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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE || Sezione II civile; udienza 15 luglio 1929; Pres....

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Page 1: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE || Sezione II civile; udienza 15 luglio 1929; Pres. Barcellona P., Est. Bonomo, P. M. Dattino (concl. conf.); Pozzi (Avv. Bosco) c.

Sezione II civile; udienza 15 luglio 1929; Pres. Barcellona P., Est. Bonomo, P. M. Dattino (concl.conf.); Pozzi (Avv. Bosco) c. Agosteo (Avv. Corsetti, Mauri, Valdata)Source: Il Foro Italiano, Vol. 55, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1930), pp. 33/34-35/36Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23131005 .

Accessed: 25/06/2014 04:00

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33 GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE 34

La Corte, ecc. (Omissis) — Attesoché la questione

che deve essere risolta da questo Supremo Collegio è

quella dell'ammissibilità o meno dell'appello proposto da

Mario Ascoli e consorti di lite contro la sentenza dell'8

febbraio 1928 del Tribunale di Ancona.

Or non è a dubitare che la sentenza del Tribunale la

quale nega i benefici di legge è inappellabile. Sicché la Corte d'appello difettava di giurisdizione o quanto meno

vi era un motivo di preclusione a pronunciare sul pro

posto gravame. E' a considerare che a termine dell'ar

ticolo 913 cod. comm. sono inappellabili tutte le sen

tenze pronunciate dai tribunali in materia di fallimento,

eccetto quelle tassativamente indicate nel primo capoverso

del medesimo articolo, ossia quelle che riguardano i casi

preveduti dagli art. 693, 706, 816 e 836, ed eccetto

quelle finali in primo grado di giurisdizione sulle contro

versie indicate negli art. 765, 807 e 822.

Non è poi a dubitare che le sentenze, che negano i

benefizi di legge, siano emesse in materia di fallimento,

in quanto non tutti gli effetti delle sentenze che dichia

rano il fallimento vengono meno col passaggio in giudi

cato della sentenza di omologazione del concordato. Se,

a termine del codice di commercio, i benefìzi di legge

non possono essere accordati che dal tribunale in sede di

omologazione, è evidente che trattasi di giurisdizione

esclusiva, devoluta a tale organo in base a criteri di or

dine politico-amministrativo e che la relativa pronuncia

non è soggetta al sindacato del giudice superiore.

Ond'è che, se il tribunale nega i benefizi, sia che

omologhi o non il concordato in Camera di consiglio o in

sede contenziosa, il fallito non può appellare, né in linea

principale né in linea incidentale (proponendo appello prin

cipale i creditori opponenti), né in linea accessoria (pro

ponendo appello essi stessi contro il rifiuto dell'omologa

zione). E' a considerare che in materia di concessione di

benefìzi di legge, nessuno ha veste legittima per opporsi

a tale concessione. La condizione personale del fallito e

delle altre persone coinvolte nel fallimento non consente

il sorgere di diritti da parte di terzi, i quali pertanto non

possono contestare la facoltà discrezionale del giudice,

che si attua mirando specialmente alla tutela della sicu

rezza ed onestà del commercio, sia quando l'omologazione

avviene in Camera di consiglio, sia quando ha luogo in

contraddittorio, per effetto d'opposizione. Se fosse consentito un gravame, il potere discrezio

nale del tribunale fallimentare verrebbe meno e la difesa

dell'interesse pubblico nel fallimento verrebbe attuata da

altri organi, solo perchè essi sono investiti in linea ge

nerale di un potere di sindacato sui pronunciati del primo

giudice di natura del tutto diversi dal provvedimento

emesso nella subbietta materia. La Corte d'appello, de

cidendo nel merito il gravame e ritenendo così appella

bile la sentenza del Tribunale, ha violato la norma con

tenuta nell'art. 913 cod. di commercio.

Devesi pertanto cassare la denunciata sentenza e rin

viare la causa ad altra Corte, perchè faccia retta appli

cazione del summenzionato art. 913 cod. di commercio.

Per questi motivi, cassa, ecc.

dato in avviso opposto con la sua decisione, rimasta inedita, del 16 aprile 1928 (Foro it., 1928, voce Fallimento, n. 629).

Nella dottrina è acutissimo il dissenso. Sono per l'afferma

tiva il Cuzzeki, nel Codice di comm. commentato, V ediz., n. 920; il Vidari, n. 8576 ; il Masi, battimento, II, p. 554 ; il Calamandrei,

n. 727 ; il Kamella, n. 547. Per la negativa il Bonelli, n. 748;

il Rocco, n. 255 bis; il Bolaffio, Foro it,., 1885, I, 372 ; Navar

rini, Tratt., VI, pag. 295.

CORTE DI CASSAZIONE DEL REGNO.

Sezione II civile ; udienza 15 luglio 1929 ; Pres. Bar

cellona P., Est. Bonomo, P. M. Dattino (conci,

conf.); Pozzi (Avv. Bosco) c. Agosteo (Avv. Cor

setti, Mauri, Yaldata).

(Sent, denunciata: App. Milano 20 luglio 1928)

I^allliuento — Concordalo — Nenlenza di omologa

zione — Appello — A.mmi)isibili(à (Cod. comm.,

art. 833, 913). K*'alliiiiento — C^oneortlato — Ncnlrnxa di omologa

zione — Appello — Voiilica al solo curatore -—

Validità — Appello «li creditore non ammesso al

passivo (Cod. comm., art. 833, 836, 840).

È appellabile la sentenza con cui il tribunale omologa

un concordato fallimentare in Camera di consiglio

per mancanza di opposizione. (1)

La notifica al solo curatore e non anche al fallito del

l'atto d'appello da detta sentenza giova ad impedire

la decadenza dal gravame e il giudizio può in se

guito essere integrato con la notifica dell'atto al fal

lito. (2) Avverso la sentenza di omologazione non possono appel

lare che i creditori verificati e ammessi, sia pure in

Imea provvisoria, al passivo, non quindi il creditore

la cui domanda tardiva sia ancora pendente ; nè vale

a rendere ammissibile a posteriori il di lui gravame

la sua ammissione al passivo avvenuta dopo la pub

blicazione della sentenza di appello. (3)

La Corte, ecc. (Omissis) — Per ordine logico, in

primo luogo, va preso in esame il terzo motivo che pre

senta una questione di rito di carattere pregiudiziale e

preminente sulle altre : se, cioè, con la citazione notifi

cata al curatore del fallimento sia stato bene istituito il

giudizio di appello contro la sentenza di omologazione del

concordato, e se tale atto sia idoneo ad impedire la de

cadenza dal gravame, per la omessa citazione del fallito.

La difesa del ricorrente sostiene che il vero ed unico

interessato ad opporsi alla domanda di riforma di detta

sentenza sia il fallito, e che, quindi, la notifica della ci

tazione al solo curatore sia improduttiva di effetti giuri

dici per la proponibilità dell'appello. Codesta tesi, con cui si lamenta, in sostanza, la vio

lazione delle norme sul legittimo contraddittorio nei giu

dizi di opposizione al concordato, fu respinta dalla Corte

di merito ; e la censura, mossa al riguardo, non ha con

sistenza giuridica.

Invero, l'art. 836, secondo capoverso, cod. comm. sta

tuisce che l'opposizione al concordato va proposta con ci

tazione, notificata al curatore ed al fallito, ed è chiaro

che un esplicito testo di legge considera il curatore come

uno dei legittimi contraddittori di tale azione giudiziaria.

Or, se il curatore è indubbiamente uno dei soggetti

passivi dell'azione giudiziaria di opposizione al concordato,

fu ben proposto contro di lui il gravame ; e dalla man

canza della citazione dell'altra parte interessata non può

derivare la decadenza dall'appello, ma trova applicazione

il disposto dell'art. 469, primo e secondo capoverso, del

(1-3) Yedi in questa Raccolta (1929, I, 273) la sentenza della

Corte d'appello di Milano 20 luglio 1928, ora in parte confermata

e in parte cassata dal Supremo Collegio, e la nota per i pre

cedenti di giurisprudenza e dottrina.

Il Foro Italiano — Anno LV — Part» /-3.

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35 PARTE PRIMA 36

codice di rito, circa la integrazione del giudizio, che va

ordinata anche dopo il decorso del termine stabilito, per

proporre il gravame. Epperò, la tesi prospettata dal cu

ratore a ragione venne respinta, e la censura non merita

accoglimento.

Ya poi esaminato il primo motivo di ricorso, che pre

senta la disputa se sia appellabile per sua natura la sen

tenza omologativa del concordato, proferita dal tribunale

in Camera di consiglio a norma dell'art. 836, terzo capo

verso, cod. comm., perchè non vi furono opposizioni da

parte dei creditori. A tale quesito la Corte di merito diede

il suo responso in senso affermativo, ed il pronunciato è

conforme alla lettera ed allo spirito delle disposizioni di

legge, regolatrici dei gravami in materia fallimentare.

Invero, l'art. 913 cod. comm. stabilisce diverse ecce

zioni alla regola che le sentenze emesse nel procedimento

fallimentare non sono soggette ad opposizione ed appello,

e fra i casi eccettuati, riportandosi all'art. 836, comprende

le sentenze di omologazione del concordato, senza distin

guere quelle pronunciate in Camera di consiglio da quelle

che provvedono anche sulle opposizioni al concordato.

L'interprete non può sostituirsi al legislatore, per fare

distinzioni che non vengono espresse dal disposto di legge,

ed è palese che la soluzione data alla controversia è sor

retta dal testo dei citati articoli del codice di commercio.

Come fu già rilevato con un precedente responso del

Supremo Collegio, anche quando non furono proposte

opposizioni al concordato, il tribunale nel provvedere sulla domanda di omologazione esplica una funzione

giurisdizionale, intesa alla tutela degli interessi della col

lettività dei creditori, e la sentenza di accoglimento del

l'istanza apporta modificazioni ai diritti di quegl'interes

sati, che furono dissenzienti, o rimasero estranei al con

cordato.

