Sezione I civile; udienza 27 giugno 1934; Pres. Casati P., Est. Franco, P. M. Assisi (concl. conf.);Com. Quargnento (Avv. Sensini, Galliano) c. Cordera (Avv. Fioretti) ed altri (Avv. Corsanego,Vassallo, Santangeli, Raggi)Source: Il Foro Italiano, Vol. 59, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1934), pp. 1673/1674-1675/1676Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23130055 .
Accessed: 10/06/2014 16:34
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 195.34.78.148 on Tue, 10 Jun 2014 16:34:02 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
1673 GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE 1674
della legge speciale, si avrebbe anche la inosservanza so
stanziale delle norme sulla comparizione ; specialmente
perchè questa, nella previsione della legge, deve cadere
in un breve ed unico periodo di tempo per tutti gli even
tuali appellanti, per procedersi, poi, all'immediato ed unico
giudizio per tutti i creditori. Senonchè, per principio ge nerale e qui non derogato, l'atto nullo può rinnovarsi en
tro i termini della decadenza. E, perciò, ove il curatore, come nel caso, proceda alla notificazione collettiva per af
fissione quando il gravame prematuro sia stato già inter
posto dall'interessato, questi, certamente, potrebbe rinno
varlo entro il nuovo termine di quindici giorni. Si tratta, dunque, di vedere se occorresse, nel caso,
la rinnovazione formale quando l'appellante già aveva fatto
riportare la causa con i rinvìi rituali alla udienza fissata
dalla Corte ai sensi del penultimo capoverso del citato
articolo.
Porre il quesito, significa risolverlo favorevolmente ; a meno di non voler sacrificare la sostanza dei diritti con
un formalismo eccedente ogni ragionevole utilità, econo
mia e scopo. Ancora più esatta appare la soluzione quando, come nella specie, il curatore abbia provocato il gravame
prematuro ed irrituale con la notificazione personale ed
anche essa prematura. Sostanzialmente, ripetesi, l'atto di
appello deve ritenersi rinnovato nei termini e con i ter
mini previsti, ove l'appellante lo abbia, con gli utili rin
vi i, portato nella udienza fissata di ufficio e lo abbia fatto
riunire con gli altri.
Resta il terzo mezzo. Si tratta di vedere fin dove si
estendesse, nella specie, la nullità della sentenza appel
lata, alla cui pronuncia aveva partecipato il giudice pur
dopo l'autorizzata azione giudiziaria contro il convenuto
qui resistente. La Corte di appello dichiarò integralmente nulla la sentenza del Tribunale. Il curatore ricorrente ne
sostiene invece la piena validità a proposito del primo mezzo. Questo Supremo Collegio ritiene che, contenendo
la nullità nei limiti della sanzione legislativa e della chia
rita situazione processuale, la sentenza di primo grado debba restar ferma e valida pel capo in cui si pronunciò sulla contestazione del credito ; e debba, invece, cadere
per l'altro capo con cui fu pronunciata la condanna con
tro lo stesso soggetto nella veste di convenuto. Che si
tratti di due sentenze diverse, e non confondibili dalla
unione formale dei giudizi, lo si è già sopra accertato.
Pertanto la pronuncia sulla contestazione, per cui la legge
dichiara capace a giudicare il giudice delegato, non era
inficiata dalla dedotta nullità. Così come la decisione sul
capo compreso nella crmpetenza assoluta, non inficia quella
diversa che ne abbia esorbitato. Non vi è bisogno di ri
correre al principio della limitazione e della conversione
degli atti negoziali e processuali nulli, perchè qui, come
si è detto, si tratta di atti distinti.
La Corte di merito, invece, dichiarò la nullità inte
grale della sentenza di contestazione, senza manco spie
gare se vi fossero compresi anche i capi che riguardavano
gli altri creditori intervenuti. Evidentemente, non vi si
comprendono ; neanco nel pensiero della Corte di merito ;
ma, per la stessa ragione, non si deve comprendere la
contestazione del singolo creditore qui resistente, anche
se l'altro capo sia nullo, dappoiché la identità contingente
dei soggetti non valeva a far confondere le due liti di
stinte e separate. I» questa parte adunque, il ricorso del curatore va
accolto. Per contrario, va disatteso nella censura ul
teriore. Che la partecipazione del giudice alla decisione
nei casi previsti dall'art. 4 della legge citata, produce la
nullità assoluta della sentenza, è stata già deciso da que
sto Sapremo Collegio e non lo contesta neanco il resi
stente. Onde sembra superfluo soffermarvisi.
Neppure è fattibile la distinzione che prospettano il
ricorrente ed il P. M. onde salvare la sentenza di prima sede dalla nullità, ed accogliere la censura anche per
questa parte della sentenza d'appello. Si dice, in sostanza, che il divieto riguardi i giudizi
di natura fallimentare, attratti dalla competenza speciale, e non si estenda a quelli normali, come è nella specie, in cui il curatore aveva proposto l'autorizzata domanda
non al tribunale fallimentare, come tale e per la vis at
trattiva, sibbene a quel collegio come magistrato compe
tente per valore e territorio. Senonchè nè la lettera, nè
lo spirito dell'art. 4 consentono di adottare questa sottile
distinzione. Altra è la norma di competenza attrattiva ed
altra è quella proibitiva della partecipazione al giudizio.
L'articolo or connato, dopo aver attribuito al giudice de
legato la direzione, alta ed esclusiva, dell'amministrazione
fallimentare, vieta al curatore di stare in giudizio senza
l'autorizzazione, ed al giudice di partecipare al collegio
nel giudizio a cui si riferisce l'autorizzazione. Siano o non
di competenza speciale questi giudizi, la norma proibitiva
impera sempre, non solo perchè la legge non distingue, ma perchè ricorre in ogni caso la ratio identica, che è
quella di non far decidere la lite dal giudice il quale, au
torizzandola, ha già indirettamente espresso il suo avviso
nel merito della controversia. Unica limitazione è che si
tratti di giudizi dipendenti da quella attività direttiva,
ma codesto è già implicito nel fatto stesso della autoriz
zazione, altrimenti ultronea e, comunque, ostativa.
Ciò posto ne consegue che la nullità per questo capo della sentenza di primo grado ricorreva, e che esatta, nella parte relativa, è la decisione della Corte di merito.
Per questi motivi, cassa, ecc.
CORTE 01 CASSAZIONE DEL REGNO.
Sezione I civile; udienza 27 giugno 1934; Pres. Casati
P., Est. Franco, P. M. Assisi (conci, conf.); Com.
Qnargnento (Avv. Sensini, Galliano) c. Corderà (Avv.
Fioretti) ed altri (Avv. Corsanego, Vassallo, San
tangeli, Raggi).
(Sent, denunciata: App. Torino 11 luglio 1933)
Testamento — Olografo — ■Ih ta non vera — Vali*
dltA del testamento — Eccezioni (Cod. CÌV., arti
Colo 775).
Non induce nullità del testamento olografo la circostanza
'che la data ad esso apposta non corrisponda a quella del giorno in cui il testamento fu redatto, a meno
che si tratti di data impossibile in modo assoluto o
falsata dal testatore al fine di occultare qualche mo
tivo di nullità. (1)
(1) Per la costante giurisprudenza del Supremo Collegio in
tal senso si consultino: Casa. Regno 21 novembre 1927 (l'oro
it., 1928, I, 193) e 14 luglio 1930 (id., 1931. I, 154) ambedue an
notate da C. Losana ; posteriormente si veggano, sempre in con
formità, App. Firenze 12 aprile 1930 (id., ftep. 1930, voce Testa
mento, n. 41); App. Torino 11 luglio 1933, ora confermata dalla
Cassazione ; App. Brescia 2 agosto 1933, Trib. Brescia 27 aprile 1933 e Trib. Bari 13 settembre 1932 (id., Rep. 1933, voce cit., nn. 43 49).
Il Poro Italiano — Anno L IX — Parte /-10b.
This content downloaded from 195.34.78.148 on Tue, 10 Jun 2014 16:34:02 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
1675 PARTE PBIMA 1676
La Corte, ecc. — Sostiene il ricorrente che la sen
tenza impugnata non ha motivato, ed ha violato gli arti
coli 775 e 804 cod. civ., ritenendo valido il testamento
la cui data, 4 marzo 1925, non solo non era vera, ma era
anche impossibile, mettendola in relazione col contenuto
del testamento stesso.
Tali censure non hanno però alcun fondamento.
Dispone l'art. 775 cod. civ. che il testamento olografo deve essere scritto per intero, datato e sottoscritto di
mano del testatore, e che la data del testamento deve
indicare il giorno, il mese e l'anno. Se queste formalità
non sono osservate, il testamento è nullo (art. 804 cod.
civile). La legge non richiede nella redazione del testamento
unicità di contesto. Ben può il testatore redigerlo ad in
tervalli, a suo piacimento ; ma il testamento sarà perfetto e valido nella sua forma solo al momento che il testatore
l'avrà datato e sottoscritto. E se la legge non prescrive che la data del testamento debba esser quella della sua
redazione, nè prescrive che questa avvenga in un tempo
unico, il testatore ben può apporre la data che crede, an
teriore o posteriore al momento in cui realmente l'olo
grafo è scritto, e quindi la discordanza tra la data appa rente e quella reale non costituisce di per sè una causa di
nullità.
Limite di tale facoltà è che la data non sia impossi
bile, come sarebbe se non corrispondesse ad una data del
calendario gregoriano, e fosse anteriore alla nascita o po steriore alla morte del testatore; l'assoluta impossibilità della data equivale alla inesistenza giuridica di essa.
Altro limite è che la data non sia falsa, cioè apposta maliziosamente dal testatore per occultare la data vera, la quale rivelerebbe, se apposta, l'esistenza in quel tempo di un motivo di nullità del testamento per disposizione di
legge. Però l'impossibilità della data deve essere assoluta, e
non già relativa ai fatti, agli avvenimenti indicati nel te
stamento. In tal caso infatti la data esiste ed è per sè
stessa possibile ; si ha quindi uno dei requisiti essenziali
alla validità dell'atto.
Quanto alla discordanza di essa col contenuto dell'olo
grafo, o si tratta di errore materiale in cui il testatore è
incorso, errore di distrazione, o di computo (ipotesi cui
accenna, pur non soffermandosi, la sentenza denunciata), ed allora la data può, se interessa, essere rettificata, ma
soltanto in base agli stessi elementi di fatto forniti dal
testamento ; o il testatore non ha errato, ed allora la di
scordanza non può produrre la nullità del testamento, eccettuati i casi sopra indicati, sia perchè il testamento
può redigersi in tempi diversi, sia perchè il testatore è
libero di apporre la data che crede.
Nel caso in esame, nessuna fisica impossibilità assoluta
esiste ohe il Bivabella abbia colla sola data 4 marzo 1925
cominciato a scrivere il suo testamento, e ohe poi l'abbia
redatto e sottoscritto nella contingenza dell'imminente
operazione chirurgica da lui subita con esito letale.
La sentenza impugnata si è attenuta a questi principii
ripetutamente insegnati da questo Supremo Collegio ; sic
ché nè difetta di motivazione avendoli esposti in modo
adeguato, nè è incorsa nella violazione di legge di cui si
lamenta il ricorrente.
Per questi motivi, rigetta, eco.
CORTE DI CASSAZIONE DEL REGNO.
Sezione III civile ; udienza 18 giugno 1934 ; Pres. D'A
melio P.P., Est. Sora, P. M. Telesio (conci, conf.); De Traila (Avv. Gknnoso) c. De Trana (Avv. Schia
vone).
(Sent, denunciata : Trib. Potenza 21 giugno 1933)
Pro»» testimoniale — limitazione per valore — De
roga consensuale — Validità (Cod. civ., art. 1341).
Le limitazioni alla prova testimoniale stabilite nell'ar
ticolo 1341 cod. civ. non sono di ordine pubblico, per modo che ben possono derogarvi le parti d'accordo,
sempre che la prova scritta non sia richiesta ad sub
stantiam. (1)
La Corte, eco. (Omissis) — La questione proposta è
se la prova testimoniale possa essere ammessa nei casi
in cui è vietata dall'art. 1341 cod. civ., qualora le parti lo richiedano consensualmente. E' nota la disputa che si
è venuta facendo in proposito, ma da ultimo è prevalsa la
opinione affermativa adottata da qualche anno anche da
questa Suprema Corte costantemente, ed il Collegio ora
giudicante non può che approvarla e seguirla. L'opinione contraria si fonda essenzialmente sulla ragione che la
norma dell'art. 1341 dipenda dal motivo di interesse pub blico della insufficiente garanzia di verità ohe dà la prova
per testi, non tanto per eventuali falsità che non sono
irrimediabili, quanto per la frequente imprecisione e con
fusione delle percezioni e dei ricordi dei testimoni e della
conseguente alterazione, anche involontaria, dei fatti che
riferiscono, specie se attinenti a rapporti giuridici. Ma
se con ciò, deve riconoscersi nella generalità dei oasi un
interesse pubblico a limitare la prova per evitare conse
guenze nocevoli all'amministrazione della giustizia ; deve
tuttavia riconoscersi anche che la ragione del divieto può venir meno quando le parti stesse, di cui nessuno può es
sere in proposito miglior giudice, stimino che nel caso
loro non sussistano ragioni per diffidar dell'attendibilità
dei testimoni, e chiedano consensualmente che vengano sentiti per l'accertamento dei fatti controversi. Questo concetto della derogabilità del divieto trova conforto nella
disposizione dell'art. 44 cod. comm. il quale consente al
giudice di derogare di caso in caso quando lo reputi con
veniente, la quale disposizione è incompatibile col pre
supposto d'un interesse pubblico assoluto alla osservanza
della norma in esame. D'altra parte è pacifioo ohe i con
traenti possono volere e stabilire che debba risultare per iscritto la prova di ciò che convengono e della libera
zione anche se di valore inferiore a lire 2000, contraria
mente al permesso legale di valersi della prova testimo
niale ; la qual cosa dimostra che, come la specialità d'un
caso può consigliare alle parti una prova più rigorosa di
quella che la legge permetterebbe, cosi altro caso può loro
consigliare di ricorrere ad una prova di minor rigore ; senza che ne restino turbate in questa, come nel primo
caso, le ragioni per cui il legislatore ha consentita o vie
tata la prova con testimoni in generale entro certi li
miti.
(.1) Vedi, in senso conforme, Cass. Regno 17 luglio 1931 {Foro it., 1932, I, 372) con nota di richiamo ai numerosi precedenti.
In dottrina, si consulti per l'opinione contraria Lessona, Teoria delle prove, II ed., vol. IV, n. 151 e segg. ei vari autori ivi oitati in nota.
This content downloaded from 195.34.78.148 on Tue, 10 Jun 2014 16:34:02 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions