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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE || Sezione I civile; udienza 8 maggio 1930; Pres....

Date post: 30-Jan-2017
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Sezione I civile; udienza 8 maggio 1930; Pres. Petrone, Est. Ricci, P. M. Delle Donne (concl. conf.); Società Scotti (Avv. Cadeo, Stocchi, Vago, Valdata, Forges Davanzati) c. Scotti (Avv. Persico, Visciola, Repetti, Goretti) Source: Il Foro Italiano, Vol. 55, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE (1930), pp. 819/820-821/822 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23131243 . Accessed: 25/06/2014 05:54 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.77.28 on Wed, 25 Jun 2014 05:54:09 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I civile; udienza 8 maggio 1930; Pres. Petrone, Est. Ricci, P. M. Delle Donne (concl.conf.); Società Scotti (Avv. Cadeo, Stocchi, Vago, Valdata, Forges Davanzati) c. Scotti (Avv.Persico, Visciola, Repetti, Goretti)Source: Il Foro Italiano, Vol. 55, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1930), pp. 819/820-821/822Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23131243 .

Accessed: 25/06/2014 05:54

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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819 PARTE PRIMA 820

a maggior ragione deve dirsi in rapporto al nostro ordi

namento, ohe eleva a criterio distintivo dei vari tipi di

società il grado di responsabilità. Invano in contrario si fa ricorso alla ratio legis. Se

la tassa di negoziazione è anche chiamata tassa in sur

rogazione del bollo e del registro, nulla vieta e ha vie

tato al legis'atore di includere nella sfera di applicabilità del tributo non solo gli atti, rispetto a cui manchi la

possibilità pratica di percepire le tasse di bollo e di re

gistro, ma anche altri relativamente ai quali sembri più

agevole o preferibile una diversa forma di tassazione. Nè

può dirsi che cosi i trapassi verrebbero colpiti gravemente due volte ; giacché, soggetti i cespiti alla tassa di ne

goziazione, sono bensi sottoposti a quella di registro, ma

lievemente e in misura fissa (art. 108 ali. A alla legge sul registro). Ed infine va anche considerato che sotto

il regime austriaco i titoli in questione pagavano un equi valente di tassa, simile a quella nostra di negoziazione, e ad entrambe sfuggirebbero se si accogliesse la tesi del

ricorso.

Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DEL REGNO.

Sezione I civile ; udienza 8 maggio 1930 ; lJres. Petrone, Est. Ricci, P. M. Delle Donne (conci, conf.) ; So

cietà Scotti (Avv. Oadeo, Stocchi, Vago, Valdata, Forges Davanzati) c. Scotti (Avv. Persico, Vi

sciola, Repetti, Goretti).

(Sent, denunciata : App. Milano 16 aprile 1929)

Società — Società anonima — Amministratori —

Azione di responsabilità — Esercizio (Cod. comm.,

art. 147, 152).

Per l'esercizio dell'azione di responsabilità contro gli

amministratori, anche se cessati dalla carica, è sem

pre necessaria la deliberazione dell'assemblea. (1)

La Corte, ecc. ( Omissis) — Assume la ricorrente che

la Corte di merito abbia violato l'art. 152 cod. comm.

sotto un duplice riflesso e precisamente : a) col ritenere

cbe 1' azione promossa contro lo Scotti traesse origine dal

rapporto sociale, mentre nel caso in esame si trattava di

un'azione di rendiconto relativa al mandato ad esso confe

rito dopo la trasformazione in anonima della preesistente so

cietà in accomandita, onde non ricorreva alcuna delle ipo tesi di responsabilità degli amministratori contemplate nel

l'art. 147 cod. comm., per le quali soltanto è dettata la

disposizione dell'art. 152 codice stesso, molto più che il

fatto posto a base dell'azione di responsabilità (distrazione di fondi sociali in proprio profitto) integrava gli estremi

di un reato ed eccedeva quindi dall'orbita del mandato ad

amministrare ; b) con l'aifermare che la deliberazione del

l'assemblea generale sia necessaria anche per le azioni di

responsabilità contro ammministratori cessati dalla carica.

Vedasi, in senso contrario, App. Milano 25 luglio 1911 (Foro it., 1912, 1, 47 con nota di richiami). Recentemente il Supremo Collegio, con decisione 24 novembre 192o (id., Rep. 1926, voce

Società, n. 218) aveva invece ritenuto sufficiente nel caso di am

ministratori, non più in carica la deliberazione del Consiglio di amministrazione. In questo ultimo senso, vedasi anche App. Roma 23 gennaio 1930 (Temi rotn., 1930, col. 289).

Entrambe queste censure sono però destituite di fon

damento.

Come la denunciata sentenza ha ritenuto in fatto, l'azione promossa contro lo Scotti era fondata sul pre

supposto che egli avesse, durante il periodo di tempo in

cui era consigliere delegato ed amministratore della So

cietà anonima Scotti e C., occultato un certo numero di

fatture, distraendone e facendone proprio l'importo. Si

trattava dunque ed evidentemente di un'azione derivante

dal rapporto sociale e di una responsabilità che lo Scotti

avrebbe incontrato in conseguenza e per effetto della sua

carica di consigliere delegato e di amministratore della

Società, valendosi delle facoltà e dei poteri che egli aveva in forza del mandato a lui conferito dall'assemblea

generale dei soci. Azione dunque di responsabilità sociale

diretta alla reintegrazione del patrimonio della Società per

quel tanto che si assumeva essere stato alienato e distratto

dallo Scotti in proprio profitto e che non cambiava nè

poteva cambiare natura per la sola asserzione che il fatto

potesse integrare gli estremi di un reato (appropriazione indebita qualificata) quando è certo che tal fatto sarebbe

pur sempre stato commesso in virtù del mandato ad am

ministrare conferito allo Scotti e con abuso della facoltà

e dei poteri al medesimo spettanti per effetto del man

dato stesso ; il che integra puntualmente la ipotesi di re

sponsabilità preveduta nel n. 5 dell'art. 147 cod. comm., che stabilisce, in via generale, la responsabilità degli am

ministratori per la non « esatta osservanza dei doveri ad

essi imposti dalla legge, dall'atto costitutivo e dallo sta

tuto ».

E, posto ciò, era conseguenza inevitabile che l'azione

di responsabilità non potesse essere promossa senza previa autorizzazione dell'assemblea generale dei soci a mente

dell'art. 152 cod. commercio. Il fatto che lo Scotti avesse

cessato, al momento in cui l'azione fu promossa, dalla ca

rica di consigliere delegato ed amministratore della Società,

poteva bensì consentire la proposizione dell'azione a mezzo

del presidente a cui spettava la legittima rappresentanza della Società, anziché a mezzo dei sindaci, ma non auto

rizzava affatto a pretermettere la formalità necessaria della

previa deliberazione dell'assemblea ; perchè, malgrado la

cessazione dalla carica, l'azione era pur sempre un'azione

di responsabilità sociale, che veniva addebitata allo Scotti

in dipendenza della sua opera di amministratore ed era

intesa a reintegrare il patrimonio della Società di tutto

ciò che lo Scotti avrebbe, nella sua qualità di ammini

stratore, occultato o distratto. La tesi contraria non può d'altronde ritenersi sorretta nè dalla lettera, nè, molto

meno, dalla mente della legge. Non dalla lettera, perchè l'art. 162 cod. comm. nel contemplare la responsabilità

degli amministratori, si riferisce evidentemente all'opera da essi compiuta come tali. La frase usata in detto ar

ticolo « l'azione contro gli amministratori per fatti riguar danti la loro responsabilità, ecc. » non può infatti signi ficare che gli amministratori debbano essere tuttora in

carica al momento in cui l'az one di responsabilità venga esercitata se la loro responsabilità viene ricollegata, come

è detto espressamente, ai fatti da essi compiuti nella qua lità di amministratori. Basta dunque che questi fatti siano

stati compiuti in conseguenza e per effetto della carica

di amministratore della Società, e l'azione sia diretta

contro l'opera dell'amministratore come tale, anche se

cessato dalla carica, a far rientrare l'azione stessa nella

ipotesi contemplata dalla legge. Non vi era quindi nes

suna necessità di aggiungere alla parola « amministratori »

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821 GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE 822

le altre «ancorché cessati dalla carica» ; in quanto altra

espressione usata dalla legge « per fatti riguardanti la

loro responsabilità » è più che sufficiente a rendere pa

lese, per il significato proprio delle parole usate, che basta

la circostanza di essere la responsabilità desunta dall'opera

degli amministratori, per demandare all'assemblea l'eser

cizio dell'azione.

Non dalla mente, perchè il fondamento della dispo sizione sta nel principio che soltanto all'assemblea gene rale dei soci spetta di deliberare l'esercizio dell'azione di

responsabilità contro gli amministratori, in quanto tale

azione è diretta a chiedere conto ai mandatari del modo

in cui il mandato sia stato eseguito ed è quindi l'assem

blea generale che il mandato conferisce, quella che deve

deliberare se gli amministratori, ancorché colpevoli di

non fedele esecuzione del mandato, debbano essere asso

luti o perseguiti con l'azione di responsabilità. Il legislatore ha, in sostanza, voluto che, trattandosi

della tutela di un interesse che riguarda esclusivamente

i soci, l'assemblea generale abbia la più ampia libertà

nello scegliere la via da seguire, in quanto l'interesse

della Società potrebbe anche essere prevalente, nel senso

di non conseguire, attraverso l'azione di responsabilità

degli amministratori, la reintegrazione del patrimonio so

ciale. E se questa è, come non è dubbio che sia, la fi

nalità della disposizione di che trattasi, è intuitivo che

la ratio legis è identica tanto nell'ipotesi in cui gli am

ministratori siano tuttora in carica, quanto nell'ipotesi contraria ; perchè, così nell'una come nell'altra ipotesi, l'azione è volta a chiedere conto agli amministratori del

mandato loro conferito ed investe quindi l'operato degli amministratori stessi come tali. Il che viene d'altronde

ad esser reso palese anche da una considerazione di ca

rattere pratico e cioè che, negando la necessità della de

liberazione dell'assemblea nel caso in cui l'azione di re

sponsabilità sia promossa contro amministratori cessati

dalla carica, gli amministratori rimasti in carica e con

quelli cessati eventualmente corresponsabili dei fatti sui

quali l'azione di responsabilità sia fondata, potrebbero sot

trarsi al giudizio dell'assemblea e forse anche nuocere, anziché giovare, all'interesse della società.

Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DEL REGNO

Sezione III civile; udienza 23 aprile 1930; Pres. Piola

Caselli P., Est. Parrella, P. M. Provera (conci,

coni.), Soc. Metallurgica Carlo Viola (Avv. Du Bessè, Della Longa) c. Comba (Avv. Bramante, Del Vec

chio).

(Sent, denunciata : App. Milano 27 agosto 1929)

Danni per inadempimeto di contratto — Domanda

di esecuzione specifica — Condanna — Inadem

pimento — Danni — Determinazione (Cod. CÌV., art. 1165, 1225, 1227, 1228).

Se la parte adempiente abbia chiesto ed ottenuto la con

danna dell' inaitempiente alla esecuzione specifica del

contratto, i danni da risarcire dalV inadempiente per l'inesecuzione della condanna, vanno ragguagliati alla data fissata nella condanna per la esecuzione

e non a quella dell'obbligazione. (1)

La Corte, ecc. (Omissis) — A parte ohe grave di

fetto della sentenza impugnata è quello di essersi limi

tata ad una assiomatica affermazione del concetto : che

per la stima del danno contrattuale debba aversi riguardo unicamente alla scadenza della obbligazione, senza ag

giungere un cenno qualsiasi illustrativo di tale concetto,

errore più grave della decisione stessa è quello di avere

interpretata erroneamente, generalizzandola, la portata e

la estensione di quel concetto, applicando fuori ed oltre

quei casi in cui a giustificarlo concorrono criteri di ra

gione.

Per ben intendere il sistema che regola gli effetti

delle obbligazioni è d'uopo anzitutto rendersi conto del

principio che mentre attiene alla essenza stessa dell'or

dine giuridico la tutela, nella sua espressione più ampia e perfetta, del diritto del soggetto ossequente alla legge del contratto, risponde ad un imperativo non meno ca

tegorico la imposizione sul soggetto renitente di ogni mag

giore detrimento derivante dalla inosservanza della legge

medesima.

Giova inoltre riconoscere come canone altrettanto fon

damentale in materia, che la espressione migliore attra

verso la quale può raggiungersi la rimozione dello stato

antigiuridico del rapporto obbligatorio è quella dell'adem

pimento specifico, che è la forma tipica di realizzazione

del diritto leso del contraente.

La restituzione per equivalente e sotto la specie di

un compenso pecuniario non è che una forma sussidiaria,

che può trovare applicazione nel caso in cui l'adempi mento specifico o sia divenuto oggettivamente impossibile o sia stato soggettivamente dai paciscenti stessi reputato tale.

Nel primo caso rientra l'obbligazione versante su cose

infungibili , nel secondo l'obbligazione sottoposta ad una

clausola risolutiva espressa o ad un termine essenziale di

esecuzione.

Fatta eccezione dei cennati casi, il creditore della pre

stazione, se ha la facoltà di chiedere insieme allo sciogli mento del rapporto 1 'id quod interest a carico del debi

tore inadempiente, ha anche, alternativamente e sovra

tutto, il diritto di reclamare, con la manutenzione del

contratto, la consegna della cosa che ne è l'oggetto. Ed

a tale diritto corrisponde il dovere del debitore di addi

venire a tale consegna, se anche la cosa nel decorso della

mora abbia subito un aumento di valore. In questa ipo

tesi, che, ripetesi, per l'ordine giuridico ha carattere pre

valente, se il debitore persiste nella sua renitenza, nel

Yaestimatio rei che deve tener luogo della prestazione

mancata, non può non esser tenuto conto del maggior costo raggiunto dalla cosa al momento della definitiva

inesecuzione.

Con il solo fatto della mora non può dirsi che siano

sottratti al creditore l'oggetto della prestazione eia pos sibilità di ottenerlo coattivamente in un tempo posteriore :

a lui viene tolto unicamente un guadagno di tempo ri

spetto all'ingresso di tale oggetto nel suo patrimonio,

quella menomazione si converte in una privazione defìni

(1) Vedasi, in senso perfettamente conforme, Cass. Eegno 11 gennaio 1928 (Foro it., Eep. 1928, voce Danni per inademp. contr., n. 53) e App. Torino 3 febbraio 1926 (ibid., 1926, voce

cit., n. 37) ; in senso che sembra invece difforme, Cass. Segno 9 luglio 1927, ibid. 1927, voce cit., n. 24), e per il momento, in

genere, per la determinazione del danno contrattuale Cass.

Eegno 27 febbraio 1926 (Foro it., 1926, I, 535) con nota di ri chami ai precedenti.

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