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Orti urbani

Date post: 22-Mar-2016
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Una visione sistemica del territorio
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ORTIURBANIGENOVA Una visione sistemica del territorio ORTIURBANI
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Una visione sistemica del territorioORTIURBANI

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INDICEIntroduzione ............................................................................................................................................................... 3Accesso alla terra: una visione generale | di Fabio Ciconte ............................................................................ 5Orti urbani: aspetti storici, sociali e ambientali | di Giorgia Bocca ............................................................... 9Orti urbani a Genova: strumenti possibili | di Ines Marasso - Comune di Genova, Settore Parchi e Verde ..........15La visione sistemica nella progettazione del territorio | di Silvia Cama ...................................................... 18L’agricoltura sinergica | di Francesca Bottero .................................................................................................. 20Quali semi | di Federica Ferrario .......................................................................................................................... 22Il B.R.F. | di Philippe Lemousse ............................................................................................................................. 24G.A.S. | di Paola Letardi ......................................................................................................................................... 26L’altra economia, un’esperienza concreta sul territorio | di Debora Lucchetti .......................................... 28Strumenti utili e utilizzabili .................................................................................................................................. 30

Ideato e realizzato da

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Introduzione Questo periodo di crisi mondiale ha accentuato il percorso verso l’agricoltura urbana come pratica individuale e collettiva.

Nel nostro territorio questa pratica in alcuni casi è ancora problematica in altri molto ricercata.

Secondo i dati raccolti dall’associazione Terra! che ormai da anni si occupa di progetti di agricol-tura urbana il numero delle richieste è aumentato e anche la modalità di coinvolgimento delle per-sone.

Solo pochi anni fa le richieste erano individuali e molte provenivano da anziani che cercavano un pezzo di terra per passare il tempo in memoria dei vecchi tempi.

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Oggi la richiesta è aumentata, giovani e gruppi si sono attivati nella ricerca di un pezzo di terra dove fare aggregazione, condividere e scambiare pro-dotti di qualità.

Per i giovani si tratta di un andare verso nuove sperimentazioni innovative, più che un ritorno all’agricoltura quella vera.

La diffusione è ormai tale che si potrebbe pensare ad una nuova organizzazione anche del territorio per il soddisfacimento dei bisogni individuali e col-lettivi.

Recupero di spazi abbandonati, rigenerazioni del terreno, comunità sostenibili basate sulle relazioni sociali, sulla condivisione e la cura.

È necessario creare un nuovo stile di vita sosteni-bile con modelli produttivi e sociali differenti che creino sistemi indipendenti, durevoli nel tempo e in equilibrio con la natura.

Un recupero del territorio che sia il prosieguo dell’i-dentità della comunità come abitante dei luoghi.

Uno sviluppo di tale tipo passa attraverso la for-mazione, l’attivismo e la partecipazione che rap-presentano per l’associazione Terra! i pilastri fon-damentali per far crescere una società ecologica e felice.

Per informazioni sull’associazione: [email protected]

Introduzione

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Accesso alla terra: una visione generale

di Fabio Ciconte

Negli anni sono stati diversi i “beni” oggetto dell’attenzione dei mercati e quindi delle persone. Dalla cosiddetta corsa all’oro del XIX secolo, alla più recente speculazione petrolifera partita nel XX secolo che non a caso ha portato a parlare di oro nero, fino alla speculazione sull’acqua, l’oro blu.

Negli ultimi anni il mirino della speculazione si è spostato su un bene “insospettabile”, da cui di-pende direttamente la vita delle persone e che per questo vede il suo prezzo in costante crescita: il suolo.

Il suolo è un bene e come tale ha un suo mercato.È un bene scarso, finito, e serve per produrre cibo, beni di consumo, per abitare e in generale per la vita delle persone.

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Stati, multinazionali e istituzioni finanziarie che da diverso tempo speculano sul “bene terra” comprando intere parti di continenti a prezzi stracciati, con la certezza che il valore di que-sto bene non potrà che aumentare.

Land grabbing, così si definisce l’accaparra-mento delle terre. È una forma insidiosa di sfrut-tamento e rischia, se non lo è già, di instaurare un nuovo colonialismo.

I motivi di questa corsa alla terra sono diversi: sociali, ambientali ed economici. Aumento della popolazione, cambiamenti cli-matici, estese monocolture in terreni poco co-stosi, mancanza d’acqua, produzione di biocar-buranti.

