Sezione III civile; udienza 6 maggio 1931; Pres. ed est. Piola-Caselli P., P. M. Pittalis (concl.conf.); Ditta Rocchi e Linetti (Avv. Bises, Foà) c. Franzini (Avv. Paserio, Albasini-Scrosati,Zanussi)Source: Il Foro Italiano, Vol. 56, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1931), pp. 857/858-859/860Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23133706 .
Accessed: 24/06/2014 22:27
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 185.44.78.105 on Tue, 24 Jun 2014 22:27:49 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
857 GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE 858
tratti collettivi di lavoro e delle norme assimilate, con le
quali sia stabilito che le controversie individuali derivanti
dal contratto collettivo, vengano risolute da arbitri o da
collegi nominati dalle Associazioni contraenti o comunque siano sottratte alla competenza dell'autorità giudiziaria secondo le norme del presente decreto. Dal che deriva, che se solo cotesto clausole sono dichiarate nulle, non
cosi è, invece, delle clausole compromissorie che sono in
serite in contratti individuali di lavoro, le quali sono, in
siffatta guisa, inclusio unius esclusìo alterius, esplicita mente escluse dalle nullità, e quindi riconosciute valide
ed efficaci. E la ragione del trattamento 'diverso è evidente per
la vasta sfera di azione e di applicazione che una clau
sola compromissoria dei contratti collettivi avrebbe, sì da
potere quasi sostituire la funzione e competenza degli or
gani normali giurisdizionali ; ed il legislatore ha ciò vo
luto impedire per la ragione etessa per cui questi organi sono creati e perchè le controversie relative, che le clau
sole compromissorie di contratti collettivi avrebbero potuto affidare al giudizio di arbitri, non potevano per la com
plessità del numero e più per le interferenze, e le più vaste ripercussioni che possono avere, non preoccupare,
specialmente il legislatore, che perciò non le ha volute
sottrarre, col consentire le clausole compromissorie, alla
cognizione dell'autorità giudiziaria ordinaria, essendo di
superiore interesse che giudizi siffatti, che per i vari ri
flessi toccano l'economia nazionale e talora anche impor tanti e delicati rapporti sociali, siano decisi dagli organi
giurisdizionali statali specializzati, e non da arbitri privati e collegi arbitrali. Mentre le clausole compromissorie di
contratti individuali di lavoro hanno una portata circo
scritta ed isolata, e le decisioni delle controversie rela
tive investono esclusivamente il contratto singolo, e in
teressano e riflettono i soli rapporti delle parti, senza
possibilità di ulteriori, diverse e più late ripercussioni. Dalle norme vigenti, pertanto, è permesso che queste ul
time controversie siano anche con clausole compromisso
rie, compromesse in arbitri; ed evidentemente, poiché la
legge non sancisce restrizioni, e tra le facoltà, consentite
alle parti, è anche quella di potere autorizzare gli arbitri
a decidere come amichevoli compositori, anche questa fa
coltà è consentita dal regio decreto 26 febbraio 1928 nu
mero 471. La clausola compromissoria, inoltre, non era,
per tali contratti, neppure prima vietata dalla legge, e
perciò col riconoscere l'efficacia e l'applicabilità della
clausola inserita nel contratto del 22 marzo 1924 non si è data alcuna retroattività alle disposizioni permissive odierne e correttamente, quindi, la sentenza, senza di
scendere all'esame, che non era necessario, sul valore in
ogni caso di quella clausola compromissoria, se allora vie
tata, sotto il regime delle presenti disposizioni, ha rite nuto la piena efficacia della clausola inserita nel contratto
sopra ricordato, ed ha deciso di conseguenza. Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DEL REGNO.
Sezione III civile ; udienza 6 maggio 1931 ; Pres. ed est. Piola-Caselli P., P. M. Pittalis (conci, conf.) ; Ditta Rocchi e Linetti (Avv. Bises, Foà) c. Fran zini (Avv. Paskrio, Albasini-Scrosati, Zanussi).
[Sent, denunciata : A pp. Milano 22 luglio 1930)
Marchi di fabbrica — Diritto esclusivo al marchio
— Requisiti necessari — Marcili espressivi o si
gnificativi — Tutelabilltà — Estremi — Riferi
mento alla composizione del prodotto — Falsità
— Effetti (L. 30 agosto 1868, sui marchi di fabbrica,
art. 1).
Il marchio deve, per essere protetto, contenere i requi
siti della sua validità indipendentemente dal com
portamento del preteso violatore. (1)
Sono tutelabili anche i marchi denominativi che si rife
riscano alla composizione del prodotto (marchi espres
sivi o significativi) purché questo riferimento non escluda la loro efficienza di individuare il prodotto di una determinata ditta : e quando, quindi, non
siano costituiti dalle mere parole corrispondenti alla
composizione del prodotto. (2) Il marchio « Cedruva » riferibile ad uno sciroppo com
posto di cedro e di uva, non risponde, perciò, a tali
requisiti anche se appaia nuovo in relazione alla no
vità del prodotto e possegga una « fonetica partico lare » ; nè, data la funzione pubblicistica del mar
chio, detta denominazione può essere considerata co
me denominatone di fantasia sotto l'aspetto che real
mente lo sciroppo non è composto nè di cedro, nè di
uva, tanto più se risulti che la falsità della deno
minazione può ingannare il pubblico sulla natura
del prodotto. (3)
La Corte, ecc. — Osserva che l'oggetto della conte
stazione fra le parti consista nell'accertare se il marchio
denominativo « cedrava », adottato e regolarmente deposi tato dalla Ditta Franzini per designare una bibita da essa
messa in commercio, abbia i requisiti necessari per es
sere protetto con l'azione di contraffazione contro la de
nominazione « cedraluva » adottata dalla Ditta Rocchi e
Linetti (benché non depositata come marchio) per distin
guere un prodotto similare. Nella citazione introduttiva
la Franzini aveva proposta cumulativamente, per chie
dere la interdizione dell'uso della denominazione cedra
luva, anche l'azione di concorrenza sleale, ma nel pro
seguo del giudizio ha trascurato di coltivare questa se
conda azione con le occorrenti prove e conclusioni.
La Rocchi e Linetti si è difesa eccependo la non va
lidità del marchio cedruva perchè sfornito di originalità
ed indicante soltanto la natura e composizione del pro dotto. Al che la sentenza impugnata ha risposto consi
derando che codesta denominazione fosse nuova, dotata di
una fonetica particolare e non rispondente al prodotto, ri
sultando che questo sciroppo altro non è che vino bianco
dolcificato con zucchero aromatizzato con essenza di
cedro.
Si basò anche sul comportamento della ditta conve
nuta nello scegliere per denominazione del suo analogo
(X) Si consulti, in questo senso, Cass. Regno 15 giugno 1929, (Foro it., 1929 I, 1119) con nota di richiami; e da ultimo, Cass. Regno 13 gennaio 1930, n. 20 e 17 febbraio 1930, n. 556
(Massimario Foro it., 1930, 5 e 116).
(2-3) Per la tutelabilità dei marchi denominativi, ancorché non di pura fantasia e sugli estremi all'uopo richiesti, vedi, Cass. Regno 17 giugno 1929 e App. Torino 29 ottobre 1928, (Foro it., Rep. 1929, voce Marchi di fabbrica, n. 9 e 13), Cass.
Regno 13 luglio 1926 (id., Rep. 1926, voce cit., n. 3); e App. Milano, 29 maggio 1918 (id., Rep. 1918, voce cit., n. 3).
Sulla irrilevanza per la efficienza del marchio di una par ticolare fonetica del medesimo, vedasi Cass. Regno 23 aprile 1930 n. 1301 (Massimario Foro it., 1930, n, 262),
This content downloaded from 185.44.78.105 on Tue, 24 Jun 2014 22:27:49 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
859 PARTE PRIMA 860
prodotto, precisamente, la somigliante parola cedraluva il
che non poteva spiegarsi se non con la brama di intro
durre sotto buoni auspici e accreditare il prodotto stesso
di cui non aveva voluto indicare la composizione, essendo,
poi, uguale il colore, dei due sciroppi e la forma delle
bottiglie. La Rocchi e Linetti è stata, quindi, condannata.
Alle critiche che essa presenta col suo ricorso la di
fesa della Franzini eccepisce che si investono apprezza menti di fatto non impugnabili in Cassazione. Ma la ec
cezione non regge perchè se spetta esclusivamente al giu dice del merito di apprezzare se un marchio denomina
tivo abbia la necessaria efficenza per individuare un pro
dotto, spetta al giudice del diritto di controllare se la
motivazione di tale apprezzamento sia congrua e suffi
ciente e se risponda ai principi e regole che disciplinano il diritto esclusivo di marchio.
