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Osservatorio internazionale a cura di Carlo Revelli Il ... · la sorte dell’opera Le métier du...

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57 Biblioteche oggi novembre 2010 Osservatorio internazionale a cura di Carlo Revelli nios (“Livres hebdo”, 809, 19.2.2010, p. 26-27), ricono- sce come nei sette anni in- tercorsi dall’edizione prece- dente il mestiere sia cambia- to. Egli considera l’accoglien- za del pubblico più impor- tante dei libri, ma ammette quanto sia difficile integrare in un’unità le molteplici atti- vità del bibliotecario, molte delle quali tendono alla spe- cializzazione. L’angoscia di chi teme la fine delle biblio- teche si supera facendole fun- zionare bene oggi. Non è ormai immaginabile una bi- blioteca che non sia presen- te in internet, ma “pensare che il digitale, nella missio- ne di accompagnare l’acces- so al sapere, sia il carburan- te dell’attività significa porsi in anticipo rispetto al movi- mento generale”. Da parte francese è da ricordare an- che l’intervento torinese (mar- zo 2007) di Anne Miller, del Centre national du livre, che accanto alla necessità di af- frontare i cambiamenti ave- va posto in evidenza il pro- blema ampiamente diffuso di sostituire il personale an- ziano (il 43 per cento entro composizione sociale e sul- l’attività dei bibliotecari, per i quali il sesso, la razza e la provenienza non costituisco- no più differenze significati- ve, contrariamente a quanto avveniva un tempo. Darren Sweeper e Steven A. Smith (Assessing the impact of gen- der and race on earnings in the library science labor mar- ket , “College and research li- braries”, March 2010, p. 171- 183) ammettono che “in un campo che è sproporziona- tamente bianco e femmini- le, gli uomini e i membri dei gruppi minoritari non si tro- vano davanti a discrimina- zioni significative”. La convenienza di seguire i cambiamenti per adeguare il profilo professionale del bibliotecario è dimostrata dal- la sorte dell’opera Le métier du bibliothécaire, pubblica- ta dal Cercle de la librairie e promossa dall’Association des bibliothécaires de France, che nell’anno 2010 è giunta alla dodicesima edizione, com- pletamente riveduta. Il suo curatore, Yves Alix, intervi- stato da Laurence Santanto- Alcuni anni or sono il dos- sier del “Bulletin des biblio- thèques de France” dedica- to alla professione di biblio- tecario si apriva con un in- tervento di Anne Kupiec che si poneva la domanda sulla definizione della professione (Qu’est-ce qu’un(e) biblio- thécaire?, 2003, 1, p. 5-9). Una domanda riformulata più volte, era la risposta, perché legata al mutare della defini- zione, dell’organizzazione, del pubblico della bibliote- ca, mentre con il variare del- le funzioni variava anche, con la definizione, il percor- so della formazione profes- sionale. Nel Settecento la pro- fessionalità era confermata dall’abbondanza dei catalo- ghi a stampa, ci ricorda Em- manuelle Chapron (Bibliothè- ques italiennes au XVIII siè- cle, “Revue de la Bibliothèque nationale de France”, 2006, p. 86-90): il mestiere di bi- bliotecario si era laicizzato più lentamente di altri lavori in- tellettuali, tanto che i tre quar- ti dei bibliotecari erano ec- clesiastici. Insomma, defini- re la professione non può che presupporre una definizio- ne della biblioteca. Un cam- biamento fisiologico inevita- bilmente costante nell’una co- me nell’altra, pena l’invec- chiamento di una professio- nalità o di un’istituzione quan- do risultino insufficienti a ri- spondere ad esigenze nuo- ve, professionalità ed istitu- zione che pure presentano en- trambe il permanere di un’e- sigenza profonda, che pos- siamo riconoscere nelle cin- que brevissime leggi formu- late da Ranganathan, leggi che individuano i presuppo- sti sui quali si fonda un ser- vizio bibliotecario che non ponga limiti o vincoli all’am- biente sociale che intende ser- vire: un’istituzione che con- sideri l’intera popolazione con le sue svariate necessità cul- turali o informative. Di qui i compiti del bibliotecario, al quale è richiesto di saper organizzare e gestire un ser- vizio adeguato. È questa una condizione costante, da quan- do è riconosciuto il diritto per tutti e fino a quando si ammetterà come necessario un luogo in grado di soddi- sfare quel diritto. Entro que- sta necessità profonda si ri- conosce il mutare delle si- tuazioni dovute alle trasfor- mazioni culturali, sociali, tec- niche destinate a modificare anche sensibilmente i com- piti e le modalità del servi- zio e di conseguenza i re- quisiti professionali del bi- bliotecario. La lenta modifi- cazione della società e l’ap- plicazione di un diritto di uguaglianza sovente procla- mato ma realizzato non sen- za difficoltà si riflette sulla Il bibliotecario, oggi Biblioteca civica “Antonio Delfini”, Modena Foto Bruno Marchetti
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57Biblioteche oggi – novembre 2010

Osservatorio internazionale a cura di Carlo Revelli

nios (“Livres hebdo”, 809,19.2.2010, p. 26-27), ricono-sce come nei sette anni in-tercorsi dall’edizione prece-dente il mestiere sia cambia-to. Egli considera l’accoglien-za del pubblico più impor-tante dei libri, ma ammettequanto sia difficile integrarein un’unità le molteplici atti-vità del bibliotecario, moltedelle quali tendono alla spe-cializzazione. L’angoscia dichi teme la fine delle biblio-teche si supera facendole fun-zionare bene oggi. Non èormai immaginabile una bi-blioteca che non sia presen-te in internet, ma “pensareche il digitale, nella missio-ne di accompagnare l’acces-so al sapere, sia il carburan-te dell’attività significa porsiin anticipo rispetto al movi-mento generale”. Da partefrancese è da ricordare an-che l’intervento torinese (mar-zo 2007) di Anne Miller, delCentre national du livre, cheaccanto alla necessità di af-frontare i cambiamenti ave-va posto in evidenza il pro-blema ampiamente diffusodi sostituire il personale an-ziano (il 43 per cento entro

composizione sociale e sul-l’attività dei bibliotecari, peri quali il sesso, la razza e laprovenienza non costituisco-no più differenze significati-ve, contrariamente a quantoavveniva un tempo. DarrenSweeper e Steven A. Smith(Assessing the impact of gen-der and race on earnings inthe library science labor mar-ket, “College and research li-braries”, March 2010, p. 171-183) ammettono che “in uncampo che è sproporziona-tamente bianco e femmini-le, gli uomini e i membri deigruppi minoritari non si tro-vano davanti a discrimina-zioni significative”.

La convenienza di seguire icambiamenti per adeguareil profilo professionale delbibliotecario è dimostrata dal-la sorte dell’opera Le métierdu bibliothécaire, pubblica-ta dal Cercle de la librairie epromossa dall’Association desbibliothécaires de France, chenell’anno 2010 è giunta alladodicesima edizione, com-pletamente riveduta. Il suocuratore, Yves Alix, intervi-stato da Laurence Santanto-

Alcuni anni or sono il dos-sier del “Bulletin des biblio-thèques de France” dedica-to alla professione di biblio-tecario si apriva con un in-tervento di Anne Kupiec chesi poneva la domanda sulladefinizione della professione(Qu’est-ce qu’un(e) biblio-thécaire?, 2003, 1, p. 5-9).Una domanda riformulata piùvolte, era la risposta, perchélegata al mutare della defini-zione, dell’organizzazione,del pubblico della bibliote-ca, mentre con il variare del-le funzioni variava anche,con la definizione, il percor-so della formazione profes-sionale. Nel Settecento la pro-fessionalità era confermatadall’abbondanza dei catalo-ghi a stampa, ci ricorda Em-manuelle Chapron (Bibliothè-ques italiennes au XVIII siè-cle, “Revue de la Bibliothèquenationale de France”, 2006,p. 86-90): il mestiere di bi-bliotecario si era laicizzato piùlentamente di altri lavori in-tellettuali, tanto che i tre quar-ti dei bibliotecari erano ec-clesiastici. Insomma, defini-re la professione non può chepresupporre una definizio-ne della biblioteca. Un cam-biamento fisiologico inevita-bilmente costante nell’una co-me nell’altra, pena l’invec-chiamento di una professio-nalità o di un’istituzione quan-do risultino insufficienti a ri-spondere ad esigenze nuo-ve, professionalità ed istitu-zione che pure presentano en-trambe il permanere di un’e-sigenza profonda, che pos-siamo riconoscere nelle cin-que brevissime leggi formu-late da Ranganathan, leggiche individuano i presuppo-sti sui quali si fonda un ser-vizio bibliotecario che nonponga limiti o vincoli all’am-

biente sociale che intende ser-vire: un’istituzione che con-sideri l’intera popolazione conle sue svariate necessità cul-turali o informative. Di qui icompiti del bibliotecario, alquale è richiesto di saperorganizzare e gestire un ser-vizio adeguato. È questa unacondizione costante, da quan-do è riconosciuto il dirittoper tutti e fino a quando siammetterà come necessarioun luogo in grado di soddi-sfare quel diritto. Entro que-sta necessità profonda si ri-conosce il mutare delle si-tuazioni dovute alle trasfor-mazioni culturali, sociali, tec-niche destinate a modificareanche sensibilmente i com-piti e le modalità del servi-zio e di conseguenza i re-quisiti professionali del bi-bliotecario. La lenta modifi-cazione della società e l’ap-plicazione di un diritto diuguaglianza sovente procla-mato ma realizzato non sen-za difficoltà si riflette sulla

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il 2010): “le biblioteche ac-coglieranno sempre più unapluralità di usi, che necessi-tano di una pluralità di ri-sposte”, con la conseguenzadi rinnovare i criteri dellaformazione professionale: “inuovi bibliotecari dovrannoavere competenze in mate-ria giuridico-amministrativa,sull’uso delle nuove tecno-logie, gestionali, nella me-diazione e creazione di co-munità di scambio, per l’ac-compagnamento…”. L’inter-vento è stato pubblicato in “Bi-blioteche oggi” (Il ruolo delCentro nazionale del libro inFrancia, Apr. 2008, p. 7-10).La previsione di cambiamen-ti notevoli in una società inrapida evoluzione si era sen-tita da tempo; già nel 2003dai bibliotecari svizzeri eragiunto l’avvertimento di Jean-Philippe Accart (Les défis dedemain pour la profession,“Arbido”, 2003, 4, p. 15-16).D’altronde già intorno al 1970si era avvertito che “l’educa-zione professionale tendevaa un’area più estesa di occu-pazioni”, come con riferimen-to particolare alla Danimarcaricorda Laura Stouvig (Howto observe the librarian, “Li-brary history”, Dec. 2008, p.299-305). Ken Haycock eBrooke E. Sheldon hanno rac-colto diciotto interventi sul-la professione del bibliote-cario nella pubblicazione Theportable MLIS: insights fromthe experts (Westport, Conn.,Libraries Unlimited, 2008), re-censita da Jane Duffy in “Col-lege and research libraries”(March 2009, p. 196-198). L’associazione americana perle biblioteche universitarie edi ricerca ha pubblicato unostandard al fine di fissare evalutare le qualità richieste aidocenti di scuole per biblio-tecari: aspetti amministrativi,conoscenza dei curricula edelle materie, capacità diret-tive, didattiche e di pianifi-cazione degli studi (Stan-

dards for proficiencies forinstruction librarians andcoordinators. Approved bythe ACRL board, June 24,2007, “College and researchlibraries news”, Oct. 2007, p. 570-575). Anche da partescandinava si ha confermache le nuove competenzedel bibliotecario si svolgonoin più direzioni (ma di persé questa non è una novità:la questione sta nello svi-luppo preso dalle varie dira-mazioni e nella modificazio-ne dei loro rapporti). Il pri-mo numero 2008 di “Scan-dinavian public library jour-nal” è dedicato alle nuovecompetenze del biblioteca-rio; tra i numerosi interventine notiamo due di SeppoVerho per la Finlandia, Li-brary skills of the future (p.7) e New library professions(p. 8-10), che evidenzianol’allargarsi degli interessi at-traverso l’azione verso grup-pi mirati, come gli anziani ei disabili: “Le nuove compe-tenze portano gradualmentea nuovi servizi e a nuovi me-todi di lavoro e si inserisco-no nell’organizzazione. La co-operazione costituisce un ca-pitale prezioso”. Cresce l’im-portanza delle informazionia distanza, “la biblioteca chenessuno visita”, un’utenza in-visibile. Curiosa nella sua pra-ticità l’osservazione che se silavora in linea non è neces-sario che l’ufficio abbia unbell’aspetto.

Il rilievo più evidente assun-to oggi nei riguardi della pro-fessione è certamente quel-lo tecnologico, che presentanei casi estremi il rischio ditrascurare in profondità leragioni per cui il biblioteca-rio esiste. Certamente la pre-senza del computer e di in-ternet hanno segnato un pun-to di passaggio, una scelta diimportanza essenziale; JohnN. Berry III ammette il sen-so di frustrazione da parte

di chi ha incominciato a la-vorare prima dell’avvento diGoogle (The Google divide,“Library journal”, Oct. 15,2006, p. 10). Janie M. Ma-thews e Harold Pardue (Thepresence of IT skills sets in li-brarian position announce-ments, “College and researchlibraries”, May 2009, p. 250-257) osservano come l’allar-gamento essenziale alla tec-nologia dell’informazione pon-ga incertezze sull’identità del-la professione: “I biblioteca-ri si trovano davanti alla do-manda su quali requisiti sia-no necessari per servire gliutenti”, se le tecniche tradi-zionali per organizzare e perrendere disponibili le infor-mazioni siano ancora vali-de, e infine in quale misuraessi debbano acquisire le ca-pacità proprie per una pro-fessione. Brian Sinclair chia-ma “bibliotecario ibrido” ilbibliotecario universitario, mail termine sembra estensibi-le alle altre categorie profes-sionali: alle cognizioni tradi-zionali si aggiungono la tec-nologia dell’informazione ela capacità di insegnarla aglistudenti (The blended libra-rian in the learning com-mons. New skills for the blen-ded library, “College and re-search libraries news”, Oct.2009, p. 509-507, 516).

Un problema non nuovo èquello del rapporto tra la pro-fessione di bibliotecario e l’as-sunzione di una responsabi-lità direttiva. Secondo JennyRowley e Sue Roberts (Thereluctant leader? Leadershipand the information profes-sion, “Library and informationupdate”, July/Aug. 2008, p.52-54) i bibliotecari profes-sionali non sono i più indi-cati ad essere leader, anchese occorre distinguere tra ma-nagement e leadership. Oc-corre saper sviluppare le qua-lità individuali e i rapporticon il servizio in tutto il per-

sonale. L’Ispettorato francesedelle biblioteche ha pubbli-cato un ampio rapporto sulprofilo dei direttori delle bi-blioteche di ogni tipo, chesono risultati in leggera pre-valenza donne (52 per cen-to), di classe agiata, con stu-di superiori classici, con ten-denza moderata alla mobili-tà e scarsa formazione perle funzioni direttive (Lauren-ce Santantonios, Directeurs,qui êtes-vous?, “Livres heb-do”, 800, 4.12.2009, p. 48).Anche il bibliotecario che as-suma responsabilità ammi-nistrative, come sindaco o as-sessore, lascia perplesso WillManley nella sua rubrica chechiude ogni numero di “Ame-rican libraries” (Move over,Marian, June/July 2007, p.152): “Come si può condur-re una grande città con unretroterra da impiegato?”.

Merita una lettura l’articolo diDavid-Jonathan Benrubi En-quête sur les consommationsculturelles des bibliothécai-res: effets du renouvellementgénérationnel (“Bulletin desbibliothèques de France”,2009, 4, p. 6-16), che riguar-da un’inchiesta sul tempodedicato dai bibliotecari alleattività culturali (letture, te-levisione, cinema, Internet),che presenta sovente un for-te consumo culturale con scar-sa presenza della televisio-ne, ridotta alla metà o menodell’uso da parte della gene-ralità dei francesi. Sono statisacrificati dall’inchiesta lamusica, la radio e i giornali,per la necessità di limitare ilnumero delle domande. Èrisultato un forte interesseper i classici e per la narra-tiva in tutte le età, a confer-ma che il ricambio genera-zionale non presenta fortidifferenze; tuttavia si notaun interesse assai maggioreper la politica e per la so-ciologia da parte degli ultra-cinquantenni (per la politica

