Sezione I civile; udienza 8 maggio 1930; Pres. Petrone, Est. Ricci, P. M. Delle Donne (concl.conf.); Società Scotti (Avv. Cadeo, Stocchi, Vago, Valdata, Forges Davanzati) c. Scotti (Avv.Persico, Visciola, Repetti, Goretti)Source: Il Foro Italiano, Vol. 55, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1930), pp. 819/820-821/822Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23131243 .
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819 PARTE PRIMA 820
a maggior ragione deve dirsi in rapporto al nostro ordi
namento, ohe eleva a criterio distintivo dei vari tipi di
società il grado di responsabilità. Invano in contrario si fa ricorso alla ratio legis. Se
la tassa di negoziazione è anche chiamata tassa in sur
rogazione del bollo e del registro, nulla vieta e ha vie
tato al legis'atore di includere nella sfera di applicabilità del tributo non solo gli atti, rispetto a cui manchi la
possibilità pratica di percepire le tasse di bollo e di re
gistro, ma anche altri relativamente ai quali sembri più
agevole o preferibile una diversa forma di tassazione. Nè
può dirsi che cosi i trapassi verrebbero colpiti gravemente due volte ; giacché, soggetti i cespiti alla tassa di ne
goziazione, sono bensi sottoposti a quella di registro, ma
lievemente e in misura fissa (art. 108 ali. A alla legge sul registro). Ed infine va anche considerato che sotto
il regime austriaco i titoli in questione pagavano un equi valente di tassa, simile a quella nostra di negoziazione, e ad entrambe sfuggirebbero se si accogliesse la tesi del
ricorso.
Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DEL REGNO.
Sezione I civile ; udienza 8 maggio 1930 ; lJres. Petrone, Est. Ricci, P. M. Delle Donne (conci, conf.) ; So
cietà Scotti (Avv. Oadeo, Stocchi, Vago, Valdata, Forges Davanzati) c. Scotti (Avv. Persico, Vi
sciola, Repetti, Goretti).
(Sent, denunciata : App. Milano 16 aprile 1929)
Società — Società anonima — Amministratori —
Azione di responsabilità — Esercizio (Cod. comm.,
art. 147, 152).
Per l'esercizio dell'azione di responsabilità contro gli
amministratori, anche se cessati dalla carica, è sem
pre necessaria la deliberazione dell'assemblea. (1)
La Corte, ecc. ( Omissis) — Assume la ricorrente che
la Corte di merito abbia violato l'art. 152 cod. comm.
sotto un duplice riflesso e precisamente : a) col ritenere
cbe 1' azione promossa contro lo Scotti traesse origine dal
rapporto sociale, mentre nel caso in esame si trattava di
un'azione di rendiconto relativa al mandato ad esso confe
rito dopo la trasformazione in anonima della preesistente so
cietà in accomandita, onde non ricorreva alcuna delle ipo tesi di responsabilità degli amministratori contemplate nel
l'art. 147 cod. comm., per le quali soltanto è dettata la
disposizione dell'art. 152 codice stesso, molto più che il
fatto posto a base dell'azione di responsabilità (distrazione di fondi sociali in proprio profitto) integrava gli estremi
di un reato ed eccedeva quindi dall'orbita del mandato ad
amministrare ; b) con l'aifermare che la deliberazione del
l'assemblea generale sia necessaria anche per le azioni di
responsabilità contro ammministratori cessati dalla carica.
Vedasi, in senso contrario, App. Milano 25 luglio 1911 (Foro it., 1912, 1, 47 con nota di richiami). Recentemente il Supremo Collegio, con decisione 24 novembre 192o (id., Rep. 1926, voce
Società, n. 218) aveva invece ritenuto sufficiente nel caso di am
ministratori, non più in carica la deliberazione del Consiglio di amministrazione. In questo ultimo senso, vedasi anche App. Roma 23 gennaio 1930 (Temi rotn., 1930, col. 289).
Entrambe queste censure sono però destituite di fon
damento.
Come la denunciata sentenza ha ritenuto in fatto, l'azione promossa contro lo Scotti era fondata sul pre
supposto che egli avesse, durante il periodo di tempo in
cui era consigliere delegato ed amministratore della So
cietà anonima Scotti e C., occultato un certo numero di
fatture, distraendone e facendone proprio l'importo. Si
trattava dunque ed evidentemente di un'azione derivante
dal rapporto sociale e di una responsabilità che lo Scotti
avrebbe incontrato in conseguenza e per effetto della sua
carica di consigliere delegato e di amministratore della
Società, valendosi delle facoltà e dei poteri che egli aveva in forza del mandato a lui conferito dall'assemblea
generale dei soci. Azione dunque di responsabilità sociale
diretta alla reintegrazione del patrimonio della Società per
quel tanto che si assumeva essere stato alienato e distratto
dallo Scotti in proprio profitto e che non cambiava nè
poteva cambiare natura per la sola asserzione che il fatto
potesse integrare gli estremi di un reato (appropriazione indebita qualificata) quando è certo che tal fatto sarebbe
pur sempre stato commesso in virtù del mandato ad am
ministrare conferito allo Scotti e con abuso della facoltà
e dei poteri al medesimo spettanti per effetto del man
dato stesso ; il che integra puntualmente la ipotesi di re
sponsabilità preveduta nel n. 5 dell'art. 147 cod. comm., che stabilisce, in via generale, la responsabilità degli am
ministratori per la non « esatta osservanza dei doveri ad
essi imposti dalla legge, dall'atto costitutivo e dallo sta
tuto ».