E sotto questo riguardo la Corte deve subito rilevare
che i motivi, che per decidere sulla validità del marchio
in ques ione la sentenza ha dedotti dal comportamento
del violatore, non sono pertinenti.
Come più volte questa Corte ha avuto occasione di
osservare, il diritto di marchio, come diritto assoluto, di
carattere reale, deve presentare di per sè i requisiti della
sua validità, indipendentemente dal comportamento del
preteso violatore, se, cioè, costui sia in buona o in mala
fede, bramoso o no di sfruttare il credito acquistato dalla
merce coperta dal marchio medesimo : elementi questi
che sono, invece, di primaria rilevanza nel tema diverso
della concorrenza sleale, o, quando, si tratta di accor
dare al titolare del diritto di marchio oltre alle misure
tendenti a reprimere od impedire la riproduzione od imi
tazione del marchio, anche la condanna ai danni a carico
del violatore.
Riguardo, invece, al primo ordine di motivi riflettenti
la validità del marchio, dal punto di vista dei requisiti intrinseci del marchio stesso, la Corte non esita a rico
noscere che la sentenza fu mossa da principi esatti. Esat
tamente, infatti, essa dichiarò non occorrere per la va
lidità di un marchio denominativo ch'esso risulti da pa role di pura fantasia ; nè che il significato della deno
minazione adottata sia estraneo alla natura e composi zione del prodotto. Vi è oggi una giustificata tendenza
ad adottare marchi che, oltre a distinguere con la loro
originalità individuale il prodotto di un dato tabbricante,
compiano la funzione accessoria di fare conoscere al pub blico di che prodotto si tratti. Anche di questi speciali
marchi, che si potrebbero chiamare significativi od espres
sivi, questa Corte ha riconosciuto la tutelabilità a condi
zione, sempre, che posseggano una efficienza di indivi
duazione originale e non siano, invece, costituiti dalle
mere parole corrispondenti alla composizione del prodotto. Ma la Corte è dolente di non potere approvare i mo
tivi adottati per applicare i principi di cui sopra alla spe cie di cui si tra'ta.
La sentenza impugnata si è basata anzitutto sulla
c novità » e sulla « fonetica particolare » che ha creduto
di riscontrare nella denominazione cedruva. Ma la no
vità è un requisito ulteriore del marchio oltre quello della sua specificità individualizzante ; non coincide per ciò con esso se non parzialmente e provvisoriamente co
me un riflesso della novità del prodotto, allorché appa rendo al pubblico per la prima volta quel dato prodotto
portante quel dato nome, avviene che il pubblico identi
fichi nome e prodotto. Ma se il prodotto, per non essere
coperto di privativa, viene da altri legittimamente smer
ciato, la denominazione già nuova, diventa comune ove
non possegga carattere specifico suo proprio.
Quanto alla « fonetica particolare » poco si comprende come abbia importanza per individuare il marchio il quale viene diffuso usualmente non verbalmente ma grafica
mente, con la sua inserzione nelle etichette, involucri
ed annunzi reclamistici che accompagnano lo smercio del
prodotto. Più grave ancora appare l'errore della sentenza nello
accogliere il terzo motivo, che la difesa della Franzini, sentendo la debolezza dei primi due, ha creduto di do
vere aggiungere per accertare l'indole specifica del mar
chio. Il cedruva non sarebbe composto di polpa o succo
di cedro nè di uva, ma sarebbe vino bianco dolcificato, come già si è detto, median'e zucchero aromatizzato con
essenza di cedro. Per l'appunto, non essendo la denomi
nazione corrispondente al prodotto, sarebbe denomina
zione di fantasia, secondo l'avviso della sentenza.
Ma data la funzione pubblicistica del marchio non
può essere denominazione di fantasia a cagione della sua
non corrispon lenza col prodotto che quella sola che pub
blicamente, palesemente contrasti col prodotto, come per es. quando si adotti la denominazione aeroplano per una
lama di rasoio o per un dato tessuto. Ma quando la de
nominazione corrisponde alla categoria o specie del pro
dotto, dimodoché apparentemen'e si riferisce alla sua na
tura o composizione, la denominazione discordante non è
più fantastica, ma falsa o simulata. Di questa nascosta
difformità non si può allora tenere alcun conto agli ef
fetