Sezione I civile; udienza 11 giugno 1934; Pres. Casati P., Est. Gini, P. M. Varcasia (concl. conf.);Finanze (Avv. di Stato Pulvirenti) c. Società Gruppo Finanziario Tessile (Avv. Lonardi,Giordano, Panié)Source: Il Foro Italiano, Vol. 59, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1934), pp. 1687/1688-1691/1692Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23130061 .
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1687 PARTE PRIMA 1688
cogli estremi di fatto del bisogno dell'avente diritto e
della possibilità dell'obbligato (« in proporzione delle so
stanze di chi deve somministrarli», dice l'art. 143), a
tali criteri si informano le seconde sia mediante il ri
chiamo espresso all'ordine stabilito nell'art. 142 cod. civ.
sia mediante l'aggiunta pur contenuta nell'ultimo comma
dell'art. 1 della legge, relativa alla condizione per il con
giunto « di sostenere, in tutto o in parte, l'onere delle
degenze ». Nè l'antinomia potrebbe altrimenti sorgere,
riflettendo, come si accennò, che per la legge speciale il
credito per rivalsa delle spese di spedalità sia privilegiato e il privilegio comprenda tutto il tempo per il quale le
dette spese siano state sostenute, giacché altra è la qua lità inerente al credito, per cui questo debba essere pre ferito a qualunque altro che non possa vantare un privi
legio poziore a quello previsto dal n. 3 dell'art. 1956 cod.
civ., altra è la questione dei limiti in cui, rispetto alle
possibilità, economiche dell'obbligato, la pretesa di rivalsa
vada stabilita e contenuta.
In ordine a tal punto, preliminare e decisivo, manca
ogni conveniente indagine nella sentenza impugnata, tanto
più necessaria se, come la Corte stessa accertava, il Lon
garini non aveva la possibilità di altri redditi, e, riguardo alla somma a lui dovuta dal Comune per onorari profes
sionali, si profilava insieme con la necessità che quel bene
servisse ai bisogni personali del congiunto, anche l'esi
stenza di passività, le quali per sè riducono, in tutto o
in parte, quella capacità contributiva nell'onere della pre stazione degli alimenti che ne costituisce uno dei presup
posti inderogabili. La sentenza va, adunque, cassata in relazione al mezzo
accolto.
Per questi motivi, cassa, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DEL REGNO.
Sezione I civile ; udienza 11 giugno 1934 ; Pres. Casati
P., Est. Gini, P. M. Varcasia (conci, conf.) ; Finanze
(Avv. di Stato Pulvirenti) c. Società Gruppo Finan
ziario Tessile (Avv. Lonakdi, Giordano, Panié).
(Sent, denunciata : App. Torino 9 giugno 1933) Tassa sulla circolazione e negoziazione delle azioni
— ^iasione o incorporazione di società — Azioni emesse dal nuovo ente — Soggezione alla tassa —
Limiti (R. D. 30 dicembre 1923 n. 3280, sulle tasse in surrogazione del bollo e del registro, art. 1, 4,5).
Nel caso di fusione di due società, o di incorporazione di una nell'altra, senza previa liquidazione, qualora per le azioni delle società assorbite sia già stata pa gata pel semestre in corso la tassa di negoziazione, non sono soggette al pagamento della tassa medesima in quello stesso semestre le azioni emesse dal nuovo ente in sostituzione delle prime. (1)
(l) La questione è già stata decisa nello stesso senso dal Supremo Collegio con la sentenza 8 maggio 1928, ricordata an che nel testo di quella che pubblichiamo (Foro it., Rep. 1928, voce Tassa sulla circol. e negoz., nn. 7-9).
Vedansi inoltre in conformità, App. Torino 9 giugno 1933 (id., Rep. 1933, voce cit., nn. 4-6), ora tenuta ferma dalla Cas sazione, e Trib. Firenze 9 luglio 1925 (id., Rep. 1926, voce cit., nn. 9, 10).
Per qualche riferimento vedasi ancora Casa. Regno 10 mag gio 1933 (id., Rep. 1933, voce cit., nn. 1, 2)
La Corte, eoo. — I termini dell» contestazione oono
pacifici, riassunti del resto dalla sentenza impugnata in
base al rogito Rossi 2 ottobre 1980, mercè il quale i
rappresentanti delle due Società anonime « Donato Levi
e Figli » e « Finanziaria Tessile (Fites)», a seguito delle
deliberazioni delle rispettive assemblee in data 30 settem
bre detto, dichiaravano di mettere in attuazione le deli
berazioni stesse, dirette alla fusione di tali due enti in altro unico (art. 1) che asHumeva la denominazione di
«Gruppo Finanziario Tessile S. A. », che aveva un ca
pitale sociale stabilito in lire 23 milioni derivanti dalla
somma dei capitali delle due società fondentisi, diviso in
23 mila azioni da lire mille ciascuna (art. 5). Tali azioni, da emetterei, dovevano servire pel cambio da effettuarsi
dagli azionisti in ragione del valore rispettivo delle azioni
delle due società (1000 della Fites, 500 della Levi), di
modo che ad un'azione dell'ente di risulta corrispondeva un'azione della Fites e ne corrispondevano due della Levi
(art. 6). Si enunciava che la nuova società diventava cosi
titolare di tutto il patrimonio delle due vecchie e senza
esclusione di sorta subentrava a ciascuna di esse in tutti
i diritti ed obblighi (art. 8). L'Amministrazione finanziaria percepì la tassa di ne
goziazione, a norma dell'art. 4 della legge 30 dicembre 1923 n. 3280, sulle azioni delle vecchie società per l'in tero secondo semestre 1930, e su di ciò nessuna questione. Ma per lo stesso periodo pretese la tassa anche in rife
rimento alle azioni dell'ente risultante dalla fusione. Non
solo, ma, analogamente, pretese la tassa sulle une e sulle
altre per il primo semestre 1931. Rispetto a quest'ultimo riconobbe successivamente di dovere restituire la tassa
percetta sulle azioni Fites e Levi, tenendo suo luogo
quella parimente percetta sulle azioni del Gruppo Finan
ziario Tessile S. A., essendo nel gennaio 1931 (si noti) divenuta operativa la fusione : su di che si tornerà in
seguito. Rimase dunque questione rispetto al secondo semestre
1930, assumendosi dal contribuente che con la suddetta
duplice tassazione (delle azioni delle società che stavano
per fondersi e delle azioni della società risultante dalla
fusione) si colpiva due volte lo stesso oggetto, poiché le
seconde non erano che sostitutive delle prime nella rap
presentazione dei capitali (patrimoni) sociali sommati mercè
la fusione stessa. Tribunale e Corte d'appello accolsero in
sostanza questo assunto, respingendo quello contrario del
l'Amministrazione finanziaria.
La quale ora si duole che a torto sia stato ritenuto un
duplicato di tassa, laddove la tassazione quale fatta è, a
suo dire, una corretta quanto inevitabile conseguenza della
fusione di cui trattasi in correlazione con lo speciale si
stema di applicazione della tassa a carattere forfetario. E
torna a riassumere il suo concetto nelle seguenti pro
posizioni : 1° che dalla data del 2 ottobre 1930 (rogito Rossi su ricordato) cessò l'esistenza giuridica delle due
società fuse, ed in loro vece sorse l'ente nuovo, con ca
pitale proprio, con titoli propri: dalla stessa data, questi, come titoli negoziabili, erano soggetti a tassa di negozia zione e a denuncia al competente ufficio a norma degli art. 1 e 5 della legge 30 dicembre 1923 n. 3280; 2" che
essendo la fusione avvenuta il 2 ottobre 1930, e cosi nel
corso del secondo semestre 1930, in applicazione dell'arti
colo 4 della legge citata e dato il carattere forfetario di tassa
in abbonamento, la tassa era dovuta per l'intero semestre, tanto sulle nuove azioni del Gruppo Finanziario Tessile,
quanto sulle vecchie azioni delle due società fuse. Nè si
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1689 GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE 1690
tratta (spiega) di duplicazione di tassa sullo stesso ente
tassabile : la duplice tassazione è la giuridica conseguenza della creazione dei nuovi titoli negoziabili durante il se
condo semestre 1930 ; per cui i titoli nuovi furono pas sibili di tassa per l'intero semestre, cosi oome per lo stesso
intero semestre restarono soggetti a tassa i titoli delle
società fuse, rimasti estinti il 2 ottobre 1930.
La ragione del decidere si concentra nel verificare la
esattezza della prima proposizione : poiché nella seconda,
supposti veri gli elementi dedotti in quella, non si avrebbe
che l'applicazione di concetti su cui in materia non cade
discussione. E' certo da un lato che, perchè la tassa sia
dovuta non occorre la materiale esistenza dei titoli nella
ottettivitè. della negoziazione, bastandone la possibilità ; e
che, dall'altro, basta che cotesta possibilità si verifiohi, o
permanga, in un giorno del semestre, perchè sorga il
debito, o permanga il debito, della tassa per l'intero se
mestre. Cosi che se fosse esatto che in successione di
tempo ma nello stesso semestre le vecchie società aves
sero cessato di esistere e con esse si fossero estinti (tanto afferma la difesa dell'Amministrazione) i loro titoli, ed
altro ente tosse sorto, nuovo e con capitale proprio, con
titoli propri, 'l'assunto dell'Amministrazione sarebbe inec
cepibile dal punto di vista giuridico finanziario. Si avreb
bero ovviamente distinte entità distintamente tassabili.
Ma il presupposto non è esatto, come hanno giusta mente ritenuto i giudici del merito. Non può replicarsi, occorre appena accennarlo, che non è questo un giudizio che si sottragga al sindacato, attesi gli elementi logici e
giuridici su cui si basa.
Vagliando perciò le censure della ricorrente nelle li
nee essenziali, insiste essa anzitutto nel rilievo che nel
caso presente si tratta di fusione propriamente detta, co
me si esprime, ossia di due enti che si trasfondono in
un nuovo, e quasi sembra consentire (in verità, con molta
cautela) in un avviso diverso se si trattasse d'incorpora
zione, ossia di assorbimento di un ente da parte dello
altro : poiché in tal caso, dice, si ha, almeno un ente
che continua ; che è il caso avuto presente da questo Su
premo Collegio nella decisione Società Elettrica Valdarno
c. Finanze dello Stato (n. 2086) in data 8 maggio 1928
(Foro it., Rep. 1928, voce Tassa sulla circol. e negoz., nn. 7-9). Ma ai fini della questione siffatta differenzia
zione non giova. Affermando ohe le due vecchie società vennero a ces
sare in virtù della fusione conviene avvertire, punto che
si è del tutto trascurato, come ciò si sia attuato attra
verso il processo della fusione giusta le modalità consuete
di questa, quali si verificano anche nel caso. La ricor
rente non altrimenti ragiona come se il processo fosse
consistito, per ciascuna delle società in una sorta di li
quidazione, per modo che da ciascuna di esse fosse deri
vato un patrimonio liquidato, sciolto dall'attività commer
ciale di cui formava già il capitale, e depurato delle su"
passività ; che è quanto dire un'entità economica da con
siderarsi in sé stessa, che confluendo dall'una e dall'altra
liquidazione nel nuovo ente, sarebbe andata a costituire
il capitale del nuovo ente. Si capisce che così ragionando, dovrebbe anohe dirsi di essere di fronte ad un nuovo
ente, del tutto distinto dai precedenti, con un patrimonio
(capitale) proprio, che non ha più a che fare con quello delle società precedenti, rispetto al quale le ragioni dei
soci di quelle hanno ormai attinto dalla liquidazione un
contenuto finale definitivo, sì che se tali ragioni prendano veste in azioni del nuovo ente, dovrebbe anche dirsi che
trattisi di titoli nuovi in confronto dei primi in realtà
estinti, rappresentando un'attuale immissione a formazione
di capitale, con effetto originario ai fini dell'attività del
nuovo ente. Nessun argomento ci sarebbe, in tale ipotesi,
per sottrarre a tassa le azioni del nuovo ente, e non sus
sisterebbe duplicato per la tassazione già fatta delle azioni
degli enti venuti meno.
Ma non è questa l'ipotesi ordinaria, e cosi la specie attuale. La fusione ha per suo scopo ordinario, quanto
caratteristico, di trasferire nel nuovo ente non patrimoni
liquidati (non altrimenti che apporti in danaro) aùa patri moni per cosi dire in funzione, nella permanenza della
attività commerciale cui servono, come tali rappresentanti delle azioni e valorizzati nel prezzo di mercato di queste. Le rispettive deliberazioni per la fusione, e cosi il suc
cessivo istrumento che fa resultare e consacra dal punto di vista formale le basi su cui sorge il nuovo ente (nella
specie il rogito Rossi del 2 ottobre 1930), non arrestano
l'attività degli enti, che prosegue, fino a che, divenuta
operativa la fusione col decorso del termine di legge, può essere allora in concreto eseguita (art. 196 cod. comm.) ; ed il nuovo ente acquista in efletto vita e prosegue, esso, l'attività dei predecessori, ricevendone e riassumendone in
sè i mezzi in atto. Cessano, allora, di esistere, come sog
getti, gli enti fusi, ma non si obliterano del tutto, ap
punto perchè ciò si verifica mediante una trasfusione in
virtù della quale la dottrina ha ravvisato nel nuovo ente
come un successore a titolo universale. Ed in effetto, esso
continua la personalità di quelli subingredendo loro in
toto: nelle loro funzioni e nelle loro ragioni, nell'attivo e
nel passivo.
Continua, in particolare, a valersi, come di mezzo, di
quelli stessi patrimoni in funzione, dei quali si è innanzi
detto, soltanto insieme riuniti, già rappresentati e valo
rizzati nelle azioni rispettive degli enti fusi. La nuova
situazione importa una corrispondente unificazione di co
testi elementi rappresentativi, che è appunto il cambio
delle azioni, quale nella speoie intatti predisposto nel
modo che si è pure accennato. Ma non si può da ognuno a tale punto non avvertire che ciò riflette un aspetto estrinseco e del tutto formale, mentre la sostanza rimane
ferma. Rimane ferma nella sua consistenza e, si noti, rimane ferma nella sua funzione ; di capitale azionario
istromento del fine commerciale riassunto dall'ente nuovo.
Ora è cotesta entità economica in cotesta funzione che
forma appunto oggetto della tassa di negoziazione : già
colpita presso gli enti destinati a fondersi, non potrebbe essere ancora colpita presso l'ente risultante dalla fusione
senza incorrere in palese duplicazione. Le obiezioni della
difesa della ricorrente, circa una differenziazione dei pa trimoni (capitali) sotto il riflesso subiettivo (dei soggetti che ne sono titolari) e quello obbiettivo, sono superate dall'analisi che precede, e non possono reggere di fronte
al carattere di realtà della tassa ed alla identificazione
dell'oggetto. Nèpuò trarsi argomento da un supposto in
cremento del valore di mercato delle azioni derivante
dalla stessa deliberazione di fusione, perchè tale incre
mento inerisce alle azioni stesse, non diversamente dalle
altre fluttuazioni del mercato, perciò scontate nel valore
medio posto a base della tassazione.
L'analisi che precede dimostra altresì come non possa farsi differenza tra il caso di fusione in senso proprio e
quello d'incorporazione o assorbimento. Anche in questo
ultimo, esclusa l'ipotesi di una previa liquidazione, si ve
rifica il fenomeno di una recezione da parte dell'ente
Il Foro Italiano — Anno L1X — Parte /-109.
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1691 PARTE PRIMA 1692
assorbente di un'entità economica in funzione rappresen tata dalle azioni. L'aumento di capitale che ne deriva al
l'ente assorbente ha la sua rappresentazione in quelle
azioni, rispetto alle quali le nuove da emettersi non co
stituiscono che forma, al fine della sostituzione.
In entrambi i casi l'essenziale è che non sussistono
effettive bntità economiche (azionarie) nuove, suscettibili
di distinta negoziazione e quindi di tassa. Nè ricorre pos sibilità di una duplice circolazione, esclusa non meno dalla
realtà economica che dalla definizione giuridica, in quanto le azioni da emettersi sono destinate ad entrare ed en
trano in effetto in funzione in dipendenza della loro so
stituzione alle vecchie.
Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DEL REGNO.
Sezione I civile; udienza 19 maggio 1934; Pres. D'A
melio P. P., Est. Rbbottati, P. M. Assisi (conci,
coni.) ; Bellotti (Avv. Lenti, Mdcci) c. Bellotti.
(Sent, denunciata: App. Roma 15 17 marzo 1933)
Matrimonio — Matrimonio religioso preconcordata
rio — Sentenza ecclesiastica di annullamento —
Trascrizione — Procedura — l*oteri della Corte
d'appello — Applicazione specifica (L. 27 maggio
1929 n. 847, disp. appi. Concordato Lateraneuse, ar
ticoli 17, 22 ; cod. civ., art. 106).
Il provvedimento col quale la Corte d'appello ordina la
trascrizione della sentenza ecclesiastica di annulla
mento di un matrimonio religioso preconcordatario,
dev'essere emesso in seguito a giudizio proposto nelle
forme ordinarie. (1) Perchè possa ordinarsi la trascrizione della sentenza ec
clesiastica che pronunzi la nullità di un matrimonio
religioso preconcordatario, la Corte d'appello deve
accertare se la nullità sia stata pronunziata per una
causa ammessa nel codice civile, e in tale indagine
deve riferirsi esclusivamente alla causa giuridica
della nullità, indipendentemente dalle limitazioni e
restrizioni poste dal detto codice per l'esercizio della
relativa azione. (2)
Conseguentemente, annullato un matrimonio religioso ex
capite vis et metus, non può la Corte d'appello ne
gare la trascrizione, per essere stata la domanda di
annullamento proposta dopo decorso il termine sta
bilito dall'art. 106 cod. civile. (S)
(1-3) Esecutività delle sentenze ecclesiastiche di nnilità di ma
trimoni preconcordatari.
La decisione del Supremo Collegio non sembra convincente.
Non ripeterò ciò che da me fu scritto nel Foro it., 1934, 1, 521
segg., in nota alle due ordinanze delle Corti di appello di Pe
rugia 22 gennaio 1934 e di Bologna 5 gennaio 1934. Anzi tutto osservo che la Cassazione non ha tenuto conto
del fatto che, prima del concordato, i due matrimoni, civile e
religioso, erano retti da due ordinamenti distinti con effetti
giuridici diversi e che la quasi unanime dottrina e costante giu
risprudenza ha giustamente ritenuto e ritiene che sopra i due
matrimoni si esercita in modo indipendente la giurisdizione del
magistrato competente per ragione di materia e cioè quella del
giudice laicale sul matrimonio civile e l'altra del giudice ec clesiastico sul matrimonio religioso. Solo eccezionalmente ed
all'unico scopo di evitare un doppio giudizio, vale a dire quello avanti ai tribunali ecclesiastici per l'annullamento del matri
La Corte, ecc. — La ricorrente, pur affermando di
voler prescindere dalla questione procedurale, se, cioè, la
Corte di appello abbia legittimamente o no provveduto in
camera di consiglio, tuttavia non omise di rilevare che,
in ogni caso, il provvedimento impugnato, perchè irrego
larmente preso in camera di consiglio, dovrebbe sempre
essere annullato.
Se anche tale specifico motivo di cassazione non fosse
stato formalmente proposto e se anche la Bellotti, che,
monio religioso e l'altro avanti al tribunale dello Stato per l'annullamento del vincolo civile, si è stabilito che la sentenza
di nullità del matrimonio religioso produce il suo efletto an
che riguardo al matrimonio civile contratto fra le stessè persone
quando, osservate la formalità di cui all'art. 17, la Corte d'ap
pello, su domanda di una delle parti, abbia accertato che la
nullità fu pronunziata per una causa ammessa anche dal co
dice civile (art. 22 legge 27 maggio 1929). Ricordiamo il fatto che ha dato luogo all'ordinanza della
Corte d'appello di Roma che è stata annullata dal Supremo Col
legio (15-17 marzo 1983, in Foro it., 1938, I, 972 e 1706 con nota del Capalti). .
Una donna sposa a 23 anni (cioè quand'era maggiorenne se
condo il diritto civile e canonico) lo zio sessantenne e lo sposa civilmente e religiosamente. Vi fu coabitazione continuata per oltre sedici mesi e dall'unione coniugale nacquero due figli, onde è da presumere che la donna ohe poscia asserì non essere
stata libera nella manifestazione del consenso matrimoniale avesse dimenticata la coazione sofferta e ratificato il consenso estorto. Dopo quattordici anni e più di matrimonio, la donna ricorda la coazione del suo consenso, dimentica la ratifica data e chiede l'annullamento del matrimonio religioso per vizio del
consenso (ex capite vis ac metus). È noto che, secondo il diritto canonico, l'azione di nullità
del matrimonio per vizio del consenso si può far valere in
qualunque tempo, mentre, secondo il diritto civile, non è più ammissibile la domanda di nullità per vizio del consenso, se vi
fu coabitazione continuata per un mese dopo che lo sposo del
quale non sia stato libero il consenso abbia riacquistata la sua
piena libertà (art. 105 e 106 cod. civ., efr. art. 110). La non impugnabilità del matrimonio civile perfeziona il
carattere dell'indissolubilità che ad esso è essenziale (cod. civ., art. 148) e riafferma in quello degli sposi che prestò libe ramente il suo consenso la qualità di coniuge con tutti gli ef
fetti civili da essa derivanti e i suoi diritti civili non possono essere lesi o comunque menomati dalla sentenza del tribunale
ecclesiastico riferentesi ad un matrimonio che, all'epoca in cui
fu celebrato, non aveva alcuna conseguenza giuridica. Gli sposi, contraendo il matrimonio civile, vollero che la loro condizione
giuridica, come i loro reciproci diritti e doveri, fossero regolati dalla legge oivile, come alla giurisdizione dello Stato fossero
devolute le controversie aventi per oggetto la validità o nul lità del vincolo.
Nella specie non si può negare che le parti potevano isti
tuire un doppio giudizio, l'uno davanti al tribunale dello Stato
per far dichiarare la nullità del matrimonio civile per vizio del
consenso e l'altro avanti al tribunale ecclesiastico per far di
chiarare la nullità dal matrimonio religioso, per essere stato il consenso di uno degli sposi non libero a causa di vii oc metus. Ciascuno dei due tribunali, applicando la propria legge, avrebbe
dichiarato l'inammissibilità della domanda (art. 106 cod. civ.) e
quindi la piena validità del matrimonio civile, e l'ammissibilità della stessa e la nullità del matrimonio religioso (codice cano
nico, can. 1087; cfr. can. 1081). La sentenza di nullità del ma trimonio religioso contemporanea o successiva al pronunziato del tribunale civile sul matrimonio civile, contratto fra le stesse
parti, non poteva avere alcuna conseguenza su questo. Adunque, se i due coniugi sostengono un duplice giudizio,
rinunziando alla facoltà loro concessa dall'art. 22 della legge 27 maggio 1929, si può avere la nullità del matrimonio religioso e la validità del matrimonio civile ; se, invece, si fa un solo giu dizio, uno dei coniugi e proprio quello che ha dato origine alla
questione di nullità ottiene, mediante il giudizio di nullità del matrimonio religioso, l'annullamento del matrimonio civile
che, secondo il codice, è indissolubile.
Ora, quando la legge permette di avvalersi di parecchi mezzi
per raggiungere un fine (che, nella specie, è la nullità del
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