+ All Categories

Ortega

Date post: 16-Mar-2016
Category:
Upload: armando-editore
View: 215 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
Description:
LA RAGIONE NEL MARE DELLA VITA
24
José Ortega y Gasset LA RAGIONE NEL MARE DELLA VITA Principi di Metasica secondo la ragione vitale Introduzione e traduzione a cura di Estefanía Gadea Aliaga ARMANDO EDITORE
Transcript
Page 1: Ortega

José Ortega y Gasset

LA RAGIONENEL MARE DELLA VITA

Principi di Metafi sicasecondo la ragione vitale

Introduzione e traduzionea cura di Estefanía Gadea Aliaga

ARMANDOEDITORE

Page 2: Ortega

Sommario

Avvertenza 7

Introduzione di ESTEFANÍA GADEA ALIAGALa drammatizzazione della cultura nel pensierodi Ortega y Gasset 9

PRINCIPI DI METAFISICA SECONDO LA RAGIONE VITALE.CORSO DEL 1932/1933 31

Lezione I Sulla falsità dello studiare 33Lezione II Prima defi nizione di Metafi sica 46Lezione III La “nostra” vita 60Lezione IV La circostanza 71Lezione V Sul pensiero e l’essere delle cose 83Lezione VI L’io e Goethe 96Lezione VII L’antagonismo della circostanza 105Lezione VIII Cultura e tradizione. L’io sociale 110Lezione IX Il problema dell’essere 120Lezione X Metafi sica: un’interpretazione della circostanza 125Lezione XI Sulla verità radicale. Il realismo 130Lezione XII Sulla verità radicale. L’idealismo 137Lezione XIII Analisi e superamento della tesi idealista 144Lezione XIV Revisione del moto cartesiano e conclusione 150

Bibliografi a 159

Page 3: Ortega

7

AVVERTENZAAVVERTENZA

Il lavoro di traduzione che si presenta è stato realizzato sulla base dei testi in lingua originale che costituiscono l’ultima e più recen-te pubblicazione delle Obras Completas di José Ortega y Gasset, in particolare l’edizione presentata in collaborazione con la Fundación Ortega y Gasset da parte dell’editoriale Santillana (2008). Di questa magnifi ca collana, costituita da dieci volumi, ci siamo serviti del pri-mo volume appartenente all’opera postuma (volume VIII) il quale comprende la produzione dell’autore corrispondente agli anni tra il 1926 e il 1932. Il corso universitario, Principi di Metafi sica secondo la Ragione vitale, in questa edizione, viene di nuovo riportato sotto il suo titolo originale. Le edizioni anteriori, quella del 1966 (Alianza Editorial, Madrid, 1966) e quella del 1983 a cura di Paolino Garagorri (Obras Completas, Alianza Editorial, vol. XII, Madrid, 1983, pp.11-141) avevano riportato invece questo corso sotto il titolo: Alcune le-zioni di Metafi sica. In realtà, il corso principale che Ortega tenne per la cattedra di Metafi sica sin dal 1910 ebbe sempre il medesimo titolo, Principi di Metafi sica secondo la ragione vitale, a partire dal corso del 1932/1933 fi no al 1935/1936, anno nel quale il fi losofo si vide obbligato ad interrompere le sue lezioni a causa della Guerra civile. Cominciano gli anni dell’esilio. Il corso del 1932/1933 costituisce l’esposizione più completa del concetto orteghiano di raziovitalismo, dottrina importantissima nello sviluppo di tutto il suo pensiero, non solo fi losofi co.

Per ultimo, è doveroso precisare che all’interno della traduzione tutte le note a piè di pagina sono a cura della traduttrice così come i sottotitoli riportati per ogni singola lezione nel sommario.

Page 4: Ortega

9

IntroduzioneIntroduzione

LA DRAMMATIZZAZIONELA DRAMMATIZZAZIONEDELLA CULTURA NEL PENSIERODELLA CULTURA NEL PENSIERO

DI ORTEGA Y GASSETDI ORTEGA Y GASSETEstefanía Gadea AliagaEstefanía Gadea Aliaga

Realizzare un lavoro di sintesi all’interno dell’opera di Ortega si-gnifi ca, a rigore, dover prendere le distanze, allontanarsi, oggettivare un’opera e una fi losofi a dedicata quasi per intero all’immediatezza ra-dicale della vita. Perciò mi sembra giusto cominciare dicendo, usando un’espressione orteghiana, che ciò che stiamo per fare è una falsità.

Fondamentale, ma anche imprescindibile, per la comprensione della sua più originale teoria, che egli stesso presenterà come raziovi-talismo1, è il concetto, anzi, l’idea di cultura che sin dai primi scritti troviamo presente nella sua rifl essione. Vi è in Ortega il bisogno im-

11 Ortega si è sempre lamentato del fatto di essere stato spesso classificato, come Ortega si è sempre lamentato del fatto di essere stato spesso classificato, come d’altronde accade tutt’ora in alcuni manuali di filosofia, come un filosofo appar-d’altronde accade tutt’ora in alcuni manuali di filosofia, come un filosofo appar-tenente alla corrente del vitalismo. In una delle appendici aggiunte alla fine di tenente alla corrente del vitalismo. In una delle appendici aggiunte alla fine di El El tema de nuestro tiempotema de nuestro tiempo, del titolo, del titolo Ni vitalismo ni racionalismo Ni vitalismo ni racionalismo,, egli stesso chiarisce egli stesso chiarisce l’equivoco: «Con l’equivoco: «Con vitalismo filosoficovitalismo filosofico si intende: 1. La teoria della conoscenza se- si intende: 1. La teoria della conoscenza se-condo la quale quest’ultima non è che un processo biologico come qualsiasi altro, condo la quale quest’ultima non è che un processo biologico come qualsiasi altro, che non ha leggi né principi esclusivi ma obbedisce alle leggi generali organiche: che non ha leggi né principi esclusivi ma obbedisce alle leggi generali organiche: adattamento, legge del minimo sforzo, principio di economia. In questo senso, ap-adattamento, legge del minimo sforzo, principio di economia. In questo senso, ap-partengono al vitalismo gran parte, se non addirittura tutte, le scuole filosofiche po-partengono al vitalismo gran parte, se non addirittura tutte, le scuole filosofiche po-sitiviste […] Questa tendenza fa della filosofia un semplice capitolo della biologia.sitiviste […] Questa tendenza fa della filosofia un semplice capitolo della biologia.

2. La filosofia secondo la quale la ragione non costituisce il metodo superiore 2. La filosofia secondo la quale la ragione non costituisce il metodo superiore di conoscenza, dichiarando che un’altra relazione conoscitiva più diretta è possibile di conoscenza, dichiarando che un’altra relazione conoscitiva più diretta è possibile […] Questa forma di conoscenza è quella che si esercita quando al posto di pen-[…] Questa forma di conoscenza è quella che si esercita quando al posto di pen-sare concettualmente le cose, e, per tanto, distanziarle con l’analisi, le “viviamo” sare concettualmente le cose, e, per tanto, distanziarle con l’analisi, le “viviamo” intimamente. Bergson è stato il maggiore rappresentante di tale dottrina […] Si fa, intimamente. Bergson è stato il maggiore rappresentante di tale dottrina […] Si fa, dunque, della vita un metodo di conoscenza opposto a quello razionale.dunque, della vita un metodo di conoscenza opposto a quello razionale.

Page 5: Ortega

10

perativo di dover far derivare dalla vita l’insieme delle realtà umane, e in particolare la cultura. La vita, da sempre disattesa da parte della scienza, è per Ortega quell’unica realtà capace di rinchiudere in se stessa, e per ognuno di noi, l’insieme di tutte le altre realtà. Scienza, religione, politica…, non sono altro che cose che l’uomo fa nella sua vita. Di conseguenza, la vita è ciò che precede ogni cosa, condizione a priori di ogni agire umano. Come ci spiega Julián Marías in una delle sue magnifi che note all’edizione Cátedra delle famose Meditaciones del Quijote: «La radice di tutto ciò che l’uomo fa e crea la troviamo nell’immediata realtà della sua vita, e l’elaborazione umana delle sue necessità, ciò che l’uomo fa con esse, è la cultura». La cultura deve rispondere alle necessità dell’uomo, essere strumento al servizio della vita. Fra queste necessità troviamo indiscutibilmente quella esclusi-va dell’essere umano di scoprire la verità delle cose, dunque anche le teorie della conoscenza o fi losofi e derivano in ultima istanza da un’esigenza vitale, organica dell’uomo. La fi losofi a così come Ortega ce la presenta è circostanziale, nasce sempre da una realtà concreta, da una situazione che la rende necessaria. Ma lasciamo la parola allo stesso Ortega:

La cultura non è altro che l’interpretazione che l’uomo fa della La cultura non è altro che l’interpretazione che l’uomo fa della sua vita, l’insieme di soluzioni, più o meno soddisfacenti, che in-sua vita, l’insieme di soluzioni, più o meno soddisfacenti, che in-venta per evitare certe necessità. Da considerarsi sotto questo termi-venta per evitare certe necessità. Da considerarsi sotto questo termi-ne sia quelle materiali che quelle spirituali. Tali soluzioni, essendo ne sia quelle materiali che quelle spirituali. Tali soluzioni, essendo state create in risposta a delle necessità autentiche, sono anche esse state create in risposta a delle necessità autentiche, sono anche esse autenticamente delle soluzioni, sono idee, valutazioni, entusiasmi, autenticamente delle soluzioni, sono idee, valutazioni, entusiasmi, stili di pensiero, d’arte, di diritto, emanazioni sincere dal fondo ra-stili di pensiero, d’arte, di diritto, emanazioni sincere dal fondo ra-

3. La filosofia che non accetta altro metodo teoretico di conoscenza che quello 3. La filosofia che non accetta altro metodo teoretico di conoscenza che quello razionale, ma pensa che sia necessario situare al centro del sistema ideologico il razionale, ma pensa che sia necessario situare al centro del sistema ideologico il problema della vita, che è anche il problema del soggetto che pensa all’interno di problema della vita, che è anche il problema del soggetto che pensa all’interno di tale sistema.[…] Orbene, solo in quest’ultimo senso può essere applicato al sistema tale sistema.[…] Orbene, solo in quest’ultimo senso può essere applicato al sistema di idee che ho insinuato nei miei saggi, specialmente in di idee che ho insinuato nei miei saggi, specialmente in El Tema de Nuestro Tiem-El Tema de Nuestro Tiem-popo, e che ho ampiamente sviluppato nei miei corsi universitari. In realtà, solo la , e che ho ampiamente sviluppato nei miei corsi universitari. In realtà, solo la seconda accezione è rigorosa». Più avanti continua: «La mia ideologia non è contro seconda accezione è rigorosa». Più avanti continua: «La mia ideologia non è contro la ragione, dato che non ammette altro metodo di conoscenza teoretico: è soltanto la ragione, dato che non ammette altro metodo di conoscenza teoretico: è soltanto contro il razionalismo». Il suo è quindi un contro il razionalismo». Il suo è quindi un raziovitalimoraziovitalimo. La ragione è l’unico me-. La ragione è l’unico me-todo di conoscenza teoretico ma è anche una fra le tante funzioni vitali dell’uomo. todo di conoscenza teoretico ma è anche una fra le tante funzioni vitali dell’uomo. Non c’è conoscenza senza vita.Non c’è conoscenza senza vita.

Page 6: Ortega

11

dicale dell’uomo, così come quest’ultimo è nel momento iniziale di dicale dell’uomo, così come quest’ultimo è nel momento iniziale di una culturauna cultura22..

Ora, che cos’è questo fondo radicale dell’uomo?, e che cosa dob-biamo intendere con momento iniziale di una cultura?

La vita è ciò che è all’origine di ogni attività umana; qualsiasi cosa l’uomo faccia lo fa nella vita e per la vita. Conoscenza, arte, morale, religione, ideologie, sono tutte conseguenze, mediazioni tra l’uomo e l’immediato. Se tutto ha inizio nella nostra vita, allora sarà quest’ul-tima, con la sua circostanza, a condizionare il nostro punto di vista, la nostra versione dei fatti. Non esiste, quindi, per Ortega un’unica verità, ma tante versioni quante vite fanno parte di questo mondo.

Da diversi punti di vista due uomini guardano un medesimo pae-Da diversi punti di vista due uomini guardano un medesimo pae-saggio. Tuttavia, non vedono le stesse cose. La diversa situazione fa saggio. Tuttavia, non vedono le stesse cose. La diversa situazione fa sì che il paesaggio si organizzi in maniera diversa per entrambi. Ciò sì che il paesaggio si organizzi in maniera diversa per entrambi. Ciò che per uno occupa il primo posto svelando con vigore ogni singo-che per uno occupa il primo posto svelando con vigore ogni singo-lo dettaglio, per l’altro si trova invece all’ultimo posto rimanendo lo dettaglio, per l’altro si trova invece all’ultimo posto rimanendo oscuro e confuso. Inoltre, così come le cose che si trovano disposte oscuro e confuso. Inoltre, così come le cose che si trovano disposte l’una dietro l’altra si occultano a vicenda sia completamente o par-l’una dietro l’altra si occultano a vicenda sia completamente o par-zialmente, ognuno di loro riuscirà a percepire porzioni del paesaggio zialmente, ognuno di loro riuscirà a percepire porzioni del paesaggio che per l’altro rimarranno nascoste. Avrebbe senso però che ognuno che per l’altro rimarranno nascoste. Avrebbe senso però che ognuno di loro dichiarasse falso il paesaggio altrui? Evidentemente, no; tutte di loro dichiarasse falso il paesaggio altrui? Evidentemente, no; tutte e due sono ugualmente reali. Ma non avrebbe nemmeno senso che, e due sono ugualmente reali. Ma non avrebbe nemmeno senso che, una volta raggiunto un accordo e in vista della non coincidenza dei una volta raggiunto un accordo e in vista della non coincidenza dei suoi paesaggi, giudicassero tutte e due illusori. Ciò implicherebbe suoi paesaggi, giudicassero tutte e due illusori. Ciò implicherebbe l’affermazione dell’esistenza di un terzo paesaggio autentico, non l’affermazione dell’esistenza di un terzo paesaggio autentico, non subordinato alle stesse leggi degli altri due. Orbene, questo paesag-subordinato alle stesse leggi degli altri due. Orbene, questo paesag-gio archetipo non esiste né potrebbe esistere. La realtà cosmica è tale gio archetipo non esiste né potrebbe esistere. La realtà cosmica è tale da non poter essere vista che sotto una determinata prospettiva. La da non poter essere vista che sotto una determinata prospettiva. La prospettiva è uno dei componenti della realtà. Lungi dall’essere una prospettiva è uno dei componenti della realtà. Lungi dall’essere una sua deformazione, è una sua organizzazione. Una realtà che, vista da sua deformazione, è una sua organizzazione. Una realtà che, vista da qualsiasi punto, risultasse sempre uguale è un concetto assurdoqualsiasi punto, risultasse sempre uguale è un concetto assurdo33..

22 La «crisis» de hoy y de hace cinco siglos. Creación y recepción. La «socia-La «crisis» de hoy y de hace cinco siglos. Creación y recepción. La «socia-lización» del hombre y la «vuelta» a lalización» del hombre y la «vuelta» a la NaturalezaNaturaleza , “La Nación”, marzo 1933, in , “La Nación”, marzo 1933, in Obras CompletasObras Completas, Tomo V (1932-1940), ed. Taurus, 2006, p. 258., Tomo V (1932-1940), ed. Taurus, 2006, p. 258.

33 La doctrina del punto di vistaLa doctrina del punto di vista, , El Tema de nuestro TiempoEl Tema de nuestro Tiempo, cap. X, ed. Espasa-, cap. X, ed. Espasa-Calpe, 2005, p. 113.Calpe, 2005, p. 113.

Page 7: Ortega

12

E dato che la facoltà di conoscenza non è altro che una fra le diver-se funzioni vitali dell’uomo, lo stesso discorso può essere applicato alla rifl essione:

Ogni conoscenza è tale soltanto da un punto vista determinato. Ogni conoscenza è tale soltanto da un punto vista determinato. La La species aeternitatisspecies aeternitatis, di Spinoza, il punto di vista , di Spinoza, il punto di vista ubiquoubiquo, assolu-, assolu-to, non esiste in senso stretto; si tratta di un punto di vista fi ttizio e to, non esiste in senso stretto; si tratta di un punto di vista fi ttizio e astratto. […] il reale in esso non è visibile. Il punto di vista astratto astratto. […] il reale in esso non è visibile. Il punto di vista astratto proporziona soltanto astrazioni. […] L’individualità propria di ogni proporziona soltanto astrazioni. […] L’individualità propria di ogni soggetto reale è sempre stato l’ostacolo insormontabile con il quale soggetto reale è sempre stato l’ostacolo insormontabile con il quale la tradizione intellettuale degli ultimi tempi si è scontrata ogni volta la tradizione intellettuale degli ultimi tempi si è scontrata ogni volta che si è proposta di giustifi care l’aspirazione alla verità da parte del-che si è proposta di giustifi care l’aspirazione alla verità da parte del-la conoscenza. […] Adesso vediamo come la divergenza fra i mondi la conoscenza. […] Adesso vediamo come la divergenza fra i mondi di due soggetti diversi non determina la falsità di uno dei due. […] di due soggetti diversi non determina la falsità di uno dei due. […] questa divergenza non è contraddizione ma complemento. […] Ogni questa divergenza non è contraddizione ma complemento. […] Ogni vita è un punto di vista sull’universo. In realtà, ciò che essa vede non vita è un punto di vista sull’universo. In realtà, ciò che essa vede non può essere visto da nessun’altra. Ogni individuo – persona, paese, può essere visto da nessun’altra. Ogni individuo – persona, paese, epoca – costituisce un organo insostituibile per la conquista della epoca – costituisce un organo insostituibile per la conquista della verità. Ecco qui, come quest’ultima, che è in se stessa estranea ad verità. Ecco qui, come quest’ultima, che è in se stessa estranea ad ogni variazione storica, acquista una dimensione vitaleogni variazione storica, acquista una dimensione vitale44..

E in Verdad y perspectiva, testo poco posteriore alle sue Medita-ciones del Quijote afferma: «La verità non può essere guardata se non dal punto di vista che ognuno occupa, fatalmente, nell’universo»5.

Arrivati a questo punto possiamo rispondere a una delle due do-mande prima formulate: il fondo radicale dell’uomo assieme alla cir-costanza che gli è fatale, è ciò che determina il suo punto di vista. Quest’ultimo è quindi conseguenza diretta della semplice esistenza, “sensibilità vitale” dell’uomo innanzi al mondo. Una medesima “sen-sibilità vitale” è ciò che accomuna gli individui che appartengono alle diverse generazioni storiche. Pertanto, dobbiamo abbandonare la vecchia convinzione storiografi ca secondo la quale sarebbero soltanto i fattori esterni a determinare i diversi cambiamenti avvenuti lungo la storia dell’umanità, tutto ha inizio nell’immediato, nella sponta-

44 Cfr. ivi, Cfr. ivi, pp. 133-134.pp. 133-134.55 Verdad y perspectivaVerdad y perspectiva, , El EspectadorEl Espectador, 1916,, 1916, Madrid, ed. EDAF, 2007.Madrid, ed. EDAF, 2007.

Page 8: Ortega

13

neità propria del vivere. Negli anni le esigenze possono cambiare, le priorità spostarsi, ciò che un tempo è stato superfl uo può occupare adesso il primo posto nella scala dei valori oppure semplicemente svalutarsi… Quando ciò accade, e basta dare un’occhiata alla storia degli ultimi secoli per rendersi conto dell’effettiva realtà del fenome-no, l’equilibrio tra le facilità e diffi coltà con cui l’uomo deve avere a che fare e che compongono il suo ambiente, la sua circostanza, viene conseguentemente modifi cato. La circostanza, o mondo delle cose, con il quale l’uomo deve rapportarsi, lo voglia o meno, è sempre fun-zione dello spirito del tempo e delle pretese individuali di ogni sin-golo individuo6. La variazione di questo equilibrio non può però non avere un’infl uenza sul sistema di strumenti appositamente pensati per la soddisfazione dell’insieme delle esigenze precedenti, cioè, l’insie-me dei fattori culturali. Ad una variazione decisiva della sensibilità vitale ovvero cambio generazionale, dovrebbe sempre corrispondere un cambiamento culturale. Ma non sempre è così, come d’altronde la storia ci ha più volte dimostrato. Per esempio: possiamo affermare che la nostra sensibilità nei confronti dell’esistenza non sia cambiata dai tempi del medioevo ai giorni nostri? Evidentemente no; eppure condividiamo ancora con esso, nonostante l’annuncio di un folle, un importante valore culturale: la morale cristiana. La morte di Dio non è stata ancora istituzionalizzata. Da tempo il nostro corpo ci chiede un rovesciamento ma non c’è peggiore sordità di quella di non voler sentire.

Dal momento che ogni generazione risponde ad una particolare sensibilità vitale, possiamo dire, prendendo in prestito alcune parole dello stesso Ortega, che in essa si trova precostituita una determinata missione storica, l’imperativo severo di dover far sviluppare i propri semi interiori, di conferire una forma determinata a quell’esistenza che lo circonda e che chiamiamo mondo o circostanza, seguendo il modello della sua intima spontaneità. Ma accade che:

…le generazioni, come gli individui, alle volte non portano a …le generazioni, come gli individui, alle volte non portano a termine la loro vocazione lasciando incompiuta la loro missione. termine la loro vocazione lasciando incompiuta la loro missione.

66 Per un approfondimento di questi argomenti si rinvia alla lettura di Per un approfondimento di questi argomenti si rinvia alla lettura di Medita-Medita-ción de la técnicación de la técnica, 1939, in, 1939, in Obras Completas Obras Completas, Tomo V (1932-1940), ed. Taurus, , Tomo V (1932-1940), ed. Taurus, 2006, pp. 551-601.2006, pp. 551-601.

Page 9: Ortega

14

Ci sono, in effetti, generazioni infedeli a se stesse, che deludono Ci sono, in effetti, generazioni infedeli a se stesse, che deludono l’intenzione storica di cui sono depositarie. Piuttosto che intrapren-l’intenzione storica di cui sono depositarie. Piuttosto che intrapren-dere coraggiosamente il compito a loro affi dato, preferiscono, senza dere coraggiosamente il compito a loro affi dato, preferiscono, senza prestare ascolto agli appelli urgenti della sua vocazione, meriggiare prestare ascolto agli appelli urgenti della sua vocazione, meriggiare all’ombra delle idee, istituzioni e piaceri creati dalle generazioni all’ombra delle idee, istituzioni e piaceri creati dalle generazioni precedenti i quali però mancano di affi nità con il loro temperamen-precedenti i quali però mancano di affi nità con il loro temperamen-to. Evidentemente questa diserzione del posto storico non può esse-to. Evidentemente questa diserzione del posto storico non può esse-re commessa impunemente. La generazione delinquente trascinerà re commessa impunemente. La generazione delinquente trascinerà se stessa lungo la propria esistenza in un perpetuo disaccordo con se se stessa lungo la propria esistenza in un perpetuo disaccordo con se stessa, vitalmente fallitastessa, vitalmente fallita77. .

Questo è lo stadio in cui, secondo Ortega, si trova l’Europa, agli albori del nuovo secolo, vittima tardiva di quel canto di sirena che se-coli fa immerse l’intero continente in un sonno di onnipotenza razio-nale. Poche volte nella storia l’uomo ha sopportato così docilmente forme tanto poco affi ni al suo più intimo respiro. L’uomo si è addor-mentato, e nel suo letargo accetta senza domande tutto ciò che gli vie-ne consegnato dal passato installandosi comodamente in un universo di sicurezze che non gli appartiene.

Alla base di questo fenomeno troviamo, come sua causa princi-pale, il carattere trascendente di quell’insieme di attività umane che chiamiamo cultura. Quest’ultima nasce, come abbiamo detto, dal fondo radicale del soggetto ed è quindi ingrediente costitutivo della nostra spontaneità. Ma siccome ha lo specifi co compito, almeno do-vrebbe, di adattare il medio alle nostre esigenze (si pensi ad esempio alla tecnica), di rendere la nostra circostanza meno ostile ai nostri bisogni, essa deve anche obbedire alla legge oggettiva della realtà. Il pensiero, che possiamo defi nire come ricerca della verità, fa parte della nostra cultura; ma perché sia tale deve essere unico, deve obbe-dire ad una legge che sia sempre la stessa. Quindi, anche se nato sotto la legge dell’utilità soggettiva, esso deve nello stesso tempo obbedire all’imperativo oggettivo che governa la realtà delle cose. E questo problema della verità, ci spiega Ortega, può essere generalizzato a tutti gli ambiti che raggruppiamo sotto il termine “cultura”.

77 La previsión del futuroLa previsión del futuro, , El Tema de nuestro TiempoEl Tema de nuestro Tiempo, cap. II, ed. Espansa-, cap. II, ed. Espansa-Calpe, 2005, p. 67.Calpe, 2005, p. 67.

Page 10: Ortega

15

Poco a poco la scienza, l’etica, l’arte, la fede religiosa, la norma Poco a poco la scienza, l’etica, l’arte, la fede religiosa, la norma giuridica cominciano a staccarsi dal soggetto e ad acquistare una giuridica cominciano a staccarsi dal soggetto e ad acquistare una consistenza propria, un valore indipendente, prestigio, autorità. Fino consistenza propria, un valore indipendente, prestigio, autorità. Fino ad arrivare al momento nel quale la vita stessa, creatrice di tutto ciò, ad arrivare al momento nel quale la vita stessa, creatrice di tutto ciò, si inchina davanti ad esse, si arrende davanti alla sua opera e si offre si inchina davanti ad esse, si arrende davanti alla sua opera e si offre al suo servizio. La cultura si è così oggettivata, si è contrapposta alla al suo servizio. La cultura si è così oggettivata, si è contrapposta alla soggettività che l’ha generatasoggettività che l’ha generata88..

Subito dopo però un avvertimento: questa distanza tra la vita del soggetto e la cultura che ne risulta deve mantenersi entro certi limiti. La cultura può sopravvivere se e solo se mantiene un fl usso conti-nuo di vitalità con il soggetto; quando quest’ultimo si interrompe per qualche motivo, la cultura comincia ad essiccarsi, a sterilizzarsi.

Di questo tipo è la malattia che ha colpito la cultura della no-stra epoca, afferma Ortega. Nello stesso tempo che pretende essere l’unica fondata interamente sulla ragione, essa non è vissuta, non è vitalmente sentita dalla ragione ma misticamente accettata. I diversi valori culturali vengono assunti attraverso un atto di fede, si crede nella democrazia come si potrebbe credere nella Madonna del Pilar9. In queste situazioni di estrema anomalia, c’è bisogno di un ritorno alla natura, bisogna scuotersi di dosso tutto questo materiale ieratico e ristabilire il contatto con l’immediato. Abbandonare la fi nzione col-lettiva e tornare all’animalesco, trovare una via d’uscita.

Uno dei sintomi più chiari di questo allontanamento dalla vita è l’apatia caratteristica dell’arte e della politica del nostro tempo dirà Ortega (il riferimento è al secolo XIX e alle sue vive infl uenze sul nuovo secolo nascente), residui di altre generazioni che non rispon-dono ad alcun profondo sentire, falsifi cazioni razionali dell’esistenza collettiva. L’arte era diventata una cosa troppo seria, troppo carica di “umanità”. Le nuove generazioni artistiche, come il cubismo, pro-pongono invece un ritorno alla vita mediante un atto di creazione pue-rile. Solo che, proprio per questo motivo, per essere nate giovani in un mondo invecchiato, spesso vengono giudicate una “farsa” da parte

88 El doble ImperativoEl doble Imperativo,, El Tema de nuestro Tiempo El Tema de nuestro Tiempo, cap. V, ed. Espansa-Calpe, , cap. V, ed. Espansa-Calpe, 2005, p. 96.2005, p. 96.

99 Ortega dedica questa polemica al personaggio di Ortega dedica questa polemica al personaggio di Pío BarojaPío Baroja, ritenuto uno dei , ritenuto uno dei massimi rappresentanti dello spirito europeo dell’epoca.massimi rappresentanti dello spirito europeo dell’epoca.

Page 11: Ortega

16

di coloro che si ostinano a vivere in una sensibilità tradizionalista, ovvero a non vivere affatto.

L’uomo continua a vivere in disaccordo con se stesso, le genera-zioni preferiscono adattarsi alle verità del passato, nel caso dell’Eu-ropa, alla tirannia della ragione, e negare se stessi, la propria natura, piuttosto che fare lo sforzo di sottoporre a revisione i principi ricevuti. La negazione dell’individuo in quanto natura sensibile, ciò che in psi-coanalisi chiamiamo rimozione, è riuscita a trasformare gli uomini in un fenomeno collettivo e astratto: la massa, oggetto del desiderio dei totalitarismi. Il nostro corpo diventa una merce, parte omogenea di un tutto informe, che i rappresentanti del potere politico si contendono. Avvicinandoci all’interpretazione che Benjamin dà della Metamorfo-si di Kafka potremmo dire che, vivendo comodamente nelle convin-zioni del passato, l’uomo vive in se stesso una alienazione talmente radicale del suo corpo, delle sue necessità che, come Gregor Samsa, ci si può svegliare un mattino trasformati in un insetto senza avere la benché minima idea del perché. Abbiamo perso la nostra più intima comunicazione con il mondo e perciò ci sentiamo ora abbandonati, come una nazione che ha appena perso il suo re. I classici dei quali l’Europa si è da sempre servita, eredi diretti delle costruzioni idea-liste, non possono più servire come risposta alle nuove generazioni, alle nuove sensibilità. L’umanità sta invertendo la rotta. I classici si rivelano insuffi cienti: «attrezzo teatrale che si spezza nel solido bron-zo del nostro futuro, dei nostri problemi»10. Questo fa sì che l’uomo si senta diseredato, senza tradizione, senza una sicurezza alle spalle. Come un cane rimasto all’improvviso senza padrone, l’uomo sente l’affanno della servitù. Nel Epilogo del alma desilusionada, possia-mo leggere a questo proposito: «[l’uomo] vuole innanzitutto servire, sia ad un altro uomo, ad un imperatore, che ad uno stregone o ad un idolo. Qualsiasi cosa tranne che sentire il terrore che gli provoca il dover affrontare da solo, con il proprio petto, gli urti violenti del mare dell’esistenza».

1010 Pidiendo un Goethe desde dentro, carta a un alemánPidiendo un Goethe desde dentro, carta a un alemán, , Obras CompletasObras Completas, , Tomo V (1932-1940), ed. Taurus, 2006, p. 121.Tomo V (1932-1940), ed. Taurus, 2006, p. 121.

Queste pagine furono scritte in occasione del centenario del poeta tedesco per Queste pagine furono scritte in occasione del centenario del poeta tedesco per la rivista di Berlino «Die neue Rundschau»,la rivista di Berlino «Die neue Rundschau», che pubblicò un numero dedicato a che pubblicò un numero dedicato a Goethe inGoethe in contemporaneo con la «Revista de Occidente».contemporaneo con la «Revista de Occidente».

Page 12: Ortega

17

È questo il grande inconveniente con cui vengono incontro le co-siddette generazioni ricettive, esse trovando già fatte, già lì, tutta una serie di principi e soluzioni culturali, non hanno bisogno, quindi, di ripensarle, di ricrearle in se stesse. Questa ricezione di elementi cul-turali, questa accumulazione e sviluppo delle creazioni passate, oltre a comportare un evidente risparmio di fatica invita però all’inerzia vitale in un mondo assolutamente mediato, impoverito dal punto di vista dell’esperienza sensibile. L’uomo che eredita dal passato un si-stema culturale, si abitua progressivamente, cioè, generazione dopo generazione, a non dover avere più un contatto diretto con i problemi radicali che integrano la sua vita; e, dall’altra parte, a fare uso di tutta una serie di idee, di convinzioni, ritenute vere senza avere sentito però dentro di sé l’evidenza.

Ora possiamo fi nalmente rispondere all’ultima delle domande ini-ziali: che cosa si intende con momento iniziale di una cultura? Si tratta del momento in cui la cultura viene vitalmente creata da parte dell’uomo. Una cultura che è prodotto diretto dell’incontro di esso con il mondo, con la sua concreta circostanza, orientamento radicale che l’uomo sente non tanto come un suo pensiero bensì come parte integrante della propria realtà vitale.

Non era questa, però, la situazione nella quale si trovava la cultura europea agli inizi del secolo scorso, anzi, Ortega parlerà di crisi euro-pea come crisi di ogni classicismo:

La nostra eredità è stata costituita dai metodi, cioè, dai classici. La nostra eredità è stata costituita dai metodi, cioè, dai classici. Ma la crisi europea, che è la crisi del mondo, può essere diagnosti-Ma la crisi europea, che è la crisi del mondo, può essere diagnosti-cata come la crisi di ogni classicismo. Abbiamo l’impressione che cata come la crisi di ogni classicismo. Abbiamo l’impressione che i metodi tradizionali non servano piùi metodi tradizionali non servano più a risolvere i nostri problemi. a risolvere i nostri problemi. Sui classici si possono continuare a scrivere libri indefi nitamente. Sui classici si possono continuare a scrivere libri indefi nitamente. Scriverci un libro è la cosa più facile che si possa fare con qualcosa. Scriverci un libro è la cosa più facile che si possa fare con qualcosa. Ciò che è veramente diffi cile è riuscire a vivere di essa. Possiamo Ciò che è veramente diffi cile è riuscire a vivere di essa. Possiamo oggi vivere dei nostri classici?oggi vivere dei nostri classici?1111. .

Nonostante questa impossibilità di rifarsi al passato, nonostante questa sensazione di spaesamento, ogni crisi deve anche essere consi-derata come un momento di azione, di decisione:

1111 Cfr. ivi, p. 121. Cfr. ivi, p. 121.

Page 13: Ortega

18

Nel momento del pericolo, la vita scuote se stessa eliminando Nel momento del pericolo, la vita scuote se stessa eliminando tutto ciò che in essa è inessenziale, escrescenza, adipe, tentando così tutto ciò che in essa è inessenziale, escrescenza, adipe, tentando così di spogliarsi, di ridursi a ciò che è invece puro nervo, puro muscolo. di spogliarsi, di ridursi a ciò che è invece puro nervo, puro muscolo. Solo in questo modo, mediante una contrazione essenziale, l’Europa Solo in questo modo, mediante una contrazione essenziale, l’Europa potrà salvarsi.potrà salvarsi.

La vita è in se stessa e sempre un naufragio. Naufragare non vuol La vita è in se stessa e sempre un naufragio. Naufragare non vuol dire annegare. Il povero umano, sentendosi sprofondare nell’abisso, dire annegare. Il povero umano, sentendosi sprofondare nell’abisso, agita le braccia per riuscire a mantenersi a galla. Questo sbraccia-agita le braccia per riuscire a mantenersi a galla. Questo sbraccia-re mediante il quale l’uomo reagisce davanti alla propria perdizio-re mediante il quale l’uomo reagisce davanti alla propria perdizio-ne è la cultura – un movimento natatorio. Quando la cultura non è ne è la cultura – un movimento natatorio. Quando la cultura non è nient’altro che questo, adempie al suo compito e l’umano comin-nient’altro che questo, adempie al suo compito e l’umano comin-cia a salire dal suo abisso. Ma dieci secoli di continuità culturale cia a salire dal suo abisso. Ma dieci secoli di continuità culturale portano con sé, tra i molti e svariati, il grande inconveniente di far portano con sé, tra i molti e svariati, il grande inconveniente di far sentire l’uomo al sicuro, il quale comincia a perdere l’emozione del sentire l’uomo al sicuro, il quale comincia a perdere l’emozione del naufragio mentre la sua cultura si carica sempre di più di materiale naufragio mentre la sua cultura si carica sempre di più di materiale parassitario e linfatico. Perciò è necessario che ogni tanto soprag-parassitario e linfatico. Perciò è necessario che ogni tanto soprag-giunga qualche discontinuità in grado di provocare nell’uomo un giunga qualche discontinuità in grado di provocare nell’uomo un rinnovamento di questa sensazione di spaesamento, unica vera so-rinnovamento di questa sensazione di spaesamento, unica vera so-stanza della sua vita. È necessario che ogni strumento galleggiante stanza della sua vita. È necessario che ogni strumento galleggiante intorno ad esso manchi la sua funzione, cioè, che non ci sia niente intorno ad esso manchi la sua funzione, cioè, che non ci sia niente a cui poter afferrarsi. Soltanto allora le sue braccia torneranno ad a cui poter afferrarsi. Soltanto allora le sue braccia torneranno ad agitarsi in maniera salvatriceagitarsi in maniera salvatrice1212..

Un tribunale fatto da naufraghi dovrà un giorno giudicare ogni for-ma culturale. E i classici dovranno allora comparire innanzi al giudice infallibile Dionysos, affermerà Ortega facendo propria un’espressio-ne nietzschiana.

Questa immagine della vita come continua salvazione di se stes-sa, come continua preoccupazione, oggi può apparire ai nostri occhi debitrice di quella defi nizione di vita che Heidegger espone nel suo famoso libro Essere e tempo, pubblicato nel 1927. Ma sarà lo stesso fi losofo spagnolo, in una ampia nota che possiamo trovare all’interno del suo saggio Pidiendo un Goethe desde dentro, a difendere davanti al grande pubblico l’originalità della sua opera:

1212 Cfr. ivi, p. 122. Cfr. ivi, p. 122.

Page 14: Ortega

19

Nell’ammirevole libro di Heidegger intitolato Nell’ammirevole libro di Heidegger intitolato Essere e tempoEssere e tempo, , pubblicato nel 1927, si arriva ad una defi nizione della vita molto pubblicato nel 1927, si arriva ad una defi nizione della vita molto vicina a quest’ultima. Non sarei in grado di dire quale sia l’effet-vicina a quest’ultima. Non sarei in grado di dire quale sia l’effet-tiva prossimità tra la fi losofi a di Heidegger e quella che ha ispirato tiva prossimità tra la fi losofi a di Heidegger e quella che ha ispirato sempre i miei scritti, più che altro perché né l’opera di Heidegger sempre i miei scritti, più che altro perché né l’opera di Heidegger si trova ancora completamente conclusa, né, dall’altra parte, i miei si trova ancora completamente conclusa, né, dall’altra parte, i miei pensieri sono stati adeguatamente sviluppati sulla carta stampata; pensieri sono stati adeguatamente sviluppati sulla carta stampata; ma sento il bisogno di dover dichiarare che il mio debito nei con-ma sento il bisogno di dover dichiarare che il mio debito nei con-fronti di questo autore è molto scarso. Soltanto uno o due dei con-fronti di questo autore è molto scarso. Soltanto uno o due dei con-cetti più importanti in Heidegger non preesistono, alle volte con una cetti più importanti in Heidegger non preesistono, alle volte con una anteriorità persino di tredici anni, nei miei libri. Ad esempio: l’idea anteriorità persino di tredici anni, nei miei libri. Ad esempio: l’idea della vita come inquietudine, preoccupazione e insicurezza, e della della vita come inquietudine, preoccupazione e insicurezza, e della cultura come sicurezza e preoccupazione per la sicurezza, si può cultura come sicurezza e preoccupazione per la sicurezza, si può già trovare così formulata nella mia prima opera, già trovare così formulata nella mia prima opera, Meditaciones del Meditaciones del QuijoteQuijote, pubblicata nel 1914! […], pubblicata nel 1914! […]1313..

Il capitolo al quale Ortega si riferisce è concretamente quello intitolato Cultura y seguridad dove possiamo trovare affermazioni del tipo: «Cultura non vuol dire vita nella sua interezza, ma soltanto il momento di sicurezza, di stabilità, di chiarezza…». Dalla lettura completa del testo si può evidenziare come effettivamente vi sia una complicità tra le dottrine di entrambi i fi losofi almeno per quanto ri-guarda questi due concetti fondamentali.

Torniamo però all’immagine del naufrago. La vita è fatta di nau-fraghi che lottano perennemente per la loro salvezza sospesi in un mezzo a loro eterogeneo, e che in qualche modo si mostra ostile nei loro confronti. Dal punto di vista dell’uomo, la vita si confi gura come una lotta continua contro ciò che da egli è diverso, contro la sua cir-costanza. Una lotta portata avanti dal desiderio di affermazione della propria esistenza.

Più volte abbiamo parlato di questa circostanza con la quale l’uo-mo deve sempre avere a che fare, e che è anche l’unica responsabile di quell’equazione tra diffi coltà e facilità che durante le diverse epo-che della storia dell’umanità ha dato luogo ai diversi momenti cultu-

1313 Nota dell’autore al saggio Nota dell’autore al saggio Pidiendo un Goethe desde dentroPidiendo un Goethe desde dentro, «Revista de , «Revista de Occidente», abril, 1932, in Occidente», abril, 1932, in Obras CompletasObras Completas, Tomo V, ed. Taurus, 2006, pp. 127-, Tomo V, ed. Taurus, 2006, pp. 127-128.128.

Page 15: Ortega

20

rali. Ma se dovessimo defi nirla? Che cosa rappresenta per il pensiero orteghiano la circostanza?

La circostanza è il mondo vitale, ciò che Husserl chiama Lebens-welt o mondo-della-vita, nel quale il soggetto si trova immerso per il sem-plice fatto di vivere; ma è anche tutto quell’insieme di convinzioni, di abitudini, di valori, ecc, che costituiscono l’ambiente culturale dell’uo-mo e che caratterizzano la società del momento. Tutto ciò per quanto ri-guarda l’aspetto più semplice della sua descrizione, poiché in molti testi sia l’anima o mente del soggetto che il suo corpo vengono fatti rientrare anche essi all’interno della circostanza. La ragione di questa ulteriore attribuzione alla circostanza risiede nel fatto che noi ci incontriamo con il nostro corpo, con le nostre capacità psichiche e persino con il nostro carattere come con qualcosa di già dato, qualcosa che può favorire o essere un ostacolo per i nostri progetti nello stesso modo in cui lo sono tutte le altre cose che fanno parte del mondo. Quindi, ogni vivere è in quanto tale doppiamente circostanziale. È esperienza concreta e imme-diata di un soggetto nell’altro da sé, ma anche parte di quella medesima circostanza della quale fa parte in quanto forma di vita.

Il mondo non è, quindi, una realtà indipendente, Ortega considera inaccettabile la tesi realista secondo la quale l’essere delle cose possa appartenere ad esse indipendentemente dal soggetto. Il mondo non è la Natura o il Cosmo, come credevano gli antici, cioè, una realtà indipen-dente, capace di sussistere per se stessa. Il mondo è ciò che io percepi-sco, così come io lo percepisco. Nella mia vita interviene tutto ciò che in essa diventa presente, il mondo è ciò che è vissuto in quanto tale. L’essere primario delle cose è il suo essere in relazione con la vita, il suo servizio o possibilità di manipolazione, il suo essere vissuto. L’er-rore del pensiero tradizionale consiste nel fare astrazione di questo es-sere primario e nel considerare possibile l’esistenza indipendente delle cose anche quando non c’è un soggetto che le possa vivere, esperire. L’errore dell’idealismo, invece, è voler conferire un’esistenza alle cose solo in funzione della loro presenza nel pensiero del soggetto. Ortega ci propone invece una versione più drammatica della realtà: «Io sono una individualissima pressione sul mondo; il mondo è la resistenza altrettanto determinata ed individuale a questa pressione»14.

1414 Cfr. ivi, p. 125. Cfr. ivi, p. 125.

Page 16: Ortega

21

Passiamo adesso ad un’analisi più attenta di una delle analogie tra macrocosmo e microcosmo che possiamo giudicare tra le più interes-santi del pensiero contemporaneo. Così come Ortega parlerà di una sensibilità vitale caratteristica di ogni generazione e dell’esistenza di generazioni infedeli a se stesse, cioè, generazioni che, collocate nella comodità di una cultura ancestrale, mancano la loro missione stori-ca, ci presenterà, a livello del singolo individuo, ciò che secondo il fi losofo spagnolo costituisce l’aspetto più drammatico dell’esistenza umana: la possibilità di una sua falsifi cazione, di una negazione del proprio destino.

Vita signifi ca per noi l’inesorabile necessità di dover realizzare Vita signifi ca per noi l’inesorabile necessità di dover realizzare il progetto di esistenza che ognuno di noi è. Questo progetto nel il progetto di esistenza che ognuno di noi è. Questo progetto nel quale consiste il nostro io non è un’idea o piano ideato dall’uomo quale consiste il nostro io non è un’idea o piano ideato dall’uomo e liberamente scelto. È qualcosa di precedente, nel senso di indi-e liberamente scelto. È qualcosa di precedente, nel senso di indi-pendente, a tutte le idee che la sua intelligenza possa formare, a pendente, a tutte le idee che la sua intelligenza possa formare, a tutte le decisioni della sua volontà. Anzi, di solito abbiamo di esso tutte le decisioni della sua volontà. Anzi, di solito abbiamo di esso soltanto una vaga conoscenza. Tuttavia, quest’ultimo costituisce il soltanto una vaga conoscenza. Tuttavia, quest’ultimo costituisce il nostro autentico essere, è il nostro destino. La nostra volontà è libera nostro autentico essere, è il nostro destino. La nostra volontà è libera di realizzare o meno questo progetto vitale che ultimamente siamo, di realizzare o meno questo progetto vitale che ultimamente siamo, ma non può correggerlo, cambiarlo, prescindere da esso o sostituir-ma non può correggerlo, cambiarlo, prescindere da esso o sostituir-lo. Siamo indelebilmente questo unico personaggio programmatico lo. Siamo indelebilmente questo unico personaggio programmatico che necessita di realizzarsi. Il mondo che ci circonda o persino il che necessita di realizzarsi. Il mondo che ci circonda o persino il nostro medesimo carattere possono facilitarci o renderci più o meno nostro medesimo carattere possono facilitarci o renderci più o meno diffi cile questa realizzazione. La vita è costitutivamente un dramma diffi cile questa realizzazione. La vita è costitutivamente un dramma perché costituita dalla lotta frenetica del nostro io con le cose e con perché costituita dalla lotta frenetica del nostro io con le cose e con il nostro proprio carattere, di modo che possiamo divenire di fatto il nostro proprio carattere, di modo che possiamo divenire di fatto ciò che invece siamo in progettociò che invece siamo in progetto1515..

Vivere signifi ca essere al di fuori di sé, realizzarsi oggettivamen-te in quella realtà che chiamiamo circostanza. Il progetto vitale nel quale consiste l’io di ognuno di noi deve potersi realizzare, altrimenti saremo condannati a vivere una vita non sincera, inautentica, infe-dele a se stessa. E non c’è tragedia peggiore che quella di un uomo che falsifi ca se stesso. L’infelicità più o meno accentuata dell’uomo

1515 Cfr. ivi, pp. 124-125. Cfr. ivi, pp. 124-125.

Page 17: Ortega

22

rivela la presenza di una deformazione esistente tra la vita effettiva dell’uomo e la sua vita possibile, il suo modello vitale. É in questo modo che possiamo misurare la dose di autenticità di una determinata vita: a partire del modo in cui è stato portato a termine in essa il pro-getto vitale dell’io, cioè, dal modo in cui quest’ultimo è stato effet-tivamente eseguito ovvero vissuto. Non possiamo giudicare una vita dall’esterno come se si trattasse di un oggetto perché la vita consiste precisamente nella sua esecuzione, nell’essere effettivamente vissuta e nel trovarsi sempre incompiuta, indeterminata. L’occhio deve tra-sferirsi al suo interno facendo della realtà il suo punto di vista. Queste considerazioni ci permettono di dare alla biografi a un aspetto tutto nuovo. Una biografi a che non poggi sulla soggettività psicologica di un personaggio per spiegare tutta un’esistenza nel mondo bensì una biografi a drammatica:

Non si tratta di vedere la vita di Goethe come Goethe la vedeva, Non si tratta di vedere la vita di Goethe come Goethe la vedeva, attraverso la sua visione soggettiva, ma di entrare in quanto biografo attraverso la sua visione soggettiva, ma di entrare in quanto biografo all’interno di quel circolo magico nel quale consisteva tale esistenza all’interno di quel circolo magico nel quale consisteva tale esistenza riuscendo così ad assistere a quel tremendo evento oggettivo che riuscendo così ad assistere a quel tremendo evento oggettivo che questa vita fu e del quale Goethe non è stato che uno fra i sui ingre-questa vita fu e del quale Goethe non è stato che uno fra i sui ingre-dientidienti1616..

La vita si fa in avanti, il suo tempo è il divenire realtà delle nostre azioni, delle nostre decisioni. Questo fa sì che diventi fondamentale per ognuno di noi la scoperta di questo piano o progetto vitale che il destino ci ha riservato, perché, come più volte lo stesso Ortega ripe-terà, non è stata una nostra scelta, anzi, nel migliore dei casi abbiamo soltanto una conoscenza molto vaga di esso. Scoprire, accettare, e portare in scena il proprio “personaggio”, decidersi ad esserlo, co-stituisce la vera tragedia umana. L’accettazione come unica via per la felicità, pensiero nietzschiano per eccellenza. La vita di Goethe, è, in questo senso, la storia tragica di un progetto incompiuto. Come avviene spesso nelle sue opere, il dramma consiste nella ricerca senza fi ne da parte dell’uomo del suo intimo destino, della propria vita. La tragedia di Faust e la storia di Meister ne sono due chiari esempi. La

1616 Cfr. ivi, p. 125. Cfr. ivi, p. 125.

Page 18: Ortega

23

tragedia, quindi, non è più defi nita dal carattere qualitativo ed inevita-bile del destino ma dalla non scoperta o non accettazione del destino in quanto unico vero progetto vitale da realizzare.

Non bisogna però confondere questo dover essere un determina-to io, con il dover essere della morale. La morale è un imperativo che appartiene all’ambito culturale dell’uomo, abita nella sua regione intellettuale, se vogliamo dirla con Ortega; mentre nel primo caso si tratta di un imperativo vitale, di un dover essere situato nella più profonda e primaria regione del nostro essere. Tutto ciò che appartie-ne alla sfera della volontà e dell’intelletto è secondario, è già conse-guenza del nostro essere radicale. Se l’intelletto funziona, lo fa per risolvere i problemi che gli vengono proposti dal suo intimo destino. Così, anche nei casi in cui ci fosse un confl itto tra l’imperativo morale e l’imperativo vitale, dovrebbe essere sempre quest’ultimo ad averla vinta. Ortega ci propone un esempio a tale scopo:

L’uomo la cui entelechia fosse quella di essere un ladro deve L’uomo la cui entelechia fosse quella di essere un ladro deve diventarlo, nonostante l’opposizione delle sue idee morali, nono-diventarlo, nonostante l’opposizione delle sue idee morali, nono-stante la repressione che esse possano provocare sul suo immutabile stante la repressione che esse possano provocare sul suo immutabile destino al punto di riuscire a fare della sua vita effettiva un esempio destino al punto di riuscire a fare della sua vita effettiva un esempio di corretta civiltàdi corretta civiltà1717..

Quindi, l’uomo che deve diventare ladro e che, a causa della sua forte volontà, non lo diventa, falsifi ca la sua vita. Si tratta di un caso molto estremo, prima, ci avverte Ortega, bisognerebbe analizzare se effettivamente l’essere ladro sia una forma di autentica umanità, ma ci è molto utile per chiarire quale sia la differenza tra dovere morale e dovere vitale.

Orbene, tornando al discorso sul valore di autenticità di una deter-minata vita e tenendo sempre conto del caso specifi co che ci interessa ovvero quello goethiano, il fi losofo madrileño ci propone una doman-da alla quale ogni biografi a, in quanto tale, dovrebbe sapere risponde-re: «L’uomo Goethe è stato al servizio della sua vocazione o è stato, piuttosto, un continuo disertore del suo più intimo destino?»18.

1717 Cfr. ivi, p. 130. Cfr. ivi, p. 130.1818 Cfr. ivi, p. 133. Cfr. ivi, p. 133.

Page 19: Ortega

24

Il problema della vita è, quindi, il problema di un io che deve es-sere tale non all’interno di me ma nel mondo o circostanza nella quale mi sono ritrovato a vivere. Come ci spiega Ortega nel suo saggio Goe-the, el libertador: «Dallo scontro energico con il fuori sorge chiara la voce del mio interno come programma di condotta. Un programma che si realizza è un dentro che diventa fuori».

