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paesaggio e strade dei prodotti tipici - Intranet TESAF-...

Date post: 18-Feb-2019
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1 Paesaggio rurale: le strade del vino e dei prodotti tipici Tiziano Tempesta - Dipartimento Territorio e Sistemi Agroforestali dell'Università di Padova 1 Introduzione Secondo la ben nota definizione fornita da Emilio Sereni (1961) il paesaggio agrario può essere considerato come “quella forma che l’uomo, nel corso e ai fini delle sue attività produttive agricole, coscientemente e sistematicamente imprime al paesaggio naturale”. Le caratteristiche del paesaggio dipendono pertanto, da un lato dal quadro ambientale e, dall'altro, dalla peculiarità culturale della società che si è trovata ad operare in un dato contesto ambientale. Tale interazione va vista comunque in un'ottica di tipo essenzialmente dinamico poiché l'evoluzione delle tecniche produttive e delle produzioni ha nel tempo via via modificato le modalità con cui l'uomo ha modificato l'ambiente naturale. D'altro canto, questi cambiamenti hanno indotto profonde trasformazioni di tipo sociale e culturale. Il paesaggio rurale, specie in passato, costituiva una sintesi visiva di tale complessità ambientale e culturale conservando al suo interno tracce identitarie appartenenti a varie epoche. Gli anni del secondo dopoguerra hanno coinciso con il tentativo di ristrutturare su basi produttivistiche l'agricoltura veneta procedendo ad una sostanziale omologazione delle produzioni e delle tecniche produttive alle esigenze di un mercato interessato prevalentemente alle produzioni di massa. Ne cono conseguiti effetti assolutamente deleteri sia sul piano paesaggistico che su quello più propriamente gastronomico. La perdita di identità del paesaggio ha avuto un preciso contraltare nella perdita di identità della cultura alimentare tradizionale. Non può infatti sfuggire che una determinata cultura gastronomica si può conservare se e solo se si conserva il paesaggio rurale al cui interno si è formata nel corso dei secoli. La necessità di recuperare un preciso quadro identitario è divenuta imprescindibile nel momento in cui si è visto che sul piano della produzione quantitativa la nostra agricoltura non avrebbe potuto in alcun modo reggere la concorrenza di paesi in cui i costi di produzione sono notevolmente inferiori a causa del minore costo dei fattori produttivi (il lavoro in primis) o di una struttura organizzativa e produttiva più efficiente. Non è un caso pertanto che negli ultimi dieci anni grande attenzione sia stata posta anche dalla nostra regione al recupero ed alla valorizzazione delle produzioni tipiche. A tale riguardo un ruolo basilare potrà essere giocato dal turismo enogastronomico e dalla realizzazione delle strade del vino e dei prodotti tipici che, in base a quanto indicato dalla legge 27 luglio 1999 n. 268, potranno assumere un ruolo centrale per il recupero e la valorizzazione della cultura enogastronomica locale. Come sarà meglio precisato in seguito, un ruolo basilare per il successo di queste iniziative è svolto dalla qualità del paesaggio rurale in particolare per quanto attiene la sua dimensione identitaria e percettiva.
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Paesaggio rurale: le strade del vino e dei prodotti tipici

Tiziano Tempesta - Dipartimento Territorio e Sistemi Agroforestali dell'Università di Padova

1 Introduzione

Secondo la ben nota definizione fornita da Emilio Sereni (1961) il paesaggio agrario può essere

considerato come “quella forma che l’uomo, nel corso e ai fini delle sue attività produttive agricole,

coscientemente e sistematicamente imprime al paesaggio naturale”. Le caratteristiche del paesaggio

dipendono pertanto, da un lato dal quadro ambientale e, dall'altro, dalla peculiarità culturale della

società che si è trovata ad operare in un dato contesto ambientale. Tale interazione va vista

comunque in un'ottica di tipo essenzialmente dinamico poiché l'evoluzione delle tecniche produttive

e delle produzioni ha nel tempo via via modificato le modalità con cui l'uomo ha modificato

l'ambiente naturale. D'altro canto, questi cambiamenti hanno indotto profonde trasformazioni di tipo

sociale e culturale. Il paesaggio rurale, specie in passato, costituiva una sintesi visiva di tale

complessità ambientale e culturale conservando al suo interno tracce identitarie appartenenti a varie

epoche. Gli anni del secondo dopoguerra hanno coinciso con il tentativo di ristrutturare su basi

produttivistiche l'agricoltura veneta procedendo ad una sostanziale omologazione delle produzioni e

delle tecniche produttive alle esigenze di un mercato interessato prevalentemente alle produzioni di

massa. Ne cono conseguiti effetti assolutamente deleteri sia sul piano paesaggistico che su quello

più propriamente gastronomico. La perdita di identità del paesaggio ha avuto un preciso contraltare

nella perdita di identità della cultura alimentare tradizionale. Non può infatti sfuggire che una

determinata cultura gastronomica si può conservare se e solo se si conserva il paesaggio rurale al

cui interno si è formata nel corso dei secoli. La necessità di recuperare un preciso quadro identitario

è divenuta imprescindibile nel momento in cui si è visto che sul piano della produzione quantitativa

la nostra agricoltura non avrebbe potuto in alcun modo reggere la concorrenza di paesi in cui i costi

di produzione sono notevolmente inferiori a causa del minore costo dei fattori produttivi (il lavoro

in primis) o di una struttura organizzativa e produttiva più efficiente. Non è un caso pertanto che

negli ultimi dieci anni grande attenzione sia stata posta anche dalla nostra regione al recupero ed

alla valorizzazione delle produzioni tipiche. A tale riguardo un ruolo basilare potrà essere giocato

dal turismo enogastronomico e dalla realizzazione delle strade del vino e dei prodotti tipici che, in

base a quanto indicato dalla legge 27 luglio 1999 n. 268, potranno assumere un ruolo centrale per

il recupero e la valorizzazione della cultura enogastronomica locale. Come sarà meglio precisato in

seguito, un ruolo basilare per il successo di queste iniziative è svolto dalla qualità del paesaggio

rurale in particolare per quanto attiene la sua dimensione identitaria e percettiva.

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2 La legislazione in materia di strade del vino e dei prodotti tipici

Le strade del vino costituiscono oramai da lungo tempo uno degli strumenti impiegati a livello

locale per la valorizzazione delle produzioni enogastronomiche1. Per lungo tempo si è trattato di

iniziative sostanzialmente spontanee spesso inidonee a favorire un autentico sviluppo del territorio

rurale. Con l’approvazione della legge 27 luglio 1999 n. 268 sono state definite le modalità di

realizzazione delle “strade del vino” e sono inoltre stati precisati gli obiettivi che la loro istituzione

deve perseguire. La legge si pone l’obiettivo di valorizzare “i territori a vocazione vinicola, con

particolare riferimento ai luoghi delle produzioni qualitative di cui alla legge 10 febbraio 1992, n.

164, e successive modificazioni, anche attraverso la realizzazione delle "strade del vino"” (art.1 –

comma 1)2. L’art. 5 precisa, inoltre, che le disposizioni della legge “si applicano anche per la

realizzazione delle "strade" finalizzate alla valorizzazione, anche congiunta, di altre produzioni di

qualità, con particolare riguardo all'olio d'oliva ed in genere ai prodotti tipici”3.

Il secondo comma dell’art.1 stabilisce che “le "strade del vino" sono percorsi segnalati e

pubblicizzati con appositi cartelli, lungo i quali insistono valori naturali, culturali e ambientali,

vigneti e cantine di aziende agricole singole o associate aperte al pubblico; esse costituiscono

strumento attraverso il quale i territori vinicoli e le relative produzioni possono essere divulgati,

commercializzati e fruiti in forma di offerta turistica”. Pur nel rimandare alle Regioni per la

precisazione di alcuni dei contenuti della normativa, il legislatore ha stabilito in primo luogo che le

strade del vino devono essere individuate nei territori in cui vengono realizzate produzioni agricole

di qualità. La legge inoltre precisa un elemento di particolare rilevanza ai fini della progettazione

dei tracciati: lo scopo dell’istituzione delle strade del vino e dei prodotti tipici è la promozione del

territorio di produzione e non di un prodotto in sé. La presenza di produzioni agricole di qualità non

è di per sé elemento sufficiente per istituire la strada, deve infatti accompagnarsi alla presenza di

valori naturali, culturali e ambientali. La legge quindi, non si pone tanto l’obiettivo di far aumentare

la vendita di prodotti alimentari di qualità quanto, piuttosto, di porre le basi per uno sviluppo

turistico del territorio che veda nella contemporanea presenza di un’attività enologica di pregio e di

elementi di interesse storico-culturale la sua stessa ragione d’essere.

3 I prodotti tipici nel Veneto e in Italia

1 Come noto la prima strada del vino italiana è la strada del prosecco di Valdobbiadene che fu istituita nel 1966 sulla scorta delle esperienze che andavano maturando nei paesi del centro Europa e in particolare in Germania. 2 Si tratta dei vini DOC, IGT e DOCG. 3 Secondo la legge regionale n.17 del 7 settembre 2000 “Istituzione delle strade del vino e di altri prodotti” che ha recepito la normativa nazionale, sono prodotti tipici quelli individuati ai sensi del Regolamento (CEE) n.2081/92 che ha istituito i marchi DOP e IGP.

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La nostra regione, al pari del nostro paese, è ricchissima di produzioni tipiche e di qualità. Per

quanto riguarda la vitivinicoltura nel Veneto sono attivi diciannove Consorzi di tutela cui

aderiscono circa 25.000 aziende. Come si osserva nella tavola 1 le aree interessate da produzioni

vitivinicole di qualità sono molto estese nel Veneto, specialmente in provincia di Verona e Treviso,

mentre sono assenti nel Polesine e in Provincia di Belluno.

Per quanto attiene i prodotti tipici, nella regione si contano diciassette prodotti con marchio DOP o

IGP4. Altri quattro prodotti sono attualmente in attesa di riconoscimento5. Le loro zone di

produzione hanno dimensioni molto varie e andando da pochi chilometri quadrati a porzioni molto

estese delle province del Veneto. Potenzialmente, pertanto, una parte molto ampia della regione può

essere interessata dalla realizzazione di strade del vino e dei prodotti tipici. Già allo stato attuale, in

base alla citata normativa nazionale e regionale, ne sono state costituite quindici6, mentre altre sono

in corso di realizzazione. A parte qualche limitata porzione del territorio regionale perciò le strade

del vino e dei prodotti tipici possono realmente costituire uno strumento per la valorizzazione e lo

sviluppo turistico e ricreativo del territorio. Non bisogna però trascurare che sia in Italia che

all’estero vi è un’offerta potenziale molto rilevante che interessa non solo territori oramai famosi da

lungo tempo, quale ad esempio l’area del Chianti in Toscana, ma anche altre zone, fino ad ora

trascurate dal turismo, ma che grazie ad un’accorta politica enogastronomica potranno attrarre

importanti flussi turistici in futuro. Si consideri a riguardo che in Italia alla data dell’entrata in

vigore della legge 27 luglio 1999 n. 268 si contavano più di cento strade del vino. Quasi la metà

delle strade si trova in regioni che costituiscono sicuramente dei competitori dell’offerta enoturistica

veneta7. Vi sono infine in Italia 155 prodotti DOP e IGP.

Si può ben comprendere come, per poter affrontare questa rilevante competizione, nella nostra

regione bisognerà far si che le strade del vino e dei prodotti tipici presentino una elevata qualità e

spiccati contenuti identitari che dovranno riguardare, sia pure in misura diversa, tutte le componenti

che a vario titolo concorrono a definire l’offerta turistica ed enogastronomica.

4 Si tratta dei seguenti prodotti: Formaggi: Montasio, Monte Veronese , Provolone, Taleggio, Asiago e Grana Padano; Ortofrutticoli: Radicchio di Castelfranco, Radicchio di Treviso, Fagiolo di Lamon, Asparago di Cimadolmo, Ciliegia di Marostica, Marrone San Zeno; Insaccati: Sopressa Vicentina, Prosciutto Berico-Euganeo; Olio di Oliva: Olio del Garda, Olio del Veneto; Cereali: Riso Vialone Nano. 5 Sono: Riso del Delta del Po, Insalata di Lusia, Asparago di Badoere, Aglio bianco palesano. 6Sono la Strada del Soave, la Strada del Recioto e dei Vini Gambellara, la Strada del Valpolicella, la Strada del Friulano, la Strada del vino bianco di Custoza, la Strada del Riso, Strada del Bardolino, la Strada del vino Colli Euganei, Strada dei vini DOC Lison-Pramaggiore, Strada del Torcolato e dei vini di Breganze, la Strada del Vino Lessini Duello, la Strada Terradeiforti, la Strada del Prosecco e dei Colli Conegliano, Strada dei Colli Berici, Strada del vino Arcole. 7 Si tratta del Piemonte, della Lombardia, dell’Emilia Romagna e della Toscana. Queste regioni condividono con il Veneto sia una rinomata tradizione enogastronomica sia una presenza di beni storico-culturali, paesaggistici e naturalistici di rilevanza internazionale.

4

A tale riguardo va richiamato che la legislazione regionale presta indubbiamente grande attenzione

al problema della qualità con riferimento ai soggetti che aderiscono alle strade8. Il legislatore è

quindi ben conscio dell'importanza della qualità dell'offerta di beni e servizi da parte dei privati che

fanno parte delle strade. Al contrario, scarsissima è l'attenzione riguardo all'offerta di beni pubblici

quali i beni storico-culturali, ambientali ed in special modo paesaggistici, tanto che da questo punto

di vista non vengono forniti indirizzi di sorta e viene addirittura del tutto trascurata la necessità di

coordinare gli strumenti urbanistici con le previsioni delle strade del vino e dei prodotti tipici.

Tavola 1 I consorzi di tutela dei vini DOC, DOCG e IGT del Veneto. (Fonte: Regione Veneto).

8 L'art.2 del Regolamento Regionale 10 maggio 2001, n.2 indica quali sono gli standard minimi di qualità che devono essere rispettati per poter aderire alle strade del vino in particolare dalle aziende vitivinicole o cantine, dalle aziende agricole, dagli agriturismi, degli esercizi autorizzati alla somministrazione di pasti e bevande, dalle enoteche e dalle imprese turistico-ricettive. L'art.4 inoltre prescrive che periodicamente sia verificato da un Comitato tecnico il rispetto degli standard stessi.

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In altri termini, il legislatore, dopo aver affermato che lo scopo dell'istituzione delle strade è la

valorizzazione turistica di un dato territorio, sembra dimenticare che un elemento fondamentale a

tale riguardo è costituito proprio dalla sua qualità paesaggistica. Non vi può essere alcuna

valorizzazione del turismo enogastronomico di territori privi di elementi paesaggistici identitari o

che risultino sgradevoli dal punto di vista percettivo. In altri termini, dato lo stretto ed inscindibile

legame che esiste tra produzione agricola e paesaggio rurale, risulta fortemente penalizzante per

l'immagine stessa del prodotto il fatto che nel suo territorio di produzione prevalgano assetti

paesaggistici degradati o privi di elementi identitari in qualche modo riconducibili al prodotto

stesso.

4 Qualità percettiva e culturale del paesaggio

Ma quali sono gli elementi che concorrono a determinare la qualità del paesaggio? Per fornire una

risposta a tale quesito è innanzitutto necessario definire cosa si debba intendere per paesaggio e

quali siano i fattori che stanno alla basa della domanda di "qualità paesaggistica" da parte della

popolazione. Al riguardo particolarmente illuminanti paiono i contenuti della Convenzione Europea

del Paesaggio che nei primi due articoli stabilisce chiaramente cosa si debba intendere per

paesaggio e quali siano gli obiettivi della politica paesaggistica. L’art.1 indica che il termine

“paesaggio designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il

cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni”. La politica

del paesaggio dovrà consentire di adottare “misure specifiche finalizzate a salvaguardare gestire e

pianificare il paesaggio” al fine di soddisfare le “aspirazioni delle popolazioni per quanto riguarda

le caratteristiche paesaggistiche del loro ambiente di vita”. La politica del paesaggio potrà procedere

sia alla salvaguardia dei paesaggi esistenti che alla “pianificazione dei paesaggi” realizzando

“azioni fortemente lungimiranti, volte alla valorizzazione, al ripristino o alla creazione di paesaggi”.

Introducendo inoltre una innovazione di grande portata rispetto alle impostazioni del passato, la

Convenzione indica che dovranno essere oggetto delle politiche paesaggistiche “sia i paesaggi che

possono essere considerati eccezionali, che i paesaggi della vita quotidiana e i paesaggi degradati”9.

In definitiva, secondo la definizione fornita dalla Convenzione Europea del Paesaggio e del "Codice

dei beni culturali e del paesaggio" (o Codice Urbani) pare di poter concludere che:

9 Per certi versi lo stesso “Codice dei beni culturali e del paesaggio” ha fatto proprie le indicazioni della “Convenzione Europea del Paesaggio”. L’art.131 infatti recita: “1. Ai fini del presente codice per paesaggio si intende una parte omogenea di territorio i cui caratteri derivano dalla natura, dalla storia umana o dalle reciproche interrelazioni. 2. La tutela e la valorizzazione del paesaggio salvaguardano i valori che esso esprime quali manifestazioni identitarie percepibili”. Una definizione per molti versi simile è stata proposta anche dell’OECD (2001) e dalla Comunità Economica Europea (DOC. STAR 12004/00).

6

− per paesaggio si deve intendere l’aspetto visibile di un sistema ecologico naturale o antropico o

di un determinato territorio così come è percepito dalla popolazione che, a vario titolo, lo

frequenta. Viene quindi fornita una definizione eminentemente percettiva e culturale del

concetto di paesaggio.

− la sua qualità dipende sia da caratteri oggettivi del territorio che dalle aspirazioni della

popolazione che con esso viene a contatto (residenti e turisti).

− la formulazione di politiche paesaggistiche si deve basare sul valore che la popolazione

attribuisce al paesaggio; oggetto della politica del paesaggio devono essere sia i paesaggi di

elevata qualità (da tutelare) che quelli degradati (da riqualificare)

− il paesaggio è il frutto dell’interazione tra l’ambiente naturale e l’intervento antropico e assume

sempre natura storica; potrà quindi presentare in taluni contesti il significato di bene storico-

culturale e come tale dovrà essere oggetto di opportuni interventi di conservazione.

Da quanto osservato, per comprendere quali indirizzi si debbano seguire per la definizione di

standard qualitativi paesaggistici per le strade del vino e dei prodotti tipici è necessario far

riferimento alle modalità con cui la popolazione ed i turisti percepiscono il paesaggio poiché da tali

meccanismi deriva il valore che essi attribuiscono al paesaggio o, in altri termini, la sua qualità.

A tale riguardo è necessario ricordare preliminarmente che, nel corso dell’evoluzione dell’uomo, la

percezione visiva ha svolto una funzione fondamentale dal punto di vista ecologico: nell’ambiente

in cui l’uomo ha trascorso la maggior parte della sua fase evolutiva, la savana africana, solo una

precisa percezione dell’ambiente esterno poteva consentire all’individuo di sopravvivere. Ne

consegue che le modalità di percepire visivamente l’ambiente, e quindi il paesaggio, sono una parte

essenziale del patrimonio genetico così come è stato selezionato nel corso di milioni di anni. D’altro

canto, una parte notevole del comportamento dell’uomo come degli altri animali, deriva

dall’apprendimento (Fiedeldey, 1995). A differenza degli altri animali però l’apprendimento

nell’uomo presenta un’importanza assai diversa, assumendo una dimensione culturale che esula dai

rapporti parentali della prima parte della crescita. Secondo Bourassa (1990) (che riprende lo schema

proposto dal fisiologo Mac Lean) possiamo distinguere tre aree del cervello cui fanno riferimento

altrettanti tipi di risposte alla percezione esterna:

Cervello rettile Presiede ai comportamenti stereotipati dovuti

alla memoria ancestrale Percezione istintiva

Cervello paleomammifero Afferisce alla componente più strettamente emotiva della percezione e del comportamento

Percezione affettiva

Cervello mammifero E’ il più tipico dell’uomo,e riguarda la capacità di intrattenere un rapporto simbolico e culturale con l’ambiente

Percezione culturale

Ne deriva che l’atteggiamento nei confronti del paesaggio conterrà al suo interno sia degli elementi

comuni a tutti i soggetti, sia elementi propriamente soggettivi dovuti ai percorsi formativi della

persona. Il permanere di questi diversi livelli nel modo di rapportarsi al paesaggio fa si che vi

7

possano essere più fattori che ne condizionano il gradimento, alcuni chiaramente attribuibili al

patrimonio biologico innato, altri molto più variabili, riconducibili al contesto sociale e culturale.

4.1 La percezione istintiva

Da un punto di vista evolutivo, alcune risposte all’ambiente circostante sono innate e sono

condizionate dalla selezione naturale avvenuta nell’arco di centi-naia di migliaia d’anni. In questo

caso, è essenzialmente “l’uomo cacciatore” che tende ad elaborare le informazioni che provengono

dal paesaggio, al fine di adottare le strategie comportamentali più adeguate a raggiungere la preda,

ma anche a trovare rifugio in caso di pericolo. Non è un caso che sia adulti che bambini tendano a

preferire paesaggi che ricordano in qualche modo la savana, cioè l’ambiente in cui l’uomo ha

trascorso la maggior parte della sua fase evolutiva. Paesaggi, quindi, caratterizzati da alberi sparsi,

macchie boscate, praterie, piccoli corsi d’acqua e profili curvilinei del suolo. Non è parimenti

casuale che nel parco pubblico ancora oggi si tenda a riprodurre una situazione di questo tipo.

4.2 La percezione affettiva

Oltre alle risposte innate, ve ne sono altre che derivano dall’educazione e dai processi di

socializzazione e acculturazione, che sono tipici delle società umane e che influenzano il

comportamento umano in modo altrettanto rilevante del patrimonio genetico. Le risposte innate al

paesaggio sono, quindi, filtrate tramite i comportamenti acquisiti e tendono a diversificarsi, anche

notevolmente, secondo la cultura, l’età, l’esperienza passata, ecc. Alcuni autori hanno sug-gerito al

riguardo che tra risposte emotive e cognitive esiste un certo grado di indipendenza, per cui uno

stesso soggetto può fornire risposte complesse e non univoche quando sottoposto a stimoli visivi

simili. La percezione affettiva deriva le sue caratteristiche essenzialmente dalla prima fase

dell’apprendimento e pertanto può essere soggetta a cambiamenti anche rilevanti a seconda del

contesto culturale e sociale in cui un individuo a trascorso la sua infanzia. Per certi versi questa

componente della percezione è la più mutevole nel tempo e la più difficile da analizzare ed

individuare. In generale, comunque, con riferimento al contesto nazionale, risulteranno

particolarmente graditi tutti gli aspetti tipici del paesaggio rurale tradizionale quali i fabbricati

rurali, l’edilizia minore (capitelli, abbeveratoi, ecc.), le canalette irrigue non cementificate, i muretti

a secco, gli alberi sparsi negli appezzamenti, i pagliai a cupola, ecc.. Si può anche osservare che,

almeno attualmente, la percezione affettiva tende ad apprezzare alcuni elementi tipici del paesaggio

storico, ma tale tendenza verrà progressivamente meno a causa del distacco della popolazione

dall'attività agricola e dal mondo rurale.

4.3 La percezione culturale

8

Il paesaggio rurale può essere considerato per molti versi un bene storico culturale. Al suo interno

permangono infatti tracce, talvolta molto significative, dell’assetto paesaggistico del passato o di

alcune sue componenti. Già Emilio Sereni aveva proposto un concetto basilare per l’analisi e

l’interpretazione del paesaggio cioè quella che egli stesso definì la “legge di inerzia del paesaggio”.

Secondo l’autore il paesaggio agrario di ogni epoca è il frutto dello stratificarsi delle azioni svolte

nelle epoche precedenti secondo un rapporto di tipo sostanzialmente dialettico. In ogni momento

l’uomo nell’attuare le proprie azioni di trasformazione dell’ambiente per renderlo più idoneo alle

proprie esigenze (oggi potremmo dire più conforme alle proprie strategie ecologiche) si confronta

con l’assetto territoriale che gli è stato tramandato dalle generazioni precedenti.

Il valore del paesaggio dipende perciò anche da quella che abbiamo definito percezione culturale,

cioè dalla capacità che hanno alcune persone di interpretare correttamente l’importanza storica di un

dato quadro paesaggistico o di alcune sue componenti. Tale capacità deriva ovviamente dalla

conoscenza dei processi storici che in passato hanno consentito lo strutturarsi nel territorio di

determinati assetti paesaggistici. L’Italia è certamente uno dei paesi al mondo in cui maggiormente

sentita è la necessità di valorizzare la componente storico culturale del paesaggio. In primo luogo

perché l’analisi della ricca iconografia consente di individuare con relativa sicurezza quei paesaggi

il cui assetto è ancora riconducibile al passato. La riconoscibilità di un patrimonio storico culturale

identitatrio può costituire un elemento strategico anche per l’avvio di politiche di sviluppo rurale e

di marketing territoriale dei prodotti agricoli. In secondo luogo, perché anche alcuni elementi di

maggiore importanza del nostro patrimonio architettonico possono facilmente perdere la loro

importanza ed il loro significato qualora venga alterato significativamente il paesaggio rurale in cui

si inseriscono. Decontestualizzare un bene architettonico comporta inevitabilmente uno scadimento

del suo valore poiché viene meno la possibilità di cogliere il disegno originario che aveva condotto

il progettista ad inserire il manufatto in un determinato modo nel territorio.

4.4 Il valore del paesaggio tra qualità visiva e storico-culturale

Da quanto osservato la qualità del paesaggio (e quindi il suo valore) può derivare dal fatto di essere

gradevole da un punto di vista strettamente visivo o dall'assumere importanza quale bene storico-

culturale. La qualità visiva dipenderà essenzialmente dai livelli di percezione istintiva e affettiva,

che afferiscono cioè ad un rapporto di tipo emozionale con l'ambiente. Un paesaggio risulterà

gradevole o sgradevole al di là di qualsiasi considerazione di carattere cognitivo o di analisi sulle

sue caratteristiche. All'opposto la qualità storico-culturale dipende essenzialmente dalla capacità di

un individuo di scorgere nel paesaggio elementi riconducibili all'agricoltura del passato, tipici di un

dato territorio e che ne costituiscono la base identitaria. Si tratta perciò di una valutazione basata

principalmente sulla capacità di interpretare in modo analitico il territorio al fine di individuare la

permanenza di elementi di maggiore rilevanza storica afferenti sia all'assetto strutturale e

infrastrutturale, sia al tipo di colture ed alle modalità di coltivazione.

Qualità visiva e storico-culturale dipendono perciò da fattori solo parzialmente sovrapponibili anche

se, in genere, i paesaggi storici risultano più gradevoli poiché sono maggiormente diversificati dal

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punto di vista colturale e quindi più prossimi ai paesaggi naturali che sono spontaneamente i più

apprezzati.

Per fornire delle indicazioni relative a quali siano i fattori in grado di migliorare la qualità visiva del

paesaggio veneto, nel paragrafo successivo saranno sinteticamente illustrati i risultati di alcune

ricerche svolte di recente nella nostra regione, mentre successivamente, tramite l'analisi di opere di

pittori veneti sarà formulata una proposta operativa per la valutazione su base storica e culturale del

paesaggio rurale del Veneto.

5 La qualità visiva del paesaggio: i risultati di alcune indagini svolte nel Veneto e nel Friuli Venezia Giulia

Negli ultimi dieci anni nelle aree collinari e di pianura del nord est sono state effettuate cinque

ricerche che hanno cercato di individuare quali siano i fattori che migliorano o peggiorano la qualità

percettiva del paesaggio rurale (Aldegheri, 2003; Bonotto, 1995; Tempesta e Crivellaro, 1999;

Favalli, 1996; Tempesta, 1997). Tali studi hanno interessato in prevalenza il Veneto ed in parte il

Friuli Venezia Giulia e sono stati effettuati utilizzando un approccio simile per quanto attiene le

riprese fotografiche, la realizzazione delle interviste per la valutazione delle immagini e

l’elaborazione dei dati ottenuti. I risultati ottenuti sono perciò sostanzialmente confrontabili. Al fine

di una corretta interpretazione dei risultati delle indagini va anche richiamato che le immagini sono

state sottoposte agli intervistati per circa una decina di secondi per cui il punteggio espresso

riguarda in ogni caso la prima impressione ottenuta. In questo modo si può supporre che il

punteggio rifletta prevalentemente la percezione istintiva. In tutti gli studi il punteggio è stato

espresso in scala da 1 a 10, mentre le variabili relative all’uso del suolo, per ragioni di

confrontabilità, sono definite in termini di percentuale sul territorio. Qualora il dato relativo alla

percentuale sull’uso del suolo assumesse scarso significato (ad esempio nel caso degli alberi sparsi,

dei tralicci, ecc.) si è fatto ricorso a variabili dummy. Va precisato, infine, che alcuni elementi del

paesaggio non erano presenti in tutte le aree. Così, nella pianura veneta non vi erano boschi

planiziali di sorta (se si escludono i paesaggi simulati al computer). I pioppeti, pur assai diffusi,

sono generalmente percepiti in modo assai diverso dai boschi naturali e ciò principalmente a causa

della forma estremamente regolare della massa arborea. Un discorso analogo può essere fatto per le

siepi e per i prati. Nella bassa pianura veneta sono estremamente rari i prati stabili che al contrario

si trovano in quella friulana e nelle zone collinari in genere. I modelli statistici interpretativi del

gradimento percettivo del paesaggio sono riportati nella tab.1. Pur nella diversità dei contesti e in

parte dei soggetti intervistati, si possono rilevare alcune regolarità:

• i seminativi, specialmente quando il suolo è nudo, hanno un effetto negativo;

• del pari hanno un effetto negativo le aree non coltivate come, all’estremo opposto, quelle con

colture intensive (ortive specie se sotto tunnel);

• la presenza di elementi antropici ha in genere un notevole effetto negativo: è rilevante il fatto

che l’elemento che ha contribuito a ridurre maggiormente il gradimento estetico è dato dai

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tralicci dell’alta tensione10;

• i prati, le siepi ed i boschi hanno sempre un effetto positivo, così come gli alberi sparsi ed i filari

di alberi;

• la presenza di corpi idrici migliora il gradimento estetico;

• molti dei coefficienti ottenuti tramite le regressioni sono risultati essere sorprendentemente

simili in tutte le aree;

• non tutti gli elementi antropici hanno un effetto negativo: ad esempio mentre le strade asfaltate

peggiorano sensibilmente la qualità del paesaggio, le strade bianche la migliorano anche in

modo rilevante.

Questi risultati sono sostanzialmente in linea con quanto proposto dalla letteratura internazionale e

riassunto in precedenza. In genere, anche nei paesaggi rurali sono gli elementi percepiti come

naturali ad aumentare l’apprezzamento. L’indagine svolta in Friuli ha evidenziato che la semplice

percentuale di verde nella foto costituisce uno dei fattori in grado di dar conto di buona parte della

variabilità del gradimento tra gli intervistati. Boschi, siepi, prati, ma anche presenza di acqua,

confermano un modello percettivo che riporta per molti versi a quello dell’uomo cacciatore

proposto da Kaplan (1979): è il savanna-like landscape ad essere il modello di riferimento nella

percezione visiva. L’effetto delle strade bianche (che hanno generalmente un andamento non

rettilineo e scompaiono dalla vista dopo un breve tratto) è per molti versi coerente con tale modello,

perché esse favoriscono il senso di mistero (stimolano ad entrare nella scena), ma, d’altro canto,

consentono un punto di riferimento e di orientamento nel territorio e, quindi, un modo relativamente

tranquillo di soddisfare la propria curiosità.

10 Nel caso della ricerca in Friuli la presenza di tralicci dell’alta tensione è stata conglobata con quella di altri elementi antropici, per cui il coefficiente risulta essere sensibilmente inferiore rispetto allo studio sui Colli Euganei e nella pianura veneta. Nonostante ciò, è sempre il fattore con il coefficiente negativo maggiore.

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Tab.1 Modelli interpretativi del gradimento estetico ottenuti in ricerche effettuate nel Veneto e nel Friuli Venezia Giulia.

Caratteri dell’uso del suolo Colli Euganei

(PD)

Bacino scolante laguna di Venezia

Pianura e collina

provincia di Udine

Pianura Veneto

orientale

Pianura Veneto

occidentale

Orto -0,069 -0,044 -0,035 Incolto -0,018 -0,032 Seminativi -0,019 -0,017 -0,021 -0,014 Prato 0,018 0,017 0,014 0,019 Pascolo bovini Medica 0,028 Frutteti giovani -0,020 Siepi 0,060 0,024 0,028 0,050 0,015 Altezza siepi > 6 m (*) 1,144 Altezza siepi da 3 a 6 m (*) 0,607 Bosco 0,006 0,036 Olivi sparsi (*) 1,069 Corpi idrici (*) 0,619 1,482 2,318 Alberi sparsi (*) 0,732 1,455 0,942 0,644 Filari alberi (*) 1,225 0,941 Sentieri e strade bianche (*) 3,717 1,322 Tralicci (*) -2,346 -2,478 -2,638 Irrigatori -1,022 Fabbricati moderni (*) -0,709 Querceto misto (*) -1,373 Rilievo non identificabile (*) -1,417 Sistemazioni storiche (*) 0,375 Incolto tipo erbaceo (*) 0,831 Vite -0,014 0,059 Filari alberi 0,032 Tare erbose 0,015 Assenza fabbricati (*) 0,850 Strade asfaltate (*) -1,809 Elementi antropici (*) -0,926 Gelsi 0,132 Colli (*) 0,704 Qualità foto (*) 0,736 Costante 5,542 4,380 5,780 5,159 4,630 R2 corretto. 0,43 0,62 0,63 0,25 0,75

(*) variabili dummy; tutti i coefficienti sono significativi al 90%

12

6 La qualità culturale e identitaria: un'analisi della presenza di elementi del paesaggio agrario attuale nelle opere dei pittori Veneto dal '400 al '700

L'analisi della qualità identitaria e storico-culturale del paesaggio rurale del Veneto richiederebbe

un'articolazione ed un livello di approfondimento che esulano dagli obiettivi della presente

relazione. Riprendendo un approccio già in parte fatto proprio da Sereni (1961) si è cercato di

effettuare un'indagine eminentemente esplorativa della presenza di elementi del paesaggio rurale

attuale nelle opere dei pittori veneti dal '400 al '700. Benché numerose altre possano essere le fonti

per l'analisi dell'assetto paesaggistico del passato (Tempesta, 1989, Tempesta, 1993, Tempesta et

al., 1991) questo approccio ha l'indubbio pregio di fornire un riscontro diretto dell'importanza

culturale e identitaria dei nostri paesaggi. Può anche consentire di avere utili indicazioni circa

possibili strategie da perseguire al fine di riqualificare e, ove possibile, ripristinare, elementi del

paesaggio storico. Il riferimento ai maestri della pittura veneta ha inoltre in sé il carattere di una

forte e indiscutibile affermazione degli elementi dell'unicità e della valenza culturale dei paesaggi

stessi e può quindi costituire un fattore fondamentale per la realizzazione di azioni di marketing

territoriale.

Un problema centrale nell'analisi delle rappresentazioni del paesaggio nelle opere dei pittori

rinascimentali è ovviamente costituito dal loro grado di realismo. In altri termini, è difficile poter

stabilire se ed in che misura il paesaggio rappresentato costituisca il frutto della fantasia dell'artista

o se, al contrario, contenga degli elementi realistici. Al riguardo va richiamato che il problema non

sta tanto nella possibilità di riconoscere nelle opere paesaggi ancora visibili, quanto piuttosto nella

possibilità di riconoscervi alcuni elementi ancora presenti nelle nostre campagne. Si deve anche

considerare che molto spesso il paesaggio o alcune sue componenti assumono natura fortemente

simbolica per cui può risultare del tutto fuorviante il tentativo di considerare come reali i paesaggi

dipinti.

L’analisi delle opere dei pittori veneti consente di individuare sia elementi di permanenza che di

forte discontinuità rispetto al paesaggio attuale. Tale affermazione vale, in generale, sia per il

paesaggio nel suo complesso, che per alcune sue singole componenti, anche se, dopo 500 anni di

tempo plausibilmente è più facile riscontrare la permanenza di singoli elementi che non di paesaggi

visti nella loro interezza. Si noti al riguardo che quasi sempre nella pittura veneta fra ‘400 e ‘500,

forse anche per ragioni compositive, l’ambientazione delle opere è in zone pedecollinari e vallive in

cui le colline delimitano le aree pianeggianti poste ai loro piedi. In genere, comunque, i rilievi

hanno la morfologia tipica della bassa collina della regione (in particolare nelle opere di Giovanni

Bellini, di Cima da Conegliano e di Vittore Carpaccio) e l’atmosfera è ancora chiaramente quella

13

che si può respirare in alcune aree della regione più appartate dove non è ancora giunta la crescita di

fabbricati sparsi o dove meno drastiche sono state le trasformazioni operate dal settore agricolo.

Un altro elemento costante, specie nei quadri del ‘400, che riflette la situazione realmente esistente

nel Veneto prima delle distruzioni compiute dalla Lega di Cambrai, sono i castelli e le fortificazioni

che generalmente sovrastano con la loro mole la scena.

In generale, in collina ci sono pochi boschi e sono praticamente assenti i vigneti in coltura

specializzata11. Molto interessanti risultano alcune sistemazioni collinari presenti ancora oggi.

Sistemazioni a campi chiusi in cui siepi di varie dimensioni delimitano appezzamenti di forma

irregolare coltivati a seminativo o a prato sono ben visibili in varie opere. Si notano però anche le

tipiche sistemazioni a piantata a cavalcapoggio in cui filari di alberi bassi delimitano appezzamenti

di forma tendenzialmente regolare. Non mancano in taluni casi seminativi coltivati a rittochino

come avviene ancora oggi dove le pendenze dei colli lo consentano.

In pianura si possono evidenziare vari elementi del paesaggio agrario contemporaneo e, in taluni

casi, paesaggi del tutto simili a quelli attuali. Talvolta vi sono seminativi in coltura specializzata ma

molto diffusa è la praticoltura sia in campi aperti che in campi chiusi. Ci sono inoltre alberi ceduati

o capitozzati secondo pratiche ancora facilmente riscontrabili nelle nostre campagne. Si possono

così notare filari di alberi ceduati posti lungo i corsi d’acqua e le rogge, o i salici tipicamente

capitozzati bassi impiegati per rinforzare le rive dei fossi e dei fiumi.

Di grande interesse sono le piantate diffuse anche in pianura, costituite spesso da alberi coltivati

bassi (probabilmente da frutto) ed in cui non pare essere presente ancora la vite. Si osserva

comunque che, tipicamente, le piantate suddividevano i singoli appezzamenti ma, al contempo,

delimitavano l’intera proprietà. Sia in collina che in pianura si vedono spesso greggi al pascolo e se

da un lato si tratta di un elemento iconografico riconducibile al tema della Natività, dall’altro

sembra testimoniare l'importanza del pascolo, specie nelle proprietà comuni all’epoca ancora

estremamente diffuse nella nostra regione.

Di seguito, per semplicità espositiva, con riferimento ad alcune opere riportate in allegato, saranno

richiamati gli elementi del paesaggio maggiormente significativi. L'analisi sarà effettuata per autore

senza particolare riguardo all'epoca di realizzazione del dipinto poiché, come osservato, il fine è

quello di individuare elementi del paesaggio e non di delineare un percorso evolutivo.

Fig.1 Giovanni Bellini, Madonna del prato (1505)

Nelle opere del Giambellino la riproduzione del paesaggio e dei suoi singoli elementi, analizzata da

un punto di vista agronomico, è di un realismo stupefacente, frutto anche dell'indubbio influsso 11 La viticoltura specializzata, se escludono poche zone, nel Veneto è un fatto recente, riconducibile al secondo dopoguerra.

14

fiammingo sull'attività del pittore. Molto spesso i suoi quadri rappresentano il paesaggio tra la fine

dell'inverno e l'inizio della primavera quando, nonostante l'incipiente ripresa vegetativa, è ancora

possibile avere un'ampia visione del territorio e della sua profondità proprio per l'assenza di barriere

vegetazionali.

La scena qui rappresentata è, in modo assai singolare, situata all’interno di un’azienda zootecnica

(un allevamento bovino). I capi sono confinati all’interno di una staccionata e non di una stalla. Si

trovano in una sorta di paddok che rammenta i moderni allevamenti. La Madonna è seduta in un

prato, probabilmente di leguminose, mentre altri appezzamenti retrostanti sono pronti per la semina.

Sulla sinistra si nota un albero ceduato basso secondo una pratica facilmente osservabile nelle

nostre campagne. Dalla ceppaia sono emersi alcuni lunghi getti. Anche gli alberi posti a ridosso

della staccionata sono cedui che però in questo caso sono coltivati con una tecnica diversa,

finalizzata ad ottenere un unico getto da impiegare probabilmente per realizzare staccionate simili a

quelle presenti nell’allevamento.

Fig. 2 Giovanni Bellini, S. Francesco in estasi (1480-85)

Un primo elemento da richiamare in questo quadro è la pergola di vite all’ingresso della grotta ove

S. Francesco si è ritirato in meditazione. La coltivazione della vite in pergolati era molto diffusa in

passato (la si può riscontrare anche in altre opere del ‘500 di Paris Bordon, e dei Bassano) ed è un

elemento tipico dei nostri fabbricati rurali, in parte ancora presente, anche se in via di scomparsa a

causa della progressiva sostituzione dei fabbricati tradizionali con edifici moderni. Di grande

interesse sono anche i piccoli getti perfettamente diritti che si notano sulla sinistra. Si tratta

nuovamente di cedui utilizzati per rinforzare le rive dei corsi d’acqua e, in generale, dei pendii.

Attualmente sono realizzati o con i salici o con il platano. Si notino sui colli le sistemazioni a campi

chiusi degli appezzamenti.

Fig. 3 Giovanni Bellini, Madonna col Bambino (1480-90)

Benché nel dipinto la maggior parte della scena sia occupata dalla Madonna col Bambino, dal

paesaggio retrostante emerge un elemento di un certo interesse. Sulle sponde del fiume che si

scorge immediatamente oltre la balaustra si nota, sulla destra, un albero capitozzato basso

probabilmente un salice, impiegato ancora oggi nelle nostre campagne lungo le sponde dei fossi con

questo particolare tipo di potatura .

Fig. 4 Giovanni Bellini, Madonna con il Bambino (1485 – 90)

15

La scena in questo caso si svolge nei pressi di una cittadina posta in zona pedemontana (si notino le

Alpi sullo sfondo). Ciò nonostante nell’appezzamento sulla sinistra si distinguono chiaramente

degli alberi che paiono delimitarlo su due lati. Si potrebbe trattare perciò di una piantata intermedia

realizzata con alberi da frutto. Attualmente si possono ancora vedere piantate simili a quella del

quadro nella loro forma moderna in cui l’albero da frutto è stato sostituito dal gelso cui viene

“maritata” la vite. In taluni casi l’abbandono della coltivazione della vite ha ricondotto le piantate

alla forma originaria. Per una rappresentazione di una vite maritata ad un albero da frutto si veda il

dipinto del Mantegna riprodotto nella fig.9.

Fig. 5 Madonna col bambino benedicente (1510)

Giovanni Bellini riproduce un paesaggio rurale di grande suggestione e ricchissimo di particolari. Il

paesaggio risulta sostanzialmente suddiviso in tre porzioni: sullo sfondo i colli, nella parte

intermedia un’azienda agricola di pianura coltivata a seminativo e in primo piano un’area a

pascolo. Il pascolo in primo piano risulta privo di appezzamenti, lo spazio è totalmente aperto e

l’accesso libero. Un pastore sta riposando con un piccolo gregge in un piccolo anfratto. Una lunga

linea orizzontale costituita da un fossato o da un rivo, separa il pascolo dall’azienda. La presenza di

questo corso d’acqua è chiaramente evidenziata da una serie di piccoli alberi ceduati e di arbusti.

Nell’azienda si distinguono sulla sinistra la ricca casa padronale, mentre, a destra, vi è un casone

dove risiedevano gli agricoltori (fittavoli o mezzadri). Si possono vedere chiaramente i singoli

appezzamenti di forma rettangolare, delimitati da scoline. La presenza delle scoline è evidenziata

dalla vegetazione che vi cresce, nonostante le periodiche opere di pulizia, così come si può

facilmente osservare ancora oggi nelle nostre campagne.

Fig. 6 Giovanni Bellini, Pietà (1505)

La scena si svolge alle porte di una città (forse Vicenza), sullo sfondo si stagliano nuovamente le

Alpi. Si noti il forte contrasto esistente tra la campagna esterna alla città e i coltivi presenti entro le

mura, sistemati in appezzamenti di forma regolare e lavorati a rittochino.

Fig. 7 Andrea Mantenga, Il martirio di s. Giacomo (1455)

Quest’opera del Mantenga, un tempo presente nella cappella degli Orvetari nella chiesa degli

Eremitani a Padova, e andata distrutta durante un bombardamento nella seconda guerra mondiale, ci

riporta ad un paesaggio fortemente idealizzato e sicuramente meno realistico di quelli del Bellini. Si

possono comunque vedere le sistemazioni a cavalcapoggio in cui gli appezzamenti sono delimitati

16

da filari di alberi o, nuovamente, da bassi cedui e da cespugli. Si noti la bella staccionata in primo

piano ottenuta con l’utilizzo di cedui.

Fig. 8 Andrea Mantegna, L’adorazione dei Pastori (1450)

Nel quadro emerge un elemento sicuramente singolare costituito dall’albero che si erge

nell’immagine immediatamente sopra un gruppo di pastori. Il suo significato è ovviamente

simbolico poiché le dimensioni rendono l’albero assolutamente incongruo rispetto al gregge che sta

ai suoi piedi. Per certi versi le tre branche possono ricordare la Croce o la S.S. Trinità. E’ però

interessante sottolineare come la pratica di potare gli alberi da frutto e i gelsi ottenendo tre branche

è ancora diffusa nelle nostre campagne.

Fig. 9 Andrea Mantegna, Dalila e Sansone (1495)

Un esempio di come fosse coltivata in passato la vite è fornito da questa opera del Mantegna. La

vite è completamente sostenuta da un albero da frutto (forse un gelso) allevato piuttosto alto e

potato in modo da ottenere due ampie branche divergenti. Le due branche consentono così di

disporre la vite in modo da ottenere due festoni da cui pendono i grappoli d’uva. Nella branca di

destra si può notare l’accurata legatura dei tralci realizzata con un legaccio. Questo tipo di potatura

del sostegno vivo, sia pure con alcune modifiche per renderla funzionale alla costituzione di filari, è

ancora oggi rinvenibile nell’alta pianura vicentina.

Fig. 10 Vittore Crivelli, Madonna col Bambino (1482)

In questa pala di Vittore Crivelli si può osservare il paesaggio della piantata intermedia che, al

contrario di quanto avviene nelle opere di Giovanni Bellini, è rappresentata nella fase di completo

sviluppo vegetativo. E’ così possibile cogliere in modo più preciso le dimensioni degli alberi e la

loro disposizione negli appezzamenti. Nuovamente si può comunque osservare che si tratta di un

elemento paesaggistico tipico delle nostre campagne anche se in via di graduale scomparsa.

Fig. 11 Cima da Conegliano, S. Elena (1495)

Sant’Elena in questa opera di Cima da Conegliano si staglia su un paesaggio collinare di grande

suggestione. Nel colle tutto coltivato a prato, siepi miste separano gli appezzamenti la cui forma,

tendenzialmente irregolare, è determinata dalla morfologia del colle. Nel fondovalle, probabilmente

lungo un corso d’acqua, vi è una siepe mista costituita da diversi palchi di vegetazione (cespugli,

medio e alto fusto).

17

Fig. 12 Vittore Carpaccio, Meditazione sulla Passione (1510)

I colli rappresentati sullo sfondo dal Carpaccio presentano per molti versi i caratteri della collina

veneta del passato già in parte richiamati. Nelle aree coltivate (colle in primo piano) ci sono

appezzamenti di forma più o meno regolare delimitati da siepi o alberate. Ove prevale il pascolo

(colle in secondo piano), al contrario, sono assenti elementi arborei ed il paesaggio è più brullo e

spoglio. Di grande interesse è la siepe bassa e fitta posta nella parte destra dell’opera. Si tratta di un

tipo di siepi ottenute o con l’acero campestre o con lo spino di Giuda, che aveva prevalentemente la

funzione di impedire l’ingresso di animali nell’appezzamento, di cui vi sono ancora numerosi

esempi nel Veneto sia in collina che in pianura.

Fig. 13 Vittore Carpaccio, La fuga in Egitto (1500 ca.)

Vittore Carpaccio ambienta la Fuga in Egitto in una valle pedecollinare del Veneto.

Immediatamente alle spalle della Sacra Famiglia vi è un ampio appezzamento coltivato a prato. Si

tratta di un prato irriguo di graminacee non ancora falciato così come se ne osservano ancora oggi

un po’ ovunque sia alla base dei colli sia nelle zone della regione dove l’irrigazione ha consentito in

passato lo sviluppo di una fiorente praticoltura e dell’allevamento bovino. Che si tratti di prati

irrigui è testimoniato sia dalla vicinanza al corso d’acqua, sia, ancor più, dal bel filare di alberi che

si osserva al centro della scena. Si tratta nuovamente di cedui che, come avviene ancor oggi, si

trovano lungo le rogge utilizzate per irrigare i campi12.

Fig.14 Giorgione, Venere dormiente (1505 – 1510)

Giorgione ha posto la Venere addormentata in un paesaggio campestre totalmente privo di elementi

mitologici. Sulla destra si scorge un centro rurale e sullo sfondo vi è invece una sistemazione a

campi chiusi di pianura. Gli appezzamenti di forma regolare sono coltivati a prato. E’ interessante

osservare che paesaggi simili sono ancora presenti nel Veneto, anche nell’area dei Prai di Castello

di Godego posta immediatamente a nord di Castefranco Veneto, quindi probabilmente conosciuta

dallo stesso Giorgione.

Fig. 15 Tiziano Veccellio, Venere con un organista e cupido (1548)

In questo quadro Tiziano ci riporta nell’ambiente cortese della vita in Villa. Il paesaggio che si

scorge dalla finestra, pur non essendo riferibile ad un’area coltivata, è però divenuto una

componente tipica del paesaggio veneto. Sia sul fronte che sul retro delle ville venete più importanti

si trovavano ampi viali delimitati da alberi d’alto fusto che si inoltravano nella campagna e, come 12 La realizzazione di rogge e canali irrigui nel Veneto inizia a partire dall’anno 1000 e prosegue nei secoli successivi anche grazie al grande impulso dato allo sviluppo dell’agricoltura dall’opera della Repubblica di Venezia.

18

testimonia un affresco del Veronese nella Villa Barbaro a Maser, erano utilizzati per le passeggiate

e lo svago dei nobili. Nelle carte militari austriache e francesi di inizio Ottocento si notava ancora la

presenza dei viali in molte ville, ma tale elemento del paesaggio rurale è andato gradatamente

scomparendo durante il Novecento e si conserva ancora in pochi casi.

Fig. 16 Giandomenico Tiepolo, Scena di vita campestre (1757)

Passando da ultimo a considerare questo affresco di Giandomenico Tiepolo possiamo scorgere un

bel filare di alberi capitozzati ad altezza media. A causa delle modalità di rappresentazione è

difficile poter stabilire di che alberi si tratti. Attualmente nelle nostre campagne si possono

incontrare sia gelsi che salici allevati in una forma simile a quella rappresentata. Le dimensioni del

tronco fanno intuire che si tratta di piante oramai di una certa età utilizzate, nel caso dei salici, per

ottenere vimini da intrecciare per realizzare cesti o per legare le viti ai tutori vivi. Questa forma di

allevamento per i gelsi era particolarmente idonea ad ottenere una grande massa di fogliame da

impiegare per allevare i bachi da seta.

Conclusioni

La realizzazione delle strade del vino e dei prodotti tipici può costituire un momento importante per

il rilancio dell’economia agricola e rurale. E’ però necessario che non sia in alcun modo frutto di

interventi estemporanei e privi di coordinamento e integrazione. Operazioni di basso profilo rivolte

a soddisfare esigenze momentanee e prive della sufficiente lungimiranza finiranno con ogni

probabilità per naufragare portando con sé conseguenze negative sia sulla fiducia degli operatori sia

sulla credibilità per i potenziali fruitori (i turisti). Solo uno sforzo importante nella direzione della

qualità dell’offerta potrà garantire il successo delle iniziative. E’ inoltre assolutamente necessario

che la qualità sia concepita in senso ampio e non riguardi solamente la produzione di beni e servizi,

ma coinvolga complessivamente il territorio dove tali attività insistono. Un elemento fondamentale

da questo punto di vista sarà costituito dalla riqualificazione e conservazione del paesaggio rurale

che dovrà essere qualitativamente gradevole e ricco, al contempo, di elementi identitari in grado di

evocare nel turista l’unicità del prodotto acquistato. La sia pur sintetica analisi svolta ha permesso di

evidenziare che nella nostra regione sono ancora presenti importanti testimonianze del paesaggio

rurale del passato. Si tratta spesso di elementi minuti quali le modalità di potatura delle siepi e degli

alberi, la loro disposizione lungo gli appezzamenti, o il tipo di sistemazioni idraulico agrarie in

pianura e collina. In ogni caso la loro conservazione ha consentito al nostro territorio di mantenere

una sua precisa caratterizzazione paesaggistica nelle varie parti della regione13.

13 Per un inquadramento delle caratteristiche dei principali paesaggi rurali della regione si veda Tempesta, 1989.

19

Il passaggio da una visione prettamente aziendalista e produttivistica ad una visione territoriale e

paesaggistica ha delle implicazioni assai rilevanti a livello operativo per la realizzazione delle strade

del vino e dei prodotti tipici. Va innanzitutto richiamata la necessità che in futuro vi sia un

coordinamento tra valorizzazione enogastronomico del territorio e pianificazione urbanistica a scala

comunale e provinciale. Bisognerebbe in particolare:

• evitare la realizzazione di nuovi insediamenti extra-agricoli (sia residenziali che produttivi)

lungo le strade del vino e dei prodotti tipici ed in tutti i punti in cui possano avere grande visibilità

come ad esempio nel fondovalle in collina14;

• limitare il più possibile la costruione di fabbricati nelle zone agricole nei punti panoramici;

• controllare in ogni caso attentamente le tipologie edilizie dei nuovi fabbricati nei punti

panoramici e nelle parti del territorio più visibili - skyline e sommità dei colli - e in ogni caso dove

sia prevista la realizzazione di sentieri;

• procedere ad interventi di mascheramento dei fabbricati per ridurne l’impatto visivo. Tale

azione dovrà riguardare le fabbriche e le zone industriali lungo il tracciato della strada del vino

nonché i fabbricati rurali realizzati con tipologie edilizie moderne nei pressi delle cantine aperte al

pubblico, nei tratti panoramici e lungo i sentieri.

Un secondo elemento che dovrà essere oggetto di particolare attenzione riguarda il coordinamento

delle iniziative di valorizzazione ricreativa e turistica del territorio. Già allo stato attuale sono

numerosissimi i soggetti che, a vario titolo, e beneficiando spesso di contributi pubblici, hanno

cercato di avviare azioni di valorizzazione ricreativa del territorio. L’assenza di qualsiasi forma di

coordinamento fa si che si possano incontrare indicazioni di itinerari diversi, che spesso si

intersecano tra loro, determinando sia un notevole grado di confusione nel visitatore, sia un inutile

spreco di denaro pubblico, oltre a creare, talvolta, vere e proprie forme di “inquinamento

paesaggistico. Tale problema diviene poi imprescindibile quando si debbano attuare azioni di

riqualificazione paesaggistica del territorio. L’utilizzo dei finanziamenti pubblici previsti dal Piano

di Sviluppo Rurale dovrebbe essere ricondotto ad un’ottica progettuale e non più lasciato alle, sia

pur lodevoli, iniziative estemporanee dei singoli imprenditori. L’erogazione di contributi a pioggia

può risultare priva di qualsiasi efficacia paesaggistica e ambientale quando non rientri in un disegno

complessivo elaborato a scala territoriale. Sarà pertanto indispensabile procedere ad un’attenta

ricognizione sull’assetto paesaggistico del territorio, individuando gli elementi identitari ancora 14 Non si può infatti trascurare che il paesaggio rurale nel Veneto è andato profondamente degradandosi sia a causa di fattori endogeni al settore primario (intensificazione delle produzioni nelle aree di pianura e fenomeni di abbandono in collina e montagna) sia, ancor più, a causa della dispersione di fabbricati urbani e di insediamenti produttivi che in alcuni casi ne hanno alterato irreversibilmente l’immagine. Purtroppo tale processo ha subito una forte accelerazione a partire dal 2000: nel rapido volgere di soli quattro anni sono state rilasciate concessioni edilizie per la realizzazione di oltre 111 milioni di metri cubi di fabbricati non residenziali pari a quasi il 20% del totale delle concessioni rilasciate dal 1970 al 2003.

20

presenti e le azioni per la loro conservazioni e/o riqualificazione. Un punto di partenza di sicuro

interesse potrebbe essere costituito, come osservato, dalle opere degli artisti veneti che consentono

di ricondurre l’immagine del paesaggio attuale ai momenti più alti della tradizione culturale della

nostra regione benché numerose altre fonti storiografiche, iconografiche e cartografiche potrebbero

fornire ulteriori importanti elementi per la ricostruzione di un’identità troppo spesso trascurata nella

redazione dei piani territoriali o nelle politiche agricole regionali.

Riferimenti bibliografici

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21

Allegato iconografico

22

Fig.1 Giovanni Bellini, Madonna del prato (1505), National Gallery, London.

23

Fig. 2 Giovanni Bellini, S. Francesco in estasi, (1480-85). Frick Collection, New York.

24

Fig. 3 Giovanni Bellini, Madonna col Bambino (1480-90), Accademia Carrara, Bergamo.

25

Fig. 4 Giovanni Bellini, Madonna con il Bambino (1485 – 90), Metropolitan Museum of Art, New York.

26

Fig. 5 Madonna col bambino benedicente (1510), Pinacoteca Brera, Milano.

27

Fig. 6 Giovanni Bellini, Pietà (1505), Gallerie dell’Accademia, Venezia

28

Fig. 7 Andrea Mantenga, Il martirio di s. Giacomo (1455) Capella Ovetari, Chiesa degli Eremitani a Padova, affresco distrutto.

29

Fig. 8 Andrea Mantenga, L’adorazione dei Pastori (1450), Metropolitan Museum of Arts, New York.

30

Fig. 9 Andrea Mantegna, Dalila e Sansone (1495), National Gallery, Londra.

31

Fig10 Vittore Crivelli, Madonna col Bambino (1482), Museum of arts, Budapest.

32

Fig. 11 Cima da Conegliano, S. Elena (1495), National Gallery of Art, Washingthon.

33

Fig. 12 Vittore Carpaccio, Meditazione sulla Passione (1510), Metropolitan Museum of Arts, New York-

34

Fig. 13 Vittore Carpaccio, La fuga in Egitto (1500 ca.), National Gallery of Art, Washingthon.

35

Fig.14 Giorgione, Venere dormiente, Gemaldegallerie, Dresda.

36

Fig. 15 Tiziano Veccellio, Venere con un organista e cupido (1548), Museo del Prado, Madrid.

37

Fig. 16 Giandomenico Tiepolo, Scena di vita campestre (1757), Villa Valmarana ai Nani, VIcenza


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