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Parr. S. Leonardo Giornale - Parrocchia San · PDF fileche Cristo è morto e risorto per...

Date post: 31-Jan-2018
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PARROCCHIA SAN LEONARDO ABATE - CERIGNOLA - dall’inizio anni... 1991 / 2016 25
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PARROCCHIASan leonardo abate

- CERIGNOLA -

dall’inizioanni...

1991 / 2016dall’inizioanni...25

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Carissimo don Vincenzo,carissimi fedeli tutti della par-

rocchia san Leonardo, sento mia la vostra gioia per venticinque anni di grazia, nei quali avete visto nasce-re la vostra comunità, in cui avete visto crescere la chiesa nella qua-le celebrate i divini misteri, e sento anche mio lo stupore con cui forse anche chi guarda solo dal balcone della sua casa a San Leonardo, tanti anni fa ha visto ergersi quel campa-nile che dà una identità al quartiere Torricelli. Non siete stati solo gli os-servatori di questi venticinque anni, ma i protagonisti, perché la Chiesa è popolo di Dio nel quale ciascuno dà il suo contributo di presenza, di preghiera, di pensiero, di risorse. Spesso don Vincenzo mi ha parlato dei grandi sacrifici che avete fat-to per l’edificazione della chiesa e dell’oratorio, della partecipazione di tutti, degli “inizi” umili in cui anche altri presbiteri sono stati coinvolti, e della ferma volontà di Sua Eccellen-za mons. Giovanni Battista Pichierri, di far sì che nel quartiere periferico di Torricelli ci fosse una “casa di Dio tra le case”, la parrocchia. Una delle immagini più belle di Chiesa, adatta in modo particola-re alla parrocchia, ritengo che sia quella della “fontana del villaggio”. Non è una delle immagini che la Lumen gentium annovera tra quelle che la Sacra Scrittura e la Tradi-zione ci consegnano, ma mi piace ugualmente perché dice il senso della presenza di una comunità ec-clesiale tra le case degli uomini. La usò san Giovanni XXIII in una me-morabile omelia, nel clima di attesa del Concilio Vaticano II, il 13 novem-bre 1960, quando affermò: “La Chie-sa non è un museo di archeologia. Essa è l’antica fontana del villaggio che dà l’acqua alle generazioni di oggi, come la diede a quelle del passato”. Le fontane ai crocevia delle nostre strade, fino a circa 50 anni fa, vedevano la gente recarsi lì per attingere acqua; a quelle per-

Al reverendo Monsignor Vincenzo D’Ercole, proto-parroco di San Leonardo Abate in Ce-rignola che ricorda il 25° anniversario di ministero pastorale in codesta parrocchia a

conclusione dell’anno giubilare per il 25° anniversario di erezione, il Sommo Pontefice Papa Francesco, desidera esprimere il suo paterno compiacimento per le liete ricorrenze e, mentre invoca dal Signore una rinnovata effusione di doni celesti per un sempre più fruttuoso ministe-ro presbiterale e di piena conformazione a Cristo e per una sempre più sincera adesione agli insegnamenti del Vangelo e coerente testimonianza a Cristo da parte della comunità, invia a lei Signor Parroco, ai collaboratori e a tutti i parrocchiani l’implorata benedizione apostolica, propiziatrice di un fecondo cammino ecclesiale.

Dal Vaticano, 6 Novembre 2016Cardinale Pietro Parolin

Segretario di Stato di Sua Santità

“La parrocchia, fontana

del villaggio…”Persone dissetate,

e acqua che sgorga ancora

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Alla cara comunità parrocchialedi San leonardo abate,nel XXV della sua istituzione

sone riusciva in questo modo anche più facile incontrarsi e uscire da quell’indi-vidualismo che oggi ci attanaglia. Così è la parrocchia: non museo, ma luogo che dona l’unica Acqua viva che dis-seta per la vita eterna, Gesù Cristo (cf Gv 4,13). Quante persone “dissetate” alla sorgente della Grazia di Dio, quanta gente nutrita alla mensa della Parola e del Pane di vita! Quanti attorno a questa fontana si sono incontrati e hanno con-solidato comunione fraterna! Dopo ven-ticinque anni non si può non ringraziare il Signore, per gli uomini e le donne che in questa comunità hanno operato e soprattutto perché ha operato Lui, con la forza dello Spirito Santo, grande pro-tagonista della vita ecclesiale. La guida della comunità per questo lungo periodo è stato don Vincenzo: è cresciuto dalla giovinezza alla maturità con la sua co-munità, trasfondendo nella vita del po-polo a lui affidato, la sua energia, la sua spiritualità, la sua creatività pastorale. A lui va la mia sincera gratitudine! La fontana continuerà a dissetare, e lo Spirito Santo vorrà servirsi ancora degli uomini e delle donne di oggi per indicare vie nuove. Il Paraclito si serve anzitutto dei pastori, il Papa soprattut-to, che alle Chiese che sono in Italia ha dato un mandato particolare, quello di approfondire, in uno stile di sinodalità, quanto ci ha detto nella sua esortazione apostolica “Evangelii gaudium”. Lo stile della sinodalità: non diventi uno slogan, ma uno stile a cui convertirsi, che vuole dire camminare insieme, essere presen-ti nel mondo con uno stile di comunione. Sinodalità significherà mettere l’accen-to sulla prima parte di questa parola di origine greca, “sun”, che significa “con”. Con chi ? Con tutti! E allora le braccia della comunità parrocchiale do-vranno accogliere proprio tutti, e chi è già “dentro” dovrà preoccuparsi di fare spazio ad altri! Non è evangelico man-tenere per anni “postazioni” di servizio, che dopo qualche tempo, come per il magico tocco del re Mida, diventano “postazioni” di potere! Ognuno si senta accolto e a suo agio nella Chiesa. E poi la seconda parola “odos”, che signi-

fica “strada”: sulla stessa strada. È la strada che è Gesù Cristo, che di sé ha detto “Io sono la via, la verità, la vita” (Gv 14,6). Sono le strade del quartiere Torricelli, delle situazioni che la comu-nità ecclesiale deve sentire come sue, soprattutto se si tratta di “includere i poveri”. La strada percorsa insieme è quella della comunione ecclesiale, che ci fa dire:”Che stile ha questa Chiesa!”. Non tanto lo stile architettonico, che pure ha il suo valore, ma quello della comunione, dell’ascolto reciproco, che ci fa essere e sentire Chiesa. È “ele-ganza” della comunione, che la Chiesa è chiamata a donare agli uomini di ogni tempo. E poi la “Evangelii gaudium”. È un docu-mento del magistero che dà una svolta alla vita della comunità ecclesiale del nostro tempo: sarà difficile archiviarlo sui nostri scaffali! Ci invita a rivedere la nostra identità e a calibrare il nostro futuro sulla gioia di annunciare il Van-gelo. Il papa ci invita ad aprire le porte a tutti, ad essere accoglienti: “La Chie-sa è chiamata a essere sempre la casa aperta del Padre. Uno dei segni concreti di questa apertura è avere dappertutto chiese con le porte aperte. Così che, se qualcuno vuole seguire una mozio-ne dello Spirito e si avvicina cercando Dio, non si incontrerà con la freddezza di una porta chiusa” (EG 47).Sento di raccomandarvi alcune atten-zioni per il futuro. Anzitutto di rinvigorire la catechesi, soprattutto quella per gli adulti, per l’età adolescenziale e per i giovani. Quest’ultima ha bisogno anche che l’oratorio sia una realtà che cresca, che abbia sempre più una identità forte sul territorio. Rilanciate l’oratorio, stu-diando anche forme più efficaci, per le quali non mancano studi ed esperienze. Siate sempre “sentinelle” nel quartiere: per l’inclusione dei poveri, per far sì che in esso si abbia quel senso di decoro e bellezza che nasce dalla corresponsa-bilità, perché si dia il nostro contributo per eliminare quegli episodi di microcri-minalità che sovente ci affliggono. An-che questo è Vangelo, come ci insegna papa Francesco: “Il kerigma (l’annuncio

che Cristo è morto e risorto per noi) possiede un contenuto ineludibilmente sociale: nel cuore stesso del Vangelo vi sono la vita comunitaria e l’impegno con gli altri. Il contenuto del primo annuncio ha un’immediata ripercussione morale il cui centro è la carità” (EG, 177).Solo così, caro don Vincenzo, cari fe-deli, continueremo ad essere la fontana del villaggio che disseta tutti. Io sarò con voi: per guidarvi, per ascoltarvi, per seguire anche il vostro senso di fede, ispirato dallo Spirito. La Vergine santa che venerate come la Perdolente, Colei che ci fu affidata come Madre sotto la Croce e alla quale siamo affidati, e san Leonardo, testimone di misericordia verso i carcerati, intercedano per noi!

† Luigi Renna

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amici carissimi di San Leonardo, in-vitato a entrare in scena per onora-

re il 25º di fondazione della parrocchia, ho aderito ben volentieri essendomi oc-cupato di essa per alcune consulenze e servizi pastorali resi prima della mia ele-zione a vescovo di Cerignola-Ascoli Sa-triano dietro invito del vostro carissimo parroco Don Vincenzo, già mio alunno nel Pontificio Seminario Regionale “Pio XI” di Molfetta e membro della Commis-sione liturgica regionale.Una conoscenza - come potete intuire - di persone e del territorio risalente ad antica data, e come tale, a voi tutti già legato da sentimenti di affetto e stima consolidatisi nei quindici anni di mini-stero episcopale nella diocesi di Ceri-gnola-Ascoli Satriano.Le attenzioni riservate alle periferie urbane e al territorio diocesano fin dai primissimi giorni di episcopato mi han-no condotto in parrocchia da voi, esat-tamente il giorno dopo il mio ingresso in diocesi, a celebrare la messa ve-spertina della domenica 16 luglio 2000, affettuosa primizia riservata a Torricelli e ai suoi parrocchiani. Vi chiederete, donde tanta attenzione per voi e per il parroco in questi 15 anni di permanenza in diocesi? La ragione è semplicemente questa: nella comunità di San Leonardo coglievo con lo sguardo del pastore i lineamenti di parrocchia disegnati dal Concilio Vaticano II, intesi a far attuare la sua nativa missione di essere casa tra le case, dalle porte sempre aperte e attenta alle istanze del territorio e del-la sua gente; madre generatrice di vita secondo l’Evangelo nell’annuncio della Parola e nella gioiosa dispensazione dei sacramenti; luogo privilegiato nella solidale vicinanza agli ultimi attraverso

l’esercizio della carità.Di certo, se oggi Torricelli si attesta sullo scenario cittadino ed ecclesiale con una facies decisamente diversa da quella che l’ha connotata nel passato, ciò lo si deve all’intuito pastorale dei vescovi D’Addario e Pichierri; alla pas-sione dei sacerdoti designati, e in modo particolare dal parroco Mons. V. D’Erco-le, nonché allo zelo entusiasta dei primi parrocchiani che hanno esercitato sul territorio la forza lievitante di irradiazio-ne cristiana.Le Istituzioni Civili devono tanto alla parrocchia di San Leonardo che, in 25 anni, con le sue molteplici e variegate iniziative, ha riscritto la trama e l’ordito di un comparto urbano degno di ammi-razione sotto il profilo socio-religioso per l’intera città. Come non ricordare ed evidenziare la sensibilità dei sodali di San Leonardo nei riguardi di coloro che scontano ancora la pena nell’Isti-tuto penitenziario di Foggia e dei loro congiunti presenti sul territorio parroc-chiale attraverso visite periodiche e as-sistenza di ogni genere di cui sono stato anch’io non poche volte personalmente compartecipe.Piace altresì segnalare in tal senso la presenza dei cavalieri di San Gerardo Majella i quali stanno dando un ulteriore slancio all’attività caritativa. Che dire poi della struttura sanitaria “Beretta Molla” presente nel perimetro del complesso parrocchiale; i vari percorsi formativi; le molteplici iniziative di sensibilizzazione del territorio; la festa della Perdolen-te; la cura della pastorale giovanile; la formazione liturgica nei suoi vari codici espressivi; la vivacità del gruppo fa-miglia; le iniziative culturali che hanno visto giovani e adulti operare insieme a edificazione dell’intera parrocchia…Tutto ciò, e solo in parte, ho ritenuto mettere in luce per significare il percor-so venticinquennale che ha visto il Si-gnore della storia peregrinare con voi, amici carissimi di San Leonardo. Con Lui avete nobilitato il territorio di Torricelli, lasciandovi guidare da quella pagina scritta in bronzo sulla porta della chie-sa del M° Lamagna, da me voluta per onorare la Parrocchia e perché fosse guida nel vostro pellegrinare il Vivente e sempre Presente Cristo Signore con San Leonardo vostro santo protettore.

† Felice di Molfetta

25 annisono una“Vita”

Perché la memorianon venga meno

Una “vita” trascorsa nella prima linea di una periferia difficile. In una parrocchia

avamposto. Presidio spirituale, ma anche materiale. Al centro di tanto disagio, di mille problematiche, di tante asprezze quotidiane. 25 anni li ha trascorsi Don Vincenzo D’Ercole nel quartiere Torricelli, tra la gente di Torri-celli. Ne ammiro la dedizione e l’impegno. La capacità di essere guida di un Popolo, senza dimenticare di confondersi con quello stesso Popolo, di essere Popolo Egli stesso.In perenne “uscita” dalla Chiesa edificio, per essere Chiesa Apostolica tra le strade e le piazze del Suo quartiere. Guida, ma anche supplente a mille carenze, a tante dimenti-canze, a imperdonabili distrazioni. Mi inchino dinanzi a questa nobile interpretazione del sacerdozio autentico, quello per il Popolo, fra il Popolo. 25 anni sono lunghi, eppure sono trascorsi in un baleno, per quanto intensa e fruttuosa sia stata l’opera di testimonianza del Vangelo, tra quanti ne avevano più bisogno e più necessi-tà. La proclamazione della parola di Dio, uni-ta alla testimonianza del Vangelo, negli atti e nelle opere. Non so se nella mente, nel corpo, nell’anima di don Vincenzo, questi 25 anni ab-biano lasciato tracce di stanchezza. Mi sen-tirei di escluderlo, costatandone la sempre attuale vitalità.Il tronco di un ulivo può subire le offese del tempo. Ma, trascorsi anni e anni, mantiene la sua robustezza. Don Vincenzo è come il tron-co di un ulivo. Ruvido nella corteccia esterio-re, saldo e forte nella sua struttura essenzia-le. È piantato nel centro del suo quartiere. È punto di riferimento insostituibile. È conforto per il Sindaco in ambasce, per i tanti, troppi e troppo ardui problemi della Città. Perché sapere che Lui è lì, rinfranca ed incoraggia. Concilia con la Vita. Ti fa elevare lodi di rin-graziamento al Signore.

avv. Franco MettaSindaco di Cerignola

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Gioisco in comunione con il vesco-vo mons. Luigi RENNA, il parroco

mons. Vincenzo D’ERCOLE e la comu-nità parrocchiale di S. Leonardo Abate per il 25° di erezione della Parrocchia istituita da S.E. mons. Vincenzo D’AD-DARIO il 25.XII.1990. Ebbi modo di se-guire appassionatamente sin dal suo nascere la parrocchia di S. Leonardo Abate, in seguito al mio insediamento nella diocesi di Cerignola – Ascoli Sa-triano avvenuta il 17.III.1991, accanto al parroco fondatore, don Vincenzo D’ERCOLE, il quale iniziò la sua pasto-rale dalla cappella in prefabbricato, benedetta sempre da S.E. mons. Vin-cenzo D’ADDARIO il 17.II.1991, con ardente zelo, concretizzando il primo nucleo della comunità. Iniziai cosi ad ammirare il dono di sé che faceva il

parroco, sul fondamento della Parola di Dio, dei Sacramenti, della carità pastorale, nei confronti delle famiglie, dei fanciulli, dei giovani, degli adulti, i quali collaboravano attivamente per essere, come parrocchia, ‘’famiglia delle famiglie’’; e tra questi in partico-lare la Confraternita di S. Leonardo, da me istituita nel 1993.Giunse il tempo della costruzione del complesso parrocchiale. Il parroco don Vincenzo non ebbe tregua: all’impegno del ministero per la salvezza delle anime e ad altri servizi a livello diocesano, si prese cura dell’andamento dei lavori di costruzione con relative ansie, preoccu-pazioni, sacrifici notevoli. Con l’aiuto e la collaborazione di tante persone buo-ne si giunse alla Dedicazione del Tempio il 21.XII.1997.

Ricordo con commozione l’esultanza di tutta la comunità parrocchiale nella divina liturgia, celebrata in modo esem-plare. Ebbi la gioia di presiedere una Santa Messa nella celebrazione del 10° anniversario; ed ora con gioia partecipo al 25° della comunità parrocchiale di S. Leonardo Abate che certamente vedrò più adulta nella fede, nella speranza, nella testimonianza della carità, sotto la guida saggia del parroco, il carissimo mons. Vincenzo D’Ercole.A Dio la gloria, al parroco e alla comu-nità parrocchiale il mio compiacimento!Con saluto benedicente.

† Giovan Battista Pichierri

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È davvero con immenso piacere che scrivo queste righe per dimostrare

tutta la mia affettuosa amicizia che mi lega alla Comunità Parrocchiale di San Leonardo in Cerignola e al suo zelante pastore, il carissimo Parroco Mons. Vin-cenzo D’Ercole.Gli sono stato sempre vicino, fin dagli inizi, quando la parrocchia nasceva e metteva i suoi primi passi, ancor prima che sorgesse la chiesa. Don Vincenzo si è messo all’opera con grande gene-rosità e passione, facendo così sorgere dal nulla tutto quello che oggi c’è e che vanta ormai lunghi anni di consolidata esperienza.Un quartiere giovane, ricco fin dagli ini-zi, di tante risorse umane da coltivare e convogliare verso una azione pastorale ricca di grande attenzione al territorio e a tutte le situazioni umane, soprattutto a quelle più disagiate e difficili. Un quar-tiere formatosi da nuclei familiari prove-

nienti da altre zone della città, ma a cui la paziente e tenace azione di don Vin-cenzo ha dato identità e compattezza, recuperando e sviluppando, tra l’altro, l’antica devozione a San Leonardo, un tempo abbastanza viva a Cerignola, ma poi quasi del tutto persa e dimenticata.Oggi la Parrocchia di San Leonardo è ormai una realtà bella e solida, pre-senza viva e vivace sul territorio di una comunità che nel tempo si è formata attraverso la cura del Parroco don Vin-cenzo e dei Sacerdoti collaboratori che nel tempo si sono avvicendati. Io stesso nel mio piccolo, quando ho po-tuto, ho cercato di dare una mano, per le confessioni e soprattutto sostituendo don Vincenzo quando, a causa del suo sevizio alla liturgia della cattedrale, si doveva forzatamente assentare.Un caro ricordo, infatti, conservo - tra l’altro - della Veglia Pasquale di quest’anno 2016 che ho avuto la gioia

di presiedere proprio in questa parroc-chia, appena pochi giorni dopo la mia consacrazione episcopale.Non resta che ringraziare il buon Dio per tutto quello che di buono e di bello si è realizzato in questi anni e fare tanti auguri perché questa comunità continui a crescere nella fede e a testimoniare il Risorto, conservando intatta la fre-schezza delle origini.

† Luigi Mansi

XXV di erezione canonicadella Parrocchia

San leonardo abatein Cerignola

Una storia di GeneroSità e paSSione

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in un freddo e piovoso pomeriggio e precisamente il 17 febbraio del 1991, Mons. Vincenzo D’Addario, poneva sim-

bolicamente la prima pietra per l’edificazione di una Tenda-Prefabbricato, e manteneva fede ad un impegno preso con gli abitanti di Torricelli: quello di una Parrocchia e di un parroco stabile perché nascesse la Chiesa. È nell’ottava di Pasqua e precisamente la Domenica in Albis che si celebrò la prima messa, col desiderio di iniziare ed essere la dimora di Dio fra gli uomini e lasciarci provocare da essa. Dopo i primi timi-di passi d’inizio, la presenza di tanti bambini e ragazzi in un Quartiere popoloso, urgeva per noi attuare un monito, che in quegli anni ci veniva suggerito dai Vescovi: “La Chiesa deve fare oggi un grande passo in avanti nella sua evangelizzazio-ne, deve entrare in una nuova tappa storica del suo dinami-smo missionario” È la “nuova evangelizzazione”, a cui ci invi-ta Giovanni Paolo II. Nuova, non soltanto perché viene dopo quella prima grande e fondamentale opera di evangelizzazione da cui è nata e si è forgiata, lungo il corso dei secoli, la no-stra esperienza di Chiesa e, in particolare, la cultura cristiana dell’Europa e del nostro paese”. Parole queste che risuonaro-no in noi catechisti della prima ora come un invito ad essere angeli di un “Dio che ama, di un Cristo che è venuto per noi e affermare il Signore che è Via, Verità e Vita”. La nuova tenda diviene per noi aula plurifunzionale. È qui che avvengono le

catechesi per i fanciulli che si preparano ai sacramenti della iniziazione cristiana, è qui che i giovani ricevono l’invito del Maestro a seguirLo, è qui che noi adulti partecipiamo alle ca-techesi tenute dal giovane prete, don Vincenzo. Così nasce la nostra consapevolezza di essere collaboratori del Regno così come ci ricordano i Vescovi: “Ciascuno, secondo il proprio mi-nistero e il dono dello Spirito ricevuto, deve sentirsi impegnato in prima persona a edificare la comunità nell’amore di Cristo, partecipando con piena corresponsabilità alla sua vita e alla sua missione”. L’entusiasmo e l’incoscienza dei primi anni, indussero noi a percorrere le vie del disastrato ed impervio Quartiere, chiamando a raccolta fasce di bambini di ogni età ed estrazione sociale. L’annuncio dell’Evangelo correva attra-verso l’entusiasmo di chi, come l’Apostolo Giovanni afferma “Quello che abbiamo visto, quello che abbiamo toccato, noi questo vi annunciamo”. Sentivamo viva la consapevolezza, noi catechiste, di essere apostole degli Apostoli, cosi come la Maddalena al Sepolcro e così come i Vescovi ancora una volta ci ricordavano in quegli anni nascenti: “la legge della trasformazione del mondo e le donne in particolare. Fin dall’o-rigine della Chiesa esse sono state partecipi e protagoniste nei vari campi di apostolato; oggi il loro contributo alla mis-sione della Chiesa diviene ancora più necessario e prezioso, di fronte all’urgenza di una nuova evangelizzazione e di una maggiore ‘umanizzazione’ delle relazioni sociali”. Le fasce di catechismi divenivano vivaio per iniziare un lavoro aggregati-vo, come l’ACR, ove l’Azione Cattolica parrocchiale muoveva i suoi primi passi. Oggi, in una società cambiata sembrano lon-tani quegli anni dove il poco diventava il tutto e il niente assi-curava il massimo. Oggi in una società fortemente mediatica, la parrocchia avverte nuovi bisogni, nuove proposte, nuovi stili che rilancino l’annuncio di sempre e l’entusiasmo di essere con Cristo e in Cristo portatori di speranza in un mondo che cambia.

Tarateta Antonietta

nel 1993 nasce, su richiesta dei parrocchiani, l’intratteni-mento parrocchiale San Leonardo Abate. Data la lonta-

nanza della zona centrale della città dal quartiere Torricelli, il parroco, Don Vincenzo D’Ercole, pensò bene di soddisfare questo servizio, affidando questa nuova realtà alla competen-za delle insegnanti Maria Lofoco e Iolanda Casieri, che accol-sero i bambini in un ambiente gioioso, basato sul gioco. Dopo un po’ di anni, le iscrizioni aumentarono progressivamente, dunque non si poteva proseguire con il semplice intratteni-mento parrocchiale. Bisognò dare una vera e propria identità

a livello didattico/educativo. Per questo, il parroco pensò di dar vita ad una scuola dell’infanzia e fu così che, dopo lunghi passaggi burocratici, venne inaugurata nel Maggio 2003, nei nuovi locali parrocchiali, la scuola paritaria San Leonardo Abate, con la parallela assunzione di nuovi insegnanti: Sgarro Rosa, Dora Ciaffa, Capraro Carmenrita e le collaboratrici Ban-cone Michela e Bonavita Carmela. L’entusiasmo dei genitori fu notevole; finalmente avrebbero potuto affidare i propri figli a persone qualificate, in una realtà sicura e protetta.

evangelizzati per evangelizzare

Una SCUolaper essere SCUola

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parlare dell’esperienza liturgica nella nostra Parrocchia a 25 anni dal suo inizio è affermare che il nostro punto di riferi-

mento è stato il Concilio Vaticano II con sua Costituzione Dog-matica “Sacrosanctum Concilium” quale “fons et culmen” per l’intero vissuto della Chiesa. L’intento del nostro parroco, segui-to da tutta la comunità, è stato sempre quello di lasciarci pro-vocare dall’“Actio Cristi et populi Dei”; così come diceva il gran-de Ireneo: «vita hominis, vita Dei». Continuamente si è tentato, mediante la liturgia, di testimoniare il mistero di Cristo, facendo di essa l’alimento insostituibile per la vita di ognuno di noi.La liturgia non è un concetto, ma “un’ars celebrandi et santifi -candi”. Il nostro Dio è colui che ci salva e che agisce nella no-stra storia. Assemblea, quale soggetto celebrante, convocata e radunata dal Cristo Vivente e sempre Veniente, è stata ed è l’ap-puntamento per la comunità di san Leonardo che vive con gioia la Domenica. La ministerialità, diffusa nei vari doni e carismi, ha reso bella la celebrazione e ha reso visibile i segni sacramentali quali doni di Dio alla comunità. Nella nostra parrocchia vi è una preparazione corale e sinfonica della celebrazione, necessaria per dare effi cacia, vivacità e concretezza alla liturgia, contri-buendo così alla crescita nella fede e nella carità di ognuno di noi facenti parte della comunità. Quindi da 25 anni tutti abbiamo sentito e avvertito il senso del servizio, della corresponsabilità e consapevolezza nella preghiera. A 50 anni dalla riforma liturgica le nostre assemblee sembrano aver acquisito una certa fami-liarità con la liturgia “autenticam”, difatti cantano, rispondono, si muovono, ascoltano e partecipano con disinvoltura. Grazie al Concilio si è compreso che: “La Chiesa si preoccupa vivamente

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Il progetto educativo della scuola fu quello di offrire al sin-golo bambino la possibilità di acquisire nuove e opportune conoscenze, in modo tale da favorire lo sviluppo secondo i ritmi e le esigenze, rendendo lo stesso protagonista con la collaborazione e il sostegno della famiglia, su un modello pedagogico/religioso.Negli anni a seguire, poichè le insegnanti Dora Caiaffa e Rosa Sgarro lasciarono la scuola per entrare in quella sta-tale, ad esse subentrarono le insegnanti Dente Carmela e Merlicco Carmela, che continuarono l’insegnamento bas-sato sulla stessa metodologia.Mi sento in dovere di ringraziare Don Vincenzo, il quale mi ha dato l’opportunità di crescere, sia come insegnan-te sia come parrocchiana, dandomi fi ducia e stima, con la consapevolezza che una buona insegnante non smette mai di apprendere, perché il nostro, non è un semplice lavoro, ma una vera e propria missione. Siamo chiamate a formare l’uomo del domani.

Rosa Sgarro

che i fedeli non assistano come estranei o muti spettatori a que-sto mistero di fede, ma che comprendendolo bene per mezzo dei riti e delle preghiere, partecipino all’azione sacra consapevol-mente, pienamente e attivamente” (SC 48). Certamente nella nostra comunità, da 25 anni a questa parte, molto è stato fatto, ma ancora molto rimane da compiere. Le no-stre assemblee liturgiche devono continuare a imparare a par-tecipare “liturgicamente” cioè, in senso più originario, a “pren-dere parte”, “sentirsi parte” dell’azione liturgica, dunque, più che di istruzione abbiamo bisogno di entrare in una “atmosfera” dove “la liturgia deve essere un’opera di ambientazione, deve far sentire tutti a proprio agio, deve trasmetterci piacevolezza, deve saper creare un contesto di libertà in cui godere dell’in-contro con Dio e con gli altri”. Non è mancata in tutti questi anni “un’ars celebrandi”, un’arte che ha reso i sacri riti, veri momenti di salvezza di fronte ad un’assemblea composta e supplice nella fede e in adorazione piena a Colui che è.La peculiarità delle nostre assemblee con la realtà del loro es-sere Chiesa, si manifesta al termine della celebrazione, quando tutti si fermano sul sagrato per salutarsi e comunicarsi con cor-dialità e partecipazione le gioie, le fatiche e le sofferenze per-sonali e familiari e per discutere delle attività e delle iniziative della comunità. Parafrasando il titolo dell’esortazione “Evangelii gaudium” di Papa Francesco, si può affermare che la “gioia dell’evangeliz-zare” non può separarsi dalla “gioia del celebrare”. “Si tratta quindi di una gioia che nasce dalla fede, dalla consapevolezza di pregustare la liturgia celeste, verso la quale tendiamo come pellegrini”. (SC 8). Quindi dopo tanti anni si sta cominciando a comprendere come la liturgia terrena sia la “soglia” che ci in-troduce in quella celeste, mentre la “distanza” che ci separa da questo traguardo caratterizza il senso del nostro celebrare.Nessuno può mettersi davanti al “Mistero” come “spettatore” o “estraneo”, ma come colui che si è formato e continua a formar-si alla luce della Parola.