Essa produce i medesimi effetti di quella che rigetta le opposizioni, e si spiega che il legislatore abbia voluto

parificarle ed assoggettarle agli ordinari rimedi processuali. E palese, quindi, che quel pronunciato, sia per la

forma esteriore, sia per il suo intrinseco contenuto ed i

suoi effetti giuridici rispetto ai creditori concorsuali dis

sidenti, ha il carattere di sentenza vera e propria, ed il

rimedio processuale, che consente, non può essere altro

che l'appello, imperocché nel procedimento per la conclu

sione del concordato non sorge la figura del soggetto con

tumace, al quale compete il gravame dell'opposizione per le norme del diritto processuale comune.

Di conseguenza, anche l'esposto motivo di ricorso non

regge, e va respinto. Il secondo motivo svolge una censura alla denunciata

sentenza, per aver ritenuto che le sorelle Agosteo aves

sero il diritto di proporre appello contro la sentenza omo

logativa del concordato, quantunque non avessero otte

nuto neppure l'ammissione provvisoria al passivo del fal

limento ; e la censura ha fondamento giuridico. La Corte di merito rigettò la suddetta eccezione d'inam

missibilità dell'appello, considerando che anche il credi

tore, il quale ha già proposto, sia pure in linea subordi

nata, l'istanza di ammissione al passivo del fallimento, ha diritto, in pendenza di tale giudizio, a tutelare i suoi

interessi, che possono veuir lesi dalla omologazione del

concordato, e come può proporre l'opposizione, contem

plata dall'art. 836 cod. comm., così ha pure il diritto di

appellare contro la sentenza, che pronunciò l'omologazione. Codesta decisione, che viene poggiata unicamente sul

disposto dell'art. 840 di detto codice, è in aperto con

trasto col principio giuridico, sancito dagli art. 833 e 836

dello stesso codice, che, cioè, il diritto di opposizione al

concordato compete soltanto ai creditori già verificati, od

ammessi almeno in linea provvisoria al passivo del falli

mento, e deve essere esercitato nel termine di otto giorni dalla conclusione del concordato.

La condizione del creditore, già insinuato nella massa

passiva fallimentare, che gli dà il diritto di accettare la

proposta di concordato o dissentire dalla medesima, a

norma degli art. 833 e 834 cod. comm. non può essere

equiparata a quella di un creditore comparso tardivamente, la cui istanza di ammissione sia ancora sub indice, come

ritenne la Corte di merito; ed a sorreggere tale opinione non giova invocare la norma dettata dall'art. 840 negli effetti del concordato, che vincola tutti i creditori, com

presi quelli che non concorsero per conseguire l'ammis

sione al passivo. Nel caso concreto, come fu rilevato in fatto dalla Corte

di Milano, l'appello contro la sentenza del tribunale era

diretto a ontestare la convenienza del concordato per la

massa dei creditori, e quindi aveva per obbietto una op

posizione vera e propria alla omologazione e non già una

azione di nullità del concordato, che può essere proposto anche dopo la scadenza del termine stabilito dall'art. 836, e da creditori diversi da quelli chiamati a formare la dop

pia maggioranza, richiesta dalla legge per la conclusione

del concordato.

Le resistenti Agosteo vorrebbero giovarsi dell'ammis

sione al passivo ottenuta dopo la sentenza di cui era ap

pello, e la loro difesa invoca la teorica dell'ms superve

niens, per sostenere l'ammissibilità dell'appello, ma tale

teorica non può trovare applicazione nella specie in esame.

Per fermo, il diritto sostanziale in genere, ed anche

quello che vien dichiarato dal giudice, non ha efficacia

retroattiva, se non nei casi espressamente contemplati dalla legge ; e nella materia di cui trattasi il legislatore ha dimostrato di non volere tener conto delle ulteriori

vicende della verifica dei crediti con l'art. 833, capo

verso, del codice di commercio, secondo il quale le va

riazioni nel numero dei creditori e nella misura dei cre

diti, derivate dalla sentenza, che provvide sulle conte

stazioni sorte al riguardo, e quindi anche le ammissioni

tardive, non hanno influenza sulla validità del concordato

già concluso. (Omissis) Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DEL REGNO.

Sezione III civile ; udienza 10 luglio 1929/ Pres. Bisca -

ro P., Est. Parrella, P. M. Gaetano (conci, conf.) ;

Ricci (Avv. Bassano, Spatocco) c. Iannetti (Avv.

Zapponi).

[Sent, denunciata : App. Aquila .9 agosto 1927)

Usciere — Messo <li eoneiliazi»ne —- Sede dislaccala

di pretura — l»oieri (R. D. 28 dicembre 1924 n. 271

t. u. ordinam. uff. giudiziari, art. 94 ; L. 6 dicembre

1865, sull'ordinam. giudiziario, art. 175).

Il messo di conciliazione nell'ambito della sede distaccata

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