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si va dal dieci per cento dichi ha meno di venticinqueanni al diciannove per chine ha meno di cinquanta).Si è registrato un minore in-teresse per la cultura scien-tifica, ma occorre dire che lamaggior parte dei bibliote-cari proviene da studi uma-nistici. Sulla partecipazioneai congressi da parte dei bi-bliotecari Robert D. Vega eRuth S. Connell (Librarians’attitudes toward conferen-ces: a study, “College and re-search libraries”, Nov. 2007,p. 503-515) riferiscono chedai risultati di un’inchiestale ragioni più frequenti perla presenza di un biblioteca-rio a un congresso riguarda-no i contatti umani più delcontenuto della manifesta-zione: “Al mio ritorno hosempre più entusiasmo edenergia per il lavoro”.Quanto poi all’aggiornamen-to professionale attraverso laletteratura specialistica, essonon sembra usuale neppuretra i bibliotecari americani,lascia comprendere Susan J.Beck (Reflections of a refe-rence librarian, “Referenceand user services quarterly”,Summer 2010, p. 305-309),il che costituisce una assaimoderata soddisfazione perchi considerasse questo fe-nomeno come difetto loca-le. L’autrice inoltre esorta icolleghi a frequentare i con-gressi e a partecipare alle al-tre attività, anche a spese pro-prie, per estendere e per con-dividere le esperienze. Un’in-chiesta dettagliata sull’aggior-namento attraverso la letturaprofessionale è auspicata peri francesi da Maurice Didelote Murielle Claudon (Et si lesbibliothécaires lisaient toutce qu’elles/ils écrivent?, “Bul-letin des bibliothèques deFrance”, 2009, 4, p. 35-49), checonsiderano l’interessante pa-norama della produzione fran-cese, con un’offerta ricca ealquanto sparpagliata tra pe-

riodici (presentati in partico-lare a p. 46-47), monografiee rete, con un’apparente so-vrabbondanza di offerta allacui produzione partecipa unaminoranza dei bibliotecari.Anche le critiche e i dibattitisono scarsi. La partecipazio-ne alla vita associativa haanch’essa molta importanza.John N. Berry III lamentauna forte diminuzione dellapartecipazione: in particola-re è difficile trovare personedisponibili per le caricheelettive e per un lavoro atti-vo all’interno dell’associazione(Democracy in ALA, “Libraryjournal”, Dec. 2006, p. 10).L’American Library Associa-tion comunque conta 66.000iscritti, 2.000 impiegati e unbilancio di 50 milioni di dol-lari. Come curiosità, ricordia-mo che secondo il nuovostatuto l’associazione fran-cese ha cambiato il proprionome da Association des bi-bliothécaires français in As-sociation des bibliothécairesde France (dall’editoriale diGilles Eboli, direttore di “Bi-bliothèque(s), oct. 2005): cam-biamento ben comprensibi-le che elimina il fumo na-zionalistico del nome prece-dente. Marian Koren (Asso-ciations professionnelles etcoopération européenne, “Bul-letin des bibliothèques deFrance”, 2008, 1, p. 25-33)considera l’importanza delleassociazioni di bibliotecariper attenuare le enormi di-sparità tra le biblioteche (“l’Eu-ropa delle biblioteche è an-cora nel limbo”) mediantela cooperazione e il coordi-namento a livello internazio-nale, anche con programmiche sensibilizzino l’azione del-le biblioteche: utilissimi gliscambi professionali inter-nazionali. Essenziali su que-sti punti sono i compiti del-l’IFLA. L’autrice ritiene chenon ci sia più ragione di di-stinguere le biblioteche uni-versitarie da quelle pubbli-

Zazie dans le métro A Le Havre, dove è nato Ray-mond Queneau, l’autore di Zazie dans le métro, sisono festeggiati i cinquant’anni del libro. Il program-ma ampio e diversificato, che si è svolto dal 15 set-tembre 2009 al 9 gennaio 2010, comprendeva labo-ratori, proiezioni di film, conferenze e la presenta-zione di nuove illustrazioni, oltre all’esposizione deimanoscritti e dei documenti conservati nella bibliote-ca comunale. È disponibile il blog: <www.ville-lehavre.fr/zazie blog> (“Bibliothèque(s)”, Oct. 2009, p. 7).

The best small library in America La Bill andMelinda Gates Foundation offre ogni anno un pre-mio di 15.000 dollari per la migliore piccola biblio-teca americana (in cittadine con meno di 25.000 abi-tanti). Alla biblioteca vincitrice sono offerti un invi-to e l’ospitalità per due persone al successivo con-gresso della Public Library Association (“Library jour-nal”, feb. 2009). Per il 2010 ha vinto la Glen CarbonCentennial Library, la cui immagine campeggia sul-la copertina di “Library journal” del febbraio 2010. Ese si consulta il sito della biblioteca si rimarrà im-pressionati dall’attività di quella biblioteca, la cui co-munità non conta che 12.000 abitanti.

Undici milioni Con la traduzione inglese del ci-ceroniano Cato maior, pubblicata da Benjamin Fran-klin a Filadelfia nel 1744, la Biblioteca universitariadell’Illinois ha raggiunto gli undici milioni di volumi;l’acquisto della preziosa edizione è dovuto al dono didue alunni dell’università. Per festeggiare l’avveni-mento era presente lo stesso Franklin (per lo meno,come personaggio in costume). (“College and re-search libraries news”, nov. 2009, p. 562).

Un confronto Nel 1998 i cittadini di Seattle appro-varono un piano di 196,4 milioni di dollari per una bi-blioteca centrale nuova, quattro nuove succursali e di-ciannove ristrutturazioni; agli stanziamenti si aggiun-sero poi fondi pubblici e privati per altri cento milio-ni. Il programma è stato completato (la biblioteca cen-trale è stata aperta nel 2004) entro il tempo previsto eil 13 settembre 2008 l’evento è stato celebrato. I pre-stiti risultano aumentati del 94 per cento, le frequenzedel 158, le presenze alle attività del 153 (“Library jour-nal”, Oct. 1, 2008, p. 18).

Non tutti i mali… La Grande Peste di Londra (1665),che uccise da 75.000 a 100.000 persone, fu occasionedi un’epidemia di materiale a stampa a diffusione va-sta quanto immediata, ben più di altre occasioni pre-cedenti. Il contemporaneo William Austin consideròl’importanza della stampa in un poema epico pubbli-cato a Londra nel 1666 (Kathleen Miller, Writing theplague: William Austin’s Epiloimia Epe, or, The Ana-tomy of the Pestilence and the crisis of early modernrepresentation, “Library and information history”, March2010, p. 3-17).

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che, in quanto tutti accedo-no ai servizi in linea “e nonsi capirebbe il condiziona-mento di questo accesso daparte delle distinzioni gerar-chiche tradizionali o concet-tuali tra bibliotecari”. Un’opi-nione condivisa da molti manon accettata da tutti.

A proposito dell’interesse deibibliotecari per il proprio la-voro, la direttrice di “Libraryand information update”, El-speth Hyams, ha intervistatoBiddy Fisher, presidente delCILIP, l’associazione ingleseche riunisce con i bibliote-cari i professionisti nel cam-po dell’informazione. Per Fi-sher l’interesse per la pro-pria professione è una “cosameravigliosa”: una professio-ne tutt’altro che rosea e nonpriva di dubbi, ma egli cicrede. Occorre procedere contranquillità ed efficienza, sen-za cercare le luci della ribal-

ta – una raccomandazionequest’ultima ripetuta da molti(né si dimentichi Rangana-than: Le cinque leggi dellabiblioteconomia, Firenze, Lelettere, 2010, p. 66). Ci de-v’essere più dialogo con ilpubblico, impegnando in que-sto la prossima generazio-ne, “educando i lettori a ri-conoscere che non ricevonosempre tutte le informazionidi cui hanno bisogno, o quel-la giusta o la migliore” (Pro-fessionalism: the pride andthe passion, Jan./Feb. 2010,p. 34-36). Giorgio Busetto haricordato la figura di Gior-gio Emanuele Ferrari, diret-tore della Biblioteca nazio-nale Marciana, un bibliote-cario profondamente erudi-to che privilegiava l’interes-se per il servizio e per ilpubblico rispetto ai regola-menti e agli stessi documen-ti (Giorgio Emanuele Ferrarimaestro. Ricordo a dieci an-

ni dalla morte, “Bibliofilìa”,2009, 2, p. 179-184). SallyEarney e Ana Martins (Jobrotation at Cardiff Univer-sity library service: a pilotstudy, “Journal of library andinformation science”, Dec.2009, p. 213-226) raccoman-da la rotazione del persona-le, positiva sia per la moti-vazione professionale che perl’apprendimento. Vorrei ag-giungere che questa racco-mandazione, considerata ne-cessaria da molti, non è sem-pre bene accolta dagli inte-ressati; il favore con cui vie-ne accettata può essere si-gnificativo dell’interesse pro-fessionale, per la possibilitàdi ampliare la propria espe-rienza. Ed in questa attivitàognuno avrà l’esperienzaessenziale del rapporto conil pubblico. “A volte dimen-tichiamo che il nostro lavo-ro più importante è servirela gente”, ha scritto un letto-

re del “Library journal” allarivista (Nov. 15, 2009, p. 10). Ilromanziere irlandese ColumMcCann nel corso di un’in-tervista concessa a “Livreshebdo” ricorda i suoi fre-quenti rapporti con le bi-blioteche e con i biblioteca-ri: “Ci sono due eroi deiquali la letteratura contem-poranea non tesse mai lelodi: i traduttori e i bibliote-cari. Per quanto riguarda que-sti ultimi, li considero comei guardiani del tempio…Adoro quando gli occhi delbibliotecario si illuminano difronte alla ricerca di operesu un argomento oscuro”(697, 6.7.2007, p. 70-72). Unriconoscimento che ha fati-cato a farsi strada: già alla fi-ne dell’Ottocento Guido Bia-gi lo ammetteva “nel sottoli-neare il danno derivante dal-la costante negazione che ilbibliotecariato sia una pro-fessione, e che come qua-

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lunque professione richiedauna preparazione particola-re” (Giuseppina Monaco, Leriviste delle biblioteche. Con-tributi (1867-1923) (II), “Nuo-vi Annali della Scuola spe-ciale per archivisti e biblio-tecari”, 2007, p. 131-139). Edancora di recente PhilippeHoch notava come “la man-canza evidente di riconosci-mento, in termini di carrierae di promozione, costituiscaun freno a questo tipo di in-vestimento”, cioè alla pub-blicazione (Les bibliothèqueséditrices, in Les bibliothèquesdans la chaîne du livre, sousla direction d’Emmanuèle Pay-en, Paris, Cercle de la librai-rie, 2004, p. 209-232). Un con-fronto analogo ci può ripor-tare all’idea corrente “di in-segnante come impiegato del-lo stato”, non accettato “co-me professionista della cul-tura”: è un’ammissione diTullio De Mauro in un’inter-vista a “LiBeR” (Insegnanti,professionisti della cultura,apr./giu. 2008, p. 52). In un’in-tervista rilasciata a “Livreshebdo” François Larbre nel-l’abbandonare la direzionedella Biblioteca municipaledi Marsiglia in seguito a di-vergenze amministrative esindacali, avverte il contra-sto tra “chi considera che ibibliotecari hanno termina-to il proprio lavoro quandohanno formato delle raccol-te e sistemate le scaffalature,e altri che ritengono che so-lo allora incominci il lavo-ro”. Le attese del pubblicoentrano in conflitto con le

posizioni politiche e sinda-cali – e ritroviamo un riferi-mento, peraltro non nuovo,all’ambiguità di assegnare unconservatore (statale) a ca-po di una biblioteca munici-pale (“Livres hebdo”, 698,24.8.2007, p. 96-97). Su que-sto tema è intervenuta pocopiù tardi nello stesso perio-dico Laurence Santantonios,che ricorda come i conser-vateurs fin dal 1931 siano adisposizione delle bibliote-che municipali più impor-tanti (classées) e che sianomessi in discussione da tem-po, anche per il trattamentomolto diversificato (Les con-servateurs d’État revus à labaisse, “Livres hebdo”, 724,7.3.2008, p. 79). Sembra fareco alle osservazioni scon-solate di Larbre un editoria-le di Susanne Riedel (Was istunsere Arbeit wert?, “BuB”,2010, 1, p. 4), che avvertecome a detta dei politici lebiblioteche siano istituzioniirrinunciabili, ma che nellapratica le cose vadano inmodo assai diverso. E oggi“la nostra nobile professio-ne” può contare su quantoriesce a salvare, quando lostesso nome di biblioteca èmesso in discussione, rico-nosce Will Manley (Balan-cing the books, “American li-braries”, May 2009, p. 64),quando una scuola di bi-blioteconomia diventa “di-partimento di studi sull’in-formazione” e una bibliote-ca diventa “centro di infor-mazioni”: “Perché, in nomedel cielo, dovremmo abban-

donare un nome [brand] checi serve così bene da secoli?… Abbiamo paura di essereconsiderati fuori moda in unmondo che cambia rapida-mente?”. Nel congresso 2007dell’American Library Asso-ciation è stato approvato unostandard per la posizione deibibliotecari universitari, chene considera le responsabi-lità professionali, ma anchei diritti all’interno dell’ammi-nistrazione (Standards forfaculty status for college anduniversity librarians, “Colle-ge and research libraries news”,Sept. 2007, p. 50).

In compenso si è arrivati al-la biblioteca senza bibliote-cario. Accanto a un esempiorealizzato a Singapore (Ali-ne Girard-Billon, Les robotsde Singapour, “Livres heb-do”, 585, 24.1.2005, p. 60-62),notiamo il caso della Svezia,dove una discussione a que-sto proposito, iniziata alla Bi-blioteca civica di Lund, si èestesa all’intero paese (ArmiBernstein, Eine Bibliothek funk-tionniert auch ohne Biblio-thekarInnen!, “BuB”, 2009, 4,p. 220-221). Il sistema di Lund(76.000 abitanti, 40.500 letto-ri attivi, 600.000 media) con-siste in una biblioteca cen-trale, undici decentrate e unbibliobus con quaranta puntidi fermata. Ma “gli umani la-vorano meglio”, come ci ri-corda il solito John N. BerryIII in un editoriale (Humansdo a better job, “Library jour-nal”, Apr. 1, 2006, p. 10), pervia del rapporto diretto con

il pubblico e per la facoltàdi selezionare il materiale edi scegliere tra le risposte. Ilservizio autonomo tuttavia èsempre più diffuso (“Self-ser-vice is essential for the futu-re”), dai grandi magazzini alrifornimento di benzina aiservizi bancari, ci ricorda BethDempsey (Do-it-yourself li-braries, “Library journal”, July2010, p. 24-28), e le bibliote-che non potevano non esse-re coinvolte. Né, tra i “pro-fessionisti dell’informazione”,sono da ignorare i documen-talisti, ci ricorda Sophie Ra-njard (Professionnels de l’in-formation-documentation,qui êtes-vous?, “Documenta-liste – Science de l’informa-tion”, 2006, 1, p. 14-26) incompagnia di altri interventisullo stesso tema. Dalle oltretremila risposte ad un’ampiainchiesta (periodica) è risul-tato che il 42 per cento deiprofessionisti dell’informa-zione ha meno di 35 anni,l’81 per cento ha un diplo-ma specialistico, il 94 percento ha un posto di lavoroed i bibliotecari sono solo il13 per cento. Lo stipendiomedio è inferiore a 30.000euro. La distinzione tipolo-gica si riflette anche sullaprofessione, se Brian Ken-ney in un editoriale dello“School library journal” (Thegreat divide, May 2010, p. 9)sostiene che i ricercatori uni-versitari dovrebbero collabo-rare con i bibliotecari dellebiblioteche pubbliche per mi-gliorarne i programmi e leattività.

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