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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE || Sezione I civile; udienza 11 giugno 1934; Pres....

Date post: 31-Jan-2017
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Sezione I civile; udienza 11 giugno 1934; Pres. Casati P., Est. Gini, P. M. Varcasia (concl. conf.); Finanze (Avv. di Stato Pulvirenti) c. Società Gruppo Finanziario Tessile (Avv. Lonardi, Giordano, Panié) Source: Il Foro Italiano, Vol. 59, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE (1934), pp. 1687/1688-1691/1692 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23130061 . Accessed: 28/06/2014 07:38 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.223.28.116 on Sat, 28 Jun 2014 07:38:27 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I civile; udienza 11 giugno 1934; Pres. Casati P., Est. Gini, P. M. Varcasia (concl. conf.);Finanze (Avv. di Stato Pulvirenti) c. Società Gruppo Finanziario Tessile (Avv. Lonardi,Giordano, Panié)Source: Il Foro Italiano, Vol. 59, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1934), pp. 1687/1688-1691/1692Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23130061 .

Accessed: 28/06/2014 07:38

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1687 PARTE PRIMA 1688

cogli estremi di fatto del bisogno dell'avente diritto e

della possibilità dell'obbligato (« in proporzione delle so

stanze di chi deve somministrarli», dice l'art. 143), a

tali criteri si informano le seconde sia mediante il ri

chiamo espresso all'ordine stabilito nell'art. 142 cod. civ.

sia mediante l'aggiunta pur contenuta nell'ultimo comma

dell'art. 1 della legge, relativa alla condizione per il con

giunto « di sostenere, in tutto o in parte, l'onere delle

degenze ». Nè l'antinomia potrebbe altrimenti sorgere,

riflettendo, come si accennò, che per la legge speciale il

credito per rivalsa delle spese di spedalità sia privilegiato e il privilegio comprenda tutto il tempo per il quale le

dette spese siano state sostenute, giacché altra è la qua lità inerente al credito, per cui questo debba essere pre ferito a qualunque altro che non possa vantare un privi

legio poziore a quello previsto dal n. 3 dell'art. 1956 cod.

civ., altra è la questione dei limiti in cui, rispetto alle

possibilità, economiche dell'obbligato, la pretesa di rivalsa

vada stabilita e contenuta.

In ordine a tal punto, preliminare e decisivo, manca

ogni conveniente indagine nella sentenza impugnata, tanto

più necessaria se, come la Corte stessa accertava, il Lon

garini non aveva la possibilità di altri redditi, e, riguardo alla somma a lui dovuta dal Comune per onorari profes

sionali, si profilava insieme con la necessità che quel bene

servisse ai bisogni personali del congiunto, anche l'esi

stenza di passività, le quali per sè riducono, in tutto o

in parte, quella capacità contributiva nell'onere della pre stazione degli alimenti che ne costituisce uno dei presup

posti inderogabili. La sentenza va, adunque, cassata in relazione al mezzo

accolto.

Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DEL REGNO.

Sezione I civile ; udienza 11 giugno 1934 ; Pres. Casati

P., Est. Gini, P. M. Varcasia (conci, conf.) ; Finanze

(Avv. di Stato Pulvirenti) c. Società Gruppo Finan

ziario Tessile (Avv. Lonakdi, Giordano, Panié).

(Sent, denunciata : App. Torino 9 giugno 1933) Tassa sulla circolazione e negoziazione delle azioni

— ^iasione o incorporazione di società — Azioni emesse dal nuovo ente — Soggezione alla tassa —

Limiti (R. D. 30 dicembre 1923 n. 3280, sulle tasse in surrogazione del bollo e del registro, art. 1, 4,5).

Nel caso di fusione di due società, o di incorporazione di una nell'altra, senza previa liquidazione, qualora per le azioni delle società assorbite sia già stata pa gata pel semestre in corso la tassa di negoziazione, non sono soggette al pagamento della tassa medesima in quello stesso semestre le azioni emesse dal nuovo ente in sostituzione delle prime. (1)

(l) La questione è già stata decisa nello stesso senso dal Supremo Collegio con la sentenza 8 maggio 1928, ricordata an che nel testo di quella che pubblichiamo (Foro it., Rep. 1928, voce Tassa sulla circol. e negoz., nn. 7-9).

Vedansi inoltre in conformità, App. Torino 9 giugno 1933 (id., Rep. 1933, voce cit., nn. 4-6), ora tenuta ferma dalla Cas sazione, e Trib. Firenze 9 luglio 1925 (id., Rep. 1926, voce cit., nn. 9, 10).

Per qualche riferimento vedasi ancora Casa. Regno 10 mag gio 1933 (id., Rep. 1933, voce cit., nn. 1, 2)

La Corte, eoo. — I termini dell» contestazione oono

pacifici, riassunti del resto dalla sentenza impugnata in

base al rogito Rossi 2 ottobre 1980, mercè il quale i

rappresentanti delle due Società anonime « Donato Levi

e Figli » e « Finanziaria Tessile (Fites)», a seguito delle

deliberazioni delle rispettive assemblee in data 30 settem

bre detto, dichiaravano di mettere in attuazione le deli

berazioni stesse, dirette alla fusione di tali due enti in altro unico (art. 1) che asHumeva la denominazione di

«Gruppo Finanziario Tessile S. A. », che aveva un ca

pitale sociale stabilito in lire 23 milioni derivanti dalla

somma dei capitali delle due società fondentisi, diviso in

23 mila azioni da lire mille ciascuna (art. 5). Tali azioni, da emetterei, dovevano servire pel cambio da effettuarsi

dagli azionisti in ragione del valore rispettivo delle azioni

delle due società (1000 della Fites, 500 della Levi), di

modo che ad un'azione dell'ente di risulta corrispondeva un'azione della Fites e ne corrispondevano due della Levi

(art. 6). Si enunciava che la nuova società diventava cosi

titolare di tutto il patrimonio delle due vecchie e senza

esclusione di sorta subentrava a ciascuna di esse in tutti

i diritti ed obblighi (art. 8). L'Amministrazione finanziaria percepì la tassa di ne

goziazione, a norma dell'art. 4 della legge 30 dicembre 1923 n. 3280, sulle azioni delle vecchie società per l'in tero secondo semestre 1930, e su di ciò nessuna questione. Ma per lo stesso periodo pretese la tassa anche in rife

rimento alle azioni dell'ente risultante dalla fusione. Non

solo, ma, analogamente, pretese la tassa sulle une e sulle

altre per il primo semestre 1931. Rispetto a quest'ultimo riconobbe successivamente di dovere restituire la tassa

percetta sulle azioni Fites e Levi, tenendo suo luogo

quella parimente percetta sulle azioni del Gruppo Finan

ziario Tessile S. A., essendo nel gennaio 1931 (si noti) divenuta operativa la fusione : su di che si tornerà in

seguito. Rimase dunque questione rispetto al secondo semestre

1930, assumendosi dal contribuente che con la suddetta

duplice tassazione (delle azioni delle società che stavano

per fondersi e delle azioni della società risultante dalla

fusione) si colpiva due volte lo stesso oggetto, poiché le

seconde non erano che sostitutive delle prime nella rap

presentazione dei capitali (patrimoni) sociali sommati mercè

la fusione stessa. Tribunale e Corte d'appello accolsero in

sostanza questo assunto, respingendo quello contrario del

l'Amministrazione finanziaria.

La quale ora si duole che a torto sia stato ritenuto un

duplicato di tassa, laddove la tassazione quale fatta è, a

suo dire, una corretta quanto inevitabile conseguenza della

fusione di cui trattasi in correlazione con lo speciale si

stema di applicazione della tassa a carattere forfetario. E

torna a riassumere il suo concetto nelle seguenti pro

posizioni : 1° che dalla data del 2 ottobre 1930 (rogito Rossi su ricordato) cessò l'esistenza giuridica delle due

società fuse, ed in loro vece sorse l'ente nuovo, con ca

pitale proprio, con titoli propri: dalla stessa data, questi, come titoli negoziabili, erano soggetti a tassa di negozia zione e a denuncia al competente ufficio a norma degli art. 1 e 5 della legge 30 dicembre 1923 n. 3280; 2" che

essendo la fusione avvenuta il 2 ottobre 1930, e cosi nel

corso del secondo semestre 1930, in applicazione dell'arti

colo 4 della legge citata e dato il carattere forfetario di tassa

in abbonamento, la tassa era dovuta per l'intero semestre, tanto sulle nuove azioni del Gruppo Finanziario Tessile,

quanto sulle vecchie azioni delle due società fuse. Nè si

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1689 GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE 1690

tratta (spiega) di duplicazione di tassa sullo stesso ente

tassabile : la duplice tassazione è la giuridica conseguenza della creazione dei nuovi titoli negoziabili durante il se

condo semestre 1930 ; per cui i titoli nuovi furono pas sibili di tassa per l'intero semestre, cosi oome per lo stesso

intero semestre restarono soggetti a tassa i titoli delle

società fuse, rimasti estinti il 2 ottobre 1930.

La ragione del decidere si concentra nel verificare la

esattezza della prima proposizione : poiché nella seconda,

supposti veri gli elementi dedotti in quella, non si avrebbe

che l'applicazione di concetti su cui in materia non cade

discussione. E' certo da un lato che, perchè la tassa sia

dovuta non occorre la materiale esistenza dei titoli nella

ottettivitè. della negoziazione, bastandone la possibilità ; e

che, dall'altro, basta che cotesta possibilità si verifiohi, o

permanga, in un giorno del semestre, perchè sorga il

debito, o permanga il debito, della tassa per l'intero se

mestre. Cosi che se fosse esatto che in successione di

tempo ma nello stesso semestre le vecchie società aves

sero cessato di esistere e con esse si fossero estinti (tanto afferma la difesa dell'Amministrazione) i loro titoli, ed

altro ente tosse sorto, nuovo e con capitale proprio, con

titoli propri, 'l'assunto dell'Amministrazione sarebbe inec

cepibile dal punto di vista giuridico finanziario. Si avreb

bero ovviamente distinte entità distintamente tassabili.

Ma il presupposto non è esatto, come hanno giusta mente ritenuto i giudici del merito. Non può replicarsi, occorre appena accennarlo, che non è questo un giudizio che si sottragga al sindacato, attesi gli elementi logici e

giuridici su cui si basa.

Vagliando perciò le censure della ricorrente nelle li

nee essenziali, insiste essa anzitutto nel rilievo che nel

caso presente si tratta di fusione propriamente detta, co

me si esprime, ossia di due enti che si trasfondono in

un nuovo, e quasi sembra consentire (in verità, con molta

cautela) in un avviso diverso se si trattasse d'incorpora

zione, ossia di assorbimento di un ente da parte dello

altro : poiché in tal caso, dice, si ha, almeno un ente

che continua ; che è il caso avuto presente da questo Su

premo Collegio nella decisione Società Elettrica Valdarno

c. Finanze dello Stato (n. 2086) in data 8 maggio 1928

(Foro it., Rep. 1928, voce Tassa sulla circol. e negoz., nn. 7-9). Ma ai fini della questione siffatta differenzia

zione non giova. Affermando ohe le due vecchie società vennero a ces

sare in virtù della fusione conviene avvertire, punto che

si è del tutto trascurato, come ciò si sia attuato attra

verso il processo della fusione giusta le modalità consuete

di questa, quali si verificano anche nel caso. La ricor

rente non altrimenti ragiona come se il processo fosse

consistito, per ciascuna delle società in una sorta di li

quidazione, per modo che da ciascuna di esse fosse deri

vato un patrimonio liquidato, sciolto dall'attività commer

ciale di cui formava già il capitale, e depurato delle su"

passività ; che è quanto dire un'entità economica da con

siderarsi in sé stessa, che confluendo dall'una e dall'altra

liquidazione nel nuovo ente, sarebbe andata a costituire

il capitale del nuovo ente. Si capisce che così ragionando, dovrebbe anohe dirsi di essere di fronte ad un nuovo

ente, del tutto distinto dai precedenti, con un patrimonio

(capitale) proprio, che non ha più a che fare con quello delle società precedenti, rispetto al quale le ragioni dei

soci di quelle hanno ormai attinto dalla liquidazione un

contenuto finale definitivo, sì che se tali ragioni prendano veste in azioni del nuovo ente, dovrebbe anche dirsi che

trattisi di titoli nuovi in confronto dei primi in realtà

estinti, rappresentando un'attuale immissione a formazione

di capitale, con effetto originario ai fini dell'attività del

nuovo ente. Nessun argomento ci sarebbe, in tale ipotesi,

per sottrarre a tassa le azioni del nuovo ente, e non sus

sisterebbe duplicato per la tassazione già fatta delle azioni

degli enti venuti meno.

Ma non è questa l'ipotesi ordinaria, e cosi la specie attuale. La fusione ha per suo scopo ordinario, quanto

caratteristico, di trasferire nel nuovo ente non patrimoni

liquidati (non altrimenti che apporti in danaro) aùa patri moni per cosi dire in funzione, nella permanenza della

attività commerciale cui servono, come tali rappresentanti delle azioni e valorizzati nel prezzo di mercato di queste. Le rispettive deliberazioni per la fusione, e cosi il suc

cessivo istrumento che fa resultare e consacra dal punto di vista formale le basi su cui sorge il nuovo ente (nella

specie il rogito Rossi del 2 ottobre 1930), non arrestano

l'attività degli enti, che prosegue, fino a che, divenuta

operativa la fusione col decorso del termine di legge, può essere allora in concreto eseguita (art. 196 cod. comm.) ; ed il nuovo ente acquista in efletto vita e prosegue, esso, l'attività dei predecessori, ricevendone e riassumendone in

sè i mezzi in atto. Cessano, allora, di esistere, come sog

getti, gli enti fusi, ma non si obliterano del tutto, ap

punto perchè ciò si verifica mediante una trasfusione in

virtù della quale la dottrina ha ravvisato nel nuovo ente

come un successore a titolo universale. Ed in effetto, esso

continua la personalità di quelli subingredendo loro in

toto: nelle loro funzioni e nelle loro ragioni, nell'attivo e

nel passivo.

Continua, in particolare, a valersi, come di mezzo, di

quelli stessi patrimoni in funzione, dei quali si è innanzi

detto, soltanto insieme riuniti, già rappresentati e valo

rizzati nelle azioni rispettive degli enti fusi. La nuova

situazione importa una corrispondente unificazione di co

testi elementi rappresentativi, che è appunto il cambio

delle azioni, quale nella speoie intatti predisposto nel

modo che si è pure accennato. Ma non si può da ognuno a tale punto non avvertire che ciò riflette un aspetto estrinseco e del tutto formale, mentre la sostanza rimane

ferma. Rimane ferma nella sua consistenza e, si noti, rimane ferma nella sua funzione ; di capitale azionario

istromento del fine commerciale riassunto dall'ente nuovo.

Ora è cotesta entità economica in cotesta funzione che

forma appunto oggetto della tassa di negoziazione : già

colpita presso gli enti destinati a fondersi, non potrebbe essere ancora colpita presso l'ente risultante dalla fusione

senza incorrere in palese duplicazione. Le obiezioni della

difesa della ricorrente, circa una differenziazione dei pa trimoni (capitali) sotto il riflesso subiettivo (dei soggetti che ne sono titolari) e quello obbiettivo, sono superate dall'analisi che precede, e non possono reggere di fronte

al carattere di realtà della tassa ed alla identificazione

dell'oggetto. Nèpuò trarsi argomento da un supposto in

cremento del valore di mercato delle azioni derivante

dalla stessa deliberazione di fusione, perchè tale incre

mento inerisce alle azioni stesse, non diversamente dalle

altre fluttuazioni del mercato, perciò scontate nel valore

medio posto a base della tassazione.

L'analisi che precede dimostra altresì come non possa farsi differenza tra il caso di fusione in senso proprio e

quello d'incorporazione o assorbimento. Anche in questo

ultimo, esclusa l'ipotesi di una previa liquidazione, si ve

rifica il fenomeno di una recezione da parte dell'ente

Il Foro Italiano — Anno L1X — Parte /-109.

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1691 PARTE PRIMA 1692

assorbente di un'entità economica in funzione rappresen tata dalle azioni. L'aumento di capitale che ne deriva al

l'ente assorbente ha la sua rappresentazione in quelle

azioni, rispetto alle quali le nuove da emettersi non co

stituiscono che forma, al fine della sostituzione.

In entrambi i casi l'essenziale è che non sussistono

effettive bntità economiche (azionarie) nuove, suscettibili

di distinta negoziazione e quindi di tassa. Nè ricorre pos sibilità di una duplice circolazione, esclusa non meno dalla

realtà economica che dalla definizione giuridica, in quanto le azioni da emettersi sono destinate ad entrare ed en

trano in effetto in funzione in dipendenza della loro so

stituzione alle vecchie.

Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DEL REGNO.

Sezione I civile; udienza 19 maggio 1934; Pres. D'A

melio P. P., Est. Rbbottati, P. M. Assisi (conci,

coni.) ; Bellotti (Avv. Lenti, Mdcci) c. Bellotti.

(Sent, denunciata: App. Roma 15 17 marzo 1933)

Matrimonio — Matrimonio religioso preconcordata

rio — Sentenza ecclesiastica di annullamento —

Trascrizione — Procedura — l*oteri della Corte

d'appello — Applicazione specifica (L. 27 maggio

1929 n. 847, disp. appi. Concordato Lateraneuse, ar

ticoli 17, 22 ; cod. civ., art. 106).

Il provvedimento col quale la Corte d'appello ordina la

trascrizione della sentenza ecclesiastica di annulla

mento di un matrimonio religioso preconcordatario,

dev'essere emesso in seguito a giudizio proposto nelle

forme ordinarie. (1) Perchè possa ordinarsi la trascrizione della sentenza ec

clesiastica che pronunzi la nullità di un matrimonio

religioso preconcordatario, la Corte d'appello deve

accertare se la nullità sia stata pronunziata per una

causa ammessa nel codice civile, e in tale indagine

deve riferirsi esclusivamente alla causa giuridica

della nullità, indipendentemente dalle limitazioni e

restrizioni poste dal detto codice per l'esercizio della

relativa azione. (2)

Conseguentemente, annullato un matrimonio religioso ex

capite vis et metus, non può la Corte d'appello ne

gare la trascrizione, per essere stata la domanda di

annullamento proposta dopo decorso il termine sta

bilito dall'art. 106 cod. civile. (S)

(1-3) Esecutività delle sentenze ecclesiastiche di nnilità di ma

trimoni preconcordatari.

La decisione del Supremo Collegio non sembra convincente.

Non ripeterò ciò che da me fu scritto nel Foro it., 1934, 1, 521

segg., in nota alle due ordinanze delle Corti di appello di Pe

rugia 22 gennaio 1934 e di Bologna 5 gennaio 1934. Anzi tutto osservo che la Cassazione non ha tenuto conto

del fatto che, prima del concordato, i due matrimoni, civile e

religioso, erano retti da due ordinamenti distinti con effetti

giuridici diversi e che la quasi unanime dottrina e costante giu

risprudenza ha giustamente ritenuto e ritiene che sopra i due

matrimoni si esercita in modo indipendente la giurisdizione del

magistrato competente per ragione di materia e cioè quella del

giudice laicale sul matrimonio civile e l'altra del giudice ec clesiastico sul matrimonio religioso. Solo eccezionalmente ed

all'unico scopo di evitare un doppio giudizio, vale a dire quello avanti ai tribunali ecclesiastici per l'annullamento del matri

La Corte, ecc. — La ricorrente, pur affermando di

voler prescindere dalla questione procedurale, se, cioè, la

Corte di appello abbia legittimamente o no provveduto in

camera di consiglio, tuttavia non omise di rilevare che,

in ogni caso, il provvedimento impugnato, perchè irrego

larmente preso in camera di consiglio, dovrebbe sempre

essere annullato.