Fenomeni che rendono la terra preziosa come l’oro e il petrolio e che attirano faccendieri ricchi senza scrupoli che deturpano il territorio, scacciano gli abitanti locali anche con la violenza e trasforma-no terreni necessari per la sussistenza di molte persone in una forma di investimento lucrativo per pochi. Togliere alle persone che abitano in una de-terminata area la possibilità di ricavare i mezzi per il proprio sostentamento da quella terra, crea una spirale di dipendenza e di povertà.

A partire dalla crisi alimentare e finanziaria del 2007, paesi come l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi, la Libia, la Corea del Sud, che dispongono di grandi risorse economiche ma non di spazi sufficienti per garantire la sicurezza alimentare ai propri abitanti hanno cominciato a negoziare l’acquisto e l’affitto

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di enormi quantità di terra nelle nazioni africane o sudamericane; lo stesso stanno facendo le gran-di multinazionali dell’agrobusiness - interessate a creare sterminate piantagioni per la produzione di biocarburanti - nonché una serie di società finan-ziarie, che hanno compreso che l’investimento in terra può garantire ricavi sempre più alti e sicuri1.

L’accaparramento di terre è diventato una realtà impressionante: la terra venduta in tutto il mondo negli ultimi dieci anni ha una superficie pari a qua-si 7 volte il territorio dell’Italia. Per la precisione, secondo l’International Land Coalition, 203 milioni di ettari di terreno, 106 dei quali in paesi in via di sviluppo. In questo momento nei paesi più poveri

1 Land Grabbing, 2010, Stefano Liberti, Minimum fax.

ogni 4 giorni un’area di terra più grande dell’intera città di Roma viene venduta ad investitori stranie-ri. Questi terreni, se fossero coltivati per produrre cibo, potrebbero contribuire a dar da mangiare al miliardo di esseri umani che oggi soffrono la fame. Ma due terzi dei nuovi proprietari prevedono di esportare tutto quello che su queste terre viene e verrà prodotto. Quasi il 60% di questa terra inoltre è destinata a colture utilizzabili per i biocarburanti. Quando invece servirebbero maggiori investimenti a favore dei piccoli agricoltori.

La corsa alla terra ha un impatto sia a livello in-ternazionale, ma anche a livello italiano. Molte-plici sono le discussioni sul consumo del suolo e sui terreni demaniali di proprietà dello Stato, che stanno per essere messi in vendita.

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Dall’altro lato ci sono tanto i contadini, quanto le persone comuni, cittadine e cittadini, che sempre di più rivendicano e richiedono questo bene.

Da anni Terra! sviluppa progetti locali, mette in rete le persone per creare le condizioni affinché la terra sia usata da chi ha voglia di lavorarla, e lavorarla per quella che è e deve essere la sua funzione primaria, produrre cibo. L’obiettivo della campagna Land Sharing è questo: creare un mo-dello universale e adattabile, applicabile a diverse scale per il recupero e la tutela del territorio a li-vello quantitativo e qualitativo.

Land Sharing vuol dire lavorare su due fronti: quel-lo sociale e urbano per sostenere e supportare famiglie, singoli e gruppi che cercano di recupe-

rare spazi, fasce in aree periurbane per prodursi il proprio cibo e creare aggregazione sociale. Vuol dire formare cittadini attivi in grado di chiedere ai propri amministratori politici di “lasciare per colti-vare” e non “dare per costruire”.

Vuol dire quindi lavorare sui Piani urbanistici, pre-sidiare e cambiare regolamenti.

Land sharing vuol dire anche lavorare su un altro livello, quello agricolo e di produzione per soste-nere l’agricoltura locale, favorire i giovani agricol-tori e innescare circuito economici virtuosi.

Per avere informazioni su questa campagna scrivi a [email protected] e visita i siti:

www.terraonlus.it | www.alpainfo.it

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Orti urbani: aspetti storici, sociali e ambientali

di Giorgia Bocca

In Italia le coltivazioni orticole erano presenti all’interno delle aree urbane già dalla prima metà del XIX secolo; tale presenza accompagnò lo svi-luppo delle città nei decenni successivi integran-dosi alle trasformazioni urbanistiche, in particola-re nel nord Italia.