L’io, contrariamente a quanto proposto dall’idealismo, ha una realtà secondaria. Prima di tutto c’è la vita: il fuori, poi gettato in esso come un attore sul palcoscenico troviamo il nostro io. Contro quell’idealismo che tenta di ridurre il mondo ad un unico elemento, il quale troverà massima espressione nelle monadi di Leibniz, Ortega propone una visione della vita come costante lotta per l’unifi cazione di due elementi essenzialmente eterogenei: l’io e il suo antagonista per antonomasia, la circostanza. Come l’androgino di Aristofane, l’uomo sente dentro di sé un desiderio di interezza, di unione totale con ciò che gli è complementare ovvero la sua circostanza. Questa polemica, questa lotta fra contrari, costituisce l’unica vera sostanza della nostra vita. Infatti, nel momento in cui simile unione dovesse avvenire, non parleremo più di vita umana ma di divina esistenza. Soltanto Dio esi-ste sospeso nel proprio elemento, per l’uomo vivere signifi ca vivere all’interno di ciò che è diverso da lui, in ciò che gli è estraneo, alie-no. Qualsiasi attività dell’uomo viene dunque a costituirsi come una violenza nei confronti della circostanza, anche il pensiero. Il pensiero cerca l’essere delle cose, il sapere. Ma lo cerca soltanto nel momento nel quale esse si dimostrano ostili alle nostre intenzioni; è il pensiero, quindi, un prodotto diretto della necessità di sicurezza e di orienta-mento, esclusiva dell’uomo e della sua esistenza nel mondo. Il sapere in quanto strumento al servizio dell’uomo è un prodotto tecnico, un manufatto. Il pensiero fabbricando l’essere delle cose ci tranquillizza.

Nel testo che presentiamo a continuazione, Principi di Metafi sica secondo la ragione vitale, Ortega dedicherà gran parte di una lezione, in particolare la lezione VIII, alla presentazione del concetto di ne-gazione o “privazione” da parte della circostanza di un suo servizio, abitualmente prestato nei nostri confronti, come unico vero detonante di quel farsi questione delle cose nel quale consiste il pensiero. Se-guendo questo tipo di ragionamento si arriva ad una serie di conclu-sioni a dir poco importanti. Per esempio, se il pensiero nasce solo in

Page 20: Ortega

25

occasione di una privazione provocata dalla nostra circostanza, allora potremo comodamente affermare che Dio non pensa affatto, e questo perché non esiste per lui alcuna circostanza estranea al suo essere, niente, quindi, gli si può rivelare ostile.

Ebbene, non sempre l’uomo adotta una condotta di sfi da nei con-fronti della sua circostanza, alle volte, alla sfi ducia nella propria natu-ra circostante sostituisce una fi ducia cieca nel suo ambiente sociale, in altri termini, non sempre fa nascere da questa situazione di angoscia e di ansietà un atteggiamento creativo, un’interrogazione sull’essere delle cose; ma spesso cerca una risposta all’interno del suo ambiente socio-culturale. Decide di non farsi questione, chiudere gli occhi e accettare ciò che la “gente”, l’“io” sociale o inautentico, gli propone. È quest’ultima condotta quella che, una volta generalizzatasi e pro-lungatasi nel tempo, causerà nell’Europa uno stato di dissociazione totale fra le due dimensioni imprescindibili della vita umana: cultura e spontaneità.

La storia europea può essere letta come il processo di imposizione e di purifi cazione della ragione nei confronti della vita, della sponta-neità. Nel magnifi co capitolo dell’opera El tema de nuestro tiempo, dal titolo: Las dos ironías, o Socrates y Don Juan, Ortega ci presenta la cronaca nera di una così lenta agonia e nello stesso tempo ci pro-pone come unica soluzione la riqualifi cazione del pensiero razionale come raziovitalismo.

Ci fu un momento, cronologicamente determinato, nel quale si Ci fu un momento, cronologicamente determinato, nel quale si scoprì il polo oggettivo della vita: la ragione. Possiamo affermare scoprì il polo oggettivo della vita: la ragione. Possiamo affermare che quel giorno nacque l’Europa in quanto tale. Fino a quel momen-che quel giorno nacque l’Europa in quanto tale. Fino a quel momen-to l’esistenza nel nostro continente si confondeva con ciò che era to l’esistenza nel nostro continente si confondeva con ciò che era stato in Asia o in Egitto. Ma un bel giorno, nelle piazze di Atene, stato in Asia o in Egitto. Ma un bel giorno, nelle piazze di Atene, Socrate scopre la ragione…Socrate scopre la ragione…1919..

Conseguenza gravissima di questa scoperta sarà l’istituzione di una nuova realtà, fatta da concetti puri, da anteporre a quella sponta-nea, continuamente in divenire e diffi cile da governare. I concetti puri

1919 Las dos Ironías, o Socrates y Don JuanLas dos Ironías, o Socrates y Don Juan, , El Tema de nuestro TempoEl Tema de nuestro Tempo, cap. VI, , cap. VI, ed. Espansa-Calpe, 2005, pp. 99-100.ed. Espansa-Calpe, 2005, pp. 99-100.

Page 21: Ortega

26

sono invece immutabili, non sono equivoci e si comportano d’accordo a certe regole conoscibili, esatte ed invariabili. È evidente che questi concetti offrono all’uomo un maggiore controllo sulla sua vita. Ma a quale prezzo? Con l’arrivo del dualismo platonico, la vita dell’uomo diventa per la prima volta schizofrenica. L’installazione di un mondo al di sopra del tangibile provoca quella scissione tra mondo della vita e mondo del pensiero che segnerà la nascita del pensiero razionalista, ma che porterà con sé una gravissima conseguenza: la svalutazione dell’immediato.

Il tema proprio del tempo di Socrate consisteva, dunque, nel ten-Il tema proprio del tempo di Socrate consisteva, dunque, nel ten-tativo di abbandonare la vita spontanea per sostituirla con la ragione tativo di abbandonare la vita spontanea per sostituirla con la ragione pura. Orbene, tale impresa implica la creazione di una dualità all’in-pura. Orbene, tale impresa implica la creazione di una dualità all’in-terno della nostra esistenza, giacché la spontaneità non può essere terno della nostra esistenza, giacché la spontaneità non può essere annullata; è possibile soltanto arrestarla mentre si sta producendo, annullata; è possibile soltanto arrestarla mentre si sta producendo, frenarla per poi coprirla con quella vita seconda costituita da quel frenarla per poi coprirla con quella vita seconda costituita da quel meccanismo rifl essivo che chiamiamo razionalità […].meccanismo rifl essivo che chiamiamo razionalità […].

Il socratismo o razionalismo dà luogo, pertanto, ad una vita dop-Il socratismo o razionalismo dà luogo, pertanto, ad una vita dop-pia, nella quale ciò che non siamo spontaneamente – la ragione pura pia, nella quale ciò che non siamo spontaneamente – la ragione pura – si sostituisce a ciò che veramente siamo – la spontaneità –. Questo – si sostituisce a ciò che veramente siamo – la spontaneità –. Questo è il senso dell’ironia socratica. Perché ironico è ogni atto mediante è il senso dell’ironia socratica. Perché ironico è ogni atto mediante il quale sostituiamo un movimento primario con uno secondario, e, il quale sostituiamo un movimento primario con uno secondario, e, mediante il quale invece di dire ciò che pensiamo, facciamo fi nta di mediante il quale invece di dire ciò che pensiamo, facciamo fi nta di pensare ciò che diciamo.pensare ciò che diciamo.

Il razionalismo è un gigantesco tentativo di ironizzare la vita Il razionalismo è un gigantesco tentativo di ironizzare la vita spontanea guardandola dal punto di vista della ragion puraspontanea guardandola dal punto di vista della ragion pura2020..

Ma la ragione pura non può soppiantare la vita, l’intelletto da solo non costituisce alcuna forma di vita indipendente. “È soltanto una breve isola sospesa sul mare della vitalità primaria”. Non solo non può fare a meno di essa ma senza di essa non avrebbe nemmeno il materiale necessario per la sua attività: “La ragione è soltanto una forma e funzione della vita”21.

2020 Cfr. ivi, pp. 101-102. Cfr. ivi, pp. 101-102.2121 Queste due frasi si trovano in corsivo anche nel testo originale: Queste due frasi si trovano in corsivo anche nel testo originale: Las dos Las dos

Ironías, o Socrates y Don JuanIronías, o Socrates y Don Juan, , El Tema de nuestro TiempoEl Tema de nuestro Tiempo, cap. VI, ed. Espansa-, cap. VI, ed. Espansa-Calpe, 2005, pp. 102-103.Calpe, 2005, pp. 102-103.

Page 22: Ortega

27

Nello stadio di evoluzione della cultura europea nella quale si tro-va la nostra generazione, i termini del problema hanno subito un rove-sciamento rispetto al modo in cui si presentarono ai tempi di Socrate. La nostra scoperta è di segno contrario alla sua: attraverso la razio-nalità abbiamo di nuovo scoperto la spontaneità. Scoperta, quest’ul-tima che non deve essere intesa come un ritorno ad un’ingenuità primigenia, simile, precisa Ortega, a quella pretesa da Rousseau. La ragione costituisce una acquisizione eterna, si tratta di correggere il misticismo socratico, razionalista, culturista, che da secoli ci trasci-niamo dietro. El tema de nuestro tiempo, la nostra missione storica è quella di subordinare la ragione alla vitalità, di riportare la cultura al servizio della vita. Una nuova ironia si è resa necessaria, una nuo-va ironia che non neghi la ragione ma che si prenda gioco delle sue pretese di sovranità assoluta. Ironia siffatta è propria della fi gura di Don Juan, personaggio che Ortega libera da quella punizione fi nale che lo condanna all’inferno, rendendolo vittima del proprio mito per riproporcelo come fi gura rappresentativa dello sforzo puro, della lotta continua contro una circostanza culturalmente asfi ssiante. Don Juan si schiera contro la morale perché quest’ultima si era già rivelata con-tro la vita. Nelle parole di Ortega:

Soltanto quando esista un’etica che si proponga come sua prima Soltanto quando esista un’etica che si proponga come sua prima norma la pienezza vitale, solo allora, Don Juan potrà sottomettersi norma la pienezza vitale, solo allora, Don Juan potrà sottomettersi ad essa. Ma ciò signifi cherebbe l’arrivo di una nuova cultura: la ad essa. Ma ciò signifi cherebbe l’arrivo di una nuova cultura: la cultura biologica. La ragione pura deve cedere il suo impero alla cultura biologica. La ragione pura deve cedere il suo impero alla ragione vitaleragione vitale2222..

In quest’ultima citazione lo studioso Francisco José Martín23 trova concentrata l’intera missione etico-estetica che Ortega attribuisce alla fi gura del Don Juan. Bisogna però ricordare che il termine cultura biologica non deve essere interpretato dal punto di vista vitalistico-biologico. La cultura biologica alla quale Ortega si riferisce è una cultura per la vita. Come accade spesso con i miti, la fi gura di Don

2222 Cfr. ivi, p. 104. Cfr. ivi, p. 104.2323 Cfr. Francisco José Martín, Cfr. Francisco José Martín, Don Juan o el sentido ético-estético de la cultura Don Juan o el sentido ético-estético de la cultura

en Ortega, Ortega y Gasset pensatore e narratore dell’Europaen Ortega, Ortega y Gasset pensatore e narratore dell’Europa, Cisalpino, 2001, , Cisalpino, 2001, p. 196.p. 196.

Page 23: Ortega

28

Juan viene ri-creata e adattata da parte di Ortega, l’eliminazione della punizione divina, identifi cata con la morte, trasforma radicalmente l’intera esistenza del personaggio trasformandolo in un vero e proprio eroe. A tale scopo riportiamo qui le parole dello stesso Francisco José Martín:

La conversione alla quale Don Juan viene obbligato da parte di La conversione alla quale Don Juan viene obbligato da parte di Ortega è quella della fede nella morte. La morte non è il punto d’ar-Ortega è quella della fede nella morte. La morte non è il punto d’ar-rivo di una vita vissuta in maniera più o meno dissoluta, più o meno rivo di una vita vissuta in maniera più o meno dissoluta, più o meno pietosa; la morte è inseparabile dalla vita, è sempre lì, minacciando pietosa; la morte è inseparabile dalla vita, è sempre lì, minacciando ad ogni istante ognuna delle nostre azioni. Ed è questa minaccia ad ogni istante ognuna delle nostre azioni. Ed è questa minaccia di morte costante a concedere alla vita il suo signifi cato più pieno, di morte costante a concedere alla vita il suo signifi cato più pieno, quella che fa sì che la vita cominci ad apprezzare l’autentico valore quella che fa sì che la vita cominci ad apprezzare l’autentico valore della sua consustanziale precarietà. Questa è la conversione di Don della sua consustanziale precarietà. Questa è la conversione di Don Juan; perciò, più che un pentito, così come lo vuole Zorrilla condi-Juan; perciò, più che un pentito, così come lo vuole Zorrilla condi-scendente con il scendente con il reaccionarismoreaccionarismo spagnolo, il Don Juan di Ortega è spagnolo, il Don Juan di Ortega è un inquieto insistente –“simbolo essenziale è indistruttibile di deter-un inquieto insistente –“simbolo essenziale è indistruttibile di deter-minate angustie radicali che affl iggono l’uomo”minate angustie radicali che affl iggono l’uomo”2424 […] Questo Don […] Questo Don Juan orteghiano è simbolo dello sforzo puro: il valore dei suoi atti Juan orteghiano è simbolo dello sforzo puro: il valore dei suoi atti non è misurato dalla sua utilità bensì dal coraggio che necessitano. non è misurato dalla sua utilità bensì dal coraggio che necessitano. La sua anima è fatta di sola volontà; il suo volere, ansia e impeto. La sua anima è fatta di sola volontà; il suo volere, ansia e impeto. […] La melanconia di sapere che il destino dei suoi sforzi è utopico, […] La melanconia di sapere che il destino dei suoi sforzi è utopico, una pura e irraggiungibile aspirazione: la melanconia della fi nalità una pura e irraggiungibile aspirazione: la melanconia della fi nalità senza fi ne. senza fi ne.

Don Juan è, dunque, un eroe etico […] Don Juan è, dunque, un eroe etico […] Ed è, anche, un eroe estetico, poiché nonostante il peso della Ed è, anche, un eroe estetico, poiché nonostante il peso della

consapevolezza del fallimento che si nasconde dietro a ogni conqui-consapevolezza del fallimento che si nasconde dietro a ogni conqui-sta, non rinuncia al piacere e all’incitamento che l’avventura sempre sta, non rinuncia al piacere e all’incitamento che l’avventura sempre gli concede. […]gli concede. […]2525..

Il raziovitalismo di Ortega si serve del vitalismo proprio di Don Juan come strumento per ristabilire l’equilibrio perso, dopo secoli di

2424 Introducción a un “Don Juan” Introducción a un “Don Juan”, VI, citazione fatta da Francisco José Martín , VI, citazione fatta da Francisco José Martín nel saggio sopra citato nel saggio sopra citato Don Juan o el sentido ético-estético de la cultura en OrtegaDon Juan o el sentido ético-estético de la cultura en Ortega, , p. 136.p. 136.

2525 Don Juan o el sentido ético-estético de la cultura en OrtegaDon Juan o el sentido ético-estético de la cultura en Ortega, , Ortega y Gasset Ortega y Gasset pensatore e narratore dell’Europapensatore e narratore dell’Europa, Cisalpino, 2001, pp. 197-199., Cisalpino, 2001, pp. 197-199.

Page 24: Ortega

29

dominio razionalista, tra la cultura e la vita. La vita come opera d’ar-te; questo è il messaggio che Ortega ci propone attraverso la fi gura del Don Juan. La vita come opera d’arte non è che una vita installata all’interno di una cultura attiva e operante – cultura come crescita e cura della vita26.

Non possiamo concludere questo tentativo azzardato di sintesi senza fare riferimento alla fi gura del Don Quijote. L’eroe per antono-masia. Nelle sue Meditaciones Ortega così si esprime:

…è un fatto che esistono uomini decisi a non accontentarsi della …è un fatto che esistono uomini decisi a non accontentarsi della realtà. Questi hanno la pretesa di un avvenire diverso delle cose; si realtà. Questi hanno la pretesa di un avvenire diverso delle cose; si rifi utano di ripete i gesti che l’abitudine, la tradizione, in altri termi-rifi utano di ripete i gesti che l’abitudine, la tradizione, in altri termi-ni, quelli che gli istinti biologici li obbligano a fare. Questi uomini ni, quelli che gli istinti biologici li obbligano a fare. Questi uomini noi li chiamiamo eroi, perché essere eroe consiste nell’essere uno, noi li chiamiamo eroi, perché essere eroe consiste nell’essere uno, me stesso. […] E questo volere essere se stesso è l’eroicitàme stesso. […] E questo volere essere se stesso è l’eroicità2727..

D’accordo con l’interpretazione proposta di questo passo da parte di Julián Marías, possiamo defi nire l’eroicità come la non accettazio-ne della realtà, come volontà di modifi cazione di quest’ultima; cioè, di avventura. L’avventura, e in particolare quella di Don Quijote, con-siste fondamentalmente in un progetto. Volontà reale di realizzazione di un progetto vitale, realizzazione del proprio io, autenticità, questo è quanto fa di un uomo un eroe. La radice dell’eroicità si trova, dun-que, in un atto reale della volontà. L’avventura in quanto conquista sarà chimerica, i giganti saranno in realtà mulini, ma la volontà, il desiderio di sconfi ggerli, è reale.

2626 Cfr. ivi, p. 199. Cfr. ivi, p. 199.2727 Meditación primera (breve tratado de la novela)Meditación primera (breve tratado de la novela), , Meditaciones del QuijoteMeditaciones del Quijote, ,

Cattedra, 1995, pp. 226-227.Cattedra, 1995, pp. 226-227.


Recommended