2
PARTE I: TUNISIA
1. Inquadramento generale
5
1.1 Tunisia, uno stato nel Nord Africa
5
1.2 Tunisia, uno stato del Nord Africa
6
1.3 Tunisia, uno stato in Nord Africa
7
2. Indagine storico - politica
10
2.1 Dalla fondazione al periodo islamico
10
2.2 Dal colonialismo all’indipendenza
11
2.3 La costituzione della Repubblica … di Bourguiba
12
2.4 La presidenza di Ben Alì, la “primavera araba” e la “rivoluzione dei gelsomini”
14
3. Urbanistica e Architettura
16
3.1 Il concetto di pianificazione urbana tunisina e la legislazione urbanistica nazionale
16
3.2 L’organizzazione spaziale del territorio: i ruoli dei centri urbani
17
3.3 Le politiche urbanistiche tunisine
18
3.3.1 Gli anni ’60 e ’70: la formazione di organi competenti
18
3.3.2 Gli anni ’80 e gli studi sulla politica di recupero urbano
19
3.4 L’elemento base e lo spazio pubblico: la casa, la moschea, i suq, gli hammam… la città islamica
21
3.5 Gli Slum e i progetti Upgrading
25
4. Cooper(iamo)azione
28
4.1 Cooperazione allo sviluppo Tunisia-Italia
28
4.2 Cooperazione Transfrontaliera e Politica Europea di Vicinato
29
4.3 Cooperazione Internazionale, UNDP e Millennium Goals
30
3
PARTE II: SFAX
5. Da Sfax Gouvernatourat a Sfax Ville
34
6. Indagine storica: dalla fondazione ad oggi
36
7. La storia dell’urbanistica attraverso lo studio delle mappe
37
7.1 La Medina: il primo agglomerato urbano
37
7.2 La prima espansione fuori le mura: le faubourg de le Sfaxienne
42
7.3 La colonizzazione francese: la Ville Européenne
43
7.4 Il Porto, la Ferrovia e i numerosi cambiamenti
45
7.5 La seconda guerra mondiale: distruzione e ricostruzione
46
8. Da Sfax Ville a Grand Sfax: l’espansione urbana e lo sprawl
49
8.1 La gestione del territorio urbano nel ventennio 1970 - 1990
49
8.2 La “diffusione” di espansione urbana, o in altre parole sprawl
51
8.3 Forme di espansione e periferie diverse
52
8.4 La casa è una ricchezza, la casa dà sicurezza!
54
Bibliografia
56
Sitografia
56
6
1. Inquadramento generale
1.1 Tunisia, uno stato nel Nord Africa
La Tunisia, ufficialmente: Repubblica Tunisina (in arabo ة جمهوري ية ال س تون -ovvero "al-Jumhūriyya al ,ال
Tūnusiyya"), è uno Stato situato nel Nord Africa bagnato dal mar Mediterraneo e confinante con l'Algeria ad
ovest e la Libia a sud e a est.
E’ il più orientale e il più piccolo dei tre Stati disposti lungo la catena montuosa dell'Atlante, con una superficie
di 163.610 km² e una densità abitativa di 66 ab./km².
È anche uno degli Stati del Maghreb, come la Mauritania, il Marocco, l'Algeria e la Libia.
La sua capitale è Tunisi , nel nord del
paese che possiede 1.200.000 ab circa1.
Il 40% della sua superficie è occupato
dal deserto del Sahara, mentre gran parte
del territorio restante è composto da
terreno particolarmente fertile e circa
1.300 km di coste.
Il paese possiede una rete idrografica
scarsamente sviluppata. Il fiume più
importante è il Megerda, lungo 365 km che
nasce in Algeria ma si snoda per ¾ del suo
percorso in territorio tunisino prima di
sfociare a nord di Tunisi. Nella fertile vallata del Megerda si concentrano le attività agricole del paese. Unico
bacino lacustre dolce di rilievo è il lago di Biserta, mentre nel sud desertico sono presenti i due laghi salati
di Chott el-Jerid e Chott El Gharsa; i loro bacini sono per parte dell'anno asciutti o al più fangosi e ricoperti di
sale, per cui più che laghi veri e propri sono dei deserti di sale (sabkha).
Il clima si presenta mediterraneo sulle coste, con inverni miti e umidi ed estati calde e secche, mentre è di tipo
semi-desertico o desertico nell'interno, con temperature estive molto elevate (fino a 45-47 °C)
e precipitazioni scarse.
La Tunisia è suddivisa in 5 regioni (minṭaqa ) con 24 province che prendono il nome dalle città capoluogo.
Ciascuna provincia è retta da un governatore nominato dal Presidente. Le province sono a loro volta suddivise
1 Dati aggiornati al 2012, fonte www.gov.tn
Figura 1 _ Paesi del Maghreb
Figura 1 _ Tunisia: confini amministrativi, carta della morfologia, rete stradale, ortofoto
7
in "delegazioni", che raggruppano diversi comuni o "consigli rurali". La più piccola suddivisione amministrativa
è l'ʿimadat. Le città principali sono la capitale Tunisi, importante centro economico amministrativo e
turistico, Hammamet, Tabarka, Susa, importanti città turistiche e bagnate dal mare, Sfax centro
industriale, Qayrawan (Kairouan), la capitale religiosa, Biserta, Gabès, Tozeur, ultima città prima del deserto,
e Douz (detta anche "la Porta del Deserto").
1.2 Tunisia, uno stato del Nord Africa
Posizionata in un punto strategico per i commerci mediterranei, la Tunisia è stata sempre oggetto di ondate
migratorie che hanno visto passare berberi, fenici, romani, barbari, arabi, turchi e francesi.
Questo mix etnico che la caratterizza da sempre si è venuto a poco a poco arricchendo delle influenze di
questi e di altri popoli.
Oggi la Tunisia è abitata da 10.480.934 persone per la maggioranza arabi; vi sono tuttavia anche minoranze
berbere, ed europee, costituite principalmente da francesi (22.000 nel 2011) e italiani (oltre tremila nel 2011)2.
Molti tunisini sono residenti all’estero, circa 1 milione, la maggior parte dei quali in Europa, principalmente in
Francia ed in Italia. Il fenomeno dell’immigrazione è molto diffuso e le cause principali vanno ricercate nella
situazione economica, politica e di sviluppo del Paese che non riesce a garantire lavoro a tutti i suoi abitanti.
Anche la religione e la cultura hanno favorito il fenomeno di immigrazione soprattutto femminile, spinta da
attiviste che rivendicano i diritti per le donne; come
Amina Tyler, una giovane tunisina che a marzo fece
scalpore in tutto il mondo islamico per la
pubblicazione di alcune foto che la ritraevano a
seno nudo con la scritta “il mio corpo mi appartiene,
non rappresenta l’onore di nessuno”.3
Nonostante vi sono diverse critiche e opposizioni
timide alla cultura islamica, la religione è abbastanza
diffusa in Tunisia e l'Islam è la religione di stato. Vi è
anche una piccola comunità ebraica nell'isola di Jerba e di cattolici con un numero di fedeli intorno ai 20.000.
Le tradizioni e le feste religiose sono molto sentite dai tunisini che partecipano numerosi alle manifestazioni e
alla vita religiosa. Il periodo di festività maggiore
corrisponde nel momento del Ramadan, quando tutti i
credenti digiunano dall'alba al tramonto: in questo periodo i
negozi sono chiusi e le strade deserte assumono un'aria
quasi surreale. Dopo il tramonto la città si rianima con
momenti di festa e preghiera. La fine del Ramadan si
festeggia con l'evento Aid al-Fitr (o piccola festa), invece la
festa più importante del calendario islamico è (o festa
grande) detta anche festa del sacrificio: si onora il miracolo
di Allah che sostituì il figlio di Abramo con un montone
durante il sacrificio. La festa a Maometto, invece, è Aid-
Milad-an-Nabi, altro appuntamento fisso per i musulmani.
2 Fonte dati www.geospatial.com 3 Tunisia una campagna per liberare Amina, «la Repubblica», 26 maggio 2013
Figura 2 _ Pagina Facebook di Amina Tyler
Figura 3 _ Momento di preghiera nel periodo del
Ramadan
8
Grazie soprattutto al forte impegno dell'ex presidente socialista laico Habib Bourguiba, la condizione della
donna in Tunisia è migliore rispetto a qualsiasi altro paese del mondo islamico. Bourguiba vietò la poligamia,
pose fine al divorzio per semplice ripudio e impose limiti alla tradizione di combinare i matrimoni, stabilendo
l'età minima per il matrimonio a 17 anni per le donne e dando loro il diritto di rifiutare eventuali proposte.
Il paese, oggi, è praticamente bilingue: l'arabo è la lingua ufficiale, ma quasi tutti parlano almeno un po' di
francese. Il francese era la lingua dell'istruzione nei primi anni del governo di Bourguiba ed è tuttora insegnato
nelle scuole a partire dai sei anni. La lingua berbera, il chelha, è parlata unicamente nei villaggi isolati.
Gli hammam (bagni pubblici) costituiscono uno dei punti focali della vita tunisina, così come nel resto
dell'Africa settentrionale e del Medio Oriente, e non sono considerati solamente come un luogo per la pulizia
ma anche come un luogo per rilassarsi e socializzare. Ogni città ha almeno un hammam, con aree separate
per gli uomini e per le donne, a volte addirittura in edifici distinti.
Nella cultura tunisina troviamo anche interessanti forme artistiche che sono, come tutte le città del
Mediterraneo, improntate dalle diverse culture che l’hanno dominata.
Per la musica c’è il Malouf, che significa 'normale', è una forma musicale di stile arabo tradizionale che è
diventata una sorta di istituzione nazionale in Tunisia.
I mosaici sono un’altra icona della cultura tunisina. Questi risalgono
soprattutto al periodo compreso tra il II e il VI secolo d.C. e
provengono per la maggior parte da case private e bagni pubblici,
grazie al clima caldo e asciutto del paese, si sono conservati in ottimo
stato fino ai giorni nostri. La pittura, introdotta per la prima volta dai
francesi, è oggi un'arte ben affermata a Tunisi, con stili che spaziano
dalle forme geometriche di Hédi Turki alle intricate e armoniose
calligrafie arabe di Nja Mahdaoui. Le moderne gallerie d'arte si
trovano soprattutto nell'area di Tunisi e, in modo particolare, nel
paradiso degli artisti di Sidi Bou Saïd4.
Anche la cucina è molto legata alle tradizioni e all’ecletticità di questo Paese, il piatto nazionale tunisino è il
'couscous', che, insieme al pane, costituisce la base della dieta quotidiana. Insieme al couscous troviamo
anche altri piatti tipici che sono frutto dell’abilità delle donne e dei prodotti tipici locali che offre il territorio: il
'briq', un involucro di pasta friabile farcita in vari modi e
fritta; 'chorba bil djej', un denso brodo di pollo;
'kammounia', stufato di carne insaporito con abbondante
cumino; 'lablabi', minestra di ceci; la 'baklava' è un dolce
farcito con nocciole e miele5.
1.3 Tunisia, uno stato in Nord Africa
La popolazione tunisina è cresciuta rapidamente negli ultimi settant’anni, dai 2.100.00 abitanti nel 1921 ai
3.231.00 (+54%) nel 1946, saliti a 9.673.000 nel 2000 e 10.500.000 circa oggi. Tale crescita è dovuta alla
diminuzione della mortalità, malgrado l’esodo degli europei e i forti flussi emigratori. Pur con una mortalità
infantile alta (25,8%o), la speranza di vita è di 72 anni, e con alfabetismo del 29% la Tunisia si colloca tra i
4 Fonte: www.paesionline.it/africa/tunisia/cultura.asp 5 Fonte www.sahara.it
Figura 4 _ Mosaici, Arco di Bab el
Bahari, Tunisi
Figura 6 _ Piatto tipico
tunisino, Couscous
Figura 5 _ Piatto tipico
tunisino, Briq
9
paesi a sviluppo umano intermedio. Nelle città la popolazione tende ad addensarsi nelle regioni del nord e
dell’est, e nel distretto della Grande Tunisi dove vive circa il 20% della popolazione6.
Negli ultimi anni, però, l’attrazione esercitata dalla capitale sembra essersi attenuata a favore di un
rafforzamento degli altri centri della costa orientale.
Fra le altre città del paese grande sviluppo ha avuto l’industriale Sfax, seguono per importanza Biserta, centro
portuale, Gabès, recente polo di sviluppo industriale, Susa, Djerba (nell’isola omonima, situata nel golfo di
Gabès) e, nel centro, Kairouan, quarta città santa dell’Islam e prima città araba fondata nel Maghreb.
L’economia tunisina si basa essenzialmente sull’agricoltura (si ricorda la produzione ed esportazione dell’olio
d’oliva di cui la Tunisia è il quarto produttore mondiale), sullo sfruttamento di risorse minerarie (come i fosfati
e il petrolio) e sul turismo.
L’industria si concentra prevalentemente nel settore della trasformazione dei prodotti agricoli e minerari. Negli
anni ’60 la Tunisia imboccò un modello di sviluppo in chiave nettamente socialista basato sull’intervento diretto
dello stato a sostegno dell’industrializzazione e dello sviluppo agricolo.
In seguito tuttavia fu dato ampio spazio agli investimenti stranieri e all’iniziativa privata, invece dopo il 1965 il
turismo fu individuato come settore trainante.
L’agricoltura rimane comunque l’attività principale che vede il persistere delle tecniche tradizionali e
l’affiancamento dell’agricoltura moderna. Il settore tradizionale dei piccoli coltivatori riscontra delle difficoltà
sull’incostanza delle rese a causa della variabilità climatica, cui si cerca di far fronte estendendo le aree
irrigue. Arativi (destinati soprattutto alla cerealicoltura) e colture arborescenti coprono il 30% del territorio, prati
e pascoli il 19%, foreste e boschi il 4%. Molto rilevanti per le esportazioni sono l’olivicoltura, la viticoltura, la
frutticoltura e l’orticoltura (soprattutto pomodori).
L’allevamento è prevalentemente ovino e caprino. Dagli anni ’80 grande sviluppo ha conosciuto anche la
pesca, diventata un settore importante per le esportazioni.
I giacimenti di fosfati si trovano presso Gasfa e Kaalat Djerda.
A partire dal 1964 sono sfruttati anche giacimenti petroliferi, situati a El Bourma, a Douleb e nel golfo di
Gabès. Vi sono anche ampie riserve di gas naturale.
La politica dei poli di sviluppo ha condotto alla creazione di una serie di impianti con lo scopo di attenuare la
concentrazione su Tunisi, principale sede industriale del Paese, e valorizzare localmente le materie prime.
Il settore turistico che ha registrato un notevole sviluppo dopo gli anni ’60 e ha fruito di consistenti investimenti
soprattutto per le aree balneari e per il deserto del Sahara. I principali centri balneari lungo le coste sono:
Tabarka, Diserta, Gamarth, Gabès, Djerba e Susa.
6 Fonte www.tunisie.online.fr
Figura 7 _ Uliveti Figura 8 _ Trivellazioni
petrolifere
Figura 9 _ Strutture balneari
10
Il commercio estero della Tunisia è rivolto soprattutto verso i paesi della UE, con cui nel 1995 è stato firmato
un trattato di libero scambio che prevede l’eliminazione di ogni barriera doganale entro 12 anni. Si esportano
prodotti tessili ed agricoli e petrolio.
Oggi lo sviluppo economico tunisino è colpito dalla crisi economica mondiale ma risente soprattutto degli
avvenimenti politici recenti: negli anni di maggior fortuna Ben Alì (presidente della Tunisia dal 1987 al 2011)
aveva dato impulso alle finanze della Tunisia grazie ad una serie di sgravi fiscali, al credito industriale e ai
finanziamenti al dettaglio, all’apertura verso l’investimento estero e alla progressiva riduzione dei dazi. Tuttavia
la crescita del Pil si disperdeva tra le pieghe di un sistema corrotto in cui il benessere economico rimaneva alle
istituzioni. Allo stesso tempo vi era un progressivo indebitamento delle famiglie che favoriva l’erosione della
classe media.
Dopo i moti rivoluzionari si cerca di rovesciare tutti gli asset istaurati dal dittatore, ma vi è ancora molta strada
da fare e il nuovo governo non riesce ad attuare delle politiche di rilancio economico. Continuano ad ampliarsi
le sacche di disoccupazione, soprattutto quella giovanile con tasso medio nazionale del 17%.
Il Pil nel 2011 è di $101.7 miliardi con un tasso di crescita dello 0% rispetto al 2010; nel 2012 è aumentato il
deficit commerciale portando così il rapporto Deficit/Pil a crescere fino al 7,5%. Inoltre la flessione del settore
minerario, causata anche dal protrarsi di sit-in e scioperi nelle aree cruciali del Sud - Ovest, l’incompiuto
bilancio del turismo nel paese e l’alto tasso d’inflazione, stanno causando un costante deterioramento della
situazione7.
7 Fonte www.tunisie.online.fr
11
2. Indagine storico - politica
2.1 Dalla fondazione al periodo islamico
La Tunisia è stata abitata fin dalla preistoria: la presenza umana è documentata fin dal paleolitico. I suoi primi
abitanti noti furono le tribù berbere (sedentarie) che per secoli si scontrarono con gli arabi nomadi. Il rapporto
fra queste due culture, sul piano del potere politico, è stato sempre squilibrato e ancora tutt’oggi vi è una
piccola minoranza di berberi nonostante il paese sia completamente arabo.
Nel 814 a.C. fu fondata Cartagine per mano dei fenici; dopo le Guerre Puniche passò sotto la conquista
romana, dove conobbe un periodo di grande prosperità: si sviluppano l'agricoltura e l'urbanizzazione. Alla fine
del IV secolo a.C. Cartagine raggiunge la sua massima potenza, controllando il commercio marittimo nel
Mediterraneo occidentale e possedendo Malta, Sicilia occidentale, Sardegna, Corsica, Baleari, Andalusia.
Tra il 264 a.C. - 146 a.C. corsero 120 anni di guerra contro Roma, le tre guerre puniche, in cui alla fine, i
cartaginesi sono sconfitti e Cartagine viene distrutta. Così il territorio cartaginese diventa la Provincia Africa,
prima colonia romana al di là del Mediterraneo, con capitale Utica. Cartagine risorge romana grazie
a Cesare e con Augusto torna capitale della provincia; il paese conosce una grande prosperità fondata sulla
produzione di grano e olio e sul ruolo di terminale della tratta degli schiavi neri.
Nel I secolo si diffonde il Cristianesimo anche se viene fortemente contrastato. Tuttavia riesce ad imporsi
come religione e come cultura e già a metà del III secolo Cartagine diviene una delle capitali del cristianesimo
occidentale (latino).
Nel 439 i Vandali di Genserico occupano incontrastati prima Ippona e poi Cartagine e con esse tutta la
provincia, instaurando un regno esteso da Ceuta a Tripoli. Nascono i conflitti tra Cristiani e popolazione
autoctona (romana o berbera romanizzata). Quest’ultima viene spesso perseguitata ma tiene viva la cultura
latina nonostante ormai la caduta prossima dell’Impero Romano d'Occidente (476). Nel 533 il
generale Belisario dell'Impero Romano d'Oriente, sconfigge i Vandali per conto
dell'imperatore Giustiniano dando inizio a 150 anni di dominio bizantino. I Vandali vengono deportati a est
Figura 10 _ Le colonie Fenicie dell'800 a.C.
12
come schiavi. I bizantini non sono però capaci di integrare i berberi e la loro cultura (inclusa la tradizione
ecclesiale latina anziché greca) nelle istituzioni dell'Impero d'Oriente, provocando uno stato quasi endemico di
guerriglia.
A metà del VII secolo inizia la penetrazione degli arabi e della loro nuova religione, l'Islam. Sono necessarie
ben sei spedizioni per strappare il paese ai Bizantini e insediarvisi stabilmente, spezzando anche la resistenza
dei berberi. Proprio nel 670 gli invasori arabi fondano Qayrawan (francesizzata in Kairouan). Con la
conversione dei berberi all'Islam (702), la conquista diviene politicamente irreversibile e l'antica Provincia
Africa diviene Ifriqiya nella lingua dei nuovi dominatori. Malgrado il popolo berbero avesse adottato la religione
degli invasori, non fu mai disposto ad accettarne il dominio, tanto da aderire in massa al Kharigismo e a
iniziare una serie di rivolte che durarono fino all'arrivo dei Turchi Ottomani.
Dopo la dinastia degli Aghlabidi, soggetta ai califfi sunniti (IX secolo), proprio l'Ifriqiya vede la nascita (909)
della dinastia sciita dei Fatimidi (fondatori arabi di Mahdiya, l'attuale Mahdia), loro prima capitale (nel 921), che
poi occuperà anche l'Egitto, dove si trasferirà (972) lasciando il potere locale alla dinastia berbera degli Ziridi,
che mirando all'autonomia dei berberi rompono con i Fatimidi nel 1048 ma vengono sconfitti nel 1053. Solo a
partire da questa data l'arabo comincia a prevalere sul berbero.
Nella prima metà del XII secolo le città della costa sono occupate dal Regno di Sicilia. Nel 1159-1160 tutta la
regione cade sotto il dominio degli Almohadi, berberi provenienti dal Marocco e dall'Algeria, che unificano tutto
il Maghreb. Tuttavia, già nel 1228 se ne rende autonoma la dinastia berbera degli Hafsidi, che regnerà fino
al XVI secolo, quando, in risposta alle crescenti pressioni del Regno di Spagna, si realizza gradualmente la
conquista da parte dei Turchi Ottomani.
Nel 1574 la Tunisia è annessa all'Impero ottomano; tuttavia, gli ottomani saranno sempre pochi e costretti a
delegare il potere amministrativo a notabili locali, riservandosi l'autorità militare. Nel 1705 viene fondata la
dinastia Husaynide (o Husseinide), il cui esponente regnerà come Bey di Tunisi fino al 1957.
2.2 Dal colonialismo all’indipendenza
Dal 1881 al 1956 la Tunisia, pur formalmente retta dal Bey, è soggetta al protettorato francese. Il 12
maggio 1881 viene firmato il
Trattato del Bardo: la Francia,
che già da 50 anni dominava l’
Algeria, batte sul tempo le mire
dell'Italia, che contava la colonia
europea più numerosa.
Il protettorato francese mira a
investire nello sfruttamento delle
risorse naturali (agricole e
minerarie) e quindi a sviluppare
le reti di trasporto (stradale,
ferroviario e navale).
La resistenza anticoloniale dura
praticamente per tutti i 75 anni di dominazione francese, alimentata e poi diretta dagli allievi delle prime scuole
e università moderne. A guidare i moti anticolonialismo era il Partito della Libera costituzione (Ḥizb al-Ḥurr al-
Dustūrī), detto anche Destour (Dustūr in turco e in arabo significa "Costituzione"), fondato nel 1920, poi
Figura 11 _ Colonialismo in Africa
nel 1885
Figura 12 _ Colonialismo in Africa
nel 1915
13
soppiantato dal più radicale Néo-Destour, fondato nel 1934 (che dal 1964 diventa il Partito socialista
costituzionale); nel 1938 il governo francese proclama lo stato d'assedio.
La seconda guerra mondiale coinvolge la Tunisia dal giugno 1940 al maggio 1943. In seguito alla sconfitta
francese da parte della Germania hitleriana, in base al Secondo armistizio di Compiègne (22 giugno 1940) la
Tunisia fa parte del regime di Vichy. Dall'ottobre-novembre 1942 la Tunisia viene occupata dai tedeschi e dagli
italiani in ritirata pressati dall'8ª Armata britannica proveniente dall'Egitto e dalle divisioni americane
provenienti dal Marocco. L'11-13 maggio 1943 le forze dell'Asse, comandate dal generale italiano Messe, in
assenza di rifornimenti e rimpiazzi e circondate da soverchianti forze nemiche, si arrendono a Capo Bon. Nel
1954 il primo ministro francese Pierre Mendès-France si impegna, in un discorso a Cartagine, a riconoscere
l'autonomia tunisina. Tahar Ben Ammar del Destour diviene Gran Vizir di Tunisi. Così l’anno seguente
vengono firmate delle convenzioni Francia - Tunisia da Mendès-France e Ben Ammar che inaugurano così
l'autonomia tunisina. Solo il 20 marzo 1956 il Trattato del Bardo viene abrogato e quindi la Tunisia viene
dichiarata indipendente. Alle elezioni dell'8 aprile il Néo-Destour ottiene il 95% dei voti e Habib Bourguiba del
Néo-Destour diviene Primo ministro.
Il 3 agosto la Tunisia abroga il doppio regime (coranico e civile) nei tribunali; progressivamente farà lo stesso
nelle scuole. Il 13 agosto è approvato il Codice dello statuto della persona (CSP), che emancipa le donne
(divieto della poligamia, necessità di un'età minima e del reciproco consenso per il matrimonio, abolizione del
dovere di obbedienza della sposa, sostituzione del divorzio al ripudio, solo maschile). Cinque mesi dopo è
vietato l'uso dell'hijab nelle scuole e sette mesi dopo alle tunisine è pienamente riconosciuto il diritto di voto.
Il 25 luglio 1957 viene proclamata la Repubblica e viene eletto un consiglio costituzionale che attribuisce ad
Habib Bourguiba l’incarico di Presidente della Repubblica.
2.3 La costituzione della Repubblica … di Bourguiba
Padrone indiscusso della scena politica tunisina Bourguiba indirizza il
governo alla realizzazione dei programmi dichiarati relativi al completamento
della sovranità nazionale e alla modernizzazione della società. Le principali
componenti dello Stato e della società sono "tunisinizzate", come l'apparato di
sicurezza, la magistratura, gli organi di informazione, l'apparato diplomatico e
l'amministrazione. I nuovi corpi dei governatori e dei delegati sono creati e i
funzionari francesi sostituiti da tunisini. Anche se l'Islam resta la religione di
Stato, il potere dei capi religiosi è ridotto. L'indipendenza monetaria è
realizzata nel 1958 con l'istituzione della Banca centrale tunisina e la messa
in circolazione del dinaro tunisino. Per combattere l'analfabetismo un decreto
del 4 dicembre 1958 promulga l'istituzione di una "scuola nuova, moderna,
unificata, gratuita e universale”.
Anche se gli obiettivi più ambiziosi della riforma scolastica non sono realizzati
nei tempi previsti, i risultati sono positivi poiché la scuola diventa onnipresente
anche nelle zone più periferiche.
Poco dopo l'indipendenza, un contenzioso, noto come "crisi di Biserta" oppone Tunisia e Francia a proposito
del porto omonimo. In effetti l'antica potenza coloniale conserva questa base navale strategica per mantenere
la sua influenza sul Mediterraneo meridionale. Nel 1961 la Tunisia rivendica la restituzione del porto di Biserta.
La reazione militare francese è estremamente ferma. La crisi produce circa un migliaio di morti, quasi tutti
tunisini. Ma la Francia deve infine cedere la base il 15 settembre 1963.
Figura 13 _ Habib Bourguiba,
presidente della Tunisia dal
1957 al 1987
14
Nel 1962-63 nasce il "socialismo desturiano": nel 1962 il Consiglio
Nazionale del Neo-Dustur proclama l'adozione del socialismo e
nel 1963 il Neo-Dustur adotta il regime del partito unico, che
assume rinominandosi in Partito socialista desturiano. Queste due
decisioni avvicinano la Tunisia al modello politico dei regimi
totalitari dell'Europa dell'est. Lo Stato diventa principale
responsabile del destino economico, sociale e politico del Paese e
la libera iniziativa privata è ridotta al minimo. Il partito fagocita
tutte le organizzazioni e associazioni indipendenti.
Sostenuto da Bourguiba, il primo ministro si consacra
all'applicazione del suo programma economico e sociale. Nel 1964 le terre dei coloni francesi sono
nazionalizzate. Tuttavia questa politica non ottiene i successi sperati. La politica socialista viene quindi
abbandonata e Ben Salah perde le grazie di Bourguiba. Il Consiglio della Repubblica, allora il più alto organo
politico del Paese, decide l'abbandono della collettivizzazione nel 1969.
Ben Salah è espulso dal partito e sottomesso a processo davanti all'Alta Corte che verrà condannato a 10
anni di carcere.
Dopo un periodo di pausa Bourguiba nomina Hédi Nouira, conosciuto per la sua opposizione alle politiche di
collettivizzazione, come primo ministro. Il nuovo governo tenta così di rilanciare,
con investimenti mirati da parte dello Stato, l'iniziativa privata; si cercano di
attirare anche gli investimenti esteri producendo una timida ripresa economica.
Si ottengono infatti un accrescimento del ritmo della produzione e la
realizzazione di un vero slancio economico, grazie anche all'aumento del prezzo
degli idrocarburi (un cardine dell'economia tunisina) e del susseguirsi d diversi
anni piovosi che favorirono la produzione agricola. Ma, quando il corso del
petrolio e le piogge cessarono di essere favorevoli, le incidenze negative della
politica liberale di Nouira hanno conseguenze pesanti sul piano degli squilibri
sociali. La timida ripresa è seguita da una crisi profonda, che tocca tutte le
sfaccettature della società tunisina. Entrano in crisi: le università con agitazioni e
tensioni sfociati poi negli avvenimenti noti come i moti del ‘68 e uno stato di crisi
profonda che dura fino alla metà degli anni ottanta; il sistema sindacale che
entra in scontro col governo e vede il culmine con lo sciopero generale del 26 gennaio 1978; il sistema politico
aggravato dalla lotta per la successione a causa della malattia di Bourguiba . I movimenti di opposizione
politica fioriscono negli anni settanta e il regime autocratico non riesce ad adattarsi. Bourguiba si rifiuta
continuamente ad ammettere il pluralismo politico. Il tutto culmina in una rivolta armata nella regione
di Gafsa nel 1978 e nel 1980. In seguito a questi avvenimenti il primo ministro Nouira rassegna le dimissioni.
Questa situazione favorisce l'avanzata dell'islamismo, che porta il paese quasi ad una situazione di guerra
civile. Nel 1983-84 le "rivolte del pane" fanno 70 morti. Nel 1986 il Paese passa attraverso una grave crisi
finanziaria. Sul finire dell'era Bourguiba, all'interno del governo assume un rilievo sempre più importante la
figura del generale Zine El-Abidine Ben Ali, Primo ministro dal 1º ottobre che, il 7 novembre 1987 depone il
presidente Bourguiba con un colpo di Stato "medico", favorito fra l'altro dall'Italia.
Figura 14_ Hamed Ben Salah, Primo
Ministro della Tunisia dal 1961 al 1969
Figura 15 _ Hédi Nouira,
Primo Ministro della
Tunisia dal 1970 al 1980
15
2.4 La presidenza di Ben Alì, la “primavera araba” e la “rivoluzione dei
gelsomini”
Zine El-Abidine Ben Ali si proclama figlio spirituale del suo
predecessore e avvia un timido processo di democratizzazione:
abolisce la carica di presidente a vita, instaura un'età massima
di 65 anni per presentarsi alle elezioni presidenziali, limita a tre,
e di durata quinquennale, i mandati massimi del Capo di Stato
(queste restrizioni vennero in seguito abrogate per favorire la
rielezione di Ben Ali), legalizza parzialmente le associazioni e i
partiti politici.
Sul piano economico e sociale riesce a modernizzare il Paese,
che raggiunge una prosperità non comune rispetto all'Africa e al
mondo arabo. Ben Ali inoltre reprime severamente l'islamismo: il
partito Ennahda, che aveva ottenuto un ottimo risultato alle elezioni legislative del 1991 (non riuscendo ad
eleggere comunque nessun parlamentare a causa della legge maggioritaria), è messo fuori legge e centinaia
di islamisti sono processati e condannati a pene pesanti. Nel 1994 si svolgono le prime elezioni legislative che
garantiscono ai partiti d'opposizione una quota di seggi in parlamento, ma Ben Ali resta l'unico candidato alla
Presidenza (confermato nel1999 e nel 2004). Moncef Marzouki, fondatore nel 2001 del partito Congresso per
la Repubblica, il quale aveva annunciato la sua candidatura all'elezione presidenziale nel 2004 ma la cui
candidatura era stata impedita, protesta ed è imprigionato per diversi mesi.
Nel 2009 una nuova riforma costituzionale apre ai dirigenti dei vari partiti politici la possibilità di candidarsi alla
Presidenza, ma le elezioni pluraliste di quell'anno vedono ancora il trionfo di Ben Ali rieletto per la quinta volta.
Il 17 dicembre 2010 Mohamed Bouazizi, un ambulante maltrattato da
parte della polizia, si dà fuoco davanti al palazzo del Governatorato di
Sidi Bouzid; questo gesto è servito da scintilla per l'intero moto di rivolta
che si è poi tramutato nella cosiddetta "rivoluzione dei gelsomini". Per le
stesse ragioni, un effetto domino si è propagato ad altri paesi del
mondo arabo e della regione del Nord Africa. Proteste che in parte
proseguono ancora oggi sotto il nome dato dai media occidentali di
“primavera araba” che vede delle vere e proprie rivolte nelle regioni del
Medio Oriente e del vicino Oriente, oltre al già citato Nord Africa che ha
visto la deposizione di ben quattro capi di stato: in Tunisia Zine El-Abidine Ben Ali il 14 gennaio 2011, in
Egitto Hosni Mubarak l'11 febbraio2011, in Libia Muammar Gheddafi che, dopo una lunga fuga da Tripoli a
Sirte, è stato catturato e ucciso dai ribelli il 20 ottobre 2011e in Yemen Ali Abdullah Saleh il 27 febbraio 2012.
In questo quadro, la “rivoluzione dei gelsomini”è stata una delle più efficaci del mondo arabo che ha portato
alla caduta del vecchio regime. Le cause sono molteplici e derivano tutte dal cattivo governo di Ben Alì che si
è imposto in modo dittatoriale causando disoccupazione, rincari alimentari, corruzione e cattive condizioni di
vita. Le proteste, iniziate nel dicembre 2010, costituiscono la più drammatica ondata di disordini sociali e
politici in tre decenni e hanno provocato decine di morti e feriti per i tentativi di repressione.
Quello di Mohamed Bouazizi è l’inizio di moti che venivano portati avanti soprattutto dai giovani e dalle
università che non solo contrastavano la crescente situazione di povertà del Paese dovuta alla corruzione
della dittatura di Ben Alì ma traspariva una profonda insoddisfazione per la mancanza di libertà di
espressione, per il bavaglio imposto alla stampa e per il clientelismo sempre favoriti dal governo di Ben Alì.
Figura 16 _ Zine El-Abidine Ben Ali,
Presidente della Tunisia dal 1987 al 2011
Figura 17 _ Mohamed Bouazizi,
ambulante suicidatosi durante i moti
di rivolta
16
Così il 27 dicembre il movimento di protesta si diffonde anche
a Tunisi, dove giovani laureati disoccupati manifestano per le strade
della città e vengono colpiti dalla mano pesante operata dalla
polizia. Nonostante un rimpasto di governo il 29 dicembre, le rivolte
nel paese non si placano e il 13 gennaio il presidente tunisino Ben
Ali in un intervento sulla tv nazionale si impegna a lasciare il potere
nel 2014 e promette che garantirà la libertà di stampa. Il suo
discorso però non calma gli animi e le manifestazioni
continuano. Meno di un’ora dopo decreta lo stato d’emergenza e
impone il coprifuoco in tutto il Paese. Poco dopo il primo ministro
Mohamed Ghannouchi dichiara di assumere la carica di
presidente ad interim fino alle elezioni anticipate. In serata viene
dato l’annuncio che Ben Ali, dopo ventiquattro anni al potere, ha
lasciato il Paese.
Il 6 febbraio 2011 il ministro degli Interni Tunisino annuncia la
cessazione delle attività del partito RCD (Rassemblement
Constitutionnelle Democratique) con la chiusura di tutte le sedi del
partito e viene deposto il presidente Ben Alì.
A fine febbraio alcune decine di migliaia di manifestanti si radunano nel centro di Tunisi per chiedere le
dimissioni del governo provvisorio, insediatosi dopo la dittatura contrastata dai moti così nel ottobre del 2011
vi sono le elezioni per l’Assemblea Costituente della Tunisia nelle quali si afferma il partito moderato islamico
Ennahda, nel dicembre dello stesso anno Moncef Marzouki viene eletto Presidente della Repubblica e Hamadi
Jebali diventa Primo Ministro.
Figura 18 _ Mauro Biani 2013,
Vignetta sulla "primavera araba"
17
3. Urbanistica e Architettura
3.1 Il concetto di pianificazione urbana tunisina e la legislazione urbanistica
nazionale
La pianificazione urbana è un insieme di strumenti e risorse finalizzate alla razionalizzazione della gestione
urbana e di uso del territorio. La nuova normativa tunisina ha introdotto una nuova visione per il concetto di
pianificazione urbana che non è più limitato alla semplice pianificazione territoriale in senso stretto ma ha
costruito un sistema di regole che tenga conto dell’aspetto sociale.
La pianificazione urbana persegue dunque i seguenti obiettivi:
- fornire alloggi per tutti
- gestione sostenibile del territorio (la tutela dei terreni agricoli)
- adeguata protezione di zone sensibili
- fornire l'infrastruttura che soddisfa l'aspetto ambientale
- risparmiare energia (in particolare per la componente di trasporto).
- Studio di impatto economico, sociale ed ambientale nella realizzazione di interventi.
I centri rurali hanno ricevuto delle direttive specifiche per la loro gestione urbana volta a garantire lo sviluppo
sostenibile e a mantenere il loro aspetto architettonico.
La legge n. 122 del 28 novembre 1994 promulga il Codice di Pianificazione territoriale e sviluppo urbano
(CATU)8. Le norme di attuazione riguardano i testi giuridici in materia di: urbanistica, tutela dell’ambiente,
protezione del patrimonio storico e archeologico, tutela dei territori agricoli e degli impianti forestali, tutela della
strada pubblica e protezione delle risorse naturali.
Gli strumenti della pianificazione devono prevedere l'organizzazione a medio e lungo termine dell'uso dello
spazio, guidando la realizzazione di importanti infrastrutture e programmi e definire le linee guida generali per
l'espansione urbana, tenendo conto dei rischi naturali e impatti sull'ambiente.
I principali strumenti pianificatori introdotti dal codice sono9:
- I Piani di Sviluppo (SDA) urbano, economico, sociale, culturale, ambientale, agricolo e infrastrutturale;
- I Master Plan, a scale che vanno da 1:50.000 e 1:10.000 indicando l’espansione delle aree urbane e
quelle che hanno bisogno di aree di ristrutturazione o di riabilitazione; spazi di aree forestali e agricoli; i
principali siti culturali tra cui le zone archeologiche di backup e di monumenti storici e urbani o naturali per
proteggere o migliorare il paesaggio, così come le zone che necessitano di protezione per prevenire i
rischi naturali o tecnologici probabile; la posizione delle principali apparecchiature di attività economica e
sociale e di maggior interesse generale; l'organizzazione generale del traffico e dei trasporti, con la
disposizione delle infrastrutture principali, strade e mezzi di trasporto; gli elementi essenziali dei sistemi di
alimentazione, di comunicazione, di acqua e servizi igienico-sanitari, nonché il sistema di smaltimento dei
rifiuti;
- Il Piano Programma che comprende tutti i programmi relativi alle infrastrutture di base in estensione
urbana di strutture e servizi principali, lo sviluppo di aree verdi e parchi pubblici e aree naturali nella
delineazione e lo sviluppo di siti archeologici e storici e la posizione delle zone di attività economica.
Questi programmi sono creati come parte dei piani di sviluppo economico e sociale con una valutazione
finanziaria.
8 e 9 Fonte: www.mdci.gov.tn
18
3.2 L’organizzazione spaziale del territorio: i ruoli dei centri urbani
La struttura del territorio tunisino può essere interpretata come risultante di due grandi fenomeni che hanno
interessato il paese dall’indipendenza ad
oggi: da un lato la progressiva concentrazione
delle attività economiche delle regioni urbane
del nord-est e sulla fascia costiera, dall’altro
l’attuazione di politiche di sviluppo promosse
dal Governo che mirano a favorire il
riequilibrio interregionale.
Il primo fenomeno vede la concentrazione
massiccia di attività, redditi e spostamenti di
persone nella parte nord-est del paese, dove
vi sono i centri urbani più grandi e più
sviluppati, i porti e le distese agricole. Un
fattore principale che ha condizionato
l’insediamento umano è sicuramente il clima,
molto favorevole nella parte nord-est per la
vicinanza al mare e per la morfologia del
terreno prevalentemente pianeggiante. L’altra
faccia della medaglia invece è la parte sud
della Tunisia dove dalla parte centrale man
mano che ci si sposta i centri urbani
diminuiscono e aumentano le grandi distese
di sabbia, il clima è arido.
Nel sud più profondo: il Sahara, che ricopre il
40% del territorio del paese.
Se da un lato vi sono dei processi spontanei
di concentrazione urbana dall’altro vi sono
delle politiche che tentano di ristabilire un
riequilibrio tra le parti del paese come ad
esempio la configurazione della rete stradale
che è molto omogenea su tutto il territorio
nazionale ad eccezione del “grande sud”.
Ulteriori politiche di riequilibrio sono la
dotazione omogenea dell’energia elettrica
mediante una rete diffusa capillarmente su
tutto il territorio e il potenziamento di città
minori del centro come Siliana, Sidi, Bouzid,
Kebili e Tataouine che fanno da cerniera tra
le città della costa (Biserta, Tunisi, Nabeul,
Sousse, Sfax, Gabés, Medenine) e quelle meno sviluppate dell’interno come Le Kef, Kasserine, Gafsa,
Tozeur10.
10 L.V. Ferretti (a cura di), Tunisia, il recupero delle città oasi, Tarquinia, Gangemi Editore, 1991.
Figura 19 _ L’assetto territoriale e la concentrazione dei centri
economici tunisini; le relazioni e le gerarchizzazioni.
19
Nonostante tali politiche il governo non riesce ad ottenere un equilibrio pieno tra i diversi centri, poiché la
morfologia del territorio e lo sviluppo delle città della fascia costiera hanno fatto si che queste città fossero
funzionali e motori trainanti dell’economia del paese.
3.3 Le politiche urbanistiche tunisine11
3.3.1 Gli anni ’60 e ’70: la formazione di organi competenti
Gli anni 60 dal punto di vista urbanistico sono contrassegnati dalla volontà di compattare forze vettoriali
(politiche - economiche ) spesso divergenti. All'aumento esponenziale della popolazione non corrisponde in
quegli anni un incremento urbanistico, le cui condizioni rimangono scadenti si dal punto di vista legislativo sia
da quello istituzionale. L'unica autorità urbanistica esistente era il Secretariat d'Etat aux Travaux Publics et
Habitat, al quale i comuni fanno riferimento per l'elaborazione dei Plans d'Amenagement. Il S.E.T.P.H per
sopperire alla mole di lavoro fa riferimento a vari servizi periferici dislocati nei punti nevralgici del territorio.
In ambito legislativo il testo più importante è il "Decret relatif à l'architecture et à l'urbanisme" del 1943 su
modello europeo. Questo decreto, utilizzato fino al 1979, si rivela inadeguato per le sue limitazioni spazio -
temporali di fronte alla recente indipendenza del paese. Questo infatti:
- è applicabile solo Comune per Comune
- non è inquadrato in piani direttori regionali, intercomunali e non prevede l'articolazione in piani
particolareggiati
- prevede espropri in tempi brevi per tutte le operazioni di utilità pubblica (aspetto tipico del periodo
storico in cui era stato pensato)
- la mancanza di una articolazione operativa spaziale (piani particolareggiati) e di una temporale
(priorità, tappe di realizzazione) impone un regolamento edilizio dettagliato che contrasta fortemente
in un periodo di profonda
crisi urbanistica.
E' all'interno di questo quadro che il
Bureau d'Etude Quaroni - De Carlo,
Urbanistes Conseils Italiens viene
chiamato per collaborare insieme
all'SETPH. Il progetto urbanistico
italiano, elaborato dal 1961 al 1970
con relative integrazioni e modifiche,
è denominato il "Plans Directeur du
Grand Tunis". Il programma si basa
su due indicazioni principali:
- la conoscenza della
situazione attuale e delle
possibili tendenze di
agglomerazione attraverso le
allora scarsi fonti statistiche,
le cartografie sorpassate, i rari studi urbani.
11 L.V. Ferretti (a cura di), Tunisia, il recupero delle città oasi, Tarquinia, Gangemi Editore, 1991.
Figura 20 _Tunisi, veduta di Bab Bahar, Avenue de France, Place de
l’Indipendence; da: Il territorio da costruire, pianificazione territoriale e
urbana in Africa, A. Jatta.
20
- le conclusioni di un "Colloque international" sul tema della pianificazione (direzione di espansione,
nuovi centri politici - amministrativi, forte localizzazione di strutture collettive principali e di zone
industriali di riserva)
Un altra serie di difficoltà incontrate rientravano nel controllare l’espansione residenziale tendenziale
da almeno tre punti di vista:
- contrapporsi alla monofunzionalità residenziale di interi settori riequilibrandola con impieghi in campo
terziario e secondario.
- determinare la densità media app/Ha da raggiungere, allargando le tipologie edilizie da considerare.
- predisporre le riserve dei terreni per i servizi urbani residenziali e creare norme e standard che
nascessero da possibilità concrete.
La creazione di un nuovo Ministero responsabile sia della pianificazione economica sia di quella fisica del
territorio permette di dare una maggiore coerenza agli interventi che vengono intrapresi. Il ministero, in vita per
pochi anni, ha prodotto un importante documento "Villes et developpement" dove vi appare una ricca e
articolata ricerca sulle caratteristiche dell'armatura urbana.
Con la creazione nel 1973 di tre agenzie dedicate al turismo, all'industria e all'"habitat" assistiamo alla
costruzione di organismi esecutivi di una politica del territorio e della pianificazione dello spazio urbano, nasce
infatti nel 1974 è creato l'ONAS (Office Nat. d'Assainissement) per progettare e costruire le reti fognarie
urbane.
3.3.2 Gli anni ’80 e gli studi sulla politica di recupero urbano12
Successivamente fino alla creazione nel 1980 del Ministero dell’Habitat, le politiche per il risanamento
urbano sono estese ai centri minori con programmazione che hanno teso sia alla definizione delle scelte di
localizzazione sia a trovare mezzi e strumenti operativi in grado di innescare processi più rapidi di attuazione.
Tra le prime iniziative promosse dal Ministero nel 1981-1983 si devono segnalare degli studi compiuti dai
Governatori dell’Ovest, centro-Ovest, Sud e distretto di Tunisi per identificare e di conseguenza ordinare, in
base alle priorità, gli interventi da fare.
Nell’elaborazione di questi studi le categorie selettive sono state definite a livello regionale (con analisi sulle
condizioni demografiche e socio-economiche, sulle reti impiantistiche di base e sulle attrezzature collettive),
sia a livello comunale (attraverso una raccolta di questionari formulati per operare un confronto tra condizioni
abitative precarie nell’ambito dei propri territori). Dalle indagini dei Governatori sono state proposte, per essere
ulteriormente selezionati, quartieri aventi
Differenti condizioni di rapporto con l’entità demografica dei centri urbani, di dimensione specifica.
Sui 67 quartieri proposti, totalizzanti 23300 alloggi a una popolazione di 110000 abitanti, circa la metà erano
localizzati in comuni con meno di 10000 abitanti, la restante parte in comuni con popolazione superiore.
Dalle indagini effettuare è risultato che la maggior parte dei quartieri che richiedevano interventi urgenti erano
quelli di più antica formazione o quelli a crescita media, mentre la politica di recupero era propria dei quartieri
spontanei (come per esempio l’area urbana di Tunisi in cui i fenomeni immigratori erano maggiormente
concentrati). La maggior parte dei quartieri inoltre erano situati in una periferia prossimale alle aree centrali,
meno localizzati invece in una periferia marginale.
In questa prima individuazione, i criteri di selezione sono stati orientati a escludere i quartieri isolati di piccole
dimensioni, i quartieri a bassa densità, i quartieri con predominanza di “gourbis”. Questo perché i primi due
12
Fonte: www.arru.nat.tn e www.mehat.gov.tn
21
presentavano costi elevati di infrastrutture e gli ultimi in quanto dovevano rientrare in un piano di
“degourbification”.
Non sono stati considerati alcuni vecchi quartieri che costituivano il centro storico delle città, in gran parte
abbandonati per ragioni di indivisioni a seguito di eredità, il recupero di questi doveva principalmente risolversi
in accertamenti di proprietà fondiaria e di sostituzione edilizia.
L’idea è stata quella di adattare una concezione tendete ad assicurare una buona condizione igienica, una
migliore circolazione veicolare e un minimo di attrezzature sociali. Obiettivi che dovranno essere raggiunti
rispettando i principi di demolizione minima degli alloggi, del rialloggia mento sul posto delle famiglie
espropriate e legalizzazione della situazione fondiaria degli occupanti. Nel quadro finanziario degli interventi
una particolare attenzione è stata fin dall’inizio concentrata sulla necessità di disporre finanziamenti privati per
la copertura quasi totale dell’intervento, salvo le infrastrutture primarie e le attrezzature che dovevano
realizzarsi a carico dello stato. Ovviamente queste strategie sono state condizionate dalla mancanza di risorse
finanziarie e riserve fondiarie dei Comuni e sia dall’esiguità del reddito delle famiglie.
Per quanto riguarda la materia del recupero urbano, in occasione del terzo progetto di sviluppo urbano, è stata
creata dal Ministero dell’Habitat nel 1981-82 una specifica Direzione nell’ambito di questo Ministero (Dpr)
affiancata dall’Agence Renovation et Rehabilitation Urbaine (ARRU) come organismo di esecuzione e di
coordinamento. Lo statuto conferisce a questa Agenzia poteri abbastanza estesi, che le permettono di
intervenire rapidamente attraverso un’autonomia finanziaria mediante l’accesso ai crediti bancari. Inoltre
all’interno del Perimetro di Intervento Fondiario (PIF) approvato per Decreto, tale Agenzia beneficia delle
prerogative del potere pubblico nel prendere possesso in breve tempo dei beni immobili ricorrendo, se
necessario, all’esproprio per pubblica utilità o al diritto di prelazione. In stretta collaborazione con i Comuni,
l’Agenzia è anche delegata a risolvere problemi di coordinamento a tutti i livelli e a garantire continuità e
miglioramento nel processo di attuazione delle operazioni di recupero. In seguito alla formazione di questi due
organismi (Dpr e ARRU)e in occasione del quarto progetto di sviluppo urbano e della necessità di definire
meglio la distribuzione dei finanziamenti della Banca Mondiale gli studi precedentemente compiuti sono stati
aggiornati nel 1984. Tale aggiornamento è stato fatto insieme ai Governatori per valutare le priorità e i costi di
intervento al fine di quantificare la spesa necessaria.
Sono state individuate tre classi di quartieri sulla base di una modifica dei precedenti criteri di valutazione:
- Quartieri spontanei : con statuto fondiario irregolare, mancanza di piano, costruzioni senza licenza o
precarie, taglio irregolare dei lotti, e dotazione insufficiente di attrezzature collettive e infrastrutture;
- Quartieri antichi : con carattere di centralità, vetustà del costruito,difficoltà di circolazione veicolare,
tasso elevato di occupazione degli alloggi;
- Lottizzazioni illegali: con situazioni fondiarie regolari, costruzioni ordinate, taglio regolare dei lotti ma
mancanti di infrastrutture e di reti.
La combinazione dei dati ha permesso una preselezione degli interventi e uno studio sui criteri di esclusione
che sono: di ordine istituzionale (rifiuto della municipalità a impegnarsi nell’operazione), di ordine fisico tecnico
(dimensione dell’intervento inferiore a 200 alloggi) e di ordine economico e finanziario (relativo al raccordo con
le reti primarie, alla protezione contro i rischi naturali per i quali è stato fissato un limite di spesa per abitante).
Attraverso la formulazione di una griglia multi criteri sono state applicate delle valutazioni e infine è stata
redatta una classifica nazionale per ordine di priorità dei quartieri sui quali intervenire in rapporto alle
disponibilità finanziarie.
22
3.4 L’elemento base e lo spazio pubblico: la casa, la moschea, i suq, gli
hammam… la città islamica
Negli anni successivi alla seconda guerra mondiale gli studi di storia dell'urbanistica hanno costituito una sorta
di introduzione a piani regolatori per nuovi quartieri di grandi città o per agglomerati da costruire ex novo in
Paesi islamici, redatti da architetti o urbanisti quasi sempre occidentalizzati. Le differenze tra i due mondi
hanno portato gli studiosi occidentali ad un semplicistico giudizio di "disordine" per quanto riguarda, in
generale, la città islamica. Una griglia a base in qualche modo geometrica veniva considerata indispensabile
in ogni processo urbano, ma molte delle città islamiche non possono essere distese su questo "letto di
Procuste", che la nostra forma mentis richiede. La città islamica si può e si deve ricondurre nella maggioranza
dei casi ad altri principi ordinatori strettamente connessi da un lato con gli imprescindibili fattori geomorfologici
e climatici, dall'altro con le specifiche esigenze religiose, etniche e sociali. L'evoluzione interna della città,
l'occupazione di aree esterne e la loro urbanizzazione, le interrelazioni con il territorio circostante sono state
determinate dalle specifiche vicende storiche, economiche e politiche del sito, nonché, ovviamente, dalla sua
posizione geografica.
Nel mondo islamico non si può in genere parlare di nascita di società urbane, ma piuttosto di cambiamenti,
quasi sempre graduali e non sempre facilmente individuabili, nelle diverse regioni, già ampiamente
urbanizzate. L'Islam ha dovuto confrontarsi con problemi quali la risistemazione e il riadattamento alle nuove
Figura 21 _ Sousse, vista dal satellite della Medina.
Figura 23 _ Grand Mosquée, Kairouan. Vista
dal cortile interno Figura 22 _ Grand Mosquée,
Kairouan. Inquadramento generale
Figura 24 _ Grand Mosquée,
Kairouan. Pianta interna.
23
esigenze di edifici e di quartieri, nonché il ridisegnamento parziale di precedenti ambiti cittadini. Di
conseguenza la crescita urbana è avvenuta in molti casi per semplice addizione, mentre la morfologia urbana
ha risentito ovviamente di quanto, architettonicamente e urbanisticamente, la nuova religione imponeva.
Infatti, le città islamiche sono caratterizzate da molti di quegli elementi che risultano costitutivi di qualsiasi città:
si tratta sempre di un luogo collettivo, in posizione centrale rispetto al territorio circostante, quasi sempre al
punto di convergenza di un certo numero di assi commerciali, servito al suo interno da sistema stradale, con
evidente gerarchia di assi urbani, dove l'organizzazione dello spazio indica una precisa specializzazione delle
aree e delle zone, secondo una suddivisione in quartieri, spesso su base funzionale. Vi è nota anche la
presenza di una gerarchia sociale, di popolazione economicamente differenziata, di una varietà di tipologie
lavorative (agricole, commerciali, industriali). Gli apparati statali si manifestano in sistemi amministrativi (che si
occupano delle necessità fondamentali, compresi l'approvvigionamento idrico e quello alimentare) e relative
opere (acquedotti, sistema fognario, magazzini), mentre le funzioni sociali trovano le proprie sedi differenziate,
non sempre facilmente individuabili. Ma per intendere pienamente il valore degli elementi che le caratterizzano
in particolare, bisogna tenere anche presente il peso sostanziale della religione nella vita sociale, economica e
culturale, in una parola, nella totalità delle attività, pubbliche e private, di ogni credente. In ogni città i precetti
fondamentali della religione, e non solo quelli, si riflettono significativamente nella struttura urbana: i Cinque
Pilastri della Fede diventano una delle chiavi di lettura dello sviluppo e delle trasformazioni urbane.
La preghiera in comune rende indispensabile la moschea e, in particolare, una grande sala di preghiera,
generalmente di larghezza maggiore della lunghezza perché i fedeli possano disporsi in file parallele di fronte
al muro qibli, in direzione della Mecca; ciò determina una diversità sostanziale nell'impostazione urbana, nei
casi in cui la moschea si sia sostituita alla chiesa o alla basilica, orientata diversamente e disposta con criteri
non del tutto simili nel tessuto urbano.
La città rappresenta quindi il
luogo dove, meglio che in
qualsiasi altro, il credente può
ottemperare a tutti gli obblighi
impostigli dalla religione. Ma
l'Islam non fornisce modelli di
città precostituiti; è ridotto il
numero delle fondazioni ex novo,
quasi tutte città palatine, nelle
quali peraltro prevalgono, o
tendono a prevalere, elementi
formativi extrareligiosi, mentre
nelle città nate come
accampamenti militari, nei primi
tempi dell'espansione, mancano molti degli elementi (edifici per l'istruzione, bagni, elaborate strutture
commerciali e artigianali) che caratterizzano pienamente i centri urbani islamici.
Figura 25 _ Tunisi, quartiere della Médina.
24
Si possono individuare, dopo queste premesse, alcuni elementi caratterizzanti in generale la città islamica,
che si configura principalmente come un aggregato di case, un organismo compatto ad alta densità, con
scarsi elementi architettonici di spicco. Alla divisione iniziale dei quartieri per etnie o per minoranze religiose
subentra una differenziazione per funzioni e per classi economiche (spesso quartieri poveri all'esterno,
quartieri ricchi al centro, con l'eccezione di eleganti dimore dotate di vasti giardini situate in periferia).
Comunque, i quartieri appaiono, nell'insieme, abbastanza simili gli uni agli altri. I tracciati stradali risultano
assai spezzettati, tortuosi, talvolta in diagonale o, anche se meno frequentemente, curvilinei, spesso ad
albero, apparentemente labirintici con molte strade e vicoli a servizio di singole unità abitative.
Pochi sono gli assi principali,
comunque non confrontabili con
quelli delle città occidentali, che
tagliano un intrico di strade,
quasi ovunque strette, veri
corridoi, spesso coperte. Talvolta
appare chiaramente una città più
interna, detta médina, mentre le
cinte murarie, per quando
diffuse, non costituiscono una
caratteristica assoluta; le opere
per l'approvvigionamento idrico
nell'insieme ben strutturate si
configurano diversamente per
epoche e per regioni. Altro
elemento presente in ogni città, e non solo islamica, è il mercato detto anche sūq, nelle sue varie forme, dalle
più semplici, che vedevano le merci esposte per terra, in spiazzi scelti per la loro posizione, alle grandi
strutture architettoniche di particolare pregio.
Figura 26 _ Tunisi, sūq.
25
La città islamica si configura, ad una prima lettura, come un luogo dove non sembrano essere facilitati né
l'incontro né la sosta perché, eccettuati i mercati e i relativi caravanserragli e in parte gli ḥammām, mancano
gli spazi deputati al sociale, gli spazi per cerimonie, gli spazi rappresentativi (anche se con qualche eccezione
nelle città palatine e in alcune dell'area iranica e centro-asiatica); prevalgono infatti, e di gran lunga, tra gli
edifici pubblici, quelli religiosi. Un cenno meritano nel
contesto urbano i bagni pubblici (ḥammām) esemplati
su modelli tardoantichi variamente reinterpretati,
utilizzati estensivamente fino ai giorni nostri, elementi
architettonici facilmente individuabili nella struttura
della città, per le loro dimensioni, per le diverse parti
(spesso si tratta di ḥammām doppi, dove uomini e
donne possono usufruire di tutti i servizi
contemporaneamente), per le numerose cupolette con
oculi di vetro che illuminano l'interno.
Appare chiaro, quindi, che le tipologie edilizie delle
città islamiche sono assai poco numerose, che il
numero degli edifici pubblici è molto ridotto e che,
pertanto, il nucleo di base della città risulta costituito
da un'entità unitaria, geometricamente identificabile
con facilità, la casa unifamiliare. Tale edificio, di
dimensioni ridotte, quasi sempre ad un solo piano, con
giardino o orto, replicato un gran numero di volte, costituisce l'elemento generatore del tessuto urbano. Le
case del mondo islamico non rivelano né la forma interna, né la loro importanza: si tratta di edifici aperti verso
l'interno, volutamente quasi del tutto chiusi verso l'esterno, spesso con lunghe mura a delimitarli verso la
Figura 26 _ Tunisi, quartiere nord-est, Zitouni Hammam.
Figura 26 _ Tipologie edilizie, casa unifamiliare
26
strada, costruiti secondo una tipologia che risulta ancora chiara nonostante i secoli trascorsi dall'occupazione
araba persino in alcuni quartieri di Siviglia e in qualche paese del centro della Sicilia13.
3.5 Gli Slum e i progetti Upgrading
Il problema delle baraccopoli in Tunisia è una questione già molto datata al quale non è stata data una
soluzione adeguata. Vi sono diversi progetti in merito ma ancora non si è giunti ad uno stato di miglioramento
plausibile. Viste le conformazioni urbanistiche delle città tunisine gli slum si collocano principalmente o nelle
zone periferiche (per città molto estese in cui le periferie dal punto di vista gestionale sono in balìa di se
stesse) o nella médina quando questa è in condizioni di degrado e abbandono.
Il progetto “Slum upgrading” tratta il problema delle baraccopoli della periferia di Tunisi.
È un progetto gestito da AID (Agency for International Development) che ha affiancato il governo tunisino
nella gestione dell’emergenza slum ed in particolare del quartiere Mellassine situato nella periferia di Tunisi14.
Oggi questo quartiere può definirsi un ex baraccopoli con una comunità di 50.000 persone che vivono in 2000
case a due piani, le strade sono asfaltate, vi è l’acqua corrente, bagni, elettricità e servizi vari.
Cinque anni fa Mellassine era uno slum classico, il paesaggio era caratterizzato da liquami che scorrevano giù
per le strade, non c’era l’acqua corrente nelle case, le strade erano senza illuminazione e il tasso di criminalità
molto elevato.
La soluzione tunisina al problema degli slum è sempre stata orientata verso il risanamento edilizio, orientato
cioè solo alla singola abitazione. Con gli anni è crescita la consapevolezza che i problemi riguardanti la scala
urbana vanno risolti a scala urbana, mediante la riqualificazione del tessuto edilizio, viario e sociale, quindi
mediante lo “Slum upgrading”.
La sfida è quella di risanare un tessuto abitativo partendo dal basso e lavorando con la comunità locale,
invece la politica tunisina è stata fin’ora quella dello “Spiana tutto” e del “ricostruisci a caro prezzo” (che poi in
fondo non la rende molto diversa dall’Italia). Ovviamente politiche di questo tipo creano fenomeni ancora più
13 E. Guidoni, Urbanistica islamica e città medievali europee, in Storia della Città, 1978.
14 “Joint project upgradesTunis slum with AID and government help”, «The Christian Science Monitor», 10 luglio 1985.
Figura 27 _ Quartiere di Mellassine, slum di Tunisi.
27
disastrosi come la gentrification. Fortunatamente il progetto compiuto a Mellassine invece ha adottato una via
di intervento più consona alla situazione partendo dal garantire la proprietà di abitazione alla comunità che vi
risiedeva, e successivamente la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria.
Il governo della Tunisia, visti i risultati con Mellassine è entusiasta di elogiare il progetto dell’AID per la
risoluzione di problemi imminenti come quello degli Slum.
Il progetto ha ottenuto diversi canali di finanziamento, molti dei quali provenienti dagli USA (madre dell’AID).
La necessità di finanziamenti era legata soprattutto a condizioni di emergenza e pericolosità delle abitazioni.
Quando è stato iniziato il progetto molte case erano al di sotto del livello delle acque del vicino lago Sejoumi,
soggette così a numerose inondazioni. Il progetto dell’AID ha cercato di porre rimedio a questa situazione
chiedendo dei prestiti per sollevare i pavimenti delle case. Sono stati stanziati più di 50 prestiti per materiale
da costruzione.
Ogni finanziamento prevedeva fondi sufficienti a costruire una unità di base di circa 13 mq costituita da una
sala soggiorno-camera da letto, una cucina e un bagno. I proprietari se possono sostenere le spese
finanziariamente hanno la possibilità di estendere il nucleo con altre stanze da porre in affitto secondo la
logica degli alloggi “auto-aiuto” promossa dal progetto: le famiglie contribuiscono a costruire le case e ci
ricavano dei soldi. Il tutto avveniva finanziariamente secondo un passaggio custodia - prestito - garanzia,
gestito dall’AID con una concessione di $609.000 che doveva favorire appunto la situazione socio-economica
dei ceti meno abbienti detto “programma integrato di miglioramento dei poveri della città”, con la costituzione
di un programma di assistenza sanitaria, uno di formazione professionale delle donne e un programma di
credito di piccole imprese per le quali sono pervenute circa 200 domande.
I canali di finanziamento per tutti i programmi inclusi nel progetto vengono quindi gestiti dall’AID che convoglia
gli investimenti privati provenienti dall’USA.
28
Figura 28 _ Mellassine, Tunisie 2011, Manoubi 82ans le
gardien du parking.
Figura 29 _ Mellassine, tunisie 2011, Enfance.
Figura 30 _ Mellassine, Tunisie 2011, Biens venus en la
ville!
Figura 32 _ Mellassine citè, 2011.
Figura 31 _ Mellassine, Tunisie 2011, Abadallah avec
sa femme avec le cancer et sans couverture sociale.
Figura 33 _ Hlél Favella.
Immagini tratte dal Blog Regard Insomniaque di Sami Nagazi.
29
4. Cooper(iamo)azione
4.1 Cooperazione allo sviluppo Tunisia-Italia15
In Tunisia attualmente le attività di cooperazione allo sviluppo sono finanziate con doni o con crediti d’aiuto.
Una parte dei fondi a dono è generata dalla riduzione del tasso di interesse su crediti pregressi (Fondi di
contropartita).
I doni sono destinati soprattutto a progetti di assistenza e cooperazione tecnica.
I crediti di aiuto sono invece destinati:
I. al finanziamento di progetti pubblici d’investimento (iniziative di "aiuto progetto");
II. al sostegno della bilancia dei pagamenti e
III. a linee di credito per le piccole e medie imprese
I crediti sono gestiti da Protocolli d’accordo intergovernativi e da Convenzioni finanziarie fra la Banca Centrale
di Tunisia e la Banca agente del Governo italiano (attualmente ARTIGIANCASSA).
I doni sono in modesta parte gestiti direttamente dalla DGCS (5%), da organismi multilaterali (5%) tramite
Accordi fiduciari, da ONG (2%), mentre in gran parte (88%) sono gestiti direttamente dalle Autorità tunisine
con le procedure previste dall'art. 15 del Regolamento di esecuzione della Legge 49/87, tramite Protocolli
d’accordo intergovernativi (65%) o con le procedure del "Programme Aid" (23%).
Nell’ambito della materia urbana e territoriale la cooperazione nazionale si occupa di diverse sezioni:
1) Patrimonio culturale e risorse umane
Nel campo culturale, diversi progetti riguardano il recupero e la valorizzazione del patrimonio
architettonico/urbanistico locale (Presbiterio di Santa Croce nella Medina di Tunisi, il quartiere “piccola
Sicilia” nella “ville nouvelle” di Tunisi, il quartiere di Sidi Amor Abada di Kairouan, circuiti turistici eco-
culturali), inteso come potenziale catalizzatore di sviluppo socio-economico attraverso la
differenziazione dell’offerta turistica. Alcune iniziative sono inoltre orientate al miglioramento
dell’offerta della formazione professionale, in coerenza con la strategia nazionale di potenziamento
delle risorse umane.
2) Sviluppo rurale-agricoltura-pesca
La Cooperazione italiana sostiene diversi interventi nelle aree rurali del Paese, in particolar modo in
quelle con un più alto tasso di povertà come il sud e il nord-ovest. Queste iniziative – alcune delle
quali “ONG promosse” – mirano a favorire lo sviluppo socio-economico delle comunità locali
attraverso il potenziamento delle loro capacità produttive (miglioramento delle tecniche agricole,
differenziazione delle attività generatrici di reddito, accesso alle risorse della micro-finanza) e
organizzative (delle associazioni e delle istituzioni locali), sempre in un’ottica di gestione sostenibile
delle risorse naturali, soprattutto in ambiente oasistico.
3) Ambiente
La Cooperazione italiana sostiene il Governo tunisino nell’attuazione della sua politica ambientale
nella: la lotta contro la desertificazione (che comprende interventi di conservazione delle acque e dei
15 Fonte www.ambtunisi.esteri.it
30
suoli), la riduzione dell’inquinamento urbano (gestione dei rifiuti solidi, riutilizzazione delle acque
reflue, trasporti a ridotto impatto ambientale), l’adattamento ai cambiamenti climatici e la protezione
del Mediterraneo.
4.2 Cooperazione Transfrontaliera e Politica Europea di Vicinato
La Politica europea di vicinato è una delle politiche esterne dell'Unione europea, indirizzata ai paesi collocati in
prossimità dell'Unione verso est e verso sud. L'obiettivo è quello di costruire rapporti più stretti con tali paesi a
livello economico, politico, strategico e culturale.
I paesi a cui si rivolge la politica di vicinato sono in gran parte paesi emergenti o in via di sviluppo. Essi
ricevono dall'Unione europea un'assistenza finanziaria, condizionata però dal rispetto di determinati requisiti di
rispetto dei diritti umani e di promozione di riforme economiche, politiche e commerciali.
La politica di vicinato viene realizzata principalmente mediante accordi bilaterali conclusi tra l'Unione europea
e i singoli paesi dell'Europa orientale o del Mediterraneo. Dopo la conclusione di un accordo di associazione
l'Unione europea predispone la bozza per un piano di azione da attuare in un periodo che va dai tre ai cinque
anni, che viene poi approvato assieme al governo del paese interessato.
Il Programma Italia – Tunisia si iscrive nell’ambito dello Strumento Europeo di Vicinato e Partenariato (SEVP),
implementato nel contesto dell’allargamento dell’Unione Europea. La cooperazione transfrontaliera (CTF) ha
quattro obiettivi principali:
- Lo sviluppo economico e sociale dei paesi transfrontalieri, - Fare fronte a sfide comuni, - Assicurare la sicurezza e l’efficacia delle frontiere, - Promuovere la cooperazione e lo scambio.
Il Programma Italia–Tunisia dispone di un finanziamento europeo di 22,7 milioni di euro per il periodo 2007–2013. L'obiettivo generale del programma IEVP (Instrument européen de voisinage et de partenariat) Italia - Tunisia è quello di "Promuovere l'integrazione economica, sociale, istituzionale e culturale tra i territori siciliani e tunisini attraverso un processo di sviluppo sostenibile congiunto intorno ad un polo di cooperazione transfrontaliera". Tre le priorità di cooperazione prese in considerazione:
Priorità 1: Sviluppo e integrazione regionale
Priorità 2: Promozione di uno sviluppo duraturo
Priorità 3 : Cooperazione culturale e scientifica, e sostegno al tessuto associativo
Il Programma ENPI Italia - Tunisia interessa le regioni costiere della Tunisia ed alcune province siciliane.
Figura 34 _ www.italietunisie.eu
31
4.3 Cooperazione Internazionale, UNDP e Millennium Goals16
L’UNDP Tunisia si occupa di sostenere in modo strategico il governo tunisino nelle sue attività sul
rafforzamento delle capacità istituzionali e umane nazionale.
La Tunisia è uno dei paesi della regione araba che attribuisce grande importanza alla sostenibilità ambientale,
divenuta una delle priorità del suo piano di sviluppo economico e sociale.
Il programma di obiettivi per il 2015 è molto vasto e tocca svariati temi.
Sulle politiche ambientali a territoriali le priorità UNDP si concentrano su cinque aree di intervento:
1) Cambiamenti climatici
2) Risparmio energetico e le energie rinnovabili
3) Diversità Biologica
4) La lotta alla desertificazione
5) Gestione delle acque Assicurare la sostenibilità ambientale vede quindi in agenda una serie di iniziative misurate sul territorio tunisino al fine di intrecciare il soddisfacimento dei bisogni principali e le tematiche di salvaguardia ambientale. All’interno delle aree di intervento vengono esposti gli obiettivi e le misure:
- Integrare i principi di sviluppo sostenibile nelle politiche e nei programmi nazionali e invertire la perdita di risorse ambientali, mediante: il controllo delle emissioni di CO2, il rimboschimento della superficie forestale e la salvaguardia delle aree protette;
- Dimezzare entro il 2015 la percentuale di popolazione senza un accesso sostenibile all'acqua potabile, con un miglioramento e risistemazione degli acquedotti e la canalizzazione per le aree rurali
- Garantire che nel 2020 si raggiunga un significativo miglioramento nelle esistenze di almeno 100 milioni di abitanti delle baraccopoli sia in ambito urbano che rurale.
16 Fonte www.undp.org
Figura 35 _ www.tn.undp.org
35
5. Da Sfax Gouvernatourat a Sfax Ville
La Tunisia è suddivisa in 23 governatorati:
1 Tunis
2 Ariana
3 Ben Arous
4 Bizerta
5 Jendouba
6 Béjà
7 Zaghouana
8 Le Kef
9 Siliana
10 Nabeul
11 Kairouane
12 Sousse
13 Monastir
14 Mahdia
15 Sfax
16 Kasserine
17 Sidi Bouzid
18 Gafsa
19 Gabés
20 Medenine
21 Tozeur
22 Kébili
23 Tataouin
Sfax è sia un governatorato che la sua capoluogo, detta anche Sfax Ville.
Il Governatorato è suddiviso in undici delegazioni e sedici comuni di cui 5 fanno parte di un’unica delegazione
detta la Grand Sfax. La Sfax Ville è situata all’interno di questa delegazione ed è amministrativamente
suddivisa in Sfax Mèdina (il nucleo centrale), Sfax Ouest e Sfax Sud.
La Regione di Sfax si trova tra il Sahel e il sud della Tunisia, è delimitata dal Mar Mediterraneo ad est,
Governatorato di Mahdia, a nord, i governatorati di Sidi Bouzid e Kairouan ovest e governatorato Gabes sud. Il
decreto del 21 giugno 1956 segna l'istituzione del Governatorato.
L’intera regione ha una superficie di 7545 kmq, che rappresenta il 4,6% del paese e ha 900.530 abitanti
secondo le stime 2008, l'Istituto Nazionale di Statistica.
La densità di popolazione è di circa 120 abitanti per kmq e il tasso di crescita naturale è di 1,3%.
La Regione di Sfax è costituita da pianure non superiori a 100 m di altitudine e si affaccia su un litorale di 235
km di lunghezza. Questi suoli sono leggeri e sabbiosi, ricchi di azoto e povero di humus. Nonostante le scarse
precipitazioni (pioggia annuale 200 mm), ulivi e mandorli sono coltivati in grandi quantità e sono la principale
ricchezza della regione e uno dei pilastri della sua economia.
La città di Sfax (o come viene chiamata dai suoi abitanti Sfax Ville) è la seconda città più importante e il più
grande centro economico della Tunisia. È una città portuale situata sulla sponda settentrionale del golfo di
Gabès (Mar Mediterraneo), di fronte alle Isole Kerkenna, cui è collegata da regolari servizi di navigazione.
Grazie alle industrie e al fiorente porto, la città gioca un ruolo economico di primo piano con l'esportazione
Figura 36 _ a) Tunisia suddivisione amministrativa dei governatorati, in rosso il governatorato di Sfax; b) Regione di Sfax
suddivisione in delegazioni, in rosso le Grand Sfax; c) Le Grand Sfax e le ultyeriori suddivisioni interne, in rosso Sfax Ville
a.
b.
c.
36
dell'olio di oliva e del pesce fresco e congelato. Sfax contava 265.131 abitanti nel 2004, mentre la delegazione
Grand Sfax ne conta invece 500.00017.
La morfologia urbana è senza dubbio una delle più interessanti della Tunisia. In una prima indagine si nota
una notevole espansione della città con un impianto a raggiera che, come verrà spiegato più avanti, è frutto
dell’espansione crescente della città per via del suo ruolo fondamentale nella nazione come motore pulsante
dell’economia e polo industriale. Il nucleo centrale, che poggia il suo baricentro sulla costa, mantiene ancora
l’impianto tipico della città islamica, con la médina e le strutture arabe (Hammam, Suq e Gran Moschea) che
si mescola con il “quartiere francese”, nato nel periodo coloniale, e con le strutture industriali ed il porto. Il
fronte a mare è caratterizzato da due aree importanti: la Taparura, frutto delle svariate modifiche che ha avuto
il porto in passato, che è in fase di restyling come vedremo più avanti (Progetto Taparura) e le saline che
definiscono la costa sud della città.
Si presenta quindi come una città molto eclettica, dalle svariate forme e funzioni che risultano a volte dei pregi
ma causano delle contraddizioni e delle situazioni al limite della sostenibilità ambientale; ed è per questo
motivo che in seguito verrà approfondito questo argomento.
17 Fonte www.sfaxonline.com
Figura 37 _ Sfax città, studio della morfologia urbana.
37
Figura 38 _ Sfax città: il porto, la médina e il contesto urbano.
6. Sintesi storica: dalla fondazione ad oggi
Sfax, la antica Syphax berbera e successivamente la Taparura romana, fu ricostruita dagli Aghlabidi nel IX
secolo con i materiali della città romana situata a circa tre chilometri, costruendo le mura che danno alla
médina la conformazione attuale.
La città resistette ai Banu Hilal venuti dall'Egitto nel 1057 e, dal 1095 al 1099, costituisce un piccolo emirato
indipendente.
Passa poi, come la maggior parte delle città costiere, sotto la dominazione del re normanno Ruggero II di
Sicilia nel 1148, prima d'essere reintegrata nella sfera musulmana da 'Abd al-Mu'min, fondatore della
dinastia almohade, nel 1159; questo in seguito di tre anni di rivolta armata organizzata dal governatore di
Sfax Omar, colpevole anche del massacro dei cristiani della città, avvenuto il 25 febbraio 1156.
Sfax conosce la rivolta di Ali Ben Ghedhahem che si opponeva alla supremazia del bey di Tunisi nel 1864 e
quella del 1881 organizzata per protestare contro l'instaurazione del protettorato francese. Le
truppe francesi sono obbligate a bombardare la città per piegarne la resistenza.
La città è bombardata in seguito anche dagli Alleati durante la Campagna di Tunisia (Seconda Guerra
mondiale) mentre è occupata dalle Potenze dell'Asse nel 1942-1943.
Da allora la città si è completamente rimessa in gioco e ha sviluppato un’economia basata sull’agricoltura, la
pesca e l’industria, ed la prima città tunisina nell’esportazione di fosfati, cereali, olio d'oliva, spugne e sale.
Il ruolo di città commerciale lo deve al periodo di fondazione fenicia che la rese uno dei poli principali del
mediterraneo. Questo ne ha ulteriormente cambiato l’assetto urbanistico.
38
Figura 39 _ Carta di Sfax, la médina.
Figura 40 _ Mura della
médina, Porta Secondaria.
Figura 40 _ Mura della médina, Porta Djebli Bad.
7. La storia dell’urbanistica attraverso lo studio delle mappe
7.1 La Médina: il primo agglomerato urbano Su un promontorio nella Baia di Gabes nacque e si poggiò per molto tempo una città di fondazione romana
chiamata Taparura. Con l’arrivo degli Aghlabidi, intorno all’anno 849 l’impianto romano viene distrutto (anche
se rimarranno dei resti che verranno riscoperti in seguito) e la città viene rifondata con un progetto che
prevedeva l’allineamento dell’orientamento della città in 22° fuori l’asse Nord-Sud (corrispondente
all’allineamento delle moschee verso la Mecca) e la Grande Moschea nell’intersezione centrale dei nuovi assi
viari. Viene creata la médina, che da allora manterrà, salvo alcune modifiche nel periodo medievale, il suo
tracciato originario.
La médina di Sfax è un vasto quadrilatero di 600 metri per 400, il cui asse principale Djebli Bad - Bad Diwan
forma con il meridiano nord-sud un angolo di 22 °. Ciò
corrisponde all'orientamento della maggior parte delle
moschee di Sfax.
Il tessuto urbano è certamente il punto chiave che
differenzia la Medina di Sfax e tutte le altre città del
Maghreb arabo.
La Medina e le sue mura furono costruite nel IX secolo.
Successivamente vi sono state notevoli modifiche
all’impianto originario ma possiamo ragionevolmente
supporre che la trama viaria attuale rispecchia
grossomodo quella originaria.
Bab Diwan, la "Porta del consiglio" risale al 1306,
anche se è stata ristrutturata più volte, soprattutto dopo i
bombardamenti del 1943. Le mura e le torri risalgono al
IX secolo.
In un angolo è situata la Kasbah (XVII) che contiene all’interno un museo di architettura tradizionale.
Negli ultimi cento anni la médina ha visto forti cambiamenti demografici, questi dati non sono reperibili molto
facilmente dai catasti poiché dopo l’indipendenza molte fonti sono state perse. In ogni modo si possono
leggere i cambiamenti demografici attraverso lo studio delle trasformazioni architettoniche e urbane.
Come verrà esposto più avanti il periodo di indipendenza francese ha condizionato brutalmente l’assetto
urbanistico della città di Sfax e della médina in particolare.
39
Dal 1956 (anno dell’indipendenza) la médina ha vissuto dei grossi movimenti migratori: le antiche famiglie
ricche lasciano il quartiere arabo per trasferirsi nelle ville di nuova costruzione in periferia (di stile europeo); i
coloni partono liberando così le abitazioni nella médina che si aggirano attorno al 25%; allo stesso tempo
inizia un contro esodo con i migranti rurali che invadono gli alloggi liberi.
41
Figura 42 _ La casa della mèdina di Sfax,
tipologia di prospetto più diffusa.
Figura 43 _ La casa della mèdina di Sfax, cortile interno (patio).
Ma la densità abitativa della médina cresce di nuovo e molto rapidamente, tanto che negli anni seguenti si
registra un sovraffollamento. Tale sovraffollamento, la richiesta di abitazioni e le scarse condizioni economiche
degli abitanti della médina ha portato a fenomeni come lo “squatterization”18 (passaggio da rifugio
temporaneo a insediamento abusivo).
Man mano che il fenomeno diventa più consistente scarseggiano i servizi urbani, la fornitura di acqua corrente
e la rete fognaria creando dei veri e propri slum.
Nonostante i vari problemi abitativi, la médina svolge ancora un ruolo economico singolare all’interno della
città.
Il commercio è prevalentemente fondato sull’artigianato con locali collocati per la maggior parte nell’asse
Djebli Bad-Diwan Bad. La tipologia costruttiva dei negozi è semplice: un ambiente unico con apertura su
strada, raggruppati in striscia continua su tutto il fronte strada. Lo stato di conservazione è ottimo, segno della
vitalità del settore, anche se molte forme si sono occidentalizzate e rimodernate (uso di insegne al neon e
modifiche della facciata). I souk sono l’unica attività commerciale che non ha subito variazioni strutturali
conseguenti anche al periodio coloniale.
Le tipologie architettoniche rintracciate nella médina di Sfax presentano sia le caratteristiche della città
islamica che quelle della città coloniale con delle modifiche che fanno della casa di Sfax un elemento unico
rispetto ad altre case tunisine.
Generalizzando, secondo le forme aggregative e gli stili delle facciate abbiamo i seguenti tipi di abitazione19:
- Categoria O (3% delle case nella médina): casa di recente costruzione, risalente al periodo del
dopoguerra in stile pseudo-moderno e scarsamente integrate con il contesto;
- Categoria 1 (45% delle abitazioni): case di nuova costruzione in stile tradizionale (prima della guerra),
riprendono i caratteri originari della casa tipica della médina nella facciata ma consentono delle
modifiche interne;
- Categoria 2 (42% delle case): case di vecchia costruzione che hanno subito trasformazioni strutturali
interne mantenendo il principio regolatore di base della casa islamica;
- Categoria 3 (10% delle case): case di antica costruzione ben conservate;
18 Squatterization è un processo continuo ed emergente riguardante le abitazioni intorno ai centri urbani nei Paesi in via di sviluppo; durante questo processo i modelli abitativi subiscono una fase di transizione da rifugio temporaneo ad insediamenti abusivi. In Tunisia tale fenomeno è conosciuto anche con il nome di Goubrification. 19 M. Van der Meerschen, “La medina de Sfax. Enquete preliminaire a sa regeneration”, ICOMOS, documento prodotto dal Consiglio Internazionale UNESCO, 1972.
42
Figura 44 _ La casa della mèdina di Sfax , schema
distributivo.
La tipologia di casa islamica prevede una cellula iniziale con il cortile centrale (patio), simile alla struttura greco
romana che regola e gestisce tutte le stanze della casa che ruotano attorno ad esso. Questa tipologia è
diffusa in Nord Africa e in generale nel Mediterraneo, a Sfax questo modello ha assorbito negli anni delle
caratteristiche locali legate alle esigenze della
popolazione residente.
La facciata è completamente nuda con delle piccole
finestre a schermi sporgenti al piano terra e due o tre
porte di accesso. L’ingresso principale della casa porta
direttamente nel cortile interno che a Sfax è sempre
parallelo alla strada.
Il cortile interno ha la funzione di un vero e proprio patio,
che consente la sosta ai visitatori e la privacy alla
famiglia dalla strada, ha la funzione di un “salotto
all’aperto”. Questo ha la forma rettangolare ed è
fiancheggiato da due camere da letto nella parte
longitudinale. Alla fine del cortile si apre la sala
principale della casa, anche questa con la funzione di
salotto. Il cortile comunica anche con il bagno, la cucina
e le scale che portano al secondo piano (presente solo
nelle case di famiglie benestanti) dove vi sono le
camere da letto supplementari e le terrazze. Nelle case
grandi al secondo piano vi sono addirittura dei piccoli
appartamenti con ingresso indipendente dal resto della
casa.
Per ragioni climatiche i muri esterni della casa sono
spessi dai 50 ai 65 cm per evitare il passaggio del
calore e mantenere una temperatura confortevole
all’interno. I materiali costruttivi utilizzati sono il legno,
l’argilla e un mix di macerie di vecchie case con calce
per i muri. I pavimenti, gli archi e gli architravi sono in
pietra tagliata in lastre.
43
7.2 La prima espansione fuori le mura: le faubourg de le Sfaxienne
La crescita e l’espansione delle città sono determinate e caratterizzate dai fenomeni e dalle vicende che vi
accadono. L’espansione di Sfax fuori dalle mura della médina è strettamente legata alla sua storia e per
questo è utile intrecciare diverse fonti (cartografie storiche e attuali, storia evenemenziale, diari di viaggio o
qualsiasi scritto risalente al periodo interessato) per costruire un quadro conoscitivo che permetta di delineare
le varie trasformazioni urbane e soprattutto le cause di tali mutamenti. Sul lato nord della città di Sfax, fuori dalle mura della mèdina, viene istituito nel già ne 1313 il faubourg20: un
quartiere esterno alle mura che sfruttava la vicinanza con il mare (in quel periodo il porto non era ancora stato
creato) per i traffici commerciali; la popolazione che vi risiedeva erano dei commercianti e pescatori di
provenienza italiana, francese, greca e maltese.
Durante il periodo di prosperità della città sotto il comando del bey Husseini (dal 1705), altri gruppi di stranieri
si trasferirono a Sfax, interessati alle opportunità che la città offriva.
Tra questi gli ebrei sefarditi che insieme alle altre popolazioni che si trasferirono a Sfax sfruttarono il fatto che
questa era una città cin continuo sviluppo economico e non aveva più il dominio islamico; quindi molte di
queste popolazioni avevano proprio fondato la loro vita lì costruendo una casa e lavorando quelle terre.
La forma del fronte a mare non aveva ancora la forma attuale; in quegli anni era ancora molto ridotto e iniziò a
espandersi poiché al largo vi era questo lembo di terra che doveva essere sfruttato per l’abbondanza di
spugne e per facilitare la pesca.
Intanto, ancora sotto il domino del bey Husseini, la popolazione nativa di Sfax continua a crescere, così il
faubourg vene allargato e difeso con le mura come nella médina. La nuova città quindi viene fondata dagli
stessi Sfaxesi e non dai francesi come molti suppongono.
Verso la fine del 1700 la peste colpì Sfax, e le cifre dei morti si aggirano attorno alle 15.000 persone, una
percentuale significativa della popolazione. A favorire la rapida diffusione della malattia era stata la stretta
vicinanza degli alloggi e la sezione stradale molto ridotta con un quadro delle condizioni igienico sanitarie
tipico di quel periodo. Tuttavia entro la fine del 18° secolo la città riprende la crescita con un aumento
smisurato della popolazione: il faubourg diventa saturo.
È dall’inizi del 1800 che il faubourg diventa la residenza effettiva dei cittadini europei, poiché dopo la peste gli
Sfaxesi non volevano abitare in un quartiere che non fosse difeso dalla cinta muraria.
Da questo momento vediamo in Sfax la contrapposizione di due città con forme e culture completamente
diverse:
“l'une Réservée aux musulmans c'est la Medina Medievale et l'autre occupee par les europeens”.
Dal 1881 al 1956 la Tunisia è soggetta al protettorato francese. Il 12 maggio 1881 viene firmato il Trattato del
Bardo: la Francia, che già da 50 anni dominava l’ Algeria, batte sul tempo le mire dell'Italia, che contava la
colonia europea più numerosa. Sfax è una delle ultime città a porre resistenza ai francesi ma alla fine cede
anche lei e da allora si segna un grosso cambiamento nella città sia per quanto riguarda gli affari politici ed
economici, sia per il commercio e soprattutto per l’assetto urbanistico.
Come tutte le altre città anche Sfax viene bombardata e dopo una lunga resistenza il 16 luglio 1882 cedette
alla dominazione francese.
20 In francese arcaico significa sobborgo, probabilmente in quel periodo era la lingua utilizzata dai coloni francesi per indicare l’agglomerazione esterna alla médina; oggi sarebbe la banlieu.
44
Figura 45 _ Carta di Sfax al 1881, la médina e il faubourg.
7.3 La colonizzazione francese: la Ville Européenne
Così, la Francia occupa la Tunisia e procede a
imporre la sua amministrazione del paese. Sfax riceve
una particolare attenzione dai francesi per la scoperta
di fosfati nelle colline intorno a Gafsa, poiché serviva
un porto vicino alle colline per minimizzare le spese di
trasporto, è allora che Sfax inizia la sua scalata per il
ruolo di importanza per il suo porto e le sue attività
estrattive.
In brevissimo tempo prendono atto il progetto di
bonifica associato a quello di sviluppo del porto con
un incremento dei terreni a sud e di numerosi progetti
di costruzione su questa nuova terra.
La bonifica partiva quasi dalle mura della Ville
Européenne e il faubourg viene influenzato dai tali
cambiamenti.
Innanzitutto vengono rimosse le mura perimetrali
(1883) e rispettando lo stile e i modelli tipicamente
europei di quel secolo viene costruito un boulevard
detto Le Boulevard de France. Man mano con le
opere di bonifica si continua ad “aggiungere terra” e
ad allontanare la médina dal mare. Questi interventi
proseguono per vent’anni alla fine dei quali si nota dal confronto delle mappe una netta differenza di
estensione dell’edificato e la costituzione del porto vero e proprio.
Si costituisce in questa fase il quartiere europeo detto “la Ville Européenne” che contrapponeva al tracciato
minuto e contorto della médina un impianto completamente diverso.
Le caratteristiche strutturali principali che si rintracciano sulle mappe sono: il tracciato costituito dalle maglie
ortogonali, la diffusione di edifici pubblici e per il culto non musulmane con una collocazione meno esigente
rispetto a quelle della moschea.
Si notano inoltre altre differenze che caratterizzano il nuovo quartiere in cui la cultura e la religione la fanno da
padrona. Si assiste ad una sorta di “sdoppiamento” della città sia a livello funzionale che etico. Anche la
seconda Sfax, quella francese, sfrutta le risorse naturali del luogo come la prima. A cambiare sono gli scopi
legati alle attività economiche di Sfax, poiché la pesca e l’agricoltura venivano usati dagli sfaxiani come mezzi
di sostentamento, i francesi hanno introdotto Sfax e le sue risorse in un sistema commerciale esteso a tutto il
Mediterraneo grazie anche alla costituzione del porto.
Possiamo dedurre che gli sfaxiani vivevano di quelle risorse mentre quello francese è stato l’innesco di un
business che persiste ancora oggi.
La contrapposizione culturale e religiosa è molto forte e segna infatti una linea immaginaria di cambiamento di
stile e di forma e al tempo della colonizzazione anche di lingua. Oggi la colonizzazione ha prodotto tra i diversi
cambiamenti anche la diffusione di un’unica lingua che viene generalmente parlata in tutta la Tunisia e negli
stati appartenenti alla Francia.
Inoltre è facile rintracciare sia nell’architettura delle case che in quella degli edifici pubblici lo stile europeo
nettamente differente da quello della médina.
45
Figura 47 _ Place du Governement, Sfax. Figura 48 _ Cattedrale di San Pietro e Paolo, Sfax.
Figura 46 _ Vista di Sfax nel 1881, schizzo pubblicato in “Illustrazione” nel numero del 30 luglio 1881.
Tra i vari documenti consultati in questa fase di ricerca è molto interessante riportare le sensazioni di Louis
Piesse descritte in un articolo dal titolo “la Goulette a Tripoli” in cui racconta il suo viaggio (intorno al 1885) a
bordo del piroscafo “Dragut”21:
“Quando sentii la chiamata di Sfax ho montato sul ponte e, dopo che la nave era ancorata, vidi davanti a me
sotto il sole che stava sorgendo una lunga linea bianca sormontata da minareti […] scendiamo a Sfax nella
zona franca, la strada principale (la Rue de la Republique) era fiancheggiata da negozi e locali notturni a
sinistra una cappella servita da Padri Cappuccini e un’infermeria gestita dalle Suore. […] con le stesse
caratteristiche de la Rue de la Republique anche la Rue Tissot rappresentava un mondo diverso da quello che
ci aspettavamo.
La strada era asfaltata e c’erano molti negozi […] in questa strada molti consoli avevano preso dimora infatti
era conosciuta come luogo dei Consolati. […].”
Questa parte di città diventa il luogo privilegiato con gli alloggi migliori e il clima confortevole dato dalla
vicinanza al mare e dall’ampiezza delle strade. Col tempo il quartiere ha accolto diverse etnie che hanno
contribuito a caratterizzare architettonicamente il luogo. Si ritrovano infatti edifici per il culto che non potevano
essere costruiti nella médina (per ragioni di spazio), come: la chiesa cattolica (cattedrale di San Pietro e
Paolo); la chiesa greca, costruita nel 1892; la chiesa protestante, risalente al 1895 e la Grande Sinagoga,
costruita da una famiglia aristocratica francese.
21 L. Piesse, “Algérie et Tunisie, collection des guides Joanne”, ed. Hachette, Parigi, 1891.
46
Figura 49 _ Il porto di Sfax al 1897.
Figura 50 _ Carta di Sfax del 1916.
7.4 Il Porto, la Ferrovia e i numerosi cambiamenti Dopo aver predisposto il sistema di bonifica delle aree costiere i
francesi introdussero a Sfax la ferrovia in modo da consentire il
commercio di esportazione sia marittimo che ferroviario.
Nel 1903 la città europea è stata estesa a sud per più di 200
metri con moli paralleli costruiti per il ricovero e per il
caricamento. La costruzione di una ferrovia iniziava dunque
dalla costa poiché doveva favorire il collegamento e soprattutto
il trasporto delle merci da e per il mare in tutto il paese,
riducendo i tempi di percorrenza e i costi di trasporto.
Da questo momento il potenziale commerciale di Sfax inizia a
crescere e si afferma come centro commerciale e regionale più
importante della Tunisia.
La ferrovia e la risistemazione del porto comportano enormi
cambiamenti per assetto urbano.
La ferrovia inizialmente solo tra Sfax e Gafsa viene estesa a
Sousse nel 1909 e a Gabes subito dopo. La stazione ferroviaria
si colloca nella Ville Européenne permettendo così alla linea
ferrata di fiancheggiare il quartiere arabo, un campo militare
viene invece collocato a Nord-Est della médina.
Il porto viene dotato di diversi moli, uno a nord in direzione della
Kasbah che permetteva alle barche più piccole di attraccare a
50 metri dalla médina, che successivamente verrà inglobato
nell’edificato e diventerà l’attuale Rue Haffouz. Tra la Kasbah
e la Chiesa ortodossa si costituisce una zona di smercio del
pescato che successivamente diventerà il mercato (detto
anche marché).
Dalla porta del consiglio Bab Diwan si prolunga la direttrice
principale della città europea ovvero la Rue de la République
che conduceva direttamente agli uffici doganali del porto.
Nel nuovo quartiere che ormai sembra aver affermato il suo
assetto ordinario vi si trasferisce anche la borghesia
emergente e le cariche politiche creando nuovi edifici e nuove
funzioni che rovesciano il sistema delle centralità urbane. È il
caso dell’'Hotel De Ville, oggi sede del Municipio, in
costruzione durante i primi anni del 1900.
Ad Ovest della médina si creò un triangolo di edificato,
simbolo che l’espansione sarebbe continuata in periodi
successivi su tutti i lati della médina. Questa zona era
chiamata Picville e aveva un cimitero a Nord.
Tra gli anni ’20 e gli anni ’30 si assiste ancora ad un ulteriore
sviluppo del porto, moti canali sono stati interrati e costruiti
altrove facendo aumentare così il terreno edificabile.
Il mercato viene trasferito nel nuovo bacino, il Port de Pêche,
47
Figura 51 _ Il teatro, 1945. Figura 52 _ La cattedrale, 1945. Figura 53 _ La Rue de la Republique, 1945.
cambiando ancora una volta la forma del porto e la sua funzionalità.
Dopo l’indipendenza verrà modificato ulteriormente per favorire l’attività di pesca e il commercio del pesce
nelle zone limitrofe al porto.
7.5 La seconda guerra mondiale: distruzione e ricostruzione
Alla caduta della Francia, nel 1940, le autorità tedesche hanno preso il controllo di paesi che erano sotto
l'amministrazione coloniale francese, come la Tunisia. La campagna nota come Operazione Torch portò
inglesi, americani, francesi e le forze della Nuova Zelanda in battaglia contro le truppe dell'Asse nella battaglia
di sei mesi per la Tunisia, tra 8 novembre 1942, e il 7 Maggio 1943.
Per un mese, in particolare, le forze dell'Asse a Sfax sono stati il bersaglio di bombardamenti da parte degli
Alleati, dal 12 dicembre 1942 fino all'inizio di gennaio 1943.
Dall’intreccio di mappe antecedenti al 1943 e fotografie storiche si può ricostruire una mappa dei
bombardamenti in modo da capire quanto oggi è cambiato della vecchia Sfax che abbiamo visto costituirsi
fin’ora nelle tappe storiche esposte prima.
Intanto si può osservare in questa mappa (Figura 51) tracciata dal dipartimento di mappatura della US Army il
notevole sviluppo che Sfax aveva raggiunto, in contrapposizione alla mappa del 1916 (Figura 50) in cui si nota
un’ulteriore espansione dell’agglomerato urbano verso ovest con la configurazione delle strade a raggiera
(come quelle attuali) e soprattutto i collegamenti tra i nuovi quartieri, la médina e la Ville Européenne. Nella
carta vengono messi in risalto con diverse campiture gli edifici pubblici e il quartiere arabo che non è più
ristretto solo nella médina ma anch’esso ha cercato ulteriore spazio riportando una configurazione rivisitata
della médina fuori dalle mura ad ovest della città. Questo è segno che la città era in continuo movimento e che
l’espansione non era dovuta solo all’arrivo dei coloni ma soprattutto ad un aumento della popolazione araba,
tanto che dopo 13 anni iniziano le lotte per l’indipendenza: Sfax diventava la nuova potenza della Tunisia.
Come accennato prima i danni della Seconda Guerra Mondiale sono stati numerosi, alcuni edifici del
protettorato francese sono rimasti integri ma la ville Européenne è stata completamente rasa al suolo.
Da queste foto storiche si può notare come molti edifici che costituivano delle centralità importanti come il
teatro (Figura 52), la cattedrale di San Pietro e Paolo (Figura 53) e la Rue de la Republique (Figura 54) sono
state completamente distrutte.
Nel periodo di ricostruzione molti edifici hanno cambiato lo stile o la destinazione d’uso, come ad esempio la
cattedrale che viene interamente ricostruita con la funzione di chiesa da un’altra parte e dove ero le rovine
della vecchia chiesa vi è adesso un palazzetto dello sport.
48
Figura 54 _ Il palazzetto dello sport all’interno delle rovine
della cattedrale San Pietro e Paolo, 2007
Figura 55 _ Rue Pasteur, boulevard ricostruito nel secondo
dopoguerra tra la Ville Européenne e la médina, 2007
La Ville Européenne è stata sormontata di giardini e parcheggi con edifici commerciali che non hanno lasciato
nessuna traccia degli edifici preesistenti.
50
Figura 57 _ Sfax e l’espansione urbana: in arancione le strade
principali di collegamento, in giallo le aree periferiche, in rosa la città
consolidata, in grigio le Saline, in azzurro il porto e in rosso la
médina.
8. Da Sfax Ville a Grand Sfax: l’espansione urbana e lo sprawl
Con 220 Kmq si superficie urbana, Sfax è una delle
città più estese della Tunisia. Nella fase di continua
crescita della città, che va dal secondo dopoguerra
ad oggi, vanno rintracciate e analizzate a loro volta
le cause di questa espansione inarrestata.
La crescita continua ha generato, come vedremo più
avanti, una scarsa comprensione dello spazio con la
conseguente proliferazione di insediamenti informali
e l’incapacità delle infrastrutture di tenere il passo
con l’urbanizzazione. Inoltre l’uso diffuso dell’auto
privata a scapito dei mezzi pubblici contribuisce a
favorire l’espansione e la ricerca della casa in
periferia come “desiderio di tranquillità”.
L’espansione urbana di Sfax è stata studiata per
diversi anni da diverse figure (urbanisti, trasportisti,
ecologisti…) con lo scopo di trovare una soluzione
che possa arrestare la crescita e creare una città
sostenibile. Purtroppo oggi Sfax si presenta con
uno spazio urbano completamente diluito in una
superficie molto più vasta, con popolazioni sparse
ed edifici a grande distanza dal centro. Rispetto al
suo peso demografico la città sembra
sproporzionata, (220 Kmq contro mezzo milione di abitanti) e gli abitanti di fronte a questo problema hanno
completamente cambiato stile di vita, mentre il governo non riesce a proporre una strategia di controllo
adeguata alla situazione.
8.1 La gestione del territorio urbano nel ventennio 1970 - 1990
La città di Sfax ha visto il periodo di piena espansione tra il 1970 e il 1989 in cui l’area è nettamente
raddoppiata da 7000 ha nel ’70 a 15000ha nell’89 per raggiungere i circa 21000 ha nel 2000.
Questa espansione è stata giustificata come risposta alle carenze di territorio all’interno del perimetro urbano.
Ma la contraddizione di questo fenomeno è che la città continua ad avere delle grandi riserve di vuoti urbani
che contribuiscono a peggiorare i diversi problemi della città.
La necessità di limitare tale espansione è stata da sempre una priorità delle politiche di sviluppo (i Plan
d’Amenagément).
Nel 1977 con il PDU (Piano Direttore Urbano) era stata avallata la proposta di addensare gli edifici sul litorale
nord e sud (già occupati da un’area periferica). Per realizzare questa proposta è stata disposta una superficie
minima per il permesso di costruire di 1000 mq successivamente ridotti a 500mq dal Ministero dei Lavori.
51
Figura 58 _ Schema dell’espansione urbana di Sfax dal 1990 al 2000, fonte: Revue Tunisienne de Geographie.
Il Master Plan della Grande Sfax (SDAGS22) del 1998 definisce delle misure di densificazione di alcune aree
per risolvere il problema dell’espansione (peccato però che tra queste aree vi è una cintura di frutteti lungo il
quartiere periferico di Jenens), inoltre raccomanda che la città non può avere un raggio superiore a 11 km.
Purtroppo dietro a questo fenomeno vi sono varie differenze politiche e dal 1960 i piani di sviluppo non
riescono a trovare una soluzione, una delle cause potrebbe essere nei sistemi analitici che questi piani usano
che sono poco precisi e si basano su delle stime.
22 Schéma Directeur d'Aménagement du Grand Sfax.
52
Figura 59 _ Periferia ovest di Sfax: ville rurali.
8.2 La “diffusione” di espansione urbana, o in altre parole sprawl23
“La diffusione è un concetto relativo in relazione al dato di fatto di un’area o di una popolazione, non è un fatto
assoluto. Essa non è sempre fenomeno di espansione urbana che è invece un concetto che descrive un
semplice fenomeno di estensione spaziale della città. Queste caratteristiche rendono la diffusione singolare,
non definitiva e non misurabile nello stesso modo per tutte le entità urbane”. (Bennars, 2003)
Con la rivoluzione dei trasporti e il loro impatto sulla diluizione dello spazio urbano l’espansione ha assunto un
carattere distruttivo in termini di spazi destinati all’agricoltura (attività molto redditizia a Sfax) e per gli
ecosistemi naturali. Ha continuato inarrestata e spinta da diverse motivazioni, una della quali si faceva forza
sul fatto che un tessuto compatto (come quello della médina) crea dei problemi di salubrità e sanità degli
ambienti urbani con la conseguente diffusione di malattie ed epidemie. È vero la città centrale presenta dei
luoghi fatiscenti e sovraffollati con la concentrazione dei ceti sociali più poveri e oppone le periferie con questi
grandi gruppi di pendolari benestanti.
Nonostante le varie differenze si sono sviluppate diverse correnti di pensiero contrapposte: da un lato c’è il
rifiuto della città per la ricerca di una zona migliore in cui vivere a stretto contatto con la campagna (rafforzata
dai primi movimenti di tutela ecologica e ambientale degli anni ’70); dall’altro c’è il problema dell’espansione e
quindi la difesa della città come organismo da riqualificare.
La globalizzazione, come in tutto il resto del mondo, anche a sfax ha contribuito a rovesciare le funzioni
urbane e a mutare profondamente gli stili di vita degli abitanti. Sfax infatti è stata una città che si è inserita
subito in un sistema di concorrenza e produttività, prima a livello locale ma poi anche a livello nazionale e
mondiale (vocazione già scoperta dai coloni francesi quando modificarono il porto e introdussero la ferrovia
per facilitare il trasporto delle merci). Il desiderio di competitività comune che ha la città (e i suoi governatori)
porta quindi alla considerazione dello spazio urbano come una “città-fabbrica” che deve assolutamente
soddisfare gli standard di gestione.
La rete infrastrutturale e della mobilità ha un ruolo centrale in questa situazione poiché essa si ritrova a fare da
braccio tra città e periferia. Lo stile di vita che imita quello di una città metropolitana spinge la popolazione ad
esigere delle infrastrutture più efficienti per poter muoversi (con il mezzo privato) con maggiore facilità.
Tutto questo più la perdita di terreni agricoli e aree naturali, la frammentazione del tessuto urbano e la
“diffusione” sono in netto contrasto con i
principi di sostenibilità ambientale che
vengono promulgati dal governo.
Osservando le periferie inoltre si notano
ancora enormi contraddizioni. Fino a
trent’anni fa dove adesso vi è l’espansione
vi erano numerose distese agricole con un
sistema di reti e edificazioni tipiche del
mondo rurale. Con l’arrivo della “città” in
modo così drastico si è avuta la risultante
di vedere oggi alcune delle periferie che
hanno i caratteri architettonici tipici del
mondo rurale, con case monofamiliare
basse e con giardino privato, in alcune
23 A. Bennars, “L’Etalement urbain de Sfax”, in Revue Tunisienne de Geographie n. 36 del 2003, Pag. 49 - 87.
53
Figura 60 _ Periferia di Sfax, forma di urbanizzazione lineare.
sono proprio delle ville. Questo spiega un’altra contraddizione di questo fenomeno che è la bassa densità di
queste aree: la città continua a crescere come se fosse stata rinchiusa per troppo tempo e stava per
scoppiare, ma dai dati sembra non esserci nessun motivo che possa giustificare l’espansione.
Tuttavia, nonostante la bassa densità generale, alcune zone periferiche invece sono caratterizzate dalla
presenza di aree altamente urbanizzate con conseguenti problemi di trasporto.
Come già accennato prima uno degli effetti dell’espansione urbana di Sfax è senza dubbio il fenomeno di
pendolarismo periferia-città. L’uso dell’auto privata è la scelta più gettonata, sia per l’ineguatezza del trasporto
pubblico a gestire tali relazioni (problemi di piani della mobilità?) sia per le politiche di “democratizzazione”
dell’automobile privata da parte del governo centrale con degli incentivi per la disposizione di automobili (le
“auto del popolo”), di piccola portata, alle famiglie che abitano in periferia e devono spostarsi per lavoro in
città.
Questa preferenza per il mezzo di trasporto privato ha contribuito a diffondere l’idea che il trasporto pubblico è
destinato alle categorie svantaggiate e a volte si presenta come fenomeno di emarginazione sociale.
Il trasporto pubblico subisce quindi la concorrenza del mezzo privato, ma a contribuire al suo declino sono
stati anche i numerosi vincoli strutturali che ne limitano la competitività, come ad esempio la mancanza di
coordinamento tra la rete di trasporto e la struttura urbana. L’estensione della rete infatti risulta come un
allungamento delle distanze radiali quando invece, vista la portata del collegamento che dovrebbero risolvere
servirebbero delle nuove linee.
Un altro problema legato alla “diffusione” di espansione è la dotazione dell’alimentazione elettrica e delle reti
idriche. Se la prima ha visto negli ultimi anni una regolamentazione e diffusione anche nelle periferie più
lontane, la seconda ancora scarseggia. Soprattutto la rete fognaria rappresenta uno dei problemi principali
delle abitazioni soprattutto nelle aree con maggiore densità dove sono stati riscontrati problemi di
contaminazione e di inquinamento delle acque sotterranee.
8.3 Forme di espansione e periferie diverse
Analizzando l’espansione urbana di Sfax essa può essere ricondotta a tre forme principali: urbanizzazione
lineare, sviluppo sporadico e periferia residenziale24.
- L’urbanizzazione lineare (Figura 60) è quella che si concentra fuori del confine della città consolidata e
avviene come spandimento nelle strade larghe. È dovuta principalmente alla presenza di grosse
centralità di tipo commerciale che si collocano in queste aree ancora vuote e si portano dietro delle
residenze che hanno caratteristiche poco identificabili con un modello architettonico preciso. Queste
aree si estendono in un raggio di 20 Km dal centro della città.
24
Op. Cit.
54
Figura 61 _ Periferia di Sfax, forma di urbanizzazione sviluppo sporadico
Figura 62 _ Schema della localizzazione delle periferie spontanee di Sfax, fonte: Revue Tunisienne de Geographie.
- Lo Sviluppo sporadico (Figura 61) è caratterizzato dalla presenza di nuclei di alta densità separati dal
resto del tessuto urbano da un’area vuota. Questa forma è la risultante di diversi fattori tra cui
l’esistenza di barriere e aree particolari (aeroporto, area militare, cimitero, aree agricole..). In queste
aree di risulta si concentrano oggi numerosi insediamenti informali da nord a sud.
- La periferia residenziale è costituita da delle aree monofunzionali suburbane, a bassa densità con
case quasi esclusivamente unifamiliari. A causare questo fenomeno vi sono due tipi di
urbanizzazione: l’urbanizzazione volontaria, che nasce da regolamentazioni urbanistiche che vi
prevedevano quindi la dotazione di servizi e dimensionamento (anni ’80), e l’urbanizzazione
spontanea che è nata come dice la parola stessa in modo del tutto spontaneo, senza
regolamentazione di base e soprattutto senza arresto di crescita.
55
Figura 63 _ Periferia di Sfax, forma di urbanizzazione spontanea medio e ricco.
Sull’urbanizzazione spontanea è il caso di aprire una parentesi per spiegare le dinamiche di funzionamento
visto che è il tipo di periferia più diffuso a Sfax. Esistono tre tipi di urbanizzazione spontanea, che differiscono
tra loro per la dimensione degli alloggi e la qualità della vita in base al categoria sociale e alla disponibilità
economica di costruire la casa, sono: spontaneo povero, spontaneo medio e spontaneo ricco.
Il primo tipo di urbanizzazione spontanea si estende nell’area ovest e a sud della città. In base alla tipologia
degli alloggi possono essere ricondotti delle forme tipiche dell’edilizia rurale, tra l’altro la zona aveva prima
questa vocazione. A costituire questa zona è stato un consistente afflusso di nuovi immigrati nella città.
L’alloggio tipico di questo quartiere è di tipo orizzontale, con lotti di 100mq e 250 mq. Il costo del terreno è
basso poiché è esposto spesso a rischi idrogeologici (alluvioni), inquinamento (aeroporto, aree industriali) ed è
scarsamente servito dalle infrastrutture.
Il secondo e il terzo tipo di urbanizzazione spontanea vedono come modello di abitazione diffuso quello della
villa. Questa ha dimensioni più o meno ridotte in base al reddito della famiglia e ovviamente le dimensioni e la
dotazione di confort e direttamente proporzionale alla voglia delle famiglie residenti di dimostrare la loro
condizione economica agiata (l’unità di misura del reddito è data dalla presenza o dalle dimensioni della
piscina!). Nelle ville la superficie coperta varia dai 150 a 200 mq con 3 o 4 camere da letto. Non vi è uno stile
architettonico ben preciso sembra piuttosto un’imitazione del modello americano di villette a schiera.
Queste periferie sono quelle più grandi che divorano intere aree con estensioni di 20 km circa dal centro della
città. Sono inoltre tra le periferie più fornite dalla rete idrica ed elettrica e dalle infrastrutture di collegamento
principali.
8.4 La casa è una ricchezza, la casa dà sicurezza!
Il fenomeno della diffusione (sprawl) dell’espansione urbana deve essere letto in tutte le sue componenti per
raggiungere una soluzione che permetta l’arresto di questa situazione e la regolamentazione di parti urbane o
delle periferie spontanee che necessitano adesso dell’intervento urbanistico.
Scomponendo in vari livelli e intrecciando diverse ricerche analitiche sulla questione emergono quelli che sono
i punti fondamentali su cui dovrebbero basarsi le politiche urbane. Delle cause molte sono state esposte
sopra, in questo paragrafo vengono trattate le dinamiche psico-sociali che spingono la popolazione a cercare
alloggi in aree periferiche e ad accontentarsi di una qualità scadente di alloggio.
In Tunisia come in molti paesi del Mediterraneo (e includo pienamente la Sicilia potendo affermare per
esperienza personale tale dimostrazione) la casa di proprietà è concepita come una dimostrazione del
56
successo e dell’inclusione sociale. L’aspirazione delle famiglie alla casa di proprietà è il risultato della ricerca
di sicurezza in un sistema economico precario dove la casa rappresenta: qualcosa su cui investire, un bene di
lunga durata (della serie una casa è per sempre!) e una garanzia di fronte a indebitamenti economici.
Negli insediamenti informali la maggior parte dei proprietari è composto da artigiani, trasportatori, operai e
piccoli commercianti che non hanno una garanzia professionale come la pensione, l’assicurazione sanitaria o
il sussidio di disoccupazione. Se a tutti questo aggiungiamo le ipotetiche spese per l’affitto per molte fam iglie
sarebbe più difficile di quanto lo è adesso continuare a vivere. A causa quindi dell’instabilità del reddito
l’aspirazione della casa sembra una scelta condivisa da molte famiglie.
Inoltre l’attuale paesaggio urbano periferico a Sfax come nel resto della Tunisia vede case in perenne stato di
costruzione e questo deriva dal progressivo indebitamento delle famiglie per la casa che in base alla
situazione economica sono spesso costretti a rallentare i lavori.
57
Bibliografia
A. Bennars, “L’Etalement urbain de Sfax”, in Revue Tunisienne de Geographie n. 36 del 2003, Pag. 49 - 87. A. Fantone, Acqua e sviluppo urbano in Tunisia : il caso studio della città di Nefta. Rel. De Maio, Marina. Politecnico di Torino, 2. Facoltà di architettura, Corso di laurea in pianificazione territoriale, urbanistica e ambientale, 2011. A. Jatta (a cura di), Il territorio da costruire. Pianificazione urbana e territoriale in Africa, Bari, Edizioni Dedalo, 1985. E. Guidoni, Urbanistica islamica e città medievali europee, in Storia della Città, 1978. L. Piesse, “Algérie et Tunisie, collection des guides Joanne”, ed. Hachette, Parigi, 1891. L.V. Ferretti (a cura di), Tunisia, il recupero delle città oasi, Tarquinia, Gangemi Editore, 1991. M. Van der Meerschen, “La medina de sfax. Enquete preliminaire a sa regeneration”, ICOMOS, documento prodotto dal Consiglio Internazionale UNESCO, 1972. V. Guérin, “Voyage archéologique dans la Règence de Tunis”, ed. Plon, Parigi, 1982. V.M. Brazzo "Sahara tunisino: gli insediamenti umani". Rel. Foti, Massimo. Politecnico di Torino, 2. Facoltà di architettura , 2004.
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