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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE || Sezione I civile; udienza 20 marzo 1930; Pres....

Date post: 27-Jan-2017
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Sezione I civile; udienza 20 marzo 1930; Pres. D'Amelio P. P., Est. Messina, P. M. Assisi (concl. conf.); Azzarretti (Avv. Vassalli) c. Fallimento Soc. Calzaturificio De Minico e Fall. Soc. del Roia di Ventimiglia (Avv. Galli, Cobianchi) Source: Il Foro Italiano, Vol. 55, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE (1930), pp. 561/562-565/566 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23131166 . Accessed: 28/06/2014 07:30 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.220.202.171 on Sat, 28 Jun 2014 07:30:02 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I civile; udienza 20 marzo 1930; Pres. D'Amelio P. P., Est. Messina, P. M. Assisi (concl.conf.); Azzarretti (Avv. Vassalli) c. Fallimento Soc. Calzaturificio De Minico e Fall. Soc. del Roiadi Ventimiglia (Avv. Galli, Cobianchi)Source: Il Foro Italiano, Vol. 55, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1930), pp. 561/562-565/566Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23131166 .

Accessed: 28/06/2014 07:30

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561 GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE 562

rituali ed il secondo riflette la causa dei contratti tema

non riferibile al caso in esame. Se un contrasto con l'or

dine pubblico e col buon costume realmente vi fosse si

sarebbe piuttosto dovuto invocare altra disposizione di

legge. Ma tale contrasto non si riscontra nel patto, con

cui nel caso in esame, come dà atto la denunziata sen

tenza, le parti stabilirono di riconoscersi tenute ad ac

cettare 1' arbitramento irrituale con rinuncia ad ogni forma di reclamo « come fosse stato da esse stesse con

cordato ». Un tale patto invero tendeva solo a porre,

quanto ai mezzi d'impugnativa, giusta l'indole degli arbi

trati irrituali, il lodo arbitrale alla pari con un regola mento della vertenza direttamente convenuta dalle parti e non precludeva perciò ai giudici di vedere se il con

promesso fosse inficiato da vizi di consenso o di capacità

oppure se da consimili vizi o da eccesso nel mandato

fosse inficiato il responso degli arbitri. Al quale propo sito come si è sopra rilevato, è da ricordare che la de

nunziata sentenza infatti esaminò le eccezioni di eccesso

e con esaurimento del mandato escludendone la sussi

stenza.

Col quarto motivo i! ricorso richiamando come violati

gli art. 1123, 1312 cod. civ. e denunziando una man

canza di motivazione, lamenta che la impugnata sentenza

non abbia tenuto conto che il compromesso non sotto

scritto dal Pisani e dal Piccolini era rispetto ad essi res

inter alios e che non bastava ad assolverli dire che essi

erano rimasti estranei all'arbitramento essendo anzi que

sta precisamente la ragioue per cui il compromesso non li riguardava. La mancanza o meglio l'erroneità di

motivazione è palese. Non bastava infatti per ritenere

che il Caprotti potesse proporre la domanda di risarci

mento di danni contro il Pisani ed il Piccolini senza

tener conto dell'arbitramento intervenuto nei rapporti col

Moschini, dire, come si limitò a dire la sentenza, che

il Pisani ed il Piccolini erano rimasti estranei al com

promesso. Sarebbe occorso per giustificarne il prosciogli mento o esaminare l'eccezione fondamentale spiegata dal

Pisani e dal Piccolini col sostenere di non avere in modo

alcuno partecipato insieme col Moschini alla vendita di

grano al Caprotti o almeno vagliare come aveva fatto la

sentenza di primo grado, se nell'ipotesi prospettata dal

Caprotti, che il Pisani ed il Piccolini avessero parteci:

pato a quella vendita e dovessero perciò a sensi dell'ar

ticolo 40 cod. comm. ritenersi obbligati in solido col Mo

schini, la definizione della vertenza provocata dal Caprotti in confronto del Moschini giovasse anche al Pisani e Picco

lini. Peraltro essendo la decisione adottata dalla denunziata

santenza esatta per una ragione giuridica differente da

quella inconcludente addotta dalla sentenza impugnata

non si ravvisa di dover addivenire alla cassazione di tale

sentenza. Invero è alla Corte di cassazione lecito, in pre senza di manchevolezze dei motivi addotti dal giudice di

merito, addurre a sorreggerne la decisione altri motivi di

diritto, che valgono a giustificarla. Ed un motivo giuri

dico ricorre indubbiamente nel caso in esame non po

tendo negarsi che, se il Pisani ed il Piccolini siano stati

come li pretende il Caprotti venditori col Moschini e per

ciò per effetto della presunzione stabilita dall'art. 40

prima parte cod. comm. obbligati in solido con lui : della

risoluzione della controversia cui addivenne il Caprotti nei confronti del Moschini mercè l'arbitrato irrituale,

essi possono valersi ed avvantaggiarsi. Quantunque tale

risoluzione non possa precisamente equipararsi nè ad una

sentenza nè ad una transazione pure presenta con esse

delle analogie le quali devono portare ad applicare al ri

guardo gli stessi criteri che dottrina e giurisprudenza hanno adottato per giudicare rispetto agli altri condebi

tori solidali dell'efficacia di una sentenza ottenuta o di

una transazione stipulata in confronto di un solo di essi.

Si è riconosciuto che l'indole dell'obbligazione solidale

porti che ognuno degli obbligaci in tutto quanto concerna

interessi comuni sia mandatario tacito degli altri o per lo meno organo e rappresentante ex lege del gruppo co

stituito da tutti i condebitori solidali. Ciò porta che nel

giudizio costituito in confronto di un solo dei condebitori

solidali e nella transazione in confronto di un solo di essi

conchiusa quel debitore rappresenti anche gli altri, onde

essi non possono ritenersi estranei al giudizio o àlla tran

sazione. A ciò non potrebbe portare ostacolo l'art. 1771

cod. civ. in quanto dichiara che la transazione fatta da

uno degli obbligati non obbliga gli altri e non può es

sere opposta da essi ; dovendo esso intendersi non appli cabile quando gli interessati siano legati da vincolo so

lidale. divergenza sorge sul punto di stabilire se gli al

tri coobbligati in solido possano da siffatta sentenza o

transazione non solo essere avvantaggiati ma anche dan

neggiati poiché si è obbiettato che il mandato o la rap

presentanza non possono intendersi all'intento di peggio rare la condizione dei rappresentati. Senonchè non è il

caso di indugiarsi qui nell'esame di tale questione dap

poiché il Pisani ed il Piccolini, ritenendosi avvantaggiati dalla soluzione data dall'arbitrato irrituale, hanno dichia

rato di volersene avvalere.

Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DEL REGNO.

Sezione I civile ; udienza 20 marzo 1930 ; Pres. D'Amelio

P. P., Est. Messina, P. M. Assisi (conci, conf.) ;

Azzarretti (Avv. Vassalli) c. Fallimento Soc. Cal

zaturificio De Minico e Pali. Soc. del Roia di Ven

timiglia (Avv. Galli, Cobianchi). ,

(Sent, denunciata : App. Genova 25 giugno 1929)

Società — Soi'Ielà anonima — Simulazione — Fu

sione — l*uM>licità Società in nome collettivo

tra società anonime — Estensione fallimento (Cod.

comm., art. 193).

È improponìbile fazione di simulazione nella costituzione

di una società anonima. (1) I soci non possono opporre la mancata osservanza della

pubblicità nella fusione. (2) Se pertanto risulta in fatto che due società si sono fuse

in una sola, sia pare s.enza Vosservanza della pub

blicità prescritta, il giudice può estendere il falli

mento dalV una all' altra, nè i soci possono dedurre la

mancata pubblicazione della fusione. (3) È inammissibile la costituzione di una società in nome

collettivo tra società anonime. (4)

(1-4) Anche in questa ipotesi come in alcune precedenti (Cfr. (Foro it., 1930, I, 225) si è presentata alla Corte sotto il pro filo della simulazione una questione differente.

La Corte Suprema nell'ipotesi di due società sostanzial mente fuse, ma senza l'osservanza della prescritta pubblicità, ha ritenuto di non dover far capo alla dottrina della simula

zione, ma semplicemente al principio della inopponibilità da

Il Foro Italiano — Anno LV — Parte 7-37.

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563 PARTE PRIMA 564

La Corte, ecc. — Attesoché la sentenza impugnata, nel procedere ad accurato e sagace esame dei documenti

prodotti ed a diligente discussione delle difese dei liti

ganti ha fatto alcune affermazioni che si trascrivono :

« Gli elemen'i raccolti e sottoposti all'esame del magi

strato dal curatore del fallimento sono tali da chiaramente

dimostrare la sostanziale confusione fra le due società in

relazione sia ai patti interceduti prima della loro costitu

zione fra i partecipanti alle società stesse, sia alle ragioni

ed al modo della loro costituzione, sia infine al modo del

loro funzionamento II Consiglio di amministrazione della

De Minico nel 24 giugno 1924 si occupò non solo dell'an

damento economico e finanziario di esse società ma an

che di quello dell'Immobiliare.

« Dalla situazione del bilancio del 31 maggio 1924 si

nota che è portato al passivo della società Calzaturificio il

residuo presunto in lire 120 mila, dovuto dall'Immo

biliare alla ditta costruttrice dell'immobile ed all'attivo

della stessa società Calzaturificio il valore dello stabile in

lire 650 mila, poiché il Calzaturificio assunse tutte le atti

vità e passività dell'altra società. Dai verbali di adunanza

dei Consigli di amministrazione delle due società in data

16 dicembre 1924, letteralmente identici con le stesse si

tuazioni di bilancio, emerge evidente la unicità di situa

zione patrimoniale e di bilancio, in quanto in essi testual

mente si legge : Le dette due situazioni si riferiscono glo balmente alle due società anonime aventi gli stessi azio

nisti e gli stesfii amministratori ma aventi però i libri

commerciali, giornali mastri e inventari distinti.

« La promiscuità patrimoniale e amministrativa si desu

me da tutti i verbali così dei Consigli di amministrazione

che delle assemblee generali. Dalla deliberazione 29 marzo

1925 del Consiglio di amministrazione della De Minico si

evince in modo decisivo l'identità sostanziale l'esistenza

di una sola società».

Con queste affermazioni e con le altre contenute in

un successivo brano, ove si ricorda il contenuto delle

manifestazioni degli organi sociali, si discorre del com

portamento dei soci amministratori ed unici possessori delle azioni, i quali esaminavano collettivamente i co

muni affari e si mette in rilievo che i terzi non po

parte dei soci della mancata osservanza delle forme di pubbli cità della fusione.

La Corte Suprema applica cosi alla pubblicità nella fusione i principi generali della pubblicità in materia di società com merciali.

Nell'escludere l'ammissibilità della simulazione la Corte Su

prema fa capo tra l'altro alla constatazione che la costituzione di una società anonima, sia pure con un determinato scopo quale si sia, importa di necessità la consapevole e deliberata volontà di formare e dar vita alla società al fine di raggiungere lo

scopo desiderato. Partendo appunto da questo principio si è sostenuto come nell'ipotesi della società con un solo socio fre

quentemente proposta all'esame della Corte Suprema non si debba tanto far capo all'inammissibilità della simulazione in li nea di diritto, che urterebbe contro gravi difficoltà e porterebbe nelle sue estreme conseguenze a risultati iniqui, quanto alla insussistenza di una simulazione nell'ipotesi in questione (Asca rf.li.i (Foro it., 1930, I, 225).

Infine la Cassazione esclude in questa sentenza la possibi lità di società anonime quali socie di società in nome col

lettivo, cosi pronunciandosi per la prima volta sulla grave que stione. Cfr. su quest'ultimo problema A. Sr»ppa, e P. Bonfante, Società in nome collettivo fra Società Anonime ? in Riv. Dir. Com

merciale, 1921, I, 609. Sul problema della simulazione nelle società anonime per

azioni, e sui vari problemi diversi che vanno sotto questo no

me, cfr. la nota dell'AscARELT.i (Foro it., 1930, J, 225 egli Studi ivi citati).

tevano non ritenere malgrado la formale distinzione

delle due società, di essere in realtà di fronte ad una

società unica, la sentenza impugnata pone in essere, che per volontà dei soci delle due società 1' Immo

biliare si era fusa nella De Minico ed era diventata con

essa una sola società. Di questa conseguenza l'acutissima

difesa del ricorrente si è avveduta ed ha trovato abile

modo di cercare di escluderla nel confu are diversa tesi.

Conviene riconoscere che la fusione non è stata eseguita con l'osservanza delle norme prescritte dagli art. 193 e

segg. cod. comm. Ma si deve subito aggiungere che la

trasgressione di questi precetti potrebbe essere opposta dai terzi in ispecie dai creditori dell'Immobiliare, che a

quanto sembra non ne ha alcuno, non mai dai soci che

rimangono vincolati dal consenso prestato nelle assemblee

geneiali ai fatti costituenti la fusione e che anche nella liqui dazione di una società possono nei reciproci rapporti adottare

la forma, che stimino più conveniente. E nella specie la

controversia è sostenuta non da un terzo ma da un socio

il quale non ha modo di insorgere contro quel che l'im

pugnata sentenza dichiara con le surriferite proposizioni essere stato ugualmente voluto dal Consiglio di ammini

strazione e dalle assemblee.

Accertata la fusione dell'immobiliare nella De Minico

riesce manifesto, che il fallimento di questa ultima trae

seco quello della prima che aveva l'apparenza di esistere

ma nella realtà era stata assorbita dall'altra. E non s'intende

per qual ragione la sentenza impugnata che pure adopera le espressioni sostanziali : confusione delle due società in re

lazione al modo del loro funzionamento, unicità di situa

zione patrimoniale delle due società, promiscuità patrimo niale delle medesime, identità sostanziale di esse, esistenza

di una sola società, e fa rilevare rome la De Minico s'oc

cupava non solo dell'andamento finanziario proprio, ma

anche di quello dell'Immobiliare ed afferma tutte le cir

costanze da cui scaturisce la incorporazione della Immo

biliare nella De Minico ed ha cura di rilevare che tali

circostanze risultano anche da tutti i verbali delle assem

blee generali sia della De Minico, che attraeva a sè l'Im

mobiliare, sia di questa ultima che si univa all'altra, non

abbia poi ricavato dalle proposizioni da esse poste e di

mostrate la conclusione della surriferita incorporazione che

'ne discende immediata e necessaria, ma abbi v prescelto trarre dalle proposizioni medesime le conseguenze della

simulazione della costituzione di due società in luogo di

una sola e dell'esistenza di un rapporto intersociale ir

regolare fra loro.

Questo Supremo Collegio in altra sentenza manifestò

di non potere accettare l'opinione di coloro che ritengono

possibile la simulazione della costituzione di una società

anonima sia perchè il fatto di procedere a tale costitu

zione nell'intento di conseguire un determinato scopo

quale si sia, importa di necessità la consapevole e deli

berata volontà di formare e dar vita alla società nel fine

di raggiungere lo scopo desiderato, sia perchè la società

appena costituita nelle forme di legge e fin quando non

venga sciolta esiste per disposizione di legge, come sub

bietto di diritto distinto dalle persone di costoro.

Adesso non trova sufficiente motivo per cambiare avviso, e deve ripetere la medesimamassima. Nè può aderire all'opi nione che ammette la costituzione di una società irrego lare in nome collettivo fra società anonime, perchè si as

socia all'insegnamento di coloro, che misero in rilievo l'in

compatibilità fra l'anonima che è società di capitali e la

società in nome collettivo che si contrae essenzialmente

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565 GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE 566

fra persone fisiche in considerazione di qualità personali

d'integrità, attitudine, solerzia, reputazione ed altro, e si

scioglie per la morte e la sopravvenuta incapacità sia

pure limitata di uno dei soci. Senonchè nel respingere

quanto in tesi astratta la impugnata sentenza ha esposto

intorno alla suindicata simulazione ed al summentovato

rapporto inteisociale è da osservare che nella medesima,

si rinvengono le altre surriferite ragioni che pienamente

sorreggono la decisione. Bisogna quindi mantenerla ferma,

senza tuttavia discutere le censure che il ricorrente muove

contro ciò che relativamente alla simulazione ed al rap

porto intersociale sia in astratto che in concreto la sen

tenza medesima svolge. Giacché di tali censure quelle che

concernono la parte dol trinale vengono accolte con le os

servazioni fatte circa il ragionamento in diritto della sen

tenza impugnata, le altre che riflettono la bontà o meno

della motivazione in fatto rimangono assorbite dall'essersi

respinte le tesi di diritto di cui le considerazioni di fatto

contengono l'applicazione. Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DEL RESNO.

Sezione I civile ; udienza 12 febbraio 1930 ; Pres. Petrone

P., Est. Messa, P. M. Assisi (conci, conf.) ; Esatto

ria di Torino (Avv. Frola) c. Dominici (Avv. Gal

lina, Komanklli).

(Sent, denunciata : App. Torino 14 gennaio 1929)

Tasse comunali — Tassa sulle industrie Natura

giuridica Privilegi» sulla generalità dei mobili

— Inapplicabilità (R. D. 18 novembre 1923, art. 5;

cod. civ., art. 1957)

L'imposta comunale sulle industrie, a simiglianza della

tassa camerale, ha natura giuridica di imposta au

tonoma e conseguentemente va esclusa Vestensione ad

essa del privilegio di cui all'art. 1957 cod. civ. (1)

La Corte, ecc. — Nella procedura del fallimento dei

fratelli Dominici di Bricherano l'Esattore comunale di

Torino chiese l'ammissione al passivo in via privilegiata,

fra l'altro, per crediti di imposta comunale sulle industrie

e di tassa camerale. In sede di verifica il curatore con

testò il privilegio non ritenendo che si potesse invocare

il principio dell'art. 1957 cod. civ., perchè esso limitala

concessione del privilegio sulla generalità dei mobili al

credito dello Stato per tributo diretto (escluso il fondia

rio), e relative sovraimposte comunali e provinciali, men

tre l'imposta sulle industrie non ha carattere di sovrim

posta sui tributi erarial diretti per quanto la base di essa

sia il tributo mobiliare ; e meno ancora ha tale carattere la

tassa camerale. Il Tribunale e la Corte d'appello pure fu

rono di questo avviso.

L'Esattoria ricorre per cassazione e denunz'a : a) in

un primo motivo la violazione e falsa applicazione dell'ar

ticolo 1957 cod. civ. e dell'art. 3 delle preleggi, in quanto

a torto fu escluso dalla Corte di appello il privilegio, mentre

l'interpretazione razionale dell'art. 1957, e non già la sua

applicazione fuori dei casi espressamente contemplati, porta

a ritenere che anche il credito per le tasse locali, e par

ticolarmente quello per l'imposta sulle industrie, debba

(1) Sulla questione non ci risultano precedenti editi.

fruire della protezione che la legge accorda ad ogni altra

specie di tributo ; b) ed in un secondo motivo il difetto

di motivazione per avere la Corte omesso di occuparsi

di uno degli argomenti addotti dall'Esattoria a sostegno

della propria tesi : quello, cioè, che l'imposta sulle in

dustrie si può considerare come un surrogato della

sovraimposta sull'imposta di ricchezza mobile, avendo so

stituito non solo la tassa comunale di esercizio, ma an

che la sovraimposta sul reddito di ricchezza mobile esi

stente al tempo della pubblicazione del codice civile, abo

lita dalla legge 11 aprile 1870 ali. 0, e ristabilita dal de

creto luogotenenziale 13 febbraio 1919 n. 156, per essere

nuovamente soppressa dal regio decreto 18 novembre 1923

n. 2538, che introdusse l'imposta sulle industrie.

Entrambi i motivi mancano di fondamento. Non ne

ha il primo per la decisiva considerazione che il privile

gio è un diritto di prelazione accordato in deroga alla nor

ma generale essere i beni del debitore la garantia comune

dei suoi creditori, aventi su di essi tutti eguale diritto

(art. 1949 e 1952 cod. civ.) onde i casi nei quali la lejrge

li riconosce sono casi di eccezione, come tali da ritenersi

enumerati tassativamente e senza | ossibilità di inclusione

di ipotesi diverse da quelle risultanti dalla letterale enun

ciazione dei medesimi (art. 4 delle preleggi). L'art. 1957

cod. civ. riconosce il privilegio sulla generalità dei mo

bili del contribuente a favore del credito dello Stato per

ogni tributo diretto (escluso il fondiario) e per la relativa

sovraimposta comunale e provinciale r la tassa camerale e

l'imposta comunale sulle industrie non sono nè tributi era

riali diretti, nè sovraimposte su un tributo erariale diretto:

perciò è escluso che i crediti per l'una o l'altra si pos

sano comprendere fra quelli che godono del privilegio a

termini del citato articolo.

L'Esattoria osserva essere nel sistema del codice ci

vile che non manchi di questo presidio alcun tributo, e

risultare l'intenzione del legislatore in tale senso rispetto

alle tasse ed imposte comunali e provinciali dalla stessa

menzione nell'art 1957 delle sovraimposte comunali e

provinciali sulle imposte erariali dirette, in quanto al tempo

della pubblicazione del codice civile non esistevano altri

tributi locali.' L'osservazione, però, non è di molto rilievo,

perchè gli autori del codice civile, se pure pensarono al

l'opportunità di estendere il privilegio in questione ai

crediti per imposte locali in genere, certo tale pensiero

non espressero nel testo legislativo, ed adottarono, invece,

una formula di portata ristretta, non riferibile a tributi

comunali e provinciali diversi dalle sovraimposte sui tri

buti erariali diretti, e, per la ragione sopraccennata non

suscettiva di interpretazione estensiva, se pure in base

all'analogia. Osserva ancora la ricorrente che negare il carattere

di credito privilegiato ai tributi locali « significa arrestare,

o, quanto meno, intralciare l'attività dei Comuni e delle

Provincie » : ma questa è una considerazione che potrebbe

spiegare in iure condendo la concessione del privilegio ri

spetto a tali tributi : non già un valido argomento invo

cabile in iure condito per giustificare la violazione del

principio che l'applicazione delle norme di carattere ec

cezionale non si può estendere a casi non espressamente

contemplati. Lo stesso si deve ripetere per l'altra osservazione che

« il legislatore ha sempre abbinati i tributi erariali ed i

locali nelle disposizioni che riflettono la riscossione »: tanto

più che la parificazione nei riguardi della riscossione non

è per nulla incompatibile con una difformità di tratta

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