Se anche tale specifico motivo di cassazione non fosse

stato formalmente proposto e se anche la Bellotti, che,

monio religioso e l'altro avanti al tribunale dello Stato per l'annullamento del vincolo civile, si è stabilito che la sentenza

di nullità del matrimonio religioso produce il suo efletto an

che riguardo al matrimonio civile contratto fra le stessè persone

quando, osservate la formalità di cui all'art. 17, la Corte d'ap

pello, su domanda di una delle parti, abbia accertato che la

nullità fu pronunziata per una causa ammessa anche dal co

dice civile (art. 22 legge 27 maggio 1929). Ricordiamo il fatto che ha dato luogo all'ordinanza della

Corte d'appello di Roma che è stata annullata dal Supremo Col

legio (15-17 marzo 1983, in Foro it., 1938, I, 972 e 1706 con nota del Capalti). .

Una donna sposa a 23 anni (cioè quand'era maggiorenne se

condo il diritto civile e canonico) lo zio sessantenne e lo sposa civilmente e religiosamente. Vi fu coabitazione continuata per oltre sedici mesi e dall'unione coniugale nacquero due figli, onde è da presumere che la donna ohe poscia asserì non essere

stata libera nella manifestazione del consenso matrimoniale avesse dimenticata la coazione sofferta e ratificato il consenso estorto. Dopo quattordici anni e più di matrimonio, la donna ricorda la coazione del suo consenso, dimentica la ratifica data e chiede l'annullamento del matrimonio religioso per vizio del

consenso (ex capite vis ac metus). È noto che, secondo il diritto canonico, l'azione di nullità

del matrimonio per vizio del consenso si può far valere in

qualunque tempo, mentre, secondo il diritto civile, non è più ammissibile la domanda di nullità per vizio del consenso, se vi

fu coabitazione continuata per un mese dopo che lo sposo del

quale non sia stato libero il consenso abbia riacquistata la sua

piena libertà (art. 105 e 106 cod. civ., efr. art. 110). La non impugnabilità del matrimonio civile perfeziona il

carattere dell'indissolubilità che ad esso è essenziale (cod. civ., art. 148) e riafferma in quello degli sposi che prestò libe ramente il suo consenso la qualità di coniuge con tutti gli ef

fetti civili da essa derivanti e i suoi diritti civili non possono essere lesi o comunque menomati dalla sentenza del tribunale

ecclesiastico riferentesi ad un matrimonio che, all'epoca in cui

fu celebrato, non aveva alcuna conseguenza giuridica. Gli sposi, contraendo il matrimonio civile, vollero che la loro condizione

giuridica, come i loro reciproci diritti e doveri, fossero regolati dalla legge oivile, come alla giurisdizione dello Stato fossero

devolute le controversie aventi per oggetto la validità o nul lità del vincolo.

Nella specie non si può negare che le parti potevano isti

tuire un doppio giudizio, l'uno davanti al tribunale dello Stato

per far dichiarare la nullità del matrimonio civile per vizio del

consenso e l'altro avanti al tribunale ecclesiastico per far di

chiarare la nullità dal matrimonio religioso, per essere stato il consenso di uno degli sposi non libero a causa di vii oc metus. Ciascuno dei due tribunali, applicando la propria legge, avrebbe

dichiarato l'inammissibilità della domanda (art. 106 cod. civ.) e

quindi la piena validità del matrimonio civile, e l'ammissibilità della stessa e la nullità del matrimonio religioso (codice cano

nico, can. 1087; cfr. can. 1081). La sentenza di nullità del ma trimonio religioso contemporanea o successiva al pronunziato del tribunale civile sul matrimonio civile, contratto fra le stesse

parti, non poteva avere alcuna conseguenza su questo. Adunque, se i due coniugi sostengono un duplice giudizio,

rinunziando alla facoltà loro concessa dall'art. 22 della legge 27 maggio 1929, si può avere la nullità del matrimonio religioso e la validità del matrimonio civile ; se, invece, si fa un solo giu dizio, uno dei coniugi e proprio quello che ha dato origine alla

questione di nullità ottiene, mediante il giudizio di nullità del matrimonio religioso, l'annullamento del matrimonio civile

che, secondo il codice, è indissolubile.

Ora, quando la legge permette di avvalersi di parecchi mezzi

per raggiungere un fine (che, nella specie, è la nullità del

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