Nicola Merlicco

La Celebrazioneluogo dell’incontrocon dio e i Fratelli

che i fedeli non assistano come estranei o muti spettatori a que-

luogo dell’incontroFratelli

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la parrocchia San Leonardo, al suo primo vagito di Chiesa, emette, insieme alle altre due melodie, quella dell’evangelizza-

zione e della liturgia, l’amore per gli ultimi. Un suono che affonda nelle note scandite dal Concilio Vaticano II, in quell’aula solenne dove riecheggiavano vive le parole del compianto Papa Paolo VI «questo Concilio compreso nel suo significato religioso non ha inteso altro che essere un pressante e amichevole invito all’u-manità di oggi a ritrovare mediante la via dell’amore, quel Dio dal quale: allontanarsi è cadere, al quale rivolgersi è risorgere, nel quale rimanere è stare saldi, al quale ritornare è rinascere, nel quale abitare è vivere». Non fu difficile per la nascente co-munità sintonizzarsi con una Chiesa in Italia e con i suoi Vescovi negli anni 90, grazie agli orientamenti pastorali, che infondevano in quel piccolo gregge di periferia e la voglia di tradurre quanto i pastori in Italia si auspicavano: «la carità è la via privilegiata della nuova evangelizzazione, perché conduce ad amare l’uo-mo, apre all’incontro con Dio principio e ragione ultima di ogni amore. L’impegno per gli anni ‘90: promuovere la Caritas in ogni parrocchia». Appena tre anni dopo, 28 persone stimolate da un attuatore tenace, quale fu e lo è ancora, il dinamico parroco don Vincenzo, detterò inizio a un percorso di formazione e di appro-fondimento per meglio rendere viva la testimonianza della Carità. Furono, quelli, anni di intenso lavoro e di studi, atti a convalida-re tecnicamente e professionalmente il lavoro che si andava a svolgere. Si formarono diverse figure professionali tra le quali: l’Assistente Volontario Sanitario; l’Assistente Volontario Peniten-ziario, nonchè corsi di formazione legislativa; Servizio sociale pe-nitenziario e competenza; Organi del Potere Giudiziario. Non sono mancati corsi di formazione presso il C.R.I.S.I di Bari, tutto per una professionalità forte sì da rispondere all’invito del Maestro “mi hai visto carcerato e sei venuto a visitarmi (Mt 25)”. Così, il 29 settembre del 1993 si costituiva l’Associazione di Volontariato San Leonardo col preciso fine filantropico e cristiano servire gli ammalati, gli anziani e rendersi presenti nel settore penitenzia-rio. Ogni anno l’associazione, divenuta dopo tre anni di prova, Confraternita per decreto di Mons. Giovanni Battista Pichierri, proponeva, in occasione della festa del Santo Patrono, convegni di studi aperti all’intera città. Per citarne alcuni: “Carcere e Terri-torio” relatore don Elvio Damoli, Direttore Nazionale della Caritas. “Liberare la pena” relatore don Raffaele Sarni, Direttore Caritas per la Puglia. Gli anni 90 sono stati anni determinanti per il terzo pilastro dell’evangelizzazione per una chiesa autentica nella ca-rità. Gli Orientamenti pastorali sono stati un vademecum per tutti noi, «Credere che Dio è carità è confessare che egli, nella croce si rivela a noi come infinito, gratuito e totale dono di sé, comu-nione libera è infinita dell’Amante, dell’Amato e del loro reciproco Amore. Questa carità che è la vita di Dio viene riversata nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo. È questa l’opera per cui Cri-sto è venuto fra noi: Io ho fatto conoscere loro il tuo amore e lo farò conoscere, perché l’amore col quale mi hai amato sia in essi e io in loro». Tre di noi, il Prof. Fares Giuseppe, il sottoscritto e il nostro Padre spirituale, per anni abbiamo condiviso l’esperienza meravigliosa della Casa Circondariale di Foggia, ove con mansio-

ni diverse, abbiamo dato vita a corsi di laboratorio di falegname-ria nella sezione femminile, riordinato e catalogato la biblioteca, inaugurato un deposito indumenti per ospiti extra comunitari. Un entusiasmo tale da coinvolgere in questo progetto perfino i Ve-scovi Pichierri e di Molfetta che hanno creduto e incoraggiato la lodevole presenza dei volontari nelle carceri di Foggia. La tenda, posta tra le case della gente, cedeva il posto nel 1997, al centro parrocchiale e diveniva sede di un laboratorio di falegnameria pronto ad ospitare i detenuti in semilibertà affidati per il recupero e il reinserimento nella società con una possibile professionalità. Oggi la tenda è divenuta “Casa Beretta Molla”, dove è presente un presidio medico con più di 1000 assistiti. In un quartiere dove manca tutto, questo polo diventa un’ulteriore forma di servizio alla collettività presente sul territorio “Torricelli”. Venticinque anni non sono solo memoria, ma presenza e impegno avendo come segreto ciò che i Vescovi affermano: «Dall’Eucaristia sca-turisce quindi un impegno preciso per la comunità cristiana che la celebra: testimoniare visibilmente e nelle opere il mistero di amore che accoglie nella fede».

Francesco Rosati

Mi sono sempre chiesta, sin dal principio, cosa animasse il mio parroco, nominato da poco per un quartiere senza

anima e identità, nel proporre idee, progetti e fini per una pa-storale parrocchiale nascente. La risposta mi venne quando, partecipando al primo Consiglio Pastorale Parrocchiale, sen-tivo parlare di un Documento dei Vescovi “Evangelizzazione e Testimonianza della Carità”, Orientamenti pastorali per gli anni ‘90. Questo documento don Vincenzo lo aveva fatto suo e desi-derava che noi famiglie giovani lo vivessimo appieno. Infatti al n. 28 del documento trovai la risposta: “Due sono, al riguardo, i principali obiettivi che dobbiamo proporci in questo decen-nio: far maturare delle comunità parrocchiali che abbiano la consapevolezza di essere, in ciascuno dei loro membri e nella loro concorde unione, soggetto di una catechesi permanente e integrale - rivolta a tutti e in particolare ai giovani e agli adulti -, di una celebrazione liturgica viva e partecipata, di una te-stimonianza di servizio attenta e operosa; favorire un’osmosi sempre più profonda fra queste tre essenziali dimensioni del mistero e della missione della Chiesa”. Questo obiettivo dei Ve-scovi trovò terreno fertile in noi, famiglie giovanissime, come del resto era giovane il nostro parroco, il quale con l’incanto della sua fresca preparazione teologica e pastorale sedusse tutti noi a sposare il piano pastorale. Il suo obiettivo fu proprio

Una FaMiGliadi FaMiGlie

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Sodali… per la Carità

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nell’occasione giubilare della Parrocchia San Leonardo, mi è stato chiesto di raccontare la mia esperienza di ministe-

ro sacerdotale vissuto in Parrocchia tra il gennaio 2003 e set-tembre 2006. Lo faccio ben volentieri facendomi voce anche dei tanti confratelli sacerdoti, che come me hanno condiviso que-sta gioia: poter servire il Signore nella sua porzione di gregge scelto ed amato. Se volessi racchiudere in due parole quello che personalmente ho vissuto in quegli anni potrei sicuramente dire: ringraziamento e missionarietà. Ringraziamento al Signore per i segni della sua presenza e del suo agire nella vita di una comu-nità parrocchiale. Tante sono state le occasioni in cui ho potuto davvero sperimentare l’azione di Dio che accompagna come Pa-dre e Pastore il suo popolo…tante le esperienze di una comunità che accoglie questo amore e si sente spinta a testimoniarlo tra la gente, tra le strade, nei palazzi cercando di costruire e dare volto ad un quartiere con tante difficoltà, senza una sua vera e propria identità. La comunità parrocchiale, unitamente al suo parroco don Vincenzo D’Ercole, davvero hanno scritto e stanno scrivendo una bellissima pagina evangelica tra le strade e le case degli uomini. Sì, Dio ha piantato la sua tenda tra gli uomini!!! Dio ama il suo popolo! Il mio grazie, in modo particolare, al confratello che sapientemente ha saputo condurmi in questa esperienza. Grazie don Vincenzo per il tuo esempio e zelo apostolico, grazie per il tuo spenderti per il popolo che ti è stato affidato, per il tuo con-tinuo saperti motivare nel voler portare a tutti quella Parola viva, efficace che riscalda i cuori, illumina le menti e dà senso a tutta la nostra esistenza. Grazie perché hai saputo trasmettere a tutti noi, che abbiamo collaborato con te, la tua passione per Dio e la tua passione per l’uomo. Missionarietà! E già! Questo ho potuto toccare con mano nella mia esperienza in Parrocchia. Una co-

