Sezione I civile; udienza 5 marzo 1931; Pres. Petrone P., Est. Pagano, P. M. Macchiarelli (concl.conf.); Galli (Avv. Pasini) c. Finanze (Avv. di Stato Dedin)Source: Il Foro Italiano, Vol. 56, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1931), pp. 815/816-819/820Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23133694 .
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815 PARTE PRIMA 8l6
Ora, sebbene il regio decreto 15 gennaio 1931, pubbli
cato soltanto nella Gazzetta Ufficiale del 21 febbraio
1931, non sia ancora applicabile, tuttavia la chiara parola
del legislatore chiamato, come si vede, tra l'altro a di
sciplinare organicamente le disposizioni vigenti sulla cac
cia, addita quale significato fosse conveniente attribuire
all'art. 37 della legge 24 giugno 1923 che, se fosse diver
samente interpretato, in confronto delle altre portate da
detta legge, dovrebbe considerarsi norma inorganica e
strana. 11 citato art. 44, in ogni caso, appena entrato
in vigore, regolerà anche i rapporti fra gli attuali conten
denti, perchè, in definitiva, non pnò essere dubbia la con
dizione giuridica della Società resistente, quale semplice
concessionaria della bandita in conformità della nuova
legge con le limitazioni dalla stessa stabilite.
Per questi motivi, cassa, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DEL REGNO.
Sezioni unite ; udienza 28 marzo 1931 ; Pres. D'Amelio
P.P., Est. Sampkri, P. M. Longhi (conci, conf.);
Fiore e Amoroso (Avv. Brindisi) c. Marino (Avv.
Menechini).
(Sent, denunciata: App. Napoli 24 marzo 1930)
Dote — Costituzione — Beni futuri — Beni acqui
stati durante il matrimonio — Carattere dotale
(God. civ., art. 1B89).
Se, a norma dell'art. 1389 cod. civ. vi sia stata costi
tuzione in dote anche dei beni futuri della donna
maritata, ogni bene che essa acquista durante il ma
trimonio, per qualsiasi titolo, entra automaticamente
nel patrimonio dotale. (1)
La Corte, ecc. (Omissis) — Con l'ultimo mezzo si
denuncia che la Corte, ponendosi in contrasto con la pre
cedente sentenza della Cassazione, abbia erroneamente
ritenuto che, in quanto i capitoli matrimoniali non con
tenevano la stipulazione della condizione del reimpiego,
gli acquisti operati durante il matrimonio con capitali dotali non avevano carattere dotale, ma parafernale, e
quindi, nel caso, fossero suscettivi di esecuzione forzata.
Le Sezioni Unite non trovano motivi per deflettere
dalla massima, già più volte adottata dalla Sezione ordi
naria (sentenza n. 501 del 31 gennaio 1928 Foro it., Rep.
1928, voce Dote, n. 8), preceduta da quella n. 1743 del
29 maggio 1926 (Foro it., Rep. 1926, voce Dote, n. 34)
eseguita dall'altra n. 1998 del 3 maggio 1928 (Foro it.,
1928, I, 1162). È testuale (art. 1403 cod. civ.) che l'im mobile acquistato con denaro dotale non divenga dotale, se nell'atto dotale non figuri l'accennata condizione, e ciò,
principalmente, a tutela della buona fede dei terzi.
Quando però la costituzione abbracci seaza restri
zione, come è consentito (art. 1389 cod. civ.), e i beni
presenti e i beni futuri, l'automatica inclusione degli ac
quisti, indifferentemente ad uno o ad altro titolo, nel
patrimonio dotale non contraddice nè il divieto dell'au
mento della dote ad opera dei coniugi (art. 1391), perchè l'incremento si riconnette legittimamente ad una causa
(1) Vedi in argomento le tre sentenze, richiamate nel testo della presente decisione, e specialmente l'ultima del 3 maggio 1928 (toro it., 1928, 1, 1162) con nota di richiami.
anteriore, nè il disposto dell'art. 1403, perchè la clausola
dell'impiego è già contenuta nella lata comprensione di
quel tipo di costituzione, alla quale quindi nulla aggiun
gerebbe. La donna allora non ha beni parafernali. Il
nuovo cespite o entra nel patrimonio di lei col carattere
della dotalità o ne resta fuori. Nè dice alcunché il rilievo
che il denaro lucrato dalla donna durante il matrimonio
con la propria industria o altrimenti non divenga dotale
se non al momento dell'acquisto dei beni. I risparmi gra datamente realizzati, innanzi tutto, divengono dote, ap
pena assumano il carattere di capitale e di aumento pa trimoniale. E in secondo luogo, in concreto, la quantità si sarebbe proprio trasformata in ispecie. I terzi, poi, sol
che consultino, com'è cauto e doveroso, le tavole iniziali, hanno modo di mettersi al coperto da ogni frode e sor
presa. Si pretende che la sentenza si regga perchè nei rogiti
di acquisto mancava la dichiarazione che agli immobili
rimaneva impressa la qualità dotale. Necessaria o non ne
cessaria simile manifestazione nel caso dell'art. 1403, a
garanzia dei terzi, i quali devono conoscere la concreta
provenienza dotale del denaro investito, è però superflua
nell'ipotesi di una costituzione totalitaria, perchè la vi
sione dell'atto nuziale basta allora a dar la sicurezza che
ad ogni investimento è impressa la connotazione dotale.
(Omissis) Per questi motivi, cassa, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DEL REGNO.
Sezione I civile ; udienza 5 marzo 1931 ; Pres. Petrone
P., Est. Pagano, P. M. Macchiarelli (conci. conf.); Galli (Avv. Pasini) c. Finanze (Avv. di Stato De
din).
(Sent, denunciata: App Milano 17 gennaio 1930)
Registro — Promessa di vendita — Tassabilità (E. D. 30 dicembre 1923 n. 3269, art. 1,4, 8 ; tariffa, art. 5).
Inatto di promessa di vendita è soggetto a tassa propor zionale soltanto quando importi un^effettivo trasferi mento di proprietà. (1)
La Corte, ecc. (Omissis) — La questione, che il ri
corso sottopone all'esame del Supremo Collegio consiste
nel vedere se la tassa proporzionale, di cui all'art. 5 della
tariffa, parte Is, alleg. A, alla legge di registro 30 di
cembre 1923 n. 3269, sia dovuta quando fra le parti con
traenti sia intervenuta una semplice promessa di comprare e di vendere, cioè un atto contenente una obbligazione di fare e pertanto inidoneo ad operare un trapasso di beni.
Tale questione è stata recentemente presa in esame dalle
Sezioni Unite di questa Corte, le quali con sentenza 23
maggio 1930 in causa Finanza-Morandini (Foro it., 1930,
I, 1201) l'hanno risoluta in senso contrario alla tesi era
riale. Ritiene il Supremo Collegio che questa giurispru denza debba esser tenuta ferma, non soltanto per l'auto
rità del consesso da cui promana, ma anche e principalmente
(1) La Corte Suprema riafferma in questa sentenza i prin cipi accolti nella sentenza 23 maggio 1930, resa a Sezioni Unite, pubblicata in questa Eaccolta (1930, I, 1201) con nota adesiva del prof. S. Lkssona.
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817 GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE 818
perchè il diligente sforzo della difesa dello Stato non riesce
a portare argomenti convincenti in senso contrario.
In sostanza l'argomento fondamentale a favore della
tesi erariale consiste nel richiamo della lettera del men
zionato art. 5, il quale contempla le promesse di compra
vendita se esiste consenso delle parti sulla cosa e sul
prezzo. Poiché, quando due contraenti convengono fra
loro di addivenire poi ad un altro contratto, col quale
l'uno venda e l'altro compri una determinata cosa per un
prezzo stabilito si pone in essere una promessa nella
quale si incontra il consenso delle parti su questi ele
menti della futura compravendita, se ne trae l'illazione
che la legge fiscale abbia voluto in ogni caso assogget
tare tali promesse allo stesso regime delle compravendite nei riguardi della tassa di registro, applicando anche ad
esse quella proporzionale di trasferimento. E si soggiunge
che l'opportunità di questo criterio di imposizione può es
sersi presentata al legislatore tributario per la ragione che
normalmente il cosidetto compromesso di vendita è se
guito dalla stipulazione del contratto di compra vendita,
e che il contribuente non riceverebbe danno, ma anzi sol
lievo dall'applicazione di tale criterio, in quanto, in luogo
di sottostare a due tasse proporzionali, per l'obbligazione
e per la trasmissione, ne sconterebbe una sola al momento
della promessa, cioè quella di trasferimento, rimanendo
soggetto soltanto alla tassa fissa al momento della stipu lazione della compravendita. Senonchè una interpretazione
puramente letterale delle norme di legge non sempre con
duce a soluzioni giuste ed accettabili. Ha notevole im
portanza nel caso in esame il risalire all'origine storica
della disposizione di cui trattasi. E noto che non solo an
teriormente alla promulgazione del codice civile italiano
il principio, stabilito dall'art. 1589 cod. Napoleone, se
condo il quale la promessa bilaterale di vendita equivale
a vendita, era stato seguito dai codici parmense (art. 1394),
estense (art. 1474), albertino (art. 1595), dalle leggi ci vili delle Due Sicilie (art. 1434), ma anche posterior mente a quella promulgazione la dottrina e la giurispru
denza, benché il nostro codice non riproduca la norma
anzidetta, furono per lungo tempo riluttanti ad ammettere
la distinzione Ira convenzioni de praesenti e convenzio
ni de futuro e credettero riscontrare nella promessa bi
laterale di vendita tutti i caratteri di una obbligazione di
dare, producente l'effetto del trasferimento del dominio
sulla cosa, ed assimilata pertanto, per tutti gli effetti giu
ridici, alla compravendita, malgrado la diversa apparenza della manifestazione di volontà dei contraenti. La legge
di registro del 1897, trovandosi di fronte a questa inter
pretazione, comunemente ammessa, mantenne la norma di
assoggettare le promesse di vendita sopra menzionate alla
tassa proporzionale di trasferimento determinandone la mi
sura, sia riguardo ai beni immobili sia riguardo ai mo
bili, nella stessa percentuale rispettivamente stabilita per
le vendite. Ad eliminare ogni possibile dubbio che que
sta legge in tanto abbia colpito nel modo anzidetto le
promesse bilaterali di vendita, in quanto abbia riscon
trato in esse la medesima efficacia giuridica della ven
dita, e quindi la natura di atto traslativo della proprietà,
basta il rilevare che all'art. 2 della tariffa, concernente
tali promesse, si stabilisce che la tassa è ridotta dal 4 al
3 per cento nel biennio da altro trasferimento degli stessi
beni (immobili) a titolo oneroso, come all'art. 1, il quale nei riguardi delle alienazioni in genere cosi appunto di
spone. È manifesto che il richiamo di altro trasferimento
importa essersi considerata la promessa, ivi contemplata,
come contenente anch'essa un trasferimento della pro
prietà. Fissata questa origine storica della norma, per giun
gere ad accogliere la tesi erariale occorrerebbe ammet
tere che col decreto legge del 1923 siasi voluto introdurre
nella materia in esame una radicale innovazione, siasi,
cioè, inteso sottoporre alla tassa proporzionale di trasfe
rimento anche le promesse di vendita vere e proprie, con
carattere puramente personale, racchiudenti un'obbligazione
di fare ed escludenti perciò il trapasso del dominio.
Ora nessun elemento si riscontra nel decreto-legge, nè viene accennato come proveniente da manifestazioni
degli organi che hanno provveduto all'emanazione di esso
che valga a fare ammettere l'intenzione di voler esten
dere la norma prece 'entemente stabilita oltre i termini
dei suoi naturali confini. L'art. 5 della tariffa allegata
alla legge del 1923 è posto sotto la rubrica « trasferi
menti a titolo oneroso ». Esso applica alle promesse di
compra-vendita ivi enunciate le stesse tasse di cui agli
art. 1, 2 e 3, riguardanti le alienazioni, vendite, riven
dite, ecc., e con ciò richiama anche la norma relativa alla
riduzione delle tasse nell'ipotesi in cui il trasferimento
avvenga entro tre anni da altro trasferimento a titolo
oneroso dello stesso immobile. Ora tutto ciò contrasta col
concetto che, anche senza alcun trapasso, la tassa pro
porzionale, stabilita nei riguardi di esso, siasi voluta im
porre. Se simile tassa si fosse intesa ammettere per le an
zidette obbligazioni di fare, la tassabilità sarebbe com
misurata in base ai criteri seguiti per le voci analoghe
(art. 28 tariffa del 1923). Ed è poi vero, come è stato
osservato dalla difesa della Finanza, che sotto la rubrica
« trasferimenti a titolo oneroso > si contiene pure qual
che atto non traslativo. Prescindendo dalla cessione di
crediti, che il codice civile disciplina sotto il titolo della
vendita, vi ha il mandato irrevocabile nell'interesse del
mandante e del mandatario con dispensa dal rendimento
dei conti, relativo sia ad alienazioni sia ad altri contratti
di locazione, appalto, ecc.
Ma questa collocazione corrisponde all' esplicita di
sposizione dell'art. 45 legge 1923 che considera tale man
dato come atto traslativo. Essa si trovava già nella legi
slazione anteriore e può spiegarsi col particolare carattere
di tale mandato, anche in rem propriam ; inoltre la tassa
ivi stabilita è in misura alquanto inferiore a quella sta
bilita per le alienazioni e per le promesse di cui all'art. 5.
Non può quindi da ciò ricavarsi argomento di sorta per
la presente controversia.
Osserva la difesa della Finanza che nel 1923 già la
giurisprudenza si era orientata verso un indirizzo diverso
dal precedente, aveva cioè riconosciuto nella promessa,
anche bilaterale, di vendita una mera obbligazione per
sonale e riscontrato una vera e propria compravendita nel
negozio giuridico, che ponga in essere, mediante un prezzo,
il trasferimento della proprietà sulla cosa. Ammette la
resistente che l'interprete non può fare sulla intenzione
del legislatore del 1923 che un processo logico induttivo,
il quale purtroppo non può nel caso in esame essere molto
sicuro ed univoco nelle sue conclusioni ; e, poste da parte
le ipotesi che il detto mutamento di giurisprudenza fosse
ignorato o che l'articolo venisse riprodotto nel nuovo te
sto per mera distrazione, crede accettabile l'opinione che
il legislatore, pur tenendo conto della chiarificazione av
venuta fra obbligazione di fare e obbligazione di dare, le
abbia considerate concorrenti ad unico fine ed inoltre ab
Il Foko Italiano — Anno LV1 — Parte I-56.
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819 jPAftTE PRIMA 820
I bia voluto mettersi al riparo da ogni eventuale incertezza
della pratica giudiziaria, dichiarando, nell'interesse co
mune della Finanza e del contribuente, ohe la promessa
di vendita, indipendentemente dal suo contenuto, sconta
la tassa dei trapassi. Rileva infine che una diversa inter
pretazione porterebbe a svuotare di ogni contenuto il di
sposto dell'art. 5, poiché ormai promesse di vendita tra
slative della proprietà non sono più ammesse come giu
ridicamente possibili. Ma questi rilievi non sono tali da far deviare la con
troversia dai termini nei quali il Supremo Collegio l'ha
posta, nè da indurlo in diversa opinione. Si respinga pure il concetto che l'art. 5 della tariffa 1923 rappresenti sem
plicemente una inavvertita sopravvivenza anacronistica di
idee giuridiche ormai tramontate.
Resta sempre che tale articolo può avere anche oggi un significato ed una sfera, sia pure limitata, di applica
zione, senza che l'interprete debba venir meno al suo uf
ficio di seguire il movimento degli istituti giuridici nella vita sociale e di coordinare la legge con la natura dei
rapporti giuridici che, tenuta presente la volontà di essa, costituiscono il presupposto della sua applicazione. In so
stanza la conservazione, nella tariffa, di un'apposita voce, relativa alle promesse di compravendita intese nel senso
sopra enunciato e che oggi con più esatta qualificazione
vengono senz'altro ricondotte sotto la definizione della com
pravendita, può ritenersi non del tutto superflua, avuto
riguardo al fine di escludere ogni valore alla denomina
zione, che ad arte ovvero per improprietà tecnica di lin
guaggio, le parti abbiano creduto dare al contratto, e di
rivolgere direttamente l'indagine sul punto essenziale, con
cernente il trasferimento della proprietà. E vero che già nell'art. 8 della legge di registro era
stabilito che le tasse sono applicate secondo l'intrinseca
natura e gli effetti degli atti e dei trasferimenti, se an
che non vi corrisponda il titolo o la forma apparente. Ma
di questa norma generale si è, con l'art. 5 della tariffa, ritenuto opportuno, sebbene non fosse necessario, fare una
particolare applicazione, quando si è parlato di promesse di compravendita aventi gli elementi suenunciati, mante
nendo cosi in vita, per quanto eventualmente potesse an
cora in pratica trovare applicazione, l'antica disposizione.
L'interprete non si fermerà aila dizione usata dai con
traenti, ma ricercherà se la promessa, che fra loro appare
interceduta, racchiuda in realtà quel trasferimento, che
ha sempre costituito, in ordine all'imposizione della tassa
proporzionale, la ratio legis, che nulla dimostra essersi
voluto mutare. Non è poi a parlare di tutela dell'inte
resse del contribuente, bastando in proposito rilevare che
alla promessa di vendita può bene, per ragioni diverse, siano o non siano dipendenti da colpa di taluno dei con
traenti, non seguire la stipulazione della compravendita. Ammettere che, senza preoccuparsi di quanto possa
avvenire dopo la conclusione d^lla promessa di vendita, la cui inosservanza può dar luogo soltanto ad un risarci
mento di danni, la tassa di trasferimento debba essere
percepita, sol perchè questo atto fa presumere che il tra
sferimento, in esecuzione dell'impegno assunto, avrà poi
luogo, a seguito di una nuova manifestazione di volontà, non sembra conforme a legge ed a ragione. In realtà i
due contratti in esame, l'uno contenente obbligazione per sonale e l'altro avente efficacia reale, considerati nella
loro essenza, non possono dirsi concorrenti ad unico fine
giuridico, in guisa da legittimare la pretesa unità del trat
tamento fiscale.
Ora la sentenza denunciata ha disconosciuto i princi
pi di diritto accolti da questa Corte, quando, pur ammet
tendo che per giudicato era stato escluso ogni carattere
traslativo all'atto 3 giugno 1925, di cui si discuteva, di
chiarandosi il Galli tenuto solo al risarcimento dei danni
per l'inadempienza alla obbligazione di comprare, ha giu dicato dovuto il supplemento di tassa richiesto dall'uffi
cio di registro. Per questi motivi, cassa, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DEL REGNO.
Sezione I civile ; udienza 8 febbraio 1981 ; Pres. Venzi
P., Est. Ferrara, P. M. Macchiarelli (conci, oonf.) ; Comune di Pegognaga (Avv. Ungaro, Parmeggiani) c. Negri ed altri (Avv. Ferreri, Ruggenini).
(Sent, denunciata: App. Brescia 13 novembre 1929)
Espropriazione per pubblica utilità — Espropriazione
parziale — Indennità relativa - Vantaggi deri
vanti alla parte non espropriata — Loro carat
tere — Detrazione dall'indennità (L. 25 giugno 1865 n. 2359, art. 40, 41).
Nel caso di espropriazione parziale, la estimazione di
base dell'indennità dev'essere fatta senza tenere conto
del vantaggio che alla rimanente parte del fondo sia
per derivare dall'esecuzione delVopera pubblica ; tale
vantaggio deve essere considerato non come elemento
determinativo dell'indennità, ma esclusivamente come
causa diminuente Vindennità, in astratto già deter
minata. (1) Non ha rilevanza in contrario la certezza del vantag
gio o Veffettivo conseguimento di esso in denaro per contratti già stipulati dal proprietario al momento
in cui il giudice è chiamato a determinare l'indenni
tà, poiché deve appunto tenersi conto, come causa di
minuente l'indennità, soltanto dei vantaggi certi e
sicuri. (2)
La Corte, ecc. (Omissis) — Sostengono i ricorrenti, svolgendo il primo motivo che, essendo, quando il giudice era chiamato a determinare concretamente l'indennità spet tante al proprietario del fondo solo in parte espropriato,
già avvenuta la vendita di una considerevole parte del
terreno residuo, per la quale vendita il detto proprietario effettivamente conseguiva il vantaggio derivante dall'e
spropriazione, il maggior valore che il fondo residuo aveva
acquistato, non si doveva più considerare come un
vantaggio immediato nel senso e per gli effetti di cui al
l'art. 41 della legge sulle espropriazioni per causa di uti
lità pubhlioa, ma come elemento costitutivo del prezzo della parte residua ; cosi che, nella specie, la Corte di Brescia avrebbe falsamente applicata la prima parte e l'ul
timo capoverso del citato art. 41, ed inesattamente inter
pretato e violato il precedente art. 40.
(1) Questione su cui non ci resultano precedenti. Sugli estremi necessari per aversi espropriazione parziale,
vedasi da ultimo : Cass. Regno 26 giugno 1928 in questa Rac coltn (1929, I, 98) con nota di richiami alla precedente giuri sprudenza.
(2) Non ci risultano precedenti editi sulla questione. Per la dottrina vedasi in argomento Sabbatini, Commento
alle leggi sulla eepropriatione per pubblica utilità, 3» ediz., in collabor. di L. Biamonti, I, art. 41 n. 2.
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