In molte città italiane, all’inizio degli anni ‘40, gli orti cambiano nome e diventano “orti di guerra”.

Essi servivano infatti al sostentamento delle fami-glie che la guerra aveva portato sul lastrico. Il nu-mero sale vertiginosamente in quasi tutte le città (a Milano si passa da meno di mille a più di die-cimila unità), dove vengono messe a coltivazione anche le aree comunali a giardino, i parchi pubbli-ci, le sedi stradali.

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Durante il conflitto anche le aree distrutte dai bombardamenti, vengono coltivate.

Finita la guerra iniziano le attività di ricostruzio-ne: cresce il lavoro, crescono le industrie, la cit-tà si ingrandisce, il prezzo dei terreni fabbricabili sale e così il fenomeno degli orti urbani decresce significativamente.

Ma gli orti non spariscono del tutto, si spostano dai centri cittadini per ricomparire, spesso abusi-vamente, nelle periferie. Dopo questa fase, databile tra gli anni ‘50 e ‘60, il fenomeno degli orti urbani riprende vigore so-prattutto nelle città industriali del nord, in parti-colare nelle aree periurbane, cioè in quelle zone di “transizione” tra città e campagna destinate

storicamente ad accogliere determinate attività (industrie, depositi, centrali del gas e dell’acqua, infrastrutture ferroviarie, ecc.) e che in quegli anni vengono inglobate all’interno delle città in crescita.

Sono queste zone caratterizzate da un diffuso de-grado e dall’isolamento sociale tipici dei quartieri dell’estrema periferia cittadina. È qui che saranno edificati i complessi abitativi destinati alla nuova manodopera industriale pro-veniente dal meridione in Italia e sono queste le aree in cui il fenomeno degli orti urbani avrà il suo massimo sviluppo.

A partire da quegli anni, assieme a Torino e Mi-lano, altri capoluoghi di provincia e molti altri co-

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muni hanno messo a disposizione appezzamenti di terreno e hanno riproposto l’esperienza degli orti, mutandola sulla propria tipologia urbana e in risposta alle dinamiche sociali delle loro comunità.

Il riconoscimento dell’importanza degli orti urba-ni e l’esigenza di contenerne gli aspetti di sponta-neità e abusivismo si è tradotta poi nella redazio-ne dei primi regolamenti, contenenti i criteri per l’assegnazione di aree orticole ai cittadini interes-sati da parte delle amministrazioni comunali.

Il primo regolamento italiano di orti sociali comu-nali è stato redatto a Modena nel 1980, in virtù del quale sono stati assegnati, a pensionati di età su-periore ai 55 anni, sei orti su un terreno suburbano non edificabile.

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Progetto Terra!Onlus - Orti sinergici a Vesima, Genova

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La richiesta sale. Non c’è da stupirsi che in un pe-riodo di crisi che ci ha travolto in questi anni l’esi-genza di “mettere le mani nella terra” stia aumen-tando vertiginosamente.

I motivi che spingono alla coltivazione dell’orto in tempi attuali sono molteplici tra cui:

1) La necessità di fare economia

L’orto fa risparmiare sui costi della verdura. Un pezzo di terra coltivato in tutte le sue parti, valoriz-zando ogni spazio e usando anche le altezze può produrre un intera stagione.

Per lo più se le coltiviamo utilizzando il metodo

dell’ agricoltura sinergica (vedi dopo) che in con-sociazione con altre piante previene gli attacchi parassitari e aumenta la fertilità del suolo.

In un aiuola lunga 4 metri per 1,20 puoi avere fra-gole da aprile a ottobre circa 40 cipolle (liliacee in generale), 30 insalate estive, 20 piante di legumi, 10 piante di pomodoro, 15 piante di sedano, alcu-ne piante di aromatiche, calendule e 1 striscia di basilico.

Ricorda! Scegliere le piante più belle per produrre semi

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2) “Sapere cosa si mangia”

Da dove arrivano frutta e verdura?Iniziare a chie-derselo è già un buon passo in avanti. Siamo così abituati a mangiare l’ananas, fragole a Natale, pe-peroni a gennaio che non consideriamo che ogni verdura cresce in un determinato clima e che le sostanze nutritive di quelle piante soddisfano un bi-sogno fisico umano proprio nel momento in cui la natura li mette a disposizione.

Il prezzo spesso competitivo non ci fa andare tanto per il sottile quando si tratta di acquistare prodotti di provenienza estera. I bassi costi di produzione che incidono sull’ambiente e sulle persone che lavora-no, riescono a compensare le spese di trasporto, ed è addirittura possibile che, a parità di prodotto, i ve-

getali coltivati in Italia siano addirittura più costosi di quelli che hanno viaggiato per migliaia di chilo-metri, attraverso continenti ed oceani.

Ricorda! Il costo dei prodotti agricoli troppo bassi indicano che l’ambiente o le persone ci stanno rimettendo!

3) Valore sociale

L’orto coinvolge i nostri sensi, la nostra memoria, il nostro corpo, ci avvicina alla natura e al senso vero della fatica che da risultati nel tempo.

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Per info sui corsi di autosostentamento scrivi a:[email protected]

Il tempo dell’attesa del rischio e della gratifica-zione. Negli ultimi anni sono nati diversi progetti “orticoli” gestiti dal basso. Persone che si attivano si organizzano e condividono un progetto comune.

Attiva la fantasia, crea immaginari nuovi e costrin-ge alla relazione continua e a volte conflittuale. Avere un obiettivo comune per prodursi cibo è il modo migliore per condividere su un piano relazio-nale il fabbisogno individuale.

Ricorda! Un progetto di orto collettivo è suddiviso in: gestione del gruppo, pianificazione degli interventi e suddivisione del prodotto

4) Ridurre i consumi

Quanto impattiamo sull’ambiente per produr-re cibo e mangiare? Ci sono dei costi “ombra” sull’ambiente che non vediamo e che sono gran consumatori di risorse naturali. Gli imballaggi, i trasporti che rimangono come emissioni e rifiuti nel nostro pianeta. Produrre cibo vuol dire dimi-nuire questi consumi abbreviare la filiera e poter utilizzare imballaggi non usa e getta.

Ricorda! La natura produce senza creare sistemi dipendenti tra i diversi elementi naturali

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Orti urbania Genova:strumenti possibili per il futuro

di Ines Marasso - Comune di Genova, Settore Parchi e Verde

Attualmente risultano classificati “orti urbani” i terreni individuati con la DGC 784/2001 (125 erano già in uso, 25 da destinare).

PROPOSTA: • Censimento di verifica degli orti urbani esi-

stenti e assegnati che, sulla base dei dati forniti dai Municipi, risultano più numerosi di quelli individuati dalla DGC 784/2001.

• Nuova indagine sulle aree di proprietà comu-nale, in particolare, sulle aree eventualmente acquisite in data successiva a quella della DGC 784/2001, per valutarne la vocazione orti-cola ed inserirle negli elenchi dei possibili orti.

• Raccolta dati sulla “domanda” di orti urbani

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rimasta inevasa e sulle motivazioni della man-cata assegnazione.

• Orti urbani a scomputo oneri di urbanizzazio-ne: chiedere con maggiore frequenza, ai priva-ti che eseguono interventi edilizi, la cessione in proprietà o in uso pubblico di aree verdi at-trezzate ad orto.

INCREMENTARE IL NUMERO DEGLI AVENTI DIRITTO

Criteri priorità residenti nel Municipio in cui si tro-va l’orto; pensionati e casalinghe; soggetti che non svolgono attività retribuite; anziani; portatori di handicap o con familiari conviventi portatori di h.

PROPOSTA:

• Aprire a più categorie di soggetti, in modo che i criteri di priorità non costituiscano un deter-rente alla partecipazione al bando.

COORDINARE LE PROCEDURE DI AFFIDAMENTO

I Municipi affidano gli orti urbani attraverso singo-li e diversi bandi pubblici, con tempi e modalità differenti.

PROPOSTA:

• Armonizzare le attività che riguardano l’as-segnazione degli orti urbani, unificare il pia-

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no di comunicazione, dare rilevanza cittadina all’azione.

• Facilitare la comunicazione tra i Municipi per fare in modo che le aree eventualmente non assegnate in uno di essi possano essere mes-se a disposizione di cittadini e associazioni re-sidenti o con sede in altri Municipi.

MIGLIORARE LA COMUNICAZIONE

La diffusione della pratica degli orti urbani è de-legata ai Municipi.

PROPOSTA:

• Affrontare l’argomento degli orti urbani trami-

te uno specifico tavolo tematico della Consulta del Verde che può fare da cassa di risonanza.

AUMENTARE LE POSSIBILITÀ DI PARTECIPAZIONE

I Municipi pubblicano i bandi prevedendo un’uni-ca scadenza per la risposta.

PROPOSTA:

• Prevedere scadenze multiple nel corso dell’an-no, per aumentare le occasioni di risposta, in analogia a quanto già sperimentato con il ban-do relativo alla sponsorizzazione delle aree ver-di pubbliche.

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La visione sistemica nella progettazione

di Silvia Cama

La visione sistemica, nella progettazione del territorio, deriva dalla necessità di rinnovare e adattare i mezzi, le strategie e le azioni, utili alla progettazione, rendendoli opportuni e utili al con-testo economico, sociale ed ambientale in cui viviamo. La visione sistemica, tende ad occuparsi del ter-ritorio attraverso una visione globale del conte-sto, mettendo in relazione tutti gli elementi di cui esso è composto, comprese le reti di rapporti e connessioni che in esso si generano o che già esistono. Il territorio può quindi essere inteso come un vero e proprio sistema formato da elementi tra loro connessi, dove la variazione nello stato di uno di essi tende sempre a riflettersi sugli altri e sul sistema nella sua totalità.

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L’applicazione della visione sistemica nella pro-gettazione del territorio prevede l’analisi delle risorse umane e materiali presenti e la valoriz-zazione delle relazioni che tra essi intercorrono. Prevede inoltre la necessità di mantenere la va-rietà ovvero la diversità degli elementi in modo

da stimolare la complessità del sistema e quindi la sua ricchezza. È inoltre necessario rendere il “sistema territorio” in grado di rivelare i cambia-menti sociali, fisici e naturali facendone uso e va-lorizzandoli nella progettazione. In conclusione quello che oggi risulta essere necessario affina-re, in tema di progettazione territoriale, è quello che Fritjof Capra definisce eco-competenza, che significa interpretare la natura e gli esseri viventi come “sistemi viventi” dove il singolo è stretta-mente connesso ai suoi simili e a tutto il sistema. Occorre quindi individuare nell’insieme di rela-zioni fra i membri di una comunità ecologica, lo schema fondamentale della vita che è la rete.

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Per informazioni sui progetti realizzati dall’associazio-ne Terra!Onlus scrivi a: [email protected]

Progetto Terra!Onlus - Orti urbani a Valletta - Orti sinergici nel parco urbano di Valletta Rio San Pietro - Cornigliano, Genova

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L’agricolturasinergica

di Francesca Bottero

La Sinergia implica il funzionamento dinamico e concertato di vari organi per realizzare una funzio-ne. Così come nel nostro organismo tutto il sistema e i suoi elementi funzionano relazionandosi, questa sinergia è presente anche tra la terra ed i micror-ganismi che la abitano per arricchirla, tra i legumi e i batteri fissatori di azoto atmosferico e nella con-sociazione tra piante che si danno mutuo benefi-cio. Questo sistema di agricoltura naturale, che af-fonda le sue radici negli insegnamenti di Fukuoka, protegge l’ecosistema del suolo permettendo alla terra di mantenere i suoi strati intatti e vitali, sen-za disturbo né rivoltamento, comprendendo che la terra ha capacità di ricreare naturalmente un ciclo di auto-fertilità. Lavorando su aiuole, di 120 cm di larghezza e 50 di

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Progetto Terra!Onlus - Orti sinergici a Vesima, Genova

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altezza, il suolo si copre con pacciamatura, strato di residui organici che fa da filtro protettore tra la superficie della terra e i gas atmosferici, la forza disseccante del sole e quella compattante ed ero-siva della pioggia e il vento. Così si innesca nel suolo un equilibrio stabile tra i suoi abitanti, siano lombrichi lavoratori di profondità, lombrichi rossi del mantello o i miliardi di ogni specie di esseri mi-croscopici vegetali o animali che vivono e muoiono nel suo seno. In nessun momento vanno trauma-tizzati modificando e sconvolgendo il loro habitat. Imitare ciò che fa la natura implica lasciare la terra sempre coperta, aperta solo nelle linee di semina. La pacciamatura si va trasformando in mantello, in humus. Affinché la terra disponga di materia orga-nica dentro di sé, senza la necessità di interrarla,

si lasciano sempre dentro le radici, eccetto quel-le che si raccolgono per il consumo. Questi resti nutrono la flora intestinale della terra e questa a sua volta permette la nutrizione delle piante. Quando la fertilità della terra non si perde per l’erosione, non sono necessarie costanti compensazioni di qualsiasi specie di concime, e la fertilità si mantiene da sola. Tocca alle persone con spirito pioniere iniziare a praticare e aiutare gli altri a realizzare questa agri-coltura del nuovo millennio, essa è già utilizzata in paesi con elevata densità di popolazione e con scarsità di mezzi meccanici.

Per avere informazioni sull’agricoltura sinergica puoi scrivere a [email protected] e andare sul

sito www.agricolturasinergica.it

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Quali semi

di Federica Ferrario

Gli Organismi Geneticamente Modificati (OGM), sono organismi creati in laboratorio che in natura non po-trebbero esistere. Si ottengono inserendo nel DNA di una pianta (o di un animale) ospite, uno o più geni che provengono da organismi differenti, nel tentativo di apportare determinate caratteristiche. Vengono utilizzati batteri o virus come mezzo di trasporto per inserire il gene estraneo, oppure quest’ultimo viene letteralmente “sparato” nel DNA dell’ospite. Sono fonte di problemi e rischi imprevedibili sia in campo ambientale, che sanitario, e una vera minaccia per biodiversità e sovranità alimentare. Utilizzare semi OGM o comunque brevettati per colti-vare vuol dire dare avvio ad un sistema di dipenden-za verso le multinazionali che mettono in ginocchio l’agricoltore.

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Nell’ultimo decennio, buona parte delle multinaziona-li impegnate nella produzione di OGM, stanno anche comperando a più non posso aziende sementiere in tutto il mondo. Se ha questo si aggiunge il fatto che gli OGM sono coperti da brevetto, e quindi di proprie-tà della multinazionale che li ha sviluppati, è facile capire come attraverso gli OGM, i relativi brevetti e la strategia di controllo del mercato delle sementi, è come se si consegnasse a una manciata di aziende agro-chimiche le chiavi dei magazzini alimentari a li-vello mondiale.

Il tentativo di poche multinazionali di rivendicare la proprietà esclusiva di piante o sementi è inaccetta-bile. La vita non può essere la proprietà privata di nessuno, ma è un bene di tutti, e la biodiversità è la chiave affrontare e mitigare le sfide sempre maggiori

che – anche a causa dei cambiamenti climatici – l’a-gricoltura dovrà affrontare. Cosa possiamo fare noi?Le nostre scelte quotidiane influenzano direttamente tutto il sistema. Acquistare alimenti NON-OGM, col-tivati senza l’uso di prodotti chimici (come quelli bio-logici) e prodotti il più possibile vicino al luogo dove verranno consumati, consiste in un gesto concreto che possiamo fare tutti. Salvaguardare e mantenere viva la riproduzione e lo scambio di varietà e semen-ti che altrimenti rischierebbero di scomparire – che tradotto significa investire nella biodiversità – rap-presenta la strada da percorrere.

Per informazioni sui semi: www.retesemirurali.net

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Il B.R.F.

di Philippe Lemoussu

Tornare oggi all’agricoltura o a farsi l’orto (magari ur-bano) solitamente vuol dire portarsi dentro la voglia di rimediare agli squilibri che sono prodotti dall’agricol-tura industriale. Vuole dire desiderare cibi che siano frutti della terra e non della chimica. Vuol dire tornare alla fertilità naturale.

Uno dei modi in grado di incentivare la fertilità natu-rale consiste nell’uso del cippato di ramaglie fresche anche chiamato B.R.F. Questo metodo consente una sostanziale economia di mezzi visto che non richiede il compostaggio. Il B.R.F. è considerato come un am-mendante e un concime in grado di dare al suolo nu-trimento, struttura ed energia. La sua specificità viene dalla sua capacità di fornire una grande quantità di energia tramite la lignina che viene digerita dai funghi e ne favorisce la loro proliferazione.

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Progetto Terra!Onlus - Orti Puri- Orti sinergici in B.R.F a Coronata - Cornigliano, Genova

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Altri esseri, nutrendosi dei funghi, si moltiplicano, av-viando una catena alimentare che si sviluppa in più direzione strutturando il suolo, gestendo l’acqua e i nu-trimenti, limitando i patogeni. Questa azione è favorita da temperature elevate e può andare sino alla crea-zione di un suolo fertile partendo da un suolo pietroso.

La sequenza base è la seguente (ma esistono nume-rose varianti):

1. tagliare le ramaglie di alberi caducifogli durante l’in-verno (max 20 % di conifere);2. cippare i rami con diametro inferiore a 7 cm;3. spargere sul terreno da nutrire nelle ore successive in uno strato di 3 cm;4. lasciare in superficie durante i mesi invernali nell’at-tesa del popolamento dei funghi;

5. incorporare il cippato nei 10 cm superficiali;6. avviare la coltivazione (privilegiare le leguminose in fase iniziale in quanto esiste un rischio di fame di azo-to);7. In caso di assenza di pacciamatura sarà necessario rinnovare la sequenza ogni 4 anni.

Solitamente si osserva un aumento delle rese produt-tive, una durevole accumulazione di humus stabile, un aumento della resistenza alla siccità, la resistenza ad alcune malattie e il miglioramento qualitativo della frutta e della verdura. Questo metodo può essere inte-grato con quello degli orti sinergici ed è considerato una versione accelerata del processo di fertilità che avviene naturalmente nei boschi.

Per ulteriori informazioni: www.quarantina.it

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G.A.S.

di Paola Letardi

I Gruppi di Acquisto Solidale (G.A.S.) nascono da una riflessione sulla necessità di un cambiamento profondo nel nostro stile di vita, per indirizzarlo ver-so un’economia che metta al centro le persone e le relazioni. Il gruppo aiuta a non sentirsi soli nella pro-pria critica al consumismo, a scambiarsi esperienze ed appoggio, a verificare le proprie scelte. Insieme ci si occupa di ricercare nella zona piccoli produtto-ri rispettosi dell’uomo e dell’ambiente, di raccoglie-re gli ordini tra chi aderisce, di acquistare i prodotti e distribuirli. I G.A.S. cercano prodotti provenienti da piccoli produttori locali per avere la possibilità di conoscerli direttamente e per ridurre l’inquina-mento e lo spreco di energia derivanti dal trasporto. Inoltre si cercano prodotti biologici o ecologici che siano stati realizzati rispettando condizioni di lavoro dignitose.

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I G.A.S. sono collegati fra di loro in una rete (www.retegas.org) che facilita lo sviluppo di reti di economia solidale attraverso lo scambio di informazioni, momenti di incontro e di approfon-dimento, e si riconoscono nel Documento Base (www.retegas.org/index.php?module=pagesetter&func=viewpub&tid=2&pid=3).

A livello locale è attivo il coordinamento informale G.A.S.aGENOVA (www.gasagenova.eu) con l’obiet-tivo di facilitare la collaborazione su obiettivi condi-visi, lo sviluppo di pratiche di consumo critico e le ricadute positive sul territorio, e in particolare:

• in-formare per favorire la nascita di nuovi G.A.S., confrontare e consolidare le realtà esistenti e condividere momenti di formazione;

• sviluppare l’incontro e la collaborazione con i piccoli produttori locali per lo sviluppo di un’a-gricoltura “solidale”;

• sostenere e/o sviluppare l’offerta di prodotti e servizi non agricoli ad alto contenuto socio am-bientale (energia, tessile, finanza, ecc...);

• partecipare ai percorsi di costituzione della rete dell’altra economia e degli stili di vita sostenibili della Liguria;

• organizzare le attività comuni ai G.A.S. aderenti, con particolare riferimento agli acquisti condivi-si da più gruppi.

Per info sui gas si può visitare il sito:www.gasagenova.eu

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L’altra economia, un’esperienza concreta sul territorio di Debora Lucchetti

La transizione ecologica parte dal carrello della spesa. L’esperienza di MET-Manifattura Etica

Il nostro pianeta ha la febbre, grazie ad un modello di sviluppo insostenibile che brucia risorse, consu-ma territorio e legami sociali, produce tonnellate di rifiuti grazie all’obsolescenza programmata delle merci. Si scrive sviluppo ma si legge sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali e delle persone, pura funzione della crescita materiale e monetaria tradotta nell’indice tiranno che decreta il benessere o il malessere di una società: il PIL. Se cresce l’eco-nomia gira e tutti stanno bene, se diminuisce produ-ce la crisi e poi il baratro. Naturalmente è un indi-ce freddo e solo quantitativo, che non ci dice nulla della qualità della produzione e dei consumi e che semmai contabilizza positivamente anche le guerre

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e gli incidenti stradali. Ma la consapevolezza cre-sce e una moltitudine inarrestabile fatta di cittadini, produttori, comunità locali, studiosi, organizzazioni della società civile organizzata preme e agisce da tempo per riformulare il concetto di benessere e ab-bandonare l’idea nefasta della crescita infinita. Da qui sono nate tutte le esperienze che chiamiamo di economia solidale, riferendoci a quei circuiti virtuo-si che favorisco la produzione, lo scambio e il con-sumo di beni e servizi biologici, locali e solidali. Si tratta di una rivoluzione gentile, che parte dal cam-bio dello stile di vita e dei modelli di consumo pro-posto dai G.A.S., per approdare alla riconversione ecologica dei metodi di produzione in armonia con gli ecosistemi. Senza dimenticare la finanza etica, il turismo responsabile, la mobilità sostenibile, l’ener-gia alternativa, il co-housing, il riciclo e il riuso.

Ingredienti fondamentali per cambiare il proprio stile di vita e l’economia, dal basso e in rete. In questo solco si inserisce a Genova la proposta di MET - Manifattura Etica, emporio solidale nato nel cuore industriale delle città per offrire uno spazio di scambio di beni liberato dalle merci, un’occa-sione di incontro, formazione e relazione per con-tribuire al benessere della comunità a partire dalla propria spesa. Uno spazio liberato e liberante per cittadini in transizione, consumAttori e protagoni-sti delle reti di economia solidale del territorio.

Per avere informazioni sulle attività di METè possibile visitare il sito:www.manifatturaetica.it

ORTIURBANI

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ALCUNI SITI UTILI PER TROVARE ATTREZZATURE, STRUMENTI E SVOLGERE APPROFONDIMENTI IN TEMA DI ORTICOLTURA:

www.riodellenoci.it

www.permacultura.it

www.agricolturasinergica.it

www.retesemirurali.it

www.gasagenova.eu

www.istruzioniperilfuturo.ort

www.manifatturaetica.it

www.terraonlus.it

www.quarantina.it

LIBRI:La rivoluzione del filo di paglia Masanobu Fukuoka (Libreria editrice Fiorentina) La fattoria biologica Masanobu Fukuoka (Mediterranee)Lezioni Italiane Masanobu Fukuoka (Libreria editri-ce Fiorentina)Introduzione alla Permacultura Bill Mollison e Rany Mia Slay (A.a.m Terranuova)Permacultura David Holmgren (Il filo verde di Arianna) Manuale pratico della transizione Rob Hopkins (Il filo verde di Arianna)Orto e giardino biologico Marie-Luise Kreuter (Giunti) Il suolo, un patrimonio da salvare Claude e Lydia Bourguignon (Slow Food Editore)Villaggio e autonomia Mohandas K. Gandhi (Libre-ria editrice fiorentina)La rete della vita Fritjof CapraL’orto senz’acqua Jacky Dupety (Terra Nuova Edizione)

Strumenti utili e utilizzabili

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ORTIURBANI

ALCUNE DELLE ASSOCIAZIONI E GRUPPI INFORMALI CHE, SUL TERRITORIO DI GENOVA, SVILUPPANO PROGETTI ORTICOLI:

Orti sinergici a Valletta Rio San PietroGenova - Corniglianoass.Terra!0nlus: www.terraonlus.itSimone Benevelli: [email protected]

Valletta San NicolaGenova - zona Castelletto Alberto Arriccio: [email protected]

Orto sul PortoGenova - zona Santuario della MadonnettaOrnella Ricciardi: [email protected]

Orto di mareGenova - zona Oregina/LagaccioLucia Tringali: [email protected]

Orto GasosaGenova - LagaccioMilena Frisone: [email protected]

Giardino dell’erba voglioGenova - San Teodorowww.ilgiardinodellerbavoglio.itAgostino Barletta: [email protected]

Circolo SertoliGenova - Molassanawww.crcsertoli.net | [email protected]

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Ideato e realizzato da


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