munità riunita attorno alla mensa della Parola e dell’Eucaristia e che trova nell’incontro con il Signore la motivazione più profonda e vera per “uscire”. Una vera e propria esperienza di Chiesa “in uscita”, come ama tanto ripeterci papa Francesco. Una comuni-tà, famiglia di famiglie, motivata a portare all’uomo il tesoro più grande che una comunità parrocchiale possa dare: Cristo croci-fisso e risorto! Una comunità, che non ha avuto timore di spor-carsi le mani con i problemi della gente, con quelli del territorio perché animata e sorretta dalla fedeltà del nostro Dio. Grazie, comunità parrocchiale di San Leonardo per il tuo annuncio e la tua testimonianza. Grazie perché abbiamo potuto condividere un tratto del nostro cammino sacerdotale insieme con te. Auguri per un rinnovato slancio missionario!

don Gerardo Rauseo

ringraziamento e Missionarietà

puntare alla famiglia nella sua componente unitaria. Sia pur con strutture limitatissime, avevamo solo il prefabbricato, si riuscì ad aggregare un buon nucleo di famiglie. Strategica fu la scel-ta, perché la famiglia aveva in sé tutte le componenti che una Parrocchia deve possedere. Catechesi per gli adulti, per giovani e le varie fasce per adolescenti furono i momenti per formare tutti noi a credere che la parrocchia altro non era che una “Fa-miglia di famiglie”. Sì! La domenica era per noi il momento per sentirci a casa e ad affermare, con i Martiri di Abitene “Senza della Domenica non possiamo vivere”. La parrocchia divenne per noi tutti polo di aggregazione e di incontro, luogo di crescita e di socializzazione; noi e i nostri figli potevamo ben sperare per la crescita unitaria dell’uomo. Davvero provvidenziale fu per noi il suggerimento dei Vescovi i quali affermavano: “Nell’edificazio-ne di una comunità ecclesiale unita nella carità e nella verità di Cristo, è fondamentale la testimonianza e la missione della fami-glia cristiana. Costituita dal sacramento del matrimonio “Chiesa domestica”, la famiglia “riceve la missione di custodire, rivelare e comunicare l’amore, quale riflesso vivo e reale partecipazione dell’amore di Dio per l’umanità e dell’amore di Cristo Signore per la sua Chiesa”. Quante problematiche sulla famiglia, quanti studi sulla teologia del matrimonio e della famiglia! Temi etici e pasto-rali furono oggetto di discussione e dibattito per meglio vivere

la famiglia ed essere famiglia cristiana. Il segreto per noi tutti fu il sostare in parrocchia dopo le attività di lavoro professionale o casalingo, per vivere insieme e far circolare le problematiche della crescita dei nostri figli, di noi coppie e, perché no, scam-biarci esperienze e strategie educative che divennero pian piano metodo comune. Non si poteva certamente rimanere nel recinto, avevamo bisogno di contagiare altre famiglie giovani come noi e fu così che ci inventammo un progetto missione famiglie. Una coppia incontrava a domicilio una famiglia e dopo vari incontri domiciliari, attraverso la nostra testimonianza di Chiesa aggan-ciavamo un’altra famiglia alla parrocchia e il nucleo iniziale cre-sceva e si moltiplicava. Ci sentivamo davvero coinvolti e partecipi del desiderio dei Vescovi i quali davvero ci invitavano: “Urgente promuovere una pastorale di “prima evangelizzazione” che abbia al suo centro l’annuncio di Gesù Cristo morto e risorto, salvezza di Dio per ogni uomo, rivolto agli indifferenti o non credenti”. In due decenni la nostra parrocchia ne ha viste di fasi e ne vedrà altre. Ciò di cui resto certa è che una Chiesa, per essere tale, ha bisogno dell’annuncio; celebrare il mistero di Cristo e porsi sulle strade dell’uomo comprendendo appieno il suo desiderio di oggi e di sempre, sentirsi amato e accolto dal Signore Vivente e sempre Veniente.

Mariangela Pellegrini

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la parrocchia San Leonardo Abate da sempre, in questi venticinque anni, è stata il centro nevralgico

di spiritualità e arricchimento culturale per Torricelli. Il suo parroco, mons. Vincenzo D’Ercole, appassio-nato estimatore del teatro e della commedia, sin dai primi anni ha coinvolto e coinvolge giovani (e meno giovani) a ‘calcare la scena’, cimentandosi in un’at-tività impegnativa ma affascinante, perché il teatro è una scuola che aiuta a crescere con spirito di colla-borazione e di amicizia, confermando una citazione di Enzo Moscato (attore, autore e regista): “Il Teatro è un grande strumento di educazione dell’anima”.Questo ‘strumento’ ha avuto un importante e signifi -cativo riscontro, grazie alla preziosa collaborazione di tanti parrocchiani che si sono prodigati costante-mente nella realizzazione di magnifi ci costumi e sce-nografi e fantastiche. Questi lavori di collaborazione hanno permesso di arricchire e far crescere la co-munità, perché la collaborazione rinforza le iniziative e unisce ogni individuo in un solo grande gruppo e in un’unica comunità. Perché insieme si cresce nella fede e nell’umanità.Si è riusciti a mettere in scena quasi ogni anno spet-tacoli nuovi e brillanti che avevano e hanno l’intento di ‘consegnare’ alla platea messaggi costruttivi e mai futili, come l’Amore di Dio, la solidarietà, l’amore fra-terno, l’amicizia e l’umanità che caratterizza l’uomo.Proprio per l’importanza di voler comunicare questi messaggi, alcuni giovani decisero di partecipare ad una raccolta fondi, mettendo in scena, presso il Ci-neteatro Roma, un componimento teatrale intitolato ‘Solidarietà’.I periodi scelti per le esibizioni sono stati più o meno sempre gli stessi: il Natale, i festeggiamenti del San-to Patrono e il Carnevale. Sì è passati dalla realizza-zione di molteplici musical (per citarne solo alcuni, ‘Il sogno di Giuseppe’, ‘L’Amore quello vero’, ‘Canto di Natale’, ‘È Natale›, ‘Natale Rap’, ‘Se fosse davve-ro Natale’, ‘Smascherando’), all’esecuzione di opere della ‘commedia dell’arte’, con i più celebri lavori di Peppino De Filippo, con il parroco regista meticoloso e eccellente attore protagonista. Da ricordare ‘Non è vero ma ci credo’, ‘Quaranta ma non li dimostra’, ‘Un ragazzo di campagna’, ‘Cupido scherza e spaz-za’: alcune di queste rappresentazioni sono entrate in scena nell’austero Teatro Mercadante, tutte inter-

25 anni di…SpettaColo!!!

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noi soci di Azione Cattolica siamo un’associazione di laici impegnati a vivere, ciascuno “a propria misura” ed in forma comunitaria, l’espe-

rienza di fede, l’annuncio del Vangelo e la chiamata alla Santità. Crediamo che sia doveroso e possibile educarci reciprocamente alla responsabilità, in un cammino personale e comunitario di formazione umana e cristiana.Non risulta semplice raccontare la storia di una associazione parrocchia-le, quale l’Azione Cattolica di San Leonardo Abate, in poche righe. Ma sembra doveroso provare a ricordare, per tramandare ai posteri il cam-mino di tanti associati che, in 25 anni, incoraggiati dal nostro Assistente don Vincenzo D’Ercole, hanno creduto e continuano a credere che lo sta-re insieme in comunità, sia luogo dove esprimere la forza, la fragilità, la grandezza e la miseria dell’essere uomini e donne di una Chiesa, popolo in cammino.L’Azione cattolica in parrocchia è vocazione missionaria, a servizio di Gesù Cristo, è attiva e responsabile in tutte le iniziative pastorali che ci sono sul nostro territorio: catechismo, carità, momenti di preghiera, formazione Cristiana e, perché no, anche momenti di festa per stare in-sieme. Ben avviata, ha visto crescere tanti di noi: l’ACR (Azione Cattolica Ragazzi), il gruppo dei giovanissimi e giovani e quello degli adulti.Il nostro territorio, la nostra parrocchia San Leonardo Abate, incarna di-verse realtà, talvolta diffi cili e per questo non è semplice amalgamarle per poter vivere una vita di comunità. I momenti di preghiera, impegno e passione, comunione e festa che ci stimolano e ci inorgogliscono ci fanno sentire degni eredi di quei giovani fondatori.Se guardiamo indietro, riusciamo a rivedere “il pezzo di strada” che tutti noi soci abbiamo vissuto, a cominciare dai precedenti presidenti, Nicola Merlicco, Mariangela Pellegrini, Antonietta Tarateta e dai responsabili di settore che si sono succeduti, e possiamo affermare che abbiamo lavora-to tutti per il Regno di Dio.Alla luce del Vangelo si può convenire che l’amore prevale sempre sul confl itto. La scelta dell’associazionismo di Azione Cattolica in parrocchia rimarrà uno dei pilastri e in questo anno giubilare, per noi di San Leo-nardo, fare memoria del passato e provare a capire i nuovi problemi del presente, ci pare già una sfi da per costruire il futuro.

Matteo Marino

L’azione CattoliCaa servizio della Chiesa

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la Parrocchia di San Leonardo Abate, na-sce e si sviluppa in stretto legame con il

territorio che rappresenta il punto di par-tenza, il luogo in cui si è radicata la comu-nità dei fedeli. Non si parla di un territorio qualsiasi, ma di un’area inglobata in quel percorso “logico” di espansione che, preva-lentemente, s’insedia nelle periferie estreme dei centri urbani. Essa è diventata il volto mediante il quale, si rifl ette e si manifesta il vissuto quotidiano delle tante famiglie che popolano questa vasta area territoria-le. Per anni ritenuto quartiere dormitorio, quasi indotto a esserlo per come esso sia stato progettato e realizzato, ha dato la forza a ché la Parrocchia si sia impegnata a servirlo nella concretezza delle situazioni e dei luoghi, nel tessere rapporti diretti con

tutti i suoi abitanti, nel rendersi disponibile a entrare in relazione con altri soggetti sociali, lì dove fosse insediata, sullo stesso territo-rio, un’eventuale sede. Relazionandosi, co-municando, familiarizzando con l’ambiente circostante per conoscerlo, per rafforzarlo e aprirlo verso relazioni autenticamente uma-ne, la Parrocchia, sin dalla sua costituzione, ha partecipato alla vita del quartiere facen-dosi anche portavoce di quelle tante proble-matiche tipiche di un territorio periferico, che hanno reso quasi impossibile il normale decorso della vita. E come non poter parla-re di quel motore propulsivo di un gruppo di cittadini, ovvero il Comitato di Quartiere, che nell’intento di voler migliorare la qualità del-la vita sul territorio, ha impegnato le proprie forze per qualcosa che va oltre l’uscio del-la propria abitazione, allargandosi all’intera zona. Paolo VI diceva: “la parrocchia è un prodigio sociale, una bellezza sociale…Qui siete uniti da una rete di rapporti spirituali, qui vi volete bene…vi unisce il vincolo della carità”. Dunque si può rifl ettere come in tut-ti questi anni, il compito impegnativo che la

Parrocchia ha assunto nel porsi chiesa nel territorio, trasformandosi in un centro impor-tante di aggregazione ecclesiale e culturale, coadiuvata dal Comitato di Quartiere, abbia fatto sì che la sua chiamata a farsi presente, proprio tra le famiglie che qui vivono, tra que-ste case dove emerge la domanda di solida-rietà, il manifestarsi di bisogni, l’abbia resa una Comunità pronta ad agire nella carità. E in fondo, dietro questa partecipazione d’im-pegno civile, c’è un denominatore comune: il coraggio di prodigarsi per migliorare il posto in cui si abita. Il territorio così, grazie al la-voro del Comitato di Quartiere, si riscatta e non accetta più quelle sembianze di ghetto che per anni ha plasmato il suo essere. Nulla è forse più attivo sul territorio estremo della

città, del lavoro di questo gruppo di persone che non si arrendono davanti all’evidenza e che credono fermamente che i cambiamenti in una società, possano avvenire grazie alla volontà della propria opera. A tal proposito l’organizzazione di feste di quartiere o altri eventi similari, dà la possibilità di aprire le porte verso il centro e creare una sorta di collegamento tra la città e la periferia, dando origine a momenti d’aggregazione sociale. È l’esempio della festa della “Comunità di San Leonardo Abate”, una manifestazione che raggiunge il suo scopo, ovvero far sentire il calore di trovarsi all’interno di una grande famiglia, unita e sempre pronta a scendere in campo. È un evento che con gli anni ha assunto una veste di tradizione, è un appun-tamento atteso dagli abitanti del quartiere Torricelli e al quale Cerignola risponde bene con una massiccia partecipazione da parte della cittadinanza, vissuta in tutta semplici-tà per ciò che vuole essere, un ritorno alla genuinità della vita semplice, basato sull’in-contro nell’agorà.

Tina Imbrice

La parrocchia, il territorioe il comitato di quartiere…“Un prodiGio SoCiale”

pretate in maniera superba da attori amatoriali. Essendo stata anch’io coinvolta nella realizza-zione di queste rappresentazioni posso confermare che l’apice dell’arricchimento, non è il mo-mento “dell’entrata in scena” ma è nella preparazione dello spettacolo (e penso di poter par-lare a nome di tutti i miei amici, che come me hanno condiviso questa esperienza). Divertenti sono stati i momenti delle prove, alcune delle quali prolungatesi a notte tarda, ma non per questo han reso la preparazione tedio-sa, anzi, si denotava la voglia di trasmettere al pubblico l’im-portanza del messaggio che si voleva comunicare. Per questa ragione l’interpretazione dei per-sonaggi ha innescato un mecca-nismo di continuo confronto con le proprie capacità introspettive, nel cercare di fare “proprio” il personaggio da interpretare, con tutte le sue sfaccettature, mettendo la maggior parte delle volte in secondo piano la propria personalità (e ammetto che non sempre è stato facile, ma solo grazie all’aiuto prezioso del par-roco/regista che si è riusciti ad interpretare il ruolo). Impersona-re vari soggetti tutti diversi, sia nel carattere che nella gestua-lità, mi ha permesso di “incon-trare” tante persone, ciascuna delle quali mi ha sempre messo di fronte ad una domanda: “e se fossi io al suo posto?” E ogni volta che rispondevo, io mi “ar-ricchivo” positivamene. L’espe-rienza teatrale mi ha insegnato che le luci della ribalta del palco-scenico della vita si accendono solo quando si decide di abban-donare gli abiti dell’Io per indos-sare gli abiti del Noi e che tutti recitiamo nello stesso copione dal nome VITA.

Floriana Tummolo

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“la Quaresima è tempo carico di storia, grazia e di salvezza, ma sembra svuo-

tarsi sempre più di senso in un mondo, il no-stro, distratto e disattento a quei perenni va-lori che hanno costituito le radici della nostra identità cristiana”. Sollecitati da queste paro-le dell’allora nostro Vescovo, Felice di Mol-fetta, nell’anno 2008, abbiamo pensato, come comunità parrocchiale, di dare vita a un set-tenario di catechesi e preghiera in onore alla Beata Vergine Maria Addolorata. Un sette-nario che si conclude con la processione del venerato simulacro nel Venerdì di Passione, a segnare l’inizio dei Riti della Settimana Santa della città di Cerignola. Da dove ha avuto ini-zio tutto ciò? Perché un settenario in onore alla Beata Vergine, in prossimità della Passio-ne, morte e Risurrezione di Gesù Cristo?La festività della Beata Vergine Maria Perdo-lente, già Maria SS. Addolorata, a Cerignola era un tempo curata dalla Congregazione di Santa Maria della Pietà, che aveva sede, in origine, in una cappella detta di S. Leonardo, attigua al vecchio ospedale. Questa Con-gregazione perpetuava la volontà del bene-fattore Pasquale Fornari, nel cui testamento prescriveva che nel Venerdì di Passione si sarebbe dovuta svolgere la processione della

Sacra Immagine della Pietà. Tuttavia nel 1831 la congregazione si trasferì nella chiesa di S. Antonio da Padova e successivamente, a causa di dissidi interni, fu sciolta e la tradizio-nale processione andò perduta. Fu poi il Ve-scovo Mons. Felice di Molfetta a riprenderne la storia, guidando la nostra comunità parroc-chiale a una tale richiesta e concedendo, in data 19 febbraio 2008, con un decreto vesco-vile “ad perpetuam rei memoriam”, la possi-bilità di celebrare il Settenario in onore alla Beata Vergine Maria sotto il titolo di Mater Dolorosa, ripristinando così una tradizione e conciliando la stessa con le attuali esigenze. Vescovo spinto a una tale scelta affinché “i fedeli cristiani del rione periferico ‘Torricelli’ abbiano a vivere l’esperienza della Pasqua di morte e risurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo attraverso le manifestazioni della Pie-tà Popolare, quale vero patrimonio di fede e devozione di nostra gente”. Il maestro d’arte Gaetano Russo, fece dono di una “Madonna vestita” alla Parrocchia San Leonardo il 28 febbraio 2008 perchè fosse venerata. Nella stessa data la statua fu portata nella Chiesa di S. Leonardo e fu subito esposta durante il Settenario della Addolorata che quell’anno iniziava il 7 marzo.

La processione attualmente ripropone il “Rosario dei sette dolori di Maria” ed è ca-ratterizzata dal particolare abbigliamento dei portantini della Madonna al pari delle dame, che indossano una cappa nera. Accompagna la processione la banda musicale, che ese-gue lo Stabat Mater, antica laude attribuita a Fra Jacopone da Todi, la cui base musicale è stata composta per l’occasione dal Maestro Salvatore Vivona. Proprio per porre maggiore attenzione al significato teologico di questa “rinnovata” tradizione, il Vescovo Mons. Fe-lice di Molfetta, decise nel Venerdì di Pas-sione dell’anno 2009, di definire la Madre di Gesù, venerata nella Chiesa di S. Leonardo Abate, come “Beata Vergine Maria Perdo-lente” (“Addoloratissima”). Una madre che per-dona, nonostante fosse colpita dal dolo-re. Da qui il nome “Per-dolente”. A distanza di otto anni, si è ormai affermato il culto per la B.V.M. Perdolente e accresce sempre di più il numero di fedeli che partecipano, non solo alla processione, ma all’intero Settenario.

Riccardo Monopoli

San leonardo: esortati nel cammino!

Tra fede, culto e tradizioniemerge la pietas popolare

Se c’è una comunità che può utilizzare l’e-spressione ‘’volgere lo sguardo indietro’’

non in senso negativo, ma al positivo, riferen-do a tutto ciò che di buono è stata in grado di costruire nel corso dei suoi primi 25 anni, come si è potuto descrivere nelle pagine pre-cedenti, questa è la comunità di San Leonar-do del quartiere Torricelli di Cerignola.Una comunità che ha saputo, fin dalle origini, incarnare nel suo modus vivendi et operandi, uno stile missionario e quindi col tempo, dive-nuta punto di riferimento di un intero quartie-re di periferia, troppe volte isolato per le tante situazioni di indigenza sociale e culturale.Anticipando quanto di propositivo anni dopo (nel 2004) avrebbe definito nel suo annuncio programmatico alle parrocchie la CEI, nella sua Nota Pastorale ‘’Il volto missionario della parrocchia in un mondo che cambia’’.‘’Famiglia di famiglie’’ questo ha saputo esse-re la comunità di San Leonardo, proprio ciò che richiedeva la suddetta Nota Pastorale.E oggi? Cosa deve fare ‘’ANCORA’’ questa comunità?Ad essere interpellati dagli interrogativi, sono due soggetti: da un lato le famiglie che già vi-vono pienamente la vita comunitaria e dall’al-tro, le famiglie che non ancora avvertono la consapevolezza nel loro essere cristiani, di far parte di questa ‘’grande famiglia’’.

Le prime devono appunto volgere in modo compiaciuto uno sguardo alle origini; guar-dare da dove sono partite e da cosa sono state mosse, ossia dalla condivisione di un progetto cristiano di comunione di vita e da quel punto di partenza, trovare sempre nuova linfa nella Parola del Signore per continuare ad essere terreno buono su cui seminare, terreno fertile in cui prospera la Parola e ge-nera nuova vita nella Chiesa, solida roccia su cui continuare ad edificare.A loro è chiesto di proseguire nell’accoglien-za cordiale e gratuita perché nessuno si sen-ta escluso, adempiendo cosi a quell’opera di evangelizzazione che è comunicazione della fede da credente a credente, da persona a persona; solo cosi si potrà essere testimoni di una fede convinta e non apparente ed è da questa testimonianza coerente che dipende la credibilità di un’intera comunità. Solo in questo modo si potrà essere ‘’Chiesa che si ascolta per uscire in ascolto del prossimo’’, in conformità a quanto discusso nel recente Convegno Diocesano. Alle seconde spetta con sollecitudine, riacquisire la coscienza dell’essere cristiani e vivere la propria fede non distaccata dal contesto comunitario. Non si può essere cristiani isolati! Essere cristiani implica il darsi all’altro e quindi, dove questo può avvenire? Solo all’in-

terno di una comunità e all’interno di essa, mettere sempre al centro del proprio servizio, Gesù Cristo e nient’altro! Vivere dunque la Grazia della fede, (che non va dimenticato è un dono!) in maniera piena, alimentandola e nutrendola con la Parola del Signore soprattutto partecipando con i figli, all’Eucarestia nel giorno del Signore, la Domenica. Non da ultimo, per creare questi presupposti di fervore spirituale, urge un’atti-vità pastorale formativa, confacente all’evol-versi dei tempi e diretta in modo particolare agli adulti, non avendo timore dei numeri!, ma con coraggio avviare questo processo di rifondazione di una fede troppe volte svilita. «Cristiani non si nasce, si diventa», ha scritto Tertulliano.Dunque, è dalle famiglie che si è iniziato, è alle famiglie che è chiesto di proseguire nel cammino dell’essere Chiesa, accomunate dall’ Unico e Vero fondamento di comunione di vita, Gesù Cristo! che ‘’…ha amato la chie-sa come sua sposa dando se stesso per lei al fine di santificarla…’’ (Ef 5,25-26).Con coscienza rivalutare l’oggi, per affron-tare il domani, con la certezza che saremo sempre guidati dall’Altissimo.Buon anniversario e Buon cammino, comuni-tà di San Leonardo!

Francesco Buchicchio


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