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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE || Sezione I civile; udienza 21 luglio 1937, n....

Date post: 30-Jan-2017
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Sezione I civile; udienza 21 luglio 1937, n. 2605; Pres. D'Aquino, Est. Pellegrini, P. M. Terra Abrami (concl. conf.); Puglisi (Avv. Natoli, Vassalli, Vinci-Juvara) c. Signorelli (Avv. Asquini) Source: Il Foro Italiano, Vol. 63, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE (1938), pp. 571/572-575/576 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23141612 . Accessed: 25/06/2014 10:56 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.101 on Wed, 25 Jun 2014 10:56:08 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I civile; udienza 21 luglio 1937, n. 2605; Pres. D'Aquino, Est. Pellegrini, P. M. TerraAbrami (concl. conf.); Puglisi (Avv. Natoli, Vassalli, Vinci-Juvara) c. Signorelli (Avv. Asquini)Source: Il Foro Italiano, Vol. 63, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1938), pp. 571/572-575/576Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23141612 .

Accessed: 25/06/2014 10:56

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571 PARTE PRIMA

e sleale da indurre i compratori a credere, nell'acquistare i caratteri Vincent, di acquistare, invece, il prodotto te

desco, al preteso atto di concorrenza sleale verrebbe a

mancare il necessario sostrato soggettivo. Senonchè è ine

satto che la Corte abbia inteso esaurire tutti i possibili

aspetti di un comportamento illecito quando ha conside

rato non potersi ammettere che da parte della ricorrente

i caratteri venissero posti in commercio in guisa da la

sciar credere che siano quelli della ditta concorrente, chiaro essendo che, con l'accenno, poi, alla possibilità

dell'inganno in re ipsa, essa ha inteso dare risalto ad al

tro dei peculiari aspetti in cui si concreta l'atto di con

correnza sleale. Questo altro aspetto consiste appunto nella

volontarietà della riproduzione, la quale, riguardando pro

prio quelle caratteristiche esteriori attraverso le quali si

è affermato nel pubblico il prodotto anteriore, consente, come pure affermò la sentenza impugnata, di sfruttare la

notorietà e il credito che il lavoro e il merito altrui ab

biano assicurato al prodotto originario, risparmiando tutte

le spese di studio e di creazione occorse pel prodotto imitato. Anche se, adunque, manchi un'attività rivolta a

indurre in inganno sulla provenienza del prodotto o ad

approfittare dell'inganno altrui circa la detta provenienza, la illiceità non può negarsi quando la riproduzione ser

vile risulti il mezzo idoneo onde stabilire a favore del

nuovo produttore una posizione di favore, permettendogli di sfruttare tutti i vantaggi connessi al prodotto imitato

senza incontrare tutte le spese e i sacrifici che la noto rietà e la diffusione di quel prodotto abbiano richiesto. Ciò sul terreno dei prezzi permette al produttore succes sivo la facile possibilità di battere l'avversario sviando la

clientela, ossia, arrecandog'i un danno permanente. Inoltre, a nulla vale osservare che nella specie pro

dotto e disegno o modello ornamentale siano la stessa cosa e che sotto il profilo della concorrenza sleale venga a colpirsi quella riproduzione del disegno o modello che sotto il profilo della privativa si nega possa costituire con traffazione. Anche ciò ammesso, non si vede la ragione per negare l'ingresso all'azione di concorrenza sleale, la

quale, per altro, poggia pur sempre su presupposti suoi

particolari ; mentre, invero, a far sorgere l'azione di con traffazione basta l'imitazione anche parziale del disegno o modello ornamentale, a dar vita alla concorrenza sleale occorre che il prodotto originario siasi affermato nel pub blico attraverso peculiari caratteristiche e che la ripro duzione si affermi in ordine proprio a siffatte caratteri stiche onde determinare quell'indebita posizione di pri vilegio sopra accennata.

Di qui la conseguenza che anche l'azione di concor renza sleale venga meno, quando, come in altri casi sot

toposti all'esame del Supremo Collegio, la natura del pro dotto sia tale ch'esso tragga caratteristiche individualiz zanti da un complesso di elementi, ai quali si tenga estraneo il disegno ornamentale ; in tali casi la riprodu zione, se non è di per sè vietata per difetto di valida

privativa, non può nemmeno ricadere sotto il profilo del l'azione di concorrenza, posto che ad essa manca ogni idoneità a valere come mezzo per procurarsi un illecito

vantaggio.

Quando, però, il prodotto non può essere altrimenti individuato in commercio se non attraverso il disegno o

modello, la riproduzione servile si dimostra mezzo idoneo e quindi non può negarsi ch'essa possa determinare una

responsabilità per danni a carico della ditta concorrente. Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DEL REGNO.

Sezione III civile ; udienza 10 dicembre 1937, n. 3218 ; Pres. Delle Donne P., Est. Zanotelli, P. M. Terroni (conci, diff.) ; Gaveglio (Avv. Ferraris, Lucente) c. Casolaro (Avv. Iannoni, Caldarera).

{Sent, denunciata : App. Torino 6 novembre 1936)

Ipoteca — Ipoteca giudiziale — Sentenza generica

di condanna ai danni — Iscrizione — Deter minazione del credito da garantire — Iscrizioni

suppletive (Cod. civ., art. 1970).

Nel caso di iscrizione d'ipoteca in base a sentenza di

condanna generica ai danni, spetta al creditore di determinare l'ammontare approssimativo del credito

e, anche, di completare con successive iscrizioni l'as sunta garanzia, sino a che la misura dei danni non sia stata accertata de fin vivamente in sede di liquida zione. (1)

La Corte, ecc. (Omissis) — Si verifica l'ipotesi di iscrizione ipotecaria in base a titolo che non determina l'ammontare del credito. In tal caso, la determinazione è fatta dal creditore, al quale non è imposto per principio alcun limite. Ma se egli avrà esagerato, si potrà doman dare contro di lui la riduzione dell'ipoteca a tutte sue

spese : se invece avrà indicato una somma insufficiente a garantirlo, egli potrà provvedersi con iscrizioni supple tive. E pertanto al creditore che, in base a sentenza di condanna generica ai danni abbia iscritto ipoteca per un ammontare approssimativo del suo credito, non si può, finché il detto ammontare non sia stato definitivamente accertato in sede di liquidazione, negare il diritto, ove

egli poi ritenga insufficiente l'accesa garanzia, di com

pletarla con successive iscrizioni in base alla stessa sen tenza. E' inesatto che egli una volta fatta, nell'accen dere l'ipoteca, la determinazione del suo credito, abbia esaurita ogni facoltà al riguardo. La legge non stabilisce alcun termine entro il quale debba iscriversi l'ipoteca, onde può «ssere inscritta in qualunque tempo. Quanto

poi alla determinazione della somma nel prendere l'iscri

zione, la stessa non fissa in veruna guisa, nè prò, nè

contro, l'ammontare del credito che si intende cautelare. Nella specie, era in corso il giudizio di liquidazione dei danni e sul loro ammontare si erano già pronunciati con

parziale discordanza, il primo ed il secondo giudice, ma la liquidazione non era irretrattabile, per essere contro la sentenza di appello stato proposto ricorso per Cassa zione. Solo nel caso che la liquidazione fosse stata stabi lita con la cosa giudicata, la sentenza di condanna gene rica ai danni sarebbe stata assorbita da quelle successive

liquidatrici dei danni stessi e non avrebbe più potuto co stituire titolo per iscrizioni ipotecarie. (Omissis)

Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DEL REGNO.

Sezione I civile ; udienza 21 luglio 1937, n. 2605 ; Pres.

D'Aquino, Est. Pellegrini, P. M. Terra Àbrami

(conci, conf.) ; Puglisi (Avv. Natoli, Vassalli, Yin

ci-Juvara) c. Signorelli (Avv. Asquini).

(Sent, denunciata: App. Messina 19 Ivglio 1935)

Successione — I>ivisione « inter liberos » per atto tra vivi — Impugnativa — Lesione di legittima o lesione oltre il quarto — Stima «lei beni (Cod. civ., art. 822, 1017, 1038, 1048, 1091).

La divisione inter liberos fatta per atto tra vivi é im

pugnabile sia per lesione della legittima che per lesione oltre il quarto (1).

La stima dei beni per l'accertamento della lesione mentre nella lesione oltre il quarto riguarda soltanto i va lori contemplati nell'atto e deve quindi essere fatta con riferimento all'epoca della divisione, nel caso in vece di azione per lesa legittima va riferita al mo

il) Si consultino sull'argomento App. Torino 13 gennaio 1936 (Foro it., Rep. 1986, voce Ipoteca, n. 17), Cass. Regno 10 aprile 1935, App Catania 25 gennaio 1935, Trib. Mantova 6 di cembre 1934, Cass. Regno 24 giugno 1935 e 22 giugno 1935 (id., Hep. 1935, voce cit., nn. 21, 24, 25, 26, 45), Cass. Regno 9 giu gno 1927 (id., 1928, I, 170, con nota di richiami).

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573 GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE 574

mento dell'apertura della successione, che solo allora è possibile la stima integrale di tutti i beni dal de cuius divisi, donati o lasciati. (2)

La Corte, ecc. — Con l'unico mezzo del ricorso si

denuncia la violazione e la falsa applicazione degli arti

coli 805, 808, 821, 822, 923, 1041, 1044 a 1048, 1091, 1128 cod. civ. nella parte ove la sentenza impugnata ri

tenne, e decise, con la formulazione dell'incarico peritale,

che, ai fini di stabilire se, con la impugnata divisione

dell'ascendente per atto tra vivi, fosse stata lesa o no la

porzione legittima spettante ai ricorrenti, bisognava stimare

gli assegnativi immobili secondo il loro valore al tempo della divisione e non già al tempo della apertura della

successione.

La censura è fondata e porta all'annullamento di questa

parte della sentenza. La Corte di merito, per giustiScare la sua laconica af

fermazione, si limitò ad osservare soltanto che la divisione

di ascendenti per atto tra vivi è una successione antici

pata ed eccezionale di una persona vivente, e che perciò vi debba essere una equiparazione completa con quella ef

fettiva per morte ; fino al punto da far considerare come

immediatamente aperta la eredità, e da stimare poi i beni

con riferimento esclusivo a quella data.

Osserva il Supremo Collegio che è evidentemente esage

rata, fino a cadere nell'equivoco e nell'errore, questa equi

parazione che la Corte ha creduto di adottare forse per il ricordo di vecchie dottrine straniere, contrastanti con

il sistema del nostro codice. Questo non conosce succes

sioni attuali ed immediate di persone viventi (a parte gli istituti ben diversi dell'assenza e della presunzione di

morte) ; e tanto meno ne fa richiamo od applicazione in

tema di divisione di ascendente per atto tra vivi. Se pure si volesse parlare in modo figurativo di una successione

anticipata (il quale termine ricorre, d'altronde, anche nelle

clausole di stile delle donazioni specialmente dotali), ciò

non vorrebbe mai dire che si finga una successione attuale,

ma, tutt'al più, che il contenuto attributivo (oltre che di

stributivo) dell'atto divisionale viene a concretare un tra

sferimento universale, non unilaterale, del patrimonio da

ereditare. Unilaterale perchè nonostante la universalità

del negozio (la quale lo distingue dalle donazioni parti

colari) titolare dei debiti gravanti sul patrimonio trasfe

rito resta sempre il trasferente e dividente : salvi gli even

tuali negozi speciali di accollo o delegazione che non spo stano però la situazione giuridica escludente, per ogni

verso, quella pretesa finzione di una successione attuale

ereditaria. Tanto ciò è vero, che la legge prevede la pre

terizione, volontaria o meno, di singoli beni, oltre che la

sopravvenienza degli stessi fino alla morte ; e, per tale

ipotesi, non già commina la nullità, come per la prete rizione soggettiva, sibbene dispone la divisione suppletiva in conformità della legge (art. 1046), qualunque sia stata

la ripartizione anteriore di quote astratte o concrete. E

come la morte dell'ereditando produce l'apertura vera e

propria della successione, anche quando vi sia stata divi

sione, cosi essa segna il momento decisivo ed esclusivo

per il controllo, e quindi per la misura del patrimonio ereditario integrale all'effetto di stabilire la porzione in

disponibile. Due distinte impugnative prevede, infatti, la

legge (art. 1048) per la divisione in vita dell'ascendente :

quella per lesione della legittima (comune alla divisione

(1-2) Sul carattere dell'azione di impugnativa di una divi sione di ascendente per lesione di legittima, il relativo termine

prescrizionale e i criteri di valutazione dei beni divisi, vedi App. Bologna 13 gennaio 1933 (Foro it., 1933, I, 836) con nota di ri chiami.

Sulla impugnabilità invece di detta divisione per lesione oltre il quarto nel termine di cinque anni, vedi Cass. Regno 8 marzo 1933 (ibid., col. 1855) ; e per l'applicabilità di tale azione alla sola divisione fatta per atto tra vivi, vedi Cass. Regno 18 feb braio 1930 (Foro it., Rep. 1930, voce Successione, n. 184).

Da ultimo sull'ammissibilità delle due diverse impugnative, Cass. Regno 28 giugno 1937 n. 2180 (Massimario, col. 483).

In dottrina, si consulti in senso conforme, Belotti, La divisione dell'ascendente, Padova, Cedam, 1933, pag. 227 e segg., e 246.

per testamento), e quella per lesione oltre il quarto. Le

due lesioni possono anche non concorrere insieme, giacché

quella della riserva dipende anche dalle donazioni ante

riori e posteriori, mentre quella oltre il quarto dipende dalle quote astratte attribuite nell'atto (metà, terzo, ecc.) e dalla misurazione corrispettiva dei beni contemplati nel

l'atto medesimo. I diversi presupposti e le finalità delle

due impugnative soccorrono, anche essi, per risolvere in

modo sicuro e tranquillante la questione controversa. La

lesione oltre il quarto (a parte il tempo in cui può sor

gere il diritto e quindi l'azione) riguarda esclusivamente

quella distribuzione e quindi quei valori corrispettivi con

templati nell'atto. Si può perciò ammettere, con una auto

revole dottrina, che la misurazione integrale dei valori

debba riferirsi al momento della divisione, perchè appunto in quel momento la ripartizione venne attuata e potè quindi turbare quella equa attribuzione che, entro il limite mas

simo del quarto, deve essere effettiva e non già nominale.

Per contrario, la lesione della riserva può verificarsi, oltre

che venire in questione solo quando, apertasi la succes

sione, si faccia il calcolo non dei soli beni divisi, ma anche

di quelli donati sia anteriormente che posteriormente ; nonché di quelli lasciati od attribuiti agli eredi (compresi

quindi i legittimati istanti) per legge o per testamento.

Ma se questo è innegabile, ne discende che la stima

integrale non può farsi che con unico criterio per tutti i

beni (divisi, donati o lasciati) ; altrimenti si creerebbe

una confusione ed una disparità di trattamento, e si ca

drebbe nell'arbitrio, oltre che nell'iniquità. In mancanza,

poi, di un'apposita norma per la stima dei beni divisi in

vita, non vi è che da ricorrere a quella strettamente ana

loga dell'art. 1091 (riduzione delle donazioni) che richiama

l'art. 822 (riduzione delle disposizioni testamentarie), dap

poiché, come si diceva, il diritto alla legittima non sorge e non si può misurare, in ambedue le ipotesi e per l'iden

tico obbiettivo della riduzione, se non con l'apertura della

successione ereditaria. Dato, infatti, che la divisione non

si annulla per quella lesione, ma soltanto vengono corre

lativamente ridotte tutte le attribuzioni eccessive fino al

limite del dovuto supplemento, l'azione è sostanzialmente

identica nel suo contenuto e nel suo obbiettivo.

Ora in tutte le cennate disposizioni il legislatore, per motivi ovvii, ha voluto che i valori immobiliari si com

misurassero al tempo dell'apertura della successione. E

perciò, quando per l'azione di lesa legittima contro la di

visione tra vivi, si devono stimare non solo gli immobili

divisi, ma quelli donati a chiunque, non si può che aver

riguardo all'unica data dell'aperta successione.

Forse la Corte di merito si lasciò impressionare dal

l'aumento eccessivo dei valori immobiliari del 1914 al

1923. Ma se si fa l'ipotesi inversa (verificatasi, appunto sia pure in minor misura, negli anni posteriori), si vedrà

subito quanto più pericoloso ed iniquo sia il criterio qui censurato. Se, infatti, può esser doloroso per chi ebbe il

fondo a prezzo inferiore di imputarlo a prezzo moltipli

cato, è però molto più grave, dannosa ed iniqua la ipotesi

inversa, che cioè si debba imputare un valore ormai in

sussistente, o grandemente menomato ; e rimetterci ad

dirittura del proprio invece che ereditare. Per contrario

il sistema della commisurazione integrale alla apertura della successione fa funzionare solo quel rischio che la

legge considera come meno grave, e che, comunque, è

doveroso e legittimo. Di fronte a queste persuasive ragioni perdono valore

i due argomenti sostanziali che il resistente intende qui

di sostituire a quello che adduce la sentenza impugnata e che lo stesso resistente riconosce già come errato ed

inaccettabile. Si dice, adunque, che il riferimento degli

art. 1091 e 822 sia un criterio eccezionale di stretta ap

plicazione e che la differenza fondamentale tra la riduzione

delle ordinarie donazioni e quella delle attribuzioni divi

sionali deriva dalla presenza e dall'assenza, in queste ul

time, dei legittimari lesi. Ma contro il primo argomento si può ben replicare che quel riferimento, per i valori

immobiliari, è una nota dominante e costante per il le

gislatore nella materia ereditaria ; tanto vero che anche

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PARTE PRIMA 570

per la collazione vi è la identica norma nel cennato arti

colo 1017. In secondo luogo, non è esatto che l'assenza

dei legittimari sia una ipotesi necessaria o normale delle

ordinarie donazioni poi soggette alla riduzione eventuale.

Invece, nulla importa, ad esempio, che la donazione sog

getta sia stata fatta con la presenza o l'assenza del coe

rede, per avventura condonatario, il quale poi domandi, a suo tempo, la collazione. La imputazione, in tal caso, si farebbe sempre con il criterio dell'art. 1017 ; così come

egualmente si deve procedere nella ipotesi contemplata dall'art. 1026. Non dunque di norme eccezionali si tratta, ma di un criterio costante e razionale, il quale non aveva

bisogno di essere richiamato nell'art. 1048 una volta che, tanto per le attribuzioni divisionali, quanto « per le altre

disposizioni » (il che ribadisce l'unicità intenzionale del criterio) veniva richiamato tutto l'istituto della lesione

della porzione legittima. Se mai, è necessaria una norma

apposita deroga trice. (Omissis) Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE D'APPELLO DI MILANO.

Udienza 18 febbraio 1938; Pres. Preda P.P., Est. Pe

trella ; Vaghi (Avv. FoÀ ) c. Reischsbank (Avv. Ausbacher), Banca Commerciale Italiana (Avv. Gius

sani) e Credito Italiano (Avv. Bartoli).

Moneta nelle obbligazioni — Legge bancaria tede

sca 30 agosto 11124 — Applicazione ai cittadini

italiani portatori di marcili tedeschi annullati — Ammissibilità.

La legge bancaria tedesca 30 agosto 1924, con la quale è tolta la qualità di mezzo legale di pagamento ai

marchi tedeschi emessi prima dell'11 ottobre 1924, con decorrenza dal 5 giugno 1925, si applica anche

ai cittadini italiani portatori di tali biglietti. (1)

(1) Riconoscimento In Italia di leggi monetarle straniere.

1. — Con alcune recenti decisioni, la Magistratura italiana ha consentito l'applicabilità, ed il riconoscimento, in Italia di due leggi monetarie straniere, quella federale americana 5 giu gno 1938 (1) e quella tedesca 30 agosto 1921 ('2).

La prima delle quali dichiara inefficace la clausola oro, onde tutte le obbligazioni contratte in dollari-oro debbono es sere eseguite con piena efficacia liberatoria in dollari-carta; la seconda toglie la qualità di mezzo legale di pagamento ai mar chi tedeschi emessi prima dell'll ottobre 1924 con decorrenza dal 5 giugno 1925.

Il diverso contenuto delle leggi non autorizzerebbe quindi un accostamento delle sentenze italiane che le hanno ricono sciute, se queste non consentissero un comune inquadramento in alcuni generali principi del c. d. diritto internazionale pri vato, che, si può dire, non hanno sempre sollecitato l'atten zione dei giudici, o, almeno, non hanno avuto un adeguato ri lievo.

Tanto più interessante questa possibilità di comuni osser vazioni, perchè la differenza di contenuto delle leggi corrisponde alla diversità dei casi che hanno provocato le sentenze.

Quelle infatti che hanno riconosciuto la Joint Resolution sono intervenute rispetto ai prestiti obbligazionari emessi da so cietà italiane in America e pagabili in America (in Inghilterra, in Svizzera) ; le altre che hajjno dichiarato l'applicabilità della legge tedesca hanno consentito la svalutazione del marco an che rispetto ai portatori italiani.

Dalle caratteristiche discende altresì la peculiarità delle mo tivazioni che vanno partitamente esaminate.

2. — Il riconoscimento della Joint Resolution, nel caso delle società italiane che emisero prestiti obbligazionari pagabili in America, si fonda su questi argomenti :

a) l'intenzione delle parti contraenti di sottoporsi alla legge americana, e quindi di adattarsi alle vicende della moneta straniera ;

b) la necessità di tutelare l'economia nazionale, finalità che si raggiunge esonerando le società italiane dal mantenere un servizio d'interessi in oro eccessivamente gravoso ;

c) il reciproco riconoscimento della legittimità della tu

li) Trib. Torino 7 luglio 1934, Foro it., 1934, I, 1351 ; Trib. Napoli 21 febbraio 1936, Foro it., 1936, I, 498.

(2> Trib Milano 11 gennaio 1937, Foro it., 1937, X, 198, confermata dalla sentenza annotata.

La Corte, ecc. {Omissis). — Ulteriori argomenti, a

sostegno della domanda, la difesa degli appellanti desume dai principii di diritto pubblico.

Sostiene essa che, ove pur si ritenga che la legge 30

agosto 1924 abbia annullato le banconote di emissione pre bellica non solo come segni monetari, ma anche come ti toli di credito, la legge stessa, per il suo carattere ter

ritoriale, è inapplicabile fuori dell'Impero Germanico, nei confronti degli stranieri. Critica la difesa la sentenza dei

primi giudici, per avere questi confuso la nozione di legge

tela dell'economia straniera, che il legislatore straniero ha at tuato con questi speciali provvedimenti monetari ;

d) la qualifica di atto di diritto pubblico, attribuita a tali provvedimenti :

e) la conseguente esclusione della sindacabilità degli atti di imperio stranieri ;

f) l'affermazione che gli atti stessi non pongono in essere una lesione del diritto pubblico internazionale e dell'ordine pubblico interno.

D'altro lato, il riconoscimento della legge di svalutazione germanica è raggiunto attraverso queste considerazioni :

a) la previa esclusione che la legge in questione rientri nel novero delle leggi politiche, di stretta territorialità ;

b) il riconoscimento della legittimità della salvaguardia dell'economia straniera ;

c) l'insindacabilità del provvedimento straniero; d) l'esigenza delle contromisure finanziarie ; e) la necessità che, per il raggiungimento degli effetti che

il legislatore straniero si è proposto, la legge abbia una espan sione extra-territorial e ;

f) l'ammissibilità di questa espansione anche rispetto alle leggi di diritto pubblico ;

g) l'inesistenza di contrasto tra l'ordine pubblico italiano e la legge di svalutazione tedesca (tanto più che la legge 30 agosto 1924 fu emanata in esecuzione dell'accordo, di cui alcune leggi italiane presuppongono l'efficacia, tra la Commissione delle Riparazioni ed il Governo tedesco in data 9 agosto 1924).

A questo punto si possono ricercare gli elementi comuni ai due gruppi di sentenze.

La prima segnalazione riguarda il metodo ; nel senso che le decisioni sono pervenute al richiamo — "e quindi all'esame ed al riconoscimento — della legge, attraverso il funzionamento delle norme e dei criteri del diritto internazionale privato : per il marco, si è detto infatti che la disciplina del biglietto di banca è soggetta alla lex loci emissionis, e si è così pervenuti alla legge di svalutazione ; per le obbligazioni, si è detto invece che aveva vigore la lex loci solutionis, e si è quindi applicata la legge federale americana.

Un successivo rilievo concerne gli argomenti che hanno condotto al riconoscimento delle leggi straniere ; essi sono :

o) il riconoscimento dell'attinenza dei provvedimenti in esame al diritto pubblico ;

b) l'esclusione del conflitto tra queste leggi ed il nostro ordine pubblico ;

c) il rapporto tra la finalità delle leggi e l'extra territo rialità.

3. — A questo punto si possono inquadrare le sentenze nei principi di diritto internazionale privato, come si era preannun ciato, e trarne alcune riflessioni.

Si deve dire che, in tutto — metodo, argomenti, procedi menti — le sentenze hanno fatto applicazione, anche se non ri ferimento, ad alcune regole che già da tempo avevano trovato autorevole enunciazione da parte del Fedozzi (3).

E la rilevanza discende dal presupposto che si trattava di richiamare e riconoscere leggi straniere di diritto pubblico.

Ne deriva che le norme di diritto internazionale privato applicate hanno trovato un funzionamento integrale anche se esse hanno richiamato norme straniere di diritto pubblico.

Nè si potrebbe dire esattamente che sia stato un simile fun zionamento ad attribuire l'efficacia extra-territoriale al provve dimento straniero di diritto pubblico : quanto invece la consta tazione che nessun ostacolo si opponeva alla normale funzione della regola di diritto internazionale privato ed alla inserzione, per cosi dire, della legge straniera nel nostro ordinamento (4).

Ciò significa che è stata riconosciuta l'extra-territorialità della legge straniera di diritto pubblico, in quanto che, e pri ma, si era riconosciuta la possibilità di discriminare il diritto pubblico e l'ordine pubblico : nel senso che, come non esiste questa identificazione, neppure sussiste una comune inderoga bilità, ed è quindi consentita l'applicabilità di una norma di diritto pubblico straniero e la sua c. d. extra territorialità (5).

Proposizione questa che, analiticamente, si può scindere nelle seguenti enunciazioni, tutte peraltro implicite nella for mula precedente del Fedozzi.

{3) Fedozzi, De l'efficacitè eztra territoriale dea loia et des octet de droit public, in Recueil dea cours de l'Accadèmie de droit international, 1929, li, 145.

(4) Cfr. Ago, Teoria del diritto internazionale privato, Parte generale, Padova 1934, cap. V, n. 41. (5) Fedozzi, op. cit., n. 2; conf. Caviglieri, nota in Foro it., 1934,

I, 268.

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