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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE || Sezione I civile; sentenza 6 febbraio 1947, n....

Date post: 27-Jan-2017
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Sezione I civile; sentenza 6 febbraio 1947, n. 133; Pres. Brigante P., Est. Chieppa, P. M. Santoni Rugiu (concl. conf.); Rizzotti (Avv. Natoli) c. Conti (Avv. Turano, Foschini) Source: Il Foro Italiano, Vol. 70, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE (1947), pp. 279/280-281/282 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23139756 . Accessed: 25/06/2014 08:20 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.78.109.96 on Wed, 25 Jun 2014 08:20:08 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I civile; sentenza 6 febbraio 1947, n. 133; Pres. Brigante P., Est. Chieppa, P. M. SantoniRugiu (concl. conf.); Rizzotti (Avv. Natoli) c. Conti (Avv. Turano, Foschini)Source: Il Foro Italiano, Vol. 70, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1947), pp. 279/280-281/282Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23139756 .

Accessed: 25/06/2014 08:20

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PARTE PRIMA

essere la medesima in base a norme giuridiche emanate dal Governo italiano o per ragioni diverse da quelle indi cate nella motivazione della sentenza». L'ultimo comma dello stesso art. 6, nel disciplinare il procedimento dinanzi alla Corte Suprema, allorquando la richiesta di inefficacia sia stata proposta riguardo ad una sentenza pronunciata dalle Sezioni della Corte di Cassazione trasferite da Roma

per disposizione del sedicente governo repubblicano, pre suppone evidentemente le stesse cause di inefficacia indi cate nel secondo comma. Pertanto l'indagine della Corte

Suprema deve essere indirizzata all'accertamento di tali

cause, e non della legittimità e incostituzionalità degli atti

che determinarono il trasferimento delle Sezioni di questa Corte.

Ugualmente infondata è la dedotta applicazione di

particolari norme emanate dal governo repubblicano. La

Società Orobia sostiene che sia nulla la notificazione del ricorso avverso la sentenza della Corte di appello di Bre

scia, eseguita presso l'Ufficio distrettuale dell'Avvocatura dello Stato in Brescia ; senonchè la deroga al t. u. ed al

relativo regolamento sulla rappresentanza e difesa in giu dizio dello Stato, non rientra nell'ipotesi dell'art. 6 decreto

legislativo n. 249 del 1944, perchè le norme ostative alla convalida delle sentenze pronunciate dall'autorità giudi ziaria ordinaria sotto il governo della sedicente Repubblica non possono essere quelle necessariamente emanate per il

funzionamento dell'amministrazione della giustizia nel ter

ritorio occupato dai tedeschi invasori. Se così non fosse, le cause nelle quali era interessata l'Amministrazione dello

Stato sarebbero rimaste paralizzate, e subirebbero un trat tamento diverso da quelle tra privati, che non risulta dalla

lettera del decreto luogotenenziale n. 249 e dall'intenzione del legislatore : nè si spiegherebbe la disposizione dell'ul timo comma dell'art. 6 ( « se la richiesta è accolta rimane

efficace il precedente ricorso ») che presuppone valida la

notificazione del ricorso, sebbene eseguita nel modo pre scritto dal governo repubblicano.

In terzo luogo, la ricorrente trae argomento dal de

creto in data 19 giugno 1944 del Primo presidente di

questa Corte Suprema che, essendo interrotte le comuni

cazióni tra Brescia e Roma, rimetteva in termine la So

cietà Orobia per la proposizione del gravame avverso la

sentenza della Corte di appello di Brescia ; con questo sarebbe stata riconosciuta, secondo la Società Orobia, l'im

possibilità di proporre validamente gravame notificando in Brescia il ricorso avverso la sentenza di appello.

Il decreto presidenziale, in applicazione della legge 22 maggio 1942 n. 568, limitavasi a constatare l'assoluta

impossibilità di provvedere a causa dello stato di guerra alla proposizione del ricorso dinanzi alla Corte Suprema sedente in Roma, ma lasciava impregiudicata (nè poteva essere diversamente, per i limiti del potere presidenziale) la questione se fosse o non fosse valida la proposizione del ricorso notificato nel precedente mese in Brescia, ed

ignorato anche dall'avvocato che sottoscrisse l'istanza di

rimessione in termine. In ultimo, la Società Orobia deduce che « il giudizio

della Cassazione social repubblicana ha manifestamente

risentito dell'allucinato clima di « rivoluzione sociale » che

permeava di sè tutta la demagogica attività della Repub blica di Salò, ma in modo particolarissimo il settore finan

ziario, e la cui parola d'ordine era la deliberata demoli

zione delle aziende industriali ».

Dalla sentenza non risulta che sussistano fondate ra

gioni per ritenere che sulla decisione abbia influito la si

tuazione politica del momento. La Corte di Brescia limitò

il suo esame a questioni di diritto tributario, applicando il t. u. per l'imposta di ricchezza mobile del 21 agosto 1877 n. 4021, e nessun fattore di carattere politico poteva

pesare sul convincimento delle Sezioni unite per stabilire

se fosse contestabile alla Società Orobia la falsità della

svalutazione delle azioni deliberata dalla Società emittente, se la decisione in sede amministrativa contenesse un giu dizio di estimazione semplice sottratto come tale al sin

dacato dell'autorità giudiziaria, l'ordine delle questioni

sottoposte al giudizio della Corte, e l'influenza di quelle

accessorie decise dalle Commissioni amministrative. L'in dirizzo generale della politica finanziaria della sedicente

Repubblica sociale, se non si riverbera nella decisione o nella motivazione, non può assurgere a causa di inefficacia di una pronuncia in materia tributaria soggetta a con trollo a termini dell'art. 6 decreto legislativo luogotenen ziale 5 ottobre 1944 n. 249.

Sotto qualsiasi aspetto si consideri, l'istanza della So cietà Orobia non offre argomento per dichiarare inefficace la sentenza delle Sezioni unite di Brescia, e deve rima nere ferma la convalida legislativa.

Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione I civile ; sentenza 6 febbraio 1947, n. 133 ; Pres.

Brigante P., Est. Chieppa, P. M. Santoni Rugiu

(conci, conf.) ; Rizzotti (Aw. Natoli) c. Conti (Avv. Turano, Poschini).

(Sent, denunciata : Trib. Messina 3 gennaio 1939)

Obbligazioni e contratti —- Clausola del « solve et repete ■ — Kfficacia (Cod. civ., art. 1462).

Per effetto della clausola del solve et repete, la parte, a

sfavore della quale essa funziona, non pud opporre azioni od eccezioni a sua difesa, e deve inoltre essere condan nata all'adempimento della prestazione. (1)

La Corte, ecc. — La sentenza impugnata, uniforman

dosi alla giurisprudenza costante di questo Supremo Col

legio e alla più autorevole dottrina, a buon diritto rico

nosce, anche sotto il regime del codice civile del 1865, la validità della clausola del solve et repete, apposta nei

contratti, come quella che, non contrastando allora ad

alcuna norma o principio di legge, ed oggi riconosciuta

espressamente dall'art. 1462 cod. civ. vig., e 167 disp. trans., risponde ad una esigenza sentita nella vita del

commercio e degli affari, dove tutela chi, anticipando la

voro e merci, vuole garentirsi la certezza del corrispet tivo dalle eccezioni e dalle difese dilatorie, senza pregiu dicare tuttavia le ragioni dell'altra parte, quando siano

fondate.

Ma, riconosciuta la validità della clausola, la sentenza, con manifesto errore di diritto e contraddizione logica, in

sostanza viene a negarle il valore e l'efficacia suoi propri,

(1) Circa, gli efletti della clausola del solve et repete v., ge nericamente, Cass. 11 maggio 1944, Foro it., Rep. 1943-45, voce Obbligazioni e contratti, nn. 318, 319.

Per l'opponibilità della violazione del blocco dei prezzi, no nostante la presenza della clausola, v. App. Torino 9 maggio 1942, Foro it., 1943, I, 191.

Per l'inapplicabilità della clausola quando il creditore pro ponga azione di risoluzione del contratto v. Cass. 28 gennaio 1942, id., Rep. 1942, voce cit., n. 275, o quando già risulti la sostan ziale inadempienza della parte a cui favore è stipulata v. Cass. 6 giugno 1942, id., 1942, X, 966 con nota di richiami.

Sulla proponibilità, malgrado la presenza della clausola del solve et repete, delle ragioni di credito nascenti dal contratto di locazione a favore del conduttore convenuto per la risoluzione v. Cass. 28 giugno 1946, Foro it., Massimario, 1946, 182.

Circa la compatibilità della clausola con quella di riservato dominio v. App. Bologna 27 novembre 1941, id., Rep. 1942, voce

cit, n. 274. Iia clausola del solve et repete, la cui validità fu controversa

in dottrina (v. Chiovenda, 1st. dir. proc. civ., pag. 69 ; Ascarelli, in Riv. dir. comm., 1933, I, 419 e 708 ; Greco, in Riv, dir.

comm., 1931, II, 142 e 1933, II, 557 ; Brunetti, in Riv. dir.

comm., 1931, II, 71 ; Liebman, in Riv. dir. proc. civ., 1931, II, 241 e 1933, II, 209 ; Betti, Diritto processuale civile, p. 52) è ora — com'è noto — riconosciuta dall'art. 1462 del codice civile

(in dottrina v. Funaioli, in Riv. dir. comm., 1942, II, pag. 317 ; Messineo, Dottrina generale del contratto, Giufirè, 1942, pag. 420). Circa il carattere innovativo della disposizione v. Cass. 13 lu

glio 1942, Foro it., Rep. 1942, voce Obbligazioni e contratti, n. 277.

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GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE

che consistono in un temporaneo impedimento della pro

posizione di azioni e di eccezioni (improcedibilità) volte

a giustificare il mancato pagamento a causa della inadem

pienza della parte a cui favore la clausola fu stipulata

(inadimplenti non est adimplendum), di modo che questa ha, per intanto, diritto di chiedere ed ottenere il paga mento e l'altro contraente potrà far valere le sue azioni

ed eccezioni solo dopo aver eseguita la sua prestazione. Il Tribunale pertanto non poteva limitarsi a dichia

rare improcedibile l'azione di risoluzione contrattuale pro

posta dal Conti ; ma, in stretta dipendenza di questa esatta

pronunzia e in applicazione della clausola del solve et re

pete, doveva accogliere la domanda riconvenzionale del

Rosetto Ajello e del Pellizzotti, in loro favore condan

nando lo stesso Conti al pagamento del prezzo come do

vuto secondo il contratto, cioè al pagamento non solo

della rata di lire mille, che doveva essere e non fu pagata alla consegna, ma anche del prezzo residuo di lire tremila, fattosi esigibile per effetto del patto contrattuale che, in

caso di mancato pagamento anche di una sola .rata, dava

al venditore il diritto di chiedere l'immediato pagamento dell'intera somma dovuta.

Nè rilevano in contrario le sentenze di questa Corte

Suprema citate dal Conti nella sua memoria, riferendosi

esse ad ipotesi che qui non si verificano. È stato ritenuto,

infatti, che la clausola del solve et repete non operi quando sia manifesto il comportamento malizioso del contraente

che la invoca e quando già risulti dagli atti chiara la sua

inadempienza ; mentre qui, secondo l'insindacabile apprez zamento di fatto del giudice di merito, non risulta ancora

nè il contegno doloso nè l'inadempienza del venditore, ri

spetto alle quali circostanze occorrono accertamenti ed

indagini. È stato anche ritenuto che il creditore il quale, invece di avvalersi della clausola del solve et repete per ottenere il pagamento del dovuto senza dover subire ec

cezioni da parte del debitore, propone azione di risoluzione

del contratto, chiedendo la relativa statuizione di merito,

perde il diritto di invocare detta clausola contro la do

manda di risoluzione o l'eccezione deìV inadimplenti non

est adimplendum, proposta dalla controparte. Qui, invece, il venditore non chiede la risoluzione del contratto, ma il

suo adempimento specifico con il pagamento del prezzo.

(Omissis) Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE SDPREMA DI CASSAZIONE,

Sezioni unite civili ; sentenza 24 gennaio 1947, n. 72 ; Pres.

Pagano P. P., Est. Anichini, P. M. Santoni Rugiu

(conci, conf.) ; Fornace laterizi Portogruaro (Avv. Gal

lo) c. I.N.C.I.S. (Avv. Mazzega).

(Sent, denunciata : Trib. Venezia 14 aprile 1945)

Requisizioni — Inidoneità della eosa requisita all'uso — Domanda di riduzione della indennità ■— Compe tenza del giudice ordinario (R. d. 18 agosto 1940

n. 1741, t. u. sulle requisizioui per causa di guerra, art. 56, 58, 76).

È competente il giudice ordinario e non il comitato giurisdizio nale centrale per le requisizioni a conoscere della domanda, che il beneficiario propone contro il soggetto passivo della

requisizione per ottenere la riduzione della indennità a

motivo della parziale inidoneità della cosa all'uso per il

quale era stata requisita. (1)

La Corte, ecc. — Osserva che, col primo mezzo, si de

nuncia la violazione degli art. 56, 58, 76 segg. r. decreto

18 agosto 1940 n. 1741, e di altre norme relative alla'di

(1) Questione nuova, per quanto ci risulta. Per qualche riferimento si veda App. Milano 22 gennaio

1944, Foro it., Rep 1943-45, voce Requisizioni, n. 19.

sciplina delle requisizioni, nonché la violazione dell'art. 4

alleg. E della legge 20 marzo 1865 n. 2248 e del principio di diritto che, in tema di requisizione, non sono applica bili le norme sulla formazione, interpretazione ed esecu

zione dei contratti, per avere la sentenza denunciata rite

nuto competente a giudicare l'autorità giudiziaria ordina

ria, anziché il Comitato giurisdizionale centrale, e, in ogni

modo, per avere modificato un atto amministrativo, qual'é

appunto il decreto di fissazione dell'indennità di requisi zione 18 marzo 1943 del Prefetto di Venezia.

La censura è impostata sul rilievo che se, apparente mente, la resistente ditta Rigotto aveva proposto la sua

eccezione siccome diretta a contenere l'onere del paga mento dei mattoni requisiti entro i limiti di quelli accet

tati, escludendone gli scartati, sostanzialmente voleva con

seguire una proporzionale riduzione dell'indennità di re

quisizione. E questo, appunto, era il tema del dibattito

sul quale, secondo la ricorrente, non aveva giurisdiziono

per pronunciarsi, e invece s'è pronunciato, il Tribunale.

La censura è infondata ove la si consideri, anzitutto, dal punto di vista processuale. Perchè, se per decidere

della giurisdizione e della competenza deve esaminarsi la

domanda non soltanto nella sua proposizione, ma nel suo

contenuto e in rapporto alle eccezioni che le si oppongono e alle deduzioni che suffragano i rispettivi assunti ; tale

esame precisa nella fattispecie, che da un lato oggetto della domanda era il pagamento, non corrisposto, dello

scarto di quei mattoni (25 °/0), tra i requisiti, ch'erano stati

riscontrati inidonei per difetto delle caratteristiche essen

ziali e necessarie al loro uso ; dall'altro, che a tale richiesta

si oppose la legittimità d'una riduzione del prezzo, perchè

quei mattoni non erano stati effettivamente impiegati nella

costruzione delle case per la quale erano stati requisiti. Sicché, e pel petitum e per le sue contestazioni, la contro versia inquadrò materia ch'era, ed è, propria della giuri sdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria ed è fuori, invece, dalla giurisdizione speciale del Comitato giurisdizionale centrale, limitato, come si dirà, ai soli casi di legittimità del provvedimento di requisizione, e di determinazione del

prezzo e delle indennità.

Né il Tribunale ha ecceduto i limiti della controversia così e come gli era stato sottoposta : perchè, quando, ri

dotto lo scarto dei mattoni dal 25 al 17°/0, ha fatto ob

bligo ai resistenti di pagare il residuo 8 °/0, ne ha deter

minato l'importo sempre in base al prezzo unitario di lire 235°/oo, cioè ha mantenuto fermo il prezzo di requisi zione ch'era stato fissato col decreto prefettizio. Che se in

definitiva la ricorrente ha riscosso meno di quello che le

sarebbe spettato in base al prezzo ivi fissato per tutti i

mattoni requisiti, deve imputare a sè la differenza perce

pita in meno ; ma non può attribuire a riduzione propor zionale del prezzo unitario di requisizione ciò ch'è ridu

zione del prezzo globale dei mattoni, per l'esclusione di

quelli non potuti adoperare, perchè inidonei all'uso pel

quale erano stati requisiti. D'altronde resiste all'assunto della ricorrente l'inter

pretazione dell'art. 58 decreto 18 agosto 1940 n. 1741.

Non è stato precisato, malgrado la fattane affermazione,

quali siano i principi speciali di diritto, che, in tema di

requisizione, avrebbero dovuto essere applicati, e che sa

rebbero stati violati, in deroga alle norme comuni sulla

formazione, interpretazione ed esecuzione dei contratti. C'é,

però, un altro principio che indubbiamente dev'essere

tenuto presente : quello pel quale le norme, che derogano alla competenza del giudice ordinario, debbono essere in

terpretate e applicate con criterio restrittivo. Per modo

che, quando l'art. 58 enuncia che « in ogni caso, l'inden nità deve essere adeguata allo stato d'uso e alla qualità dei beni», è bensì da intendere questo principio, nel senso

che l'indennità va calcolata con ima proporzionale valuta

zione delle condizioni oggettive in atto della cosa requi sita, in base ai prezzi di mercato o alla media dei prezzi correnti cui fa riferimento la stessa norma in esame, ma

di quel principio è presupposto fondamentale inscindibile che l'uso e la qualità sono sempre apprezzati in funzione delle caratteristiche essenziali, per cui il bene requisito

Ik forno 19AUAM0 — Vètuan IMM — Pari* !• 18.

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