E, posto ciò, era conseguenza inevitabile che l'azione
di responsabilità non potesse essere promossa senza previa autorizzazione dell'assemblea generale dei soci a mente
dell'art. 152 cod. commercio. Il fatto che lo Scotti avesse
cessato, al momento in cui l'azione fu promossa, dalla ca
rica di consigliere delegato ed amministratore della Società,
poteva bensì consentire la proposizione dell'azione a mezzo
del presidente a cui spettava la legittima rappresentanza della Società, anziché a mezzo dei sindaci, ma non auto
rizzava affatto a pretermettere la formalità necessaria della
previa deliberazione dell'assemblea ; perchè, malgrado la
cessazione dalla carica, l'azione era pur sempre un'azione
di responsabilità sociale, che veniva addebitata allo Scotti
in dipendenza della sua opera di amministratore ed era
intesa a reintegrare il patrimonio della Società di tutto
ciò che lo Scotti avrebbe, nella sua qualità di ammini
stratore, occultato o distratto. La tesi contraria non può d'altronde ritenersi sorretta nè dalla lettera, nè, molto
meno, dalla mente della legge. Non dalla lettera, perchè l'art. 162 cod. comm. nel contemplare la responsabilità
degli amministratori, si riferisce evidentemente all'opera da essi compiuta come tali. La frase usata in detto ar
ticolo « l'azione contro gli amministratori per fatti riguar danti la loro responsabilità, ecc. » non può infatti signi ficare che gli amministratori debbano essere tuttora in
carica al momento in cui l'az one di responsabilità venga esercitata se la loro responsabilità viene ricollegata, come
è detto espressamente, ai fatti da essi compiuti nella qua lità di amministratori. Basta dunque che questi fatti siano
stati compiuti in conseguenza e per effetto della carica
di amministratore della Società, e l'azione sia diretta
contro l'opera dell'amministratore come tale, anche se
cessato dalla carica, a far rientrare l'azione stessa nella
ipotesi contemplata dalla legge. Non vi era quindi nes
suna necessità di aggiungere alla parola « amministratori »
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821 GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE 822
le altre «ancorché cessati dalla carica» ; in quanto altra
espressione usata dalla legge « per fatti riguardanti la
loro responsabilità » è più che sufficiente a rendere pa
lese, per il significato proprio delle parole usate, che basta
la circostanza di essere la responsabilità desunta dall'opera
degli amministratori, per demandare all'assemblea l'eser
cizio dell'azione.
Non dalla mente, perchè il fondamento della dispo sizione sta nel principio che soltanto all'assemblea gene rale dei soci spetta di deliberare l'esercizio dell'azione di
responsabilità contro gli amministratori, in quanto tale
azione è diretta a chiedere conto ai mandatari del modo
in cui il mandato sia stato eseguito ed è quindi l'assem
blea generale che il mandato conferisce, quella che deve
deliberare se gli amministratori, ancorché colpevoli di
non fedele esecuzione del mandato, debbano essere asso
luti o perseguiti con l'azione di responsabilità. Il legislatore ha, in sostanza, voluto che, trattandosi
della tutela di un interesse che riguarda esclusivamente
i soci, l'assemblea generale abbia la più ampia libertà
nello scegliere la via da seguire, in quanto l'interesse
della Società potrebbe anche essere prevalente, nel senso
di non conseguire, attraverso l'azione di responsabilità
degli amministratori, la reintegrazione del patrimonio so
ciale. E se questa è, come non è dubbio che sia, la fi
nalità della disposizione di che trattasi, è intuitivo che
la ratio legis è identica tanto nell'ipotesi in cui gli am
ministratori siano tuttora in carica, quanto nell'ipotesi contraria ; perchè, così nell'una come nell'altra ipotesi, l'azione è volta a chiedere conto agli amministratori del
mandato loro conferito ed investe quindi l'operato degli amministratori stessi come tali. Il che viene d'altronde
ad esser reso palese anche da una considerazione di ca
rattere pratico e cioè che, negando la necessità della de
liberazione dell'assemblea nel caso in cui l'azione di re
sponsabilità sia promossa contro amministratori cessati
dalla carica, gli amministratori rimasti in carica e con
quelli cessati eventualmente corresponsabili dei fatti sui
quali l'azione di responsabilità sia fondata, potrebbero sot
trarsi al giudizio dell'assemblea e forse anche nuocere, anziché giovare, all'interesse della società.
Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DEL REGNO
Sezione III civile; udienza 23 aprile 1930; Pres. Piola
Caselli P., Est. Parrella, P. M. Provera (conci,
coni.), Soc. Metallurgica Carlo Viola (Avv. Du Bessè, Della Longa) c. Comba (Avv. Bramante, Del Vec
chio).
(Sent, denunciata : App. Milano 27 agosto 1929)
Danni per inadempimeto di contratto — Domanda
di esecuzione specifica — Condanna — Inadem
pimento — Danni — Determinazione (Cod. CÌV., art. 1165, 1225, 1227, 1228).
Se la parte adempiente abbia chiesto ed ottenuto la con
danna dell' inaitempiente alla esecuzione specifica del
contratto, i danni da risarcire dalV inadempiente per l'inesecuzione della condanna, vanno ragguagliati alla data fissata nella condanna per la esecuzione
e non a quella dell'obbligazione. (1)
La Corte, ecc. (Omissis) — A parte ohe grave di
fetto della sentenza impugnata è quello di essersi limi
tata ad una assiomatica affermazione del concetto : che
per la stima del danno contrattuale debba aversi riguardo unicamente alla scadenza della obbligazione, senza ag
giungere un cenno qualsiasi illustrativo di tale concetto,
errore più grave della decisione stessa è quello di avere
interpretata erroneamente, generalizzandola, la portata e
la estensione di quel concetto, applicando fuori ed oltre
quei casi in cui a giustificarlo concorrono criteri di ra
gione.
Per ben intendere il sistema che regola gli effetti
delle obbligazioni è d'uopo anzitutto rendersi conto del
principio che mentre attiene alla essenza stessa dell'or
dine giuridico la tutela, nella sua espressione più ampia e perfetta, del diritto del soggetto ossequente alla legge del contratto, risponde ad un imperativo non meno ca
tegorico la imposizione sul soggetto renitente di ogni mag
giore detrimento derivante dalla inosservanza della legge
medesima.
Giova inoltre riconoscere come canone altrettanto fon
damentale in materia, che la espressione migliore attra
verso la quale può raggiungersi la rimozione dello stato
antigiuridico del rapporto obbligatorio è quella dell'adem
pimento specifico, che è la forma tipica di realizzazione
del diritto leso del contraente.
La restituzione per equivalente e sotto la specie di
un compenso pecuniario non è che una forma sussidiaria,
che può trovare applicazione nel caso in cui l'adempi mento specifico o sia divenuto oggettivamente impossibile o sia stato soggettivamente dai paciscenti stessi reputato tale.
Nel primo caso rientra l'obbligazione versante su cose
infungibili , nel secondo l'obbligazione sottoposta ad una
clausola risolutiva espressa o ad un termine essenziale di
esecuzione.
Fatta eccezione dei cennati casi, il creditore della pre
stazione, se ha la facoltà di chiedere insieme allo sciogli mento del rapporto 1 'id quod interest a carico del debi
tore inadempiente, ha anche, alternativamente e sovra
tutto, il diritto di reclamare, con la manutenzione del
contratto, la consegna della cosa che ne è l'oggetto. Ed
a tale diritto corrisponde il dovere del debitore di addi
venire a tale consegna, se anche la cosa nel decorso della
mora abbia subito un aumento di valore. In questa ipo
tesi, che, ripetesi, per l'ordine giuridico ha carattere pre
valente, se il debitore persiste nella sua renitenza, nel
Yaestimatio rei che deve tener luogo della prestazione
mancata, non può non esser tenuto conto del maggior costo raggiunto dalla cosa al momento della definitiva
inesecuzione.
Con il solo fatto della mora non può dirsi che siano
sottratti al creditore l'oggetto della prestazione eia pos sibilità di ottenerlo coattivamente in un tempo posteriore :
a lui viene tolto unicamente un guadagno di tempo ri
spetto all'ingresso di tale oggetto nel suo patrimonio,
quella menomazione si converte in una privazione defìni
(1) Vedasi, in senso perfettamente conforme, Cass. Eegno 11 gennaio 1928 (Foro it., Eep. 1928, voce Danni per inademp. contr., n. 53) e App. Torino 3 febbraio 1926 (ibid., 1926, voce
cit., n. 37) ; in senso che sembra invece difforme, Cass. Segno 9 luglio 1927, ibid. 1927, voce cit., n. 24), e per il momento, in
genere, per la determinazione del danno contrattuale Cass.
Eegno 27 febbraio 1926 (Foro it., 1926, I, 535) con nota di ri chami ai precedenti.
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