole e coltelli ri-mangano fuori dalle aule, aule in cuiperaltro un estraneo armato non hadifficoltà ad entrare.Il risultato sono le ricorrenti san-guinose incursioni come l’ultima che

a Newtown è costata la vita a 20bambini in una follia lucida e permolti versi prevedibile.Tutto ciò è espressione di una cul-tura della violenza e della sopraf-fazione che lascia senza fiato.Le armi ci accompagnano dallanotte dei tempi, ci hanno permessodi sopravvivere nelle condizioni es-treme in cui i nostri più lontaniprogenitori si sono confrontati conmille difficoltà. Ci hanno permessodi nutrirci di carne, sono state pro-tagoniste di guerre e sono ancorastrumento per regolare troppe con-troversie internazionali.Le troviamo nelle mai superate rap-ine a banche, supermercati, gioiel-lerie, spesso con vittime, inscritte inun contesto di tipo economico chepone il denaro e i suoi derivati alvertice della scala dei valori umani.Ma quando abbiamo sentito teoriz-zare che se in quella tragica scuolabidelli e professori fossero stati ar-mati il livello dello scontro sarebbestato meno catastrofico perché sipoteva uccidere subito il malinten-zionato di turno, ci siamo chiesti sela scuola viene ancora intesa comeil luogo protetto in cui i giovani di-ventano adulti e si appropriano diuna cultura dei diritti il cui sviluppodovrebbe portare a un migliora-mento della condizione umana. Ose invece a scuola non si imparinole regole per inserirsi utilmente inuna società a bassa tenuta etica,dove la voce relativa agli arma-menti è particolarmente elevata eil potere delle lobby dei produttorie dei commercianti di armi dettanolegge.

19-12-2012

Valutazione sì, ma proprio così?

Con l’alibi ormai abusato, poco ras-sicurante ma anche poco veritiero“l’Europa lo vuole”, è stata comuni-cato dal MIUR che il Consiglio deiMinistri dello scorso 8 marzo ha ap-provato il Regolamento relativo al

Sistema Nazionale di Valutazionedelle scuole pubbliche.I pareri sulla bozza di Regolamentoerano stati estremamente critici eci si aspettava che in questa fase li-mitata alla sola amministrazione or-dinaria si scongiurasse un’approva-zione così inutilmente affrettata.La valutazione è infatti tutt’altro cheordinaria, anche perché definisce uncontesto di assoluta novità per lascuola italiana e mira a comporre inmaniera sistemica i diversi aspettirelativi alla valutazione delle singoleistituzioni, dei dirigenti, degli inse-gnanti e degli studenti per analiz-zare l’efficacia del sistema scolasticonazionale.La sensibilità in proposito è cre-sciuta in questi anni presso l’opi-nione pubblica e presso insegnantie dirigenti. Il dibattito stava ora met-tendo sotto osservazione le diffe-renti modalità con cui l’obiettivo puòessere realizzato e ad esempio eraampiamente condivisa la critica auna valutazione incentrata sull’IN-VALSI in una logica per cui il mini-stero valuta se stesso.Che urgenza c’era di chiudere senzaneppure aver aperto il dialogo e ilconfronto? Perché bloccare un pas-saggio determinante del percorso diriflessione sociale sul valore e ilsenso del sistema scuola e calareancora una volta dall’alto soluzionipreconfezionate e insoddisfacenticon un piglio decisionista degno dialtre cause?

12-03-2013

Teppisti in azione

Fanno molto male le immagini dibanchi bruciati, pareti annerite, cavielettrici divelti di una scuola di-strutta da un incendio doloso. Fannomale quei resti di uova marce lan-ciate contro le pareti e le scritte van-daliche.È grave se si tratta di un attacco al-l’istituzione scuola, perché come ciricorda Malala Yousafzai, vittima

della battaglia dell’estremismo isla-mico contro l’istruzione “Un bam-bino, un insegnante, una penna e unlibro possono cambiare il mondo”.La scuola è un baluardo contro l’im-barbarimento e la regressione, è unpresidio culturale e di civiltà.È grave anche se è frutto di un attovandalico da parte di soggetti cheindividuano in una determinatascuola un luogo sentito come ne-mico, secondo una visione politicaincentrata pregiudizialmente suglischieramenti opposti e si sentono indovere di lanciare messaggi intimi-datori.Ma queste immagini fanno male an-che se sono espressione dell’odioche nasce dal malessere e dal disa-gio di singole persone fragili di cuila scuola non ha saputo intercettarei bisogni più profondi aprendo ilvarco alla loro rabbia e alla loro vo-lontà di distruzione.Non sappiamo quali dinamiche cisiano dietro l’incendio del Liceo So-crate, un istituto romano da tempoimpegnato oltre sul fronte dell’inno-vazione e della didattica anche adaffrontare tematiche difficili con cuii giovani si confrontano, a partire daitemi dell’identità di genere e del-l’omosessualità.In quelle aule abbiamo incontratostudentesse e studenti, insegnanti,dirigenti interessati non tanto a tro-vare facili soluzioni ma disposti a di-scutere, a confrontarsi, ad analizzarei problemi. Una scuola che prova anon cedere al conformismo e traevitalità dal contesto sociale in cui èinserita, dove non mancano contrad-dizioni e problemi. Una scuola chedialoga con le strutture pubbliche econ l’amministrazione e ne ottieneanche il sostegno e la collabora-zione.A questo tipo di scuola va tutta lasolidarietà della Fnism nella difficilestrada del dialogo con i giovani enell’impegno a leggere criticamentei complessi problemi che li inve-stono.

15-07-2013

Morire di silenzio

Ci sono cose che devono essere fatteper migliorare la vita delle personema che si stentano a fare. Cosi’ leggiche sanciscano il rifiuto dell’omofo-bia e mettano al bando comporta-menti improntati all’istigazione al-l’odio e alla violenza. Leggi sulle qualisembra esserci un accordo diffusoma che restano ancora solo all’oriz-zonte. Ci sono cose che devono esseredette e trasformarsi in comporta-menti e relazioni che aiutino a in-frangere tabù superati e permettanoalle persone di essere se stesse, nelrispetto di tutte le diversità indivi-duali a condizione che si collochinoin un contesto di responsabilità col-lettive e di regole condivise.Deve diventare realtà quell’egua-glianza dei diritti cui fa riferimentola Costituzione all’art.3 “senza distin-zione di sesso, di razza, di lingua”che forse troppi dei nostri concitta-dini non hanno ancora recepito.Continuano invece ad esserci troppecose che non si vogliono vedere odire e allora prevale l’acquiescenzarispetto a un sistema dove gli ste-reotipi alimentano le false certezzee il conformismo, barattato per unarassicurante normalità, diventa unmito da salvaguardare ad ogni co-sto.Ma c’è un luogo, in particolare, chenon puo’ arrendersi a questi com-portamenti ed è la scuola, dove lenuove generazioni vivono il difficilepercorso di costruzione della propriaidentità personale e sociale che litrasforma in persone adulte. Unluogo in cui, più che nell’ambito dellafamiglia, ci si confronta con i tantimodi in cui vivere la propria appar-tenenza di genere. Ma la scuolatroppo spesso non vede, non sente,non parla, incapace di rapportarsialle persone e ai loro problemi. E nonbasta coprire questi vuoti spostandol’asticella sul magico trittico delle co-noscenze - competenze - abilità oparlare di successo formativo.

“Il soggetto, ragazzi, non dimenti-chiamo il soggetto” diceva l’inse-gnante che in tempi ormai lontani ciguidava nei meandri dell’analisi lo-gica.

12-08-2013

Aria nuova per la scuola

Prendiamo atto con soddisfazionedelle scelte fatte per la scuola nelpacchetto “L’Istruzione riparte” in-serito nel Decreto Scuola. Da troppotempo ormai sentivamo coniugarealtisonanti affermazioni di principiosul valore della cultura e sul ruolodell’istruzione per il rilancio econo-mico del nostro Paese regolarmenteseguite da interventi di taglio agli in-vestimenti. Il decreto costituisce in-vece un segnale importante inquanto interviene su aspetti che in-cidono sull’efficacia del sistema sep-pure con tutti i limiti della situazioneattuale. In particolare sarà definitoun piano triennale per l’immissionein ruolo del personale docente, edu-cativo ed ATA- negli anni scolastici2014/2016 e, per garantire continuitàdi insegnanti agli alunni disabili,viene autorizzata l’assunzione atempo indeterminato di oltre 26.000docenti di sostegno.Quanto ai libri di testo, ci si muovesu una logica che abbina il risparmioall’innovazione l’adozione dei testiscolastici diventa facoltativa; i do-centi potranno decidere di sostituirlicon altri materiali confermando cosìipotesi da tempo in discussione. Troviamo anche misure volte a favo-rire il welfare studentesco (borse pertrasporti e mensa, accesso al wire-less a scuola), misure per contrastarela dispersione scolastica, per recu-perare il ruolo dell’orientamento, ol-tre a investimenti sulla formazionedei docenti.Naturalmente sia per l’entità deglistanziamenti sia per i tempi previstie per la quantità dei problemi aperti,questo ha solo un avvio. Altri inter-venti dovranno essere realizzati in

26 Luglio-Dicembre 2015 L’ECO della scuola nuova

Luglio-Dicembre 2015 27L’ECO della scuola nuova

tempi brevi, a partire dalla ridefini-zione degli Istituti Tecnici e Profes-sionali che con i nuovi piani di studiovedono rafforzate le materie teori-che mentre non vengono potenziatii laboratori e i rapporti con il mondodel lavoro, un nodo difficile e delicatodel nostro sistema scolastico e for-mativo, da sempre poco collegatoalla cultura del mondo del lavoro.Pur con tutti i limiti che possono es-sere rilevati, diamo atto alla ministradi essersi davvero impegnata per ri-portare l’istruzione al centro del-l’agenda politica,come lei stessaaveva dichiarato.Da troppo tempo scuola, universitàe ricerca sono stati il centro solo ditagli e riduzioni.Consideriamo quindi questo decretocome un segnale di inversione di ten-denza, un richiamo a guardare allascuola come ad un investimento enon ad una spesa e già questo de-termina quel clima politico positivocui il sottosegretario Rossi Doria, inun’intervista a La Stampa, attribui-sce un forte rilievo.Infine, rileviamo come sia anche que-sto un modo per attuare la Costitu-zione che fa del diritto allo studio uncardine del sistema democratico.Speriamo che nuove perturbazionidi una perversa meteorologia politicanon ci riportino indietro.

10-09-2013

Quando diverso è bello

È un fatto che alla scuola elementaredi Corti, frazione di Costa Volpino,Bergamo, genitori italiani hanno riti-rato i loro figli dalla prima elemen-tare dove la maggioranza degliiscritti era costituita da bambini stra-nieri. È stata una scelta dettata darazzismo? Alcuni dei genitori chehanno “ritirato” i loro figli fanno ri-ferimento alla mancanza di certezzesulla continuità del servizio per l’in-tero corso di studi.E già questo crea rammarico perchétra accorpamenti di istituti scolastici

e razionalizzazioni della rete scom-paiono le piccole scuole che, con lachiesa, il municipio e la casermadelle forze dell’ordine, hanno da sem-pre costituito la roccaforte dell’iden-tità civica del paese anche più pic-colo e che, rispetto alla presenza diimmigrati, potrebbero essere utiliz-zate come focolai di integrazione lin-guistica e culturale e dunque di ac-quisizione di cittadinanza rispetto alPaese di accoglienza anche per gliadulti.Nell’istituto comprensivo di Corti,dopo il ritiro dei bambini italiani,l’unica classe prima sarà formata da14 alunni stranieri: romeni, maroc-chini, bosniaci, croati, albanesi e que-sto ha fatto scattare l’accusa di raz-zismo.Le reazioni dell’opinione pubblicasono state forti, dalla viscerale difesadel diritto alla qualità dell’istruzionesenza rallentamenti nei programmiimposti da alunni con problemi di lin-gua o con precedenti percorsi scola-stici accidentati fino alla decisa af-fermazione “diversi è bello”.Prendiamo l’occasione per soffer-marci proprio su questo aspetto.Quando “diverso è bello”? Quandole diversità costituiscono una sfidacui si risponde forzando quanto dirigido ancora caratterizza il nostrosistema scolastico sia nell’organiz-zazione sia nella cultura che la per-vade. Basti pensare al decreto Gel-mini sul “tetto” del 30% allapresenza di alunni stranieri perclasse, quando non si puo’ parlare distudenti stranieri senza fare distin-zioni tra chi è nato in Italia, chi civive da tanti anni e non ha problemine’ linguistici ne’ rispetto ai contenutie chi è arrivato da poco e ha bisognodi una fase di inserimento e di raf-forzamento linguistico.Le esperienze positive sono ormainumerose, ciascuna con proprie spe-cificità e riguardano sia i bambini“non italiani” (una dicitura assoluta-mente insufficiente) sia i bambini ita-liani destinati a vivere in una societàplurale.La multietnicità tra i banchi è ormaila normalità:i dati del ministero del-

l’Istruzione per l’anno 2013/2014 cidicono che gli alunni di cittadinanzastraniera sono 736.654, su un totaledi 7.878.661 studenti. Molte scuolene hanno preso atto e si sono attrez-zate realizzando esperienze digrande interesse che hanno miratoa rafforzare le competenze linguisti-che di chi aveva problemi, hannocreato occasioni di approfondimentodelle conoscenze anche rispetto aipaesi di provenienza dei bambini, sisono occupate anche delle famigliein cui essi vivono, favorendone l’in-tegrazione culturale e in ogni casoevitando che queste differenze co-stituiscano un hadicap. Ma quella chemanca ancora è la certezza che tuttele scuole sappiano far fronte allasfida, troppi tagli all’istruzione hannobloccato le iniziative e impedito dilavorare e sperimentare per trasfor-mare la diversità in ricchezza.

18-09-2013

La programmazione triennaledei Corsi di Laurea

La Fnism stigmatizza la situazioneche si sta determinando in sede diprogrammazione triennale dei Corsidi Laurea nelle Università per effettodella normativa in vigore a firma Gel-mini.Gli Atenei sono infatti chiamati a pro-grammare i Corsi di Studio in basealle proposte delle Strutture Prima-rie, sorte in sostituzione delle vec-chie Facoltà per effetto della Leggedi Riforma del Sistema UniversitarioNazionale, giunta da poco a compi-mento.Nella programmazione si dà rile-vanza al parametro numerico in ri-ferimento alla consistenza quantita-tiva del corpo docente strutturato,mentre si ignora, o comunque si sot-tovaluta, il dato relativo alla consi-stenza numerica degli studenti, checostituiscono la principale risorsa ri-spetto alla quale ogni corso di studiodovrebbe essere legittimato ad esi-stere.

Di conseguenza:- Si penalizzano i corsi con pochi do-centi strutturati, peraltro in una pre-visione triennale da presupporrecome inattendibile in virtù delle pre-viste immissioni di nuovi professorie ricercatori con carico didattico re-clutati a seguito di apposite proce-dure concorsuali, alcune delle quali,tra l’altro, in fase di espletamento.- Si premiano, con pesanti conse-guenze sul piano erariale, i corsi conun organico di professori esuberantee con pochi studenti (in alcuni casi èaddirittura possibile annoverare sol-tanto una decina di nuovi iscritti peril corrente anno accademico).- Non si prende invece in considera-zione che il fattore determinante, inuna fase in cui assumono un rilievostrategico la valutazione (ANVUR) ela necessità di tagli alla spesa pub-blica, il vero parametro di riferimentonon può che essere quello riconduci-bile al dato demografico dell’utenza.Presso l’Università della Basilicata sirischia di dare vita proprio a tale pa-radosso.Infatti, nel Dipartimento di ScienzeUmane funzionano (e si ipotizza diriprogrammare) Corsi di Studio conpochissimi studenti (e professori asufficienza), mentre si profilano ipo-tesi inaccettabili per il nuovo Corsodi Studio a ciclo unico quinquennalein Scienze della Formazione Prima-ria, che annovera un elevato numerodi studenti, tanto che per quest’annola selezione, che ha riguardato circa400 aspiranti, è sfociata nella com-pleta copertura dei 120 posti asse-gnati dal Decreto Ministeriale per ilnumero chiuso.Vi è da considerare che, giacché iprofessori “esponibili” sono soltantocinque, vengono ipotizzate decisioniinammissibili come quella di dare vitaad un Corso di Studio inter-ateneo alivello inter-regionale con l’Universitàdi Lecce, ignorando che la Legge isti-tutiva del Corso di Laurea in Scienzedella Formazione Primaria ha sancitola regionalità di suddetti corsi ed èper questo che ne esiste solo uno inogni regione.Di contro, la configurazione di inter-

ateneo ha riguardato unicamentepossibili raccordi (e accordi) a livellointra-regionale, laddove essi sonostati finora realizzati.Risulta praticabile, invece, l’ipotesi diun corso di studio a livello inter-strut-turale (inter-dipartimentale) facendoleva sui settori scientifico-disciplinaridello stesso Ateneo coerenti rispettoagli insegnamenti del corso di studioin parola.Il Consiglio Nazionale della Fnismesprime la propria fiducia sull’azionedi stimolo e di controllo del MinistroCarrozza, dei Rettori e degli Organipreposti, al fine di garantire un’effi-cace programmazione che coniughile esigenze di contenimento dellaspesa e la razionalizzazione delle ri-sorse professionali esistenti nell’in-teresse primario di una formazioneadeguata delle giovani generazioni.

10-11-2013

La fantasia al potere

Le notizie che in ordine sparsostanno trapelando sul "Piano scuola"che il Governo dovrebbe approvareentro 15 giorni o forse entro luglio oforse entro l'estate, rilanciano idee -alcune decisamente vecchie, altrepiù nuove- che dovrebbero rivoluzio-nare la scuola. Tra le ipotesi vecchie riappare il pro-lungamento dell'orario di aperturadelle scuole, questa volta addiritturafino alle 22, luglio compreso. Conquali ragioni opporsi? Forse chieden-dosi "per fare cosa?" Quante scuoledispongono di laboratori e attrezza-ture nonchè di personale per trasfor-mare la permanenza a scuola in untempo utile e significativo? Inoltrenon dimentichiamo le fin troppo di-sinvolte liquidazioni delle esperienzedi tempo pieno o della pluralità deimodelli orari introdotti nella scuolaprimaria, dove la variabile tempo erainserita in un modello di scuola permolti versi innovativo.Troviamo poi il prolungamento - siparla addirittura di raddoppio - del-

l'orario di servizio degli insegnanti.Sarebbe un orario tutto frontale, ma-gari utilizzato per coprire le sup-plenze? E del resto quali risorse intermini di spazi e di strumenti of-frono nella maggior parte dei casi lescuole a docenti che volessero svol-gere compiti che siano un'emana-zione della loro professionalità?Si parla anche dell'introduzione diuna differenziazione nelle presta-zioni degli insegnanti da considerarecome carriera senza scostarsi dallalogica dei premi e per di più gli even-tuali aumenti di stipendio "per meritiparticolari" passerebbero per la di-screzionalità dei dirigenti.Qui il discorso è complicato, dopoche siamo passati senza nessuna ri-flessione o valutazione attraversoesperienze di funzioni obiettivo, fun-zioni strumentali al POF e figure disistema, accumulate in un genericoguazzabuglio nobilitato dall'eti-chetta di middle management. Un'ipotesi nuova e inquietante si pro-fila sul versante della premialità appli-cata ai dirigenti, il cui stipendiopotrebbe essere incrementato in rap-porto ai risultati conseguiti dalle loroscuole e dunque dai loro insegnanti,fermi a livelli stipendiali assai poco eu-ropei e a rinnovi contrattuali più diffi-cili di quanto sia lecito immaginare. Non sappiamo quanto ci sia di veroin queste anticipazioni e soprattuttoquale sia il tessuto connettivo in cuisi inserirebbero questi sprazzi di ri-forma, a quale idea di scuola si fac-cia riferimento. Ci vediamo parecchiinflussi di un economicismo ten-dente al risparmio e una volontà diconiugare l'innovazione con una si-tuazione di sostanziale immobilità,cui non corrispondono ne' un'ade-guata progettualità ne' l'impegnodelle necessarie risorse.Ma naturalmente cercheremo di ca-pire meglio quando avremo notiziepiù sicure e allora saremo felicissimidi prendere atto che ci siamo sba-gliati. Diversamente, ben venganoanticipazioni fantasiose, se sono de-stinate a rimanere tali.

05-07-2014

28 Luglio-Dicembre 2015 L’ECO della scuola nuova

Luglio-Dicembre 2015 29L’ECO della scuola nuova

La sottile linea d'ombra

“Licenziata perchè lesbica” è uno diquei titoli che portano in primopiano l'attenzione su scuola e inse-gnanti, tra assertori della libertàdelle scuole private di scegliere i pro-pri insegnanti e sostenitori della pri-vacy cui anche le/gli insegnanti,bontà loro, hanno diritto e nonmanca un pizzico di pruderie.Sicuramente la vicenda è complessaperchè da un lato abbiamo scuoleche nascono con un obiettivo dichia-rato di perseguimento di valori con-fessionali su cui è incentrata tutta laloro azione educativa ed in quantotali sono scelte dalle famiglie e ga-rantite dai gestori che rispondono avalutazioni in ordine all'etica e allamorale cattolica.Dall’altro lato abbiamo un compro-messo difficile da rispettare, origi-nato dalla L. 62/2000 che hasfumato quel confine introducendoun “sistema pubblico integrato” chemette tutte le scuole sullo stessopiano e legittimando finanziamentialle scuole cattoliche.Abbiamo così un'attribuzione di finan-ziamenti e di agevolazioni fiscali ascuole cattoliche in contrasto con unascuola statale cui da anni si lesinanorisorse finanziarie e professionali.La vicenda della scuola di Trento evi-denzia una contraddizione di fondoper cui nello stesso insostenibilecontenitore “pubblico” finanziato datutti i cittadini italiani, convivonoscuole laiche - basate sul rispetto deivalori costituzionali a partire dall'ac-cettazione delle differenze, tutte ledifferenze- e scuole confessionaliche difendono il loro diritto a preoc-cuparsi dei modelli di comporta-mento di docenti che trasmettono,attraverso le loro discipline, valoriche restano tarati su modelli fami-liari e su ruoli maschili e femminiliben delineati e non contrattabili, no-nostante le aperture problematichee sofferte di Papa Francesco. Biso-gna garantire genitori che paganorette anche elevate facendo una

scelta preferenziale per l'educazionedei loro figli rispetto al pluralismo eal confronto che caratterizza lascuola statale, che potrebbe essereanche migliore ma che comunquecontinua a rifarsi ai valori della Co-stituzione che rimane alla base dellanostra convivenza civile.Non vogliamo entrare nel merito deldiritto alla privacy di insegnanti lacui forza è nelle competenze profes-sionali e non nei “si dice” da confer-mare o negare e comunque relativialla loro vita privata.Ci incuriosisce piuttosto vedere nellereazioni suscitate da questo casol'emergere di una logica di salva-guardia sindacale che chiede la rias-sunzione dell'insegnante incriminatae ingiustamente licenziata.Non si riesce a riportare la scuolastatale a livelli di qualità non soloperchè non si investe ma anche per-chè non si riesce a liberarla da unagestione burocratizzata ne' a sot-trarla a una logica impiegatizia perintrodurre criteri di professionalità?Ma si può ovviare sindacalizzando lascuola privata. È anche questo unmodo per creare un sistema effetti-vamente paritario, anche se non cisembra il migliore.

22-07-2014

Tanto tuonò che piovve

Le attese di provvedimenti radicalisulla scuola si sono materializzate inun mix di buone intenzioni, di paroled’ordine su aspetti innovativi datempo al centro del dibattito maanche nella riproposta di aspetti in-quietanti. Il tutto rinviato a novem-bre, dopo una fase di due mesi diconfronto con studenti e famiglieper averne indicazioni. “Ogni stu-dente con i suoi amici, le famiglie, leassociazioni, ci dica di cosa si vuoleparlare nella scuola”. A proposito,perché non sentire anche soggetticollettivi come associazioni profes-sionali della scuola e sindacati? E sepoi gli studenti e le loro famiglie ci

diranno che vogliono più inglese epiù coding, ovvero programmazioneinformatica?Avremo una definizione di “pro-grammi” (una parola e un concettoche pensavamo ormai superati) inbase al gradimento? Una scelta pre-occupante, tenuto conto che sui ban-chi di scuola costruiscono il lorosistema di valori giovani di culture edetnie diverse, che hanno bisogno diuna cultura solida sul piano storico,geografico, filosofico per trovarechiavi di lettura consapevole e criticache li aiutino a comprendere cosasuccede quando sui loro tablet assi-stono a scene terrificanti di esecu-zioni in diretta. Non ci sembra cheabbiano bisogno di nozioni per utiliz-zare meglio i mezzi della comunica-zione ma di sviluppare le loroconoscenze e capacità di riflessioneper rifondare valori di una convi-venza globale nuova che ci ripro-pone rigurgiti inquietanti di barbariecui non si può rispondere con la con-trapposizione di culture o un arro-gante dualismo di civiltà e barbarie.Il Piano presenta alcune prospettiveinteressanti (realizzare l’autonomia,avvicinare gli studenti al mondo dellavoro, riconsiderare il ruolo degli in-segnanti, istituire l’organico funzio-nale) ma sullo sfondo ci sono alcunifantasmi che rischiano di cambiaredavvero - e non in positivo - il voltodella scuola italiana (l’uso taumatur-gico di termini come merito e valu-tazione, un’ulteriore accentuazionedel ruolo dei dirigenti scolastici, lascomparsa di aspetti cooperativi chesono alla base della scuola come co-munità professionale). Siamo fiduciosi che il dibattito didue mesi cui si rinvia potrà dare uncontributo positivo per un rilanciodel sistema scolastico senza sotto-valutarne la complessità, perchédavvero - come ha affermato Renzi- la scuola “è alfa e omega di tutto”ma bisogna darle, non solo a parole,strumenti e risorse per funzionare.A proposito, e il capitolo delle ri-sorse finanziarie?

06-09-2014

30 Luglio-Dicembre 2015 L’ECO della scuola nuova

Ricordo di Giglioladi Matilde e Franco Lanzino *

Dove è il mio ragazzo, il mio ragazzoIn quale parte del mondo?Il ragazzo che amavo più di tutti nella scuolaIo la maestra, la vecchia zitella, il vergine cuore,che di tutti avevo fatto miei figli.Giudicai bene il mio ragazzo,ritenendolo uno spirito ardente,smanioso, instancabile?……Sì, Emily Sparks, le tue preghiere non furono sprecate,il tuo amore non fu tutto vano.Io devo tutto ciò che fui nella vitaAlla tua speranza che non volle disperare di me,al tuo amore che sempre mi considerò buono

Abbiamo conosciuto personal-mente Gigliola Corduas nel 2013,ospite a Rende, della nostra Fon-dazione “Roberta Lanzino”, in oc-casione di un interessante con-vegno sul tema dell’Educazioneall’uguaglianza delle opportunitàe alla prevenzione della violenzasulle donne, tema fondante ditutta la nostra venticinquennaleattività.La conoscevamo per fama, maascoltarla direttamente ci ha ri-velato la pienezza del suo essereeducatrice e formatrice esem-plare, limpida sintesi di un equili-brio capace di esprimere ten-sione costruttiva verso unamodernità che sappia però diven-tare cultura vera, innestandosi erecuperando tutta la forza posi-tiva della tradizione.Ricordiamo e conserviamo comeprezioso bagaglio il suo inter-vento appassionato, ma concreto,la sincerità del suo amore per le

giovani generazioni, la suagranitica consapevolezzadell’alta e non scontatafunzione formativa dellascuola.Ci è molto piaciuta la suadecisa affermazione del di-ritto all’eguaglianza delleopportunità per le donne,interpretata come cam-mino culturale a cui la scuola nonpuò non partecipare, ma soprat-tutto il suo avere sottolineato, giànella scelta del titolo dell’inter-vento: “Una scuola per diventaredonne e uomini migliori”, unobiettivo di equilibrata inclusionedei generi.A distanza e in accompagna-mento al suo essersene andata,la ringraziamo per la lezione ma-gistrale che ci ha regalato consemplicità e generosità, ma an-cora la ringraziamo per le belleparole con cui ci ha salutato:“Sono contenta di essere venuta,

ma soprattutto sono contenta perquello che ho visto, qui, in questaFondazione, in questa CASA diRoberta. Non immaginavo di tro-vare in Calabria una strutturacosì bella, un progetto cosi orga-nizzato, un pensiero così pro-fondo e motivato di contrasto allaviolenza sulla donne”.Tutto il mondo della scuola faràtesoro del suo pensiero e i suoistudenti, ormai uomini e donnedel mondo, la ricorderanno cer-tamente. Perciò ci piace allonta-narci da lei con le parole di Eda-gar Lee Masters

Rende 02/10/2015* Fondazione “Roberta Lanzino”

Luglio-Dicembre 2015 31DALLE SEZIONIL’ECO della scuola nuova

Ho insegnato per lunghi anni lettereall’allora Itc Carlo Levi ( ora Leo-poldo Pirelli, ahimè), occupandomisoprattutto di strategie per coinvol-gere i ragazzi nella lettura; la Pre-side, in quegli anni la coraggiosa Ro-sanna Ghiaroni, aveva accettato diospitare nel locali della scuola, in viaRocca di Papa, una associazione sto-rica di insegnanti, la Fnism, le cuipersonalità più significative erano inquel momento le professoresseLuisa La Malfa e Gigliola Corduas,da me soprannominate “Le signoredella Fnism”.Era appena stata varata la riformaBerlinguer per gli esami di Stato, conla nuova modalità per la PrimaProva… analisi del testo, saggiobreve, tema storico, e la Preside mipresentò a Gigliola Corduas, diret-trice del giornale dell’Associazione,L’Eco della scuola nuova, che volevariportare le impressioni di alcuni in-segnanti sulle nuove proposte mini-steriali. Fui intervistata, raccontai lemie impressioni, divenni rapida-mente amica di Gigliola, con la qualecominciai un rapporto praticamentequotidiano: nelle ore libere passavodalla sede della Fnism, raccontavole mie avventure con gli alunni e coni colleghi, le mie letture, scrivevopezzi sul mondo della scuola vistoda dentro, partecipavo alle iniziativeculturali della Fnism, che in queglianni erano numerose; cominciai pre-sto a contagiare i miei colleghi, chepresto divennero anche loro partedell’associazione. Le colleghe CinziaDelisi e Paola Farina, anzi, ricevet-tero il comando e Paola è tuttoral’anima della sezione romana dell’As-sociazione. Che dire della mia amicizia con Gi-gliola? Partita da una comune espe-rienza didattica, divenne presto unagrande e profonda amicizia, fatta di

scambi, di arricchimenti reciproci, diinteressi comuni, di entusiasmo perla scuola, la didattica, l’innovazione,il cambiamento. Il mio amore per lalettura fu premiato da Gigliola con lanomina a redattrice del giornale, peril quale scrivo da allora soprattuttorecensioni letterarie, e talvolta pezzisulla lettura, maglia nera purtropponella classifica delle attività didatti-che della scuola italiana, argomentoche Gigliola trattò sempre con at-tenta sensibilità.Di Gigliola ricordo la pacatezza, la pro-fondità del giudizio, il senso criticovenato sempre di leggera ironia, il de-siderio di superare le difficoltà, di nondrammatizzare, anche quando la si-tuazione della Fnism e quella sua per-sonale entrarono in crisi: la perditadella sede, in seguito alle scelte se-vere e diverse operate dalla nuova di-rigenza della scuola che l’ aveva ospi-tata per anni, l’insorgere dellamalattia che l’avrebbe precocementesottratta a tutti noi, fu vissuta da Gi-gliola con serenità, con un senso disuperiorità morale mai ostentato, cheè stata forse la più significativa ca-ratteristica della sua personalità. Una

donna colta, Gigliola, umanamentericca, capace di parlare in pubblico inmodo sempre convincente, e in pri-vato con affettuosa accoglienza e par-tecipazione attenta al punto di vistadell’interlocutore: un’ intellettuale cheavrebbe potuto essere ancora permolto tempo un punto di riferimentonel panorama così complesso dellascuola italiana e dei suoi insegnanti,a cui ha dedicato la sua attenzionecon le armi della competenza, dellostudio attento, dell’approfondimentodei temi caldi: un vuoto nell’Associa-zione e nel cuore di chi le è stata sin-ceramente amica. Ho ancora negli occhi l’immaginedelle “Signore della Fnism”, con leloro sciarpe colorate e le borse dilavoro che salgono le scale della miaex scuola, pronte a commentare l’ul-timo fatto di cronaca politica, l’ul-timo film, il nuovo libro, l’episodio dicostume, portando nella monotonaroutine scolastica una ventata di no-vità, uno sguardo più allargato sulmondo della scuola: e di questo sonodavvero grata soprattutto a Gigliola!

* Sezione di Roma - Lazio

Un rapporto specialeGigliola e la lettura

di Elisabetta Bolondi *

Ho conosciuto Gigliola Corduas neilontanissimi anni ’80. Eravamo en-trambe impegnate nella FNISM, leia Roma io nella sezione di Torino.Luisa La Malfa era stata appenaeletta Presidente Nazionale della no-stra associazione con l’impegno dirinnovarne l’organizzazione interna

e di rilanciare la sua storica tradi-zione in difesa della scuola pubblicalaica e democratica.Nei miei frequenti viaggi a Roma,per partecipare alle riunioni del Con-siglio nazionale in rappresentanzadella sezione torinese, ebbi molteoccasioni di incontrare Gigliola e di

partecipare con lei alle riunioni e allediscussioni. Ebbi così modo di cono-scerla meglio e di apprezzarla per ilsuo carattere garbato e gentile, perla chiarezza del suo modo di ragio-nare e di esprimersi, per la sua di-sponibilità a collaborare con tutti noiimpegnati nelle varie sedi dell’asso-

32 Luglio-Dicembre 2015 DALLE SEZIONI L’ECO della scuola nuova

L’ultima volta che Gigliola Corduas investe ufficiale di Presidente NazionaleFNISM è venuta a Terni è stato in oc-casione dell’ incontro promosso dallasezione ternana “IL RUOLO DISEDU-CATIVO DEI MEDIA”.Era il 22 Maggio del 2012 e ci trova-vamo nella splendida sala di PalazzoMazzancolli, sede dell’Archivio diStato della città. Ci lasciammo conl’intenzione di riprendere successi-vamente il tema, magari organiz-zando un convegno di studi con di-battito conclusivo e atti relativi...L’idea dell’incontro su scuola e mediaera nata al telefono e Gigliola, presadall’entusiasmo, aveva deciso di ve-nire per condividere con i soci di Ternialcuni dati e alcune questioni su cuida tempo stava riflettendo. Da qui ilprogetto di un pomeriggio sul tema.Quando si era trattato di decidere iltitolo, non abbiamo avuto dubbi,mentre per l’abstact ci siamo sentitipiù volte. Alla fine ci siamo accordatisu: Come sono cambiati i giovani ecome la rivoluzione tecnologico-in-formatica ha introdotto delle varia-bili importanti nell’azione educativa.

Scuola e famiglia nel “groviglio“ deinuovi mezzi di comunicazione.Gigliola aveva voluto aggiungere an-che la famiglia al binomio inizialescuola-media.Personalmente non ci avevo pensatoe invece poi, proprio questa ulterioreprospettiva sul tema ha funzionatoda “gancio” per i genitori, presenti adecine in una sala già affollatissimaa tal punto che la Direzione dell’Ar-chivio aveva deciso, per ovvi motividi sicurezza, di far presidiare gli ac-cessi, impedendo ulteriori entrate.Ho presentato Gigliola al pubblico ealle autorità, raccontando come, nelcorso degli anni della mia presidenza,avevamo costruito un rapporto fattodi stima e amicizia, incontrandocispesso per un pranzo veloce in qual-che locale ternano e condividendonon solo “le faccende” della sezionema anche quelle della vita (figli, fa-miglia, studi ecc.).Era sempre lei a venire col treno.Dopo la mia introduzione al tema diquell’incontro, Gigliola ha tenuto il suointervento in modo fermo, fermissimocirca quel “groviglio” scuola-famiglia-

mezzi di comunicazione di cui con lu-cidità e pertinenza ha individuato ine-sorabilmente aporie e contraddizioni,chiudendo sulla sfida educativa lan-ciata appunto dai media e coinvol-gendo anche emotivamente i presenti.Mi è difficile ricordare esattamente leparole dette, gli snodi e i passaggi deldiscorso. Ricordo, però, che moltesono state le domande, molti i quesiticome mai era accaduto.Conservo la sensazione complessivadi un intervento fondato sulla pienacognizione della questione, sull’indi-viduazione delle tappe storiche dellequali oggi la ’scuola digitale’ non è chel’ultima, sulla fiducia incrollabile nellaprofessionalità dei docenti e sulle ri-sorse inestinguibili delle famiglie.Conservo la sensazione che in quel-l’intervento ci fosse Gigliola, così co-m’era: con un amplio margine di fi-ducia nelle donne e negli uomini, conuna disposizione costruttiva rispettoai problemi, con una visione propo-sitiva del mondo. E con tante altre cose.

* Presidente sezione di Terni

Di Gigliola Corduas, di Terni, di scuola e di media

Un ricordodi Fausto Dominici*

La Collana di Giglioladi Marisa Caccia*

Luglio-Dicembre 2015 33DALLE SEZIONIL’ECO della scuola nuova

Mi chiedo spesso cosa penserebbee scriverebbe Gigliola Corduas delcambiamento innescato dalla legge107, del disagio avvertito da tantibuoni docenti che nella buonascuola vedono imbrigliate la dignitàe la libertà professionale, quali pa-role troverebbe per aiutarci ad

uscire dalle tensioni e dai problemiche la scuola vive. Ci mancano la sua guida sapiente,il suo giudizio equilibrato, forte ecapace di vedere oltre. Sì, di vedere oltre. E allora ria-scoltarla attraverso i suoi saggi,i suoi editoriali, diventa neces-

sario ed illuminante. Ho recuperato, e rileggo di fre-quente, anche le parole di Gigliolache conservo attraverso gli appuntidelle lezioni che, nel suo ruolo didocente, tenne per trenta fortunatiinsegnanti, tra i quali c’ero anch’io,dieci anni fa nell’ambito del corso

ciazione,a risolvere i problemi orga-nizzativi e a mantenere e ampliareil più possibile i difficili collegamentisul territorio nazionale.Ripensando a quegli anni nei qualiera forse più facile essere ottimisti,contare sulla forza e sul valore dellenostre idee, credo di poter affermareche sono stati, sia per lei come perme, una importante opportunità dicrescita e di maturazione.Durante il XXX Congresso nazionaledella FNISM nell’anno 2002 Luisa LaMalfa diede le dimissioni da Presi-dente a conclusione di un ventenniodi brillante e significativo lavoro perl’associazione. Sarà Gigliola la nuovaPresidente della FNISM; ben prestosi dimostrerà una valida interpretedel progetto innovativo dell’associa-zione e degli obiettivi da rilanciaresia nella scuola sia nella società.Ricordo che tra i temi del XXX Con-gresso si era data una particolareimportanza all’impegno per la revi-sione dello Statuto, partendo natu-ralmente da una valutazione criticadi quello ancora in atto per renderepiù facile l’organizzazione internadella Federazione e anche la sua pre-senza attiva nel Paese. Gigliola michiese di aiutarla a preparare labozza del documento innovativo daproporre poi all’assemblea dei dele-

gati. Accettai volentieri anche per-ché con lei sapevo che si lavoravabene e si stava bene; ricordo ancoraquelle sere dedicate da entrambe aquell’impegno difficile e faticoso cheebbe poi comunque una buona ac-coglienza dai delegati.Negli anni seguenti, avendo lasciatola presidenza della sezione torinese,ebbi meno occasioni di andare aRoma e di incontrare Gigliola, ancheperché lei,ovviamente,era semprepiù presa dai suoi impegni nazionali.Lei era però sempre attenta a tuttoe disponibile, con le sue capacità ela sua esperienza via via maggiore,a collaborare con le varie sezionidella FNISM e anche a parteciparea convegni, dibattiti, iniziative di-verse anche ideate e organizzate daaltre associazioni con finalità poli-tico- culturali analoghe. Ricordo inparticolare alcuni temi che le sta-vano molto a cuore:” La parità delladonna”, “La formazione del citta-dino italiano ed europeo”, “La vitalaica e democratica dentro e fuoridelle scuole”.Gli orizzonti personali di Gigliola Pre-sidente si ampliarono nel tempo. Isoci FNISM hanno così potuto cono-scere e apprezzare la ricchezza dellasua personalità, la validità delle suescelte,la sua dirittura morale.

Vorrei concludere questo mio ri-cordo di Gigliola citando un episodiopersonale, legato alla sua partecipa-zione a Torino, nel novembre 2011,al convegno organizzato dalla FNISMtorinese, sul tema”Fare gli italiani.Scuola,istituzioni,società nell’Italiaunita”. Gigliola aveva aperto il con-vegno con un ampio e interessanteintervento sul tema: “ La legge Ca-sati ai giorni nostri. Il ruolo dellascuola pubblica nella costruzionedell’Italia unita”.Nell’intervallo di mezzogiorno Gi-gliola ed io eravamo sedute vicino;potemmo così conversare libera-mente anche sulla nostra vita fami-gliare. A un certo punto lei mi con-fessò che nel suo scarso tempolibero libero si divertiva a crearedelle collane con perline di vetromulticolori, combinando a suo gusto,le diverse tinte in modo da ottenererisultati gradevoli e vivaci.. Poi al-l’improvviso estrasse dalla borsa unadi queste sue creazioni, molto gra-ziosa e “verdeggiante“ (direi in sin-tonia con i gusti della nostra asso-ciazione…) e me la donò con unluminoso sorriso.Questo suo gesto mi sorprese, mi di-vertì e, soprattutto, mi commosse.

* Sezione di Torino “Frida Malan”

Gigliola Corduas: la guerriera gentileal servizio della scuola

di Pina Arena*

34 Luglio-Dicembre 2015 DALLE SEZIONI L’ECO della scuola nuova

superiore dedicato alla metodolo-gia e alla didattica della differenzadi genere. E su questi ricordi desi-dero ora tornare, sicura che le pa-role di Gigliola siano un patrimonioda condividere. Tutto è partito da Matera: un per-corso nazionale finanziato dall’UE,sostenuto dal Miur, per trenta inse-gnanti selezionati nelle regioniObiettivo 1, un\a insegnante per cia-scuna provincia; un anno di lavori diformazione e di sperimentazione la-boratoriale sui temi e le metodologiedella didattica di genere con l’obiet-tivo di creare esperti\e che avreb-bero dovuto, a loro volta, successi-vamente, svolgere attività diformazione e di sostegno alle scuoledei territori di riferimento. Impresa,in realtà, mai compiuta (e Gigliola ciaveva messo in guardia di fronte alleprevedibili difficoltà ed estenuantilungaggini che avrebbero frenato ilraggiungimento del nobile obiettivo):i trenta, dopo la straordinaria for-mazione sono ritornati alle loroscuole ed hanno speso nelle loroclassi il frutto di un lavoro cheavrebbe dovuto aprire altri e piùampi scenari. Qualcuno ha anchepromosso progetti, ricreato fili di re-lazioni territoriali, sempre difficili eprecari, perché mai sostenuti o col-tivati dalla volontà istituzionale e po-litica, che alle promesse+ non hafatto seguire i fatti. Altri, sul filo tes-suto da Gigliola, sono approdati al-l’associazionismo dei docenti , allacondivisione di progetti e alla pro-mozione di azioni condivise. Di reti e condivisioni parlava Gi-gliola, della necessità di tessere re-lazioni educative condivise allabase, perché sia proprio la base asuggerire nuovi modelli di educa-zione e formazione. Nelle sue pa-role ritornavano i centri di que-stioni tuttora irrisolte o mal risolte:ribadiva la centralità del ruolo stra-tegico delle e dei docenti nel fun-zionamento del sistema; mettevain guardia da individualismi e sug-geriva strade di collaborazione in-dispensabili in un’attività incentrata

su un gruppo di professionisti, cia-scuno esperto, in modo diverso,nella propria area disciplinare mauniti dalle finalità da perseguire,sempre disponibili a confrontarsisulle pratiche didattiche e capaci diascoltare studenti e colleghi, fa-cendo del loro lavoro un’occasionedi ricerca e di crescita professionaleindividuale e condivisa.Professionalità, collegialità, con-fronto, rispetto, ascolto, condivi-sione, libertà d’insegnamento,erano le parole-chiave che ritorna-vano nei suoi interventi. Metteva inguardia dal rischio di essere strettidalla subdola gabbia della neutra-lità burocratica del ruolo ed invi-tava a tenere vivi gli spazi condivisi,perché non fossero spenti luoghiburocratici o di competizione, madi vera progettazione condivisa. L’insegnante era -nelle parole di Gi-gliola- chi costruisce consapevol-mente la sua professionalità e con-tinua a costruirsi, scegliendoliberamente, lungo tutto il suo per-corso. Abbiamo applaudito la sua propo-sta di promuovere un osservatoriosul reale stato di salute della pro-fessionalità docente, anche nellanormativa europea, per sollecitareproposte sulle riforme che non de-vono passare sulle nostre teste.Parlava della necessità della valu-tazione, la cui assenza ha favoritola dequalificazione del sistema, losvilimento del lavoro degli inse-gnanti e un egualitarismo frainteso,metteva in guardia da interpreta-zioni verticistiche dell’autonomiascolastica che avrebbero potutoprodurre usi personalistici scorag-gianti per i migliori insegnanti e de-qualificanti per la scuola. Fermava l’attenzione sulla rela-zione insegnante-dirigente, fuori daogni verticalismo, secondo un pattosociale che deve garantire i confinidella libertà d’insegnare affermatadalla Costituzione riconoscendol’insegnamento come la profes-sione irriducibile ad una dimen-sione impiegatizia secondo un ap-

proccio aziendalistico.Le sue parole ci affascinavano, ciavvinceva con la loro forza e limpi-dezza : portava con sé dispense pernoi, ma il filo del suo discorso si al-lungava o distendeva sempre in di-rezioni nuove che assecondavano idubbi, le nostre richieste di inse-gnanti-studenti. Era una grandemaestra anche nella flessibilità enell’arte di ascoltare; rendeva va-lorosi ogni nostro intervento edogni nostra richiesta con la ric-chezza delle sue risposte.In un suo documento recente ho

ritrovato la stessa impostazione, lastessa interpretazione lucida delledinamiche e delle relazioni nelmondo della scuola, a conferma diuna fondamentale coerenza e diuna preveggente sapienza nella let-tura della vita scolastica. In questo universo liquido da forti-ficare, occupava un posto naturalee necessario l’educazione alla dif-ferenza: dalla riflessione sul nostronobile mestiere tanto infragilito, Gi-gliola, sorridente e guerriera, ci tra-ghettava, con naturalezza, verso iluoghi complessi e delicati dell’edu-cazione e di genere e in questa pro-spettiva ci indicava il motore delcambiamento necessario, anzi dellarivoluzione. E anche qui la sua lezione ha avutosviluppi: l’alleanza e la condivisionedi un grande progetto di educazionedi genere ha prodotto, negli annisuccessivi, l’alleanza fruttuosa tra laFnism ed il gruppo ToponomasticaFemminile, in cui Gigliola ha da sem-pre profondamente creduto. Oggi, mentre attendiamo le pro-messe linee-guida sull’educazione digenere a scuola, preoccupati dal-l’equivoca collocazione che si conti-nua ancora a dare all’educazioneemotiva, nel caos dell’inizio di unanno scolastico all’insegna di cam-biamenti in cui percepiamo i pericolidi cui parlava Gigliola, le sue paroleed il suo spirito mite e guerriero con-tinueranno ad esserci di guida.

* Presidente sezione di Catania

Luglio-Dicembre 2015 35L’ECO della scuola nuova

Dieci anni, gomito a gomito, giornodopo giorno. Questo è stato il pe-riodo trascorso con Gigliola nella Fe-derazione. Ci conoscevamo da prima: un incon-tro casuale ad un convegno organiz-zato dalla Fnism negli anni ottantae poi l’incontro ravvicinato nellascuola, l’ITCG Levi- De Nicola. Io, titolare della cattedra di scienze,impegnata con gli studenti nel la-boratorio di chimica-fisica per rea-lizzare un museo scientifico, e Gi-gliola, non ancora presidentedell’associazione, con il gruppo deifnismini in un’aula adiacente allamia. Un’aula grande, luminosa adi-bita a sede dell’associazione, graziealla preside Rosanna Ghiaroni, perla quale la scuola rappresentava lasede più logica per un’associazioneprofessionale di insegnanti. E pro-prio in quella sede, efficacissima percreare relazioni, molti insegnanti,che ancora oggi collaborano nellaFederazione, si sono incrociati conl’attività associativa in un perfettomeccanismo osmotico. Il nostro so-dalizio non era ancora cominciato,ma la simpatia e il rispetto reciprocierano già tangibili.Nel 2002 Gigliola viene eletta presi-dente al congresso FNISM di VicoEquense. Mi racconterà molti annidopo i momenti turbolenti di quellegiornate.Il 24 aprile del 2006 è una data checi accumuna nel dolore. MuoionoClaudio, marito e compagno di unavita di Gigliola, e mio padre. Gigliolanon è più la stessa persona, la morteimprovvisa e drammatica del maritola lascia in uno stato di prostrazioneprofonda. È solo per il figlio Federicoche si fa forza e va avanti. Ma so-pravvive, non vive.

L’anno successivo arriva il mio di-stacco presso la FNISM. E cominciaa stringersi il nostro rapporto,un’amicizia profonda, vera, nutritadi quotidianità. Gigliola è ancora pro-fondamente depressa, ma si rimettein moto e nel lavoro rispetta gli im-pegni senza risparmiarsi, con abne-gazione ed onestà. La sua onestà in-tellettuale, il suo costante impegnocivile, sociale e politico le fanno ri-trovare il senso delle cose. Nella mia vita di biologa ed inse-gnante ho avuto la fortuna di incon-trare tante persone davvero speciali,ma Gigliola è stata la più speciale ditutte. Le dicevo che aveva una mar-cia in più, anzi tutto il cambio. Il suoeloquio chiaro, puntuale, fermo etranquillo, la stessa cura e lo stessorispetto, con quell’atteggiamentolaico, anzi con quel metodo laico,con i forti e con i deboli, la mancanzadi pregiudizi, la disponibilità nei con-fronti del sociale e le “donne”, l’at-tenzione quasi ossessiva al linguag-gio, all’educazione, all’orientamento,alla didattica, che ancora oggi nonprestano attenzione alle differenzedi genere, ma si rivolgono ad unamassa omogeneizzata, neutra, chenon tiene conto e non rispetta le dif-ferenze. La difesa, senza se e senzama, della scuola pubblica e laica. Ilrispetto amorevole per GiuseppeMazzini: ricordo con quanta tene-rezza sfiorò il busto marmoreo del“padre della Patria” in un covo diCarbonari a via Taranto. E insieme a questa professionalitàunica univa uno spirito giocoso etanta curiosità. I bijoux, fatti da lei, dicui andava fiera, nei quali poneva lasua solita attenzione per intonarli alladestinataria. Io ho spesso fatto la“prova gatto” come spesso mi chie-

deva di fare. L’interesse per la bota-nica e la riproduzione di fiori e piantesu piatti e mattonelle. La passioneper gli animali tutti. Corto e Sofia, unboxerone ed una gattina tabby, sonostati i suoi compagni affidabili e se-reni di questi anni. L’hobby dellascrittura, e sì che per lavoro scrivevatanto. È rimasto incompiuto un ro-manzo a cui stava lavorando. Questae tanto altro ancora era Gigliola. Pen-siero libero in donna libera. Non ci posso ancora credere. È statoquasi un fulmine a ciel sereno. Unabrutta tosse cominciata in inverno.La sua cocciutaggine a non control-larsi, che ci ha fatto litigare. Le va-canze trascorse a Sabaudia in isola-mento, per celare il suo stato, pernon fare preoccupare Federico, Ca-terina e me. Il ritorno a Roma, l’iniziodella fine. Sera del 3 giugno. Nella mia cucinaho ancora davanti agli occhi la tortadi pane che le piaceva tanto, appenasfornata, una delle poche cose cheriusciva ancora a mangiare. Mi tele-fonano Federico e poi Caterina. Latorta non serve più, segno imme-diato e tangibile di qualcosa che hoirrimediabilmente perduto… Ho aspettato fino all’ultimo, indecisase rendere testimonianza del nostropercorso insieme, il periodo in cui laFnism faceva la “ola”, dicevamoscherzando sui nostri nomi. Ma lodevo al giornale, a cui aveva semprededicato tanta cura, “L’Eco di Pape-ropoli” lo chiamava l’amico Alberto,in un delicato sfottò, e soprattutto aLei, che in punta di piedi ti coinvol-geva e in punta di piedi se ne è an-data, dopo avere festeggiato ancorauna volta da mazziniana e repubbli-cana la festa della sua amata Re-pubblica.

Ciao G

di Paola Farina

36 Luglio-Dicembre 2015 L’ECO della scuola nuova

DIRETTORE e DIRETTORE RESPONSABILEDomenico Milito

COMITATO DIRETTIVOMarco Chiauzza, Fausto Dominici, Luisa La Malfa, ElioNotarbartolo.

REDAZIONEElisabetta Bolondi, Anna Maria Casavola, Paola Farina.

DIREZIONE E REDAZIONE“L’ECO della scuola nuova”Via Tasso, 145 (presso Museo storico della Liberazione)00185 Romawww.fnism.it - [email protected]

A QUESTO NUMERO HANNO COLLABORATOPina Arena, Elisabetta Bolondi, Marisa Caccia, Anna MariaCasavola, Fausto Dominici, Paola Farina, Luisa La Malfa,Matilde e Franco Lanzino, Domenico Milito, Antonia Sani,Fiorenza Taricone.

EDITOREFnism, Federazione Nazionale Insegnanti, Registrazionedel Tribunale di Roma n. 424/81 del 21/12/81

ABBONAMENTIPer gli iscritti FNISM l’abbonamento è gratuito.Il costo di un numero singolo è di € 7,00È possibile sottoscrivere l’abbonamento su- c.c.b. UNICREDIT IBAN:IT 35 Y 02008 05198 000401020572Intestato a Fnism - Federazione Nazionale Insegnanti

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Finito di stampare Aprile 2016

PUBBLICITÀFnism, Federazione Nazionale Insegnanti,Via Tasso, 145 - 00185 Roma

La FNISM, Federazione Nazionale Insegnanti,fondata nel 1901 da Gaetano Salvemini eGiuseppe Kirner, è la prima associazioneprofessionale di insegnanti costituita in Italia.Ha una struttura federale che si articola in sezioniterritoriali e associa insegnanti delle scuolepubbliche di ogni ordine e grado, personaledirettivo e ispettivo della P.I., docenti dell’Università.Offre ai propri associati l’opportunità di parteciparea progetti di ricerca e di innovazione scolastica,seminari e corsi di aggiornamento, gruppi di lavorosu argomenti didattici e dibattiti, proposte dipolitica scolastica e associativa.La FNISM, che si richiama alla laicità come metodo diconfronto e di vaglio critico delle conoscenze, vuole ilpotenziamento della scuola pubblica, scuola di tutti,la valorizzazione della professionalità docente, ilriconoscimento di uno status di soggetti del processoformativo alla componente studentesca, l’attribuzioneai capi di istituto di una funzione di coordinamentodell’attività didattica e di gestione delle risorsescolastiche.È affiliata alla Fédération Européenne del’Enseignement et de la Culture, attraverso la qualepartecipa a programmi finanziati dell’UnioneEuropea e organizza scambi e partenariati. L’iscrizione si può effettuare versando la quotapresso una delle sedi locali o utilizzando ilc.c.b. Unicredit IBAN: IT 35 Y 02008 05198 000401020572Intestato a Fnism - Federazione NazionaleInsegnanti.Si dovranno indicare, oltre alla causale delversamento, nome e cognome, indirizzo, materia/edi insegnamento, eventuale sede di servizio.

L’ECOdella scuola nuova

Organo della FNISMFederazione Nazionale Insegnanti

fondata nel 1901 daGaetano Salvemini e Giuseppe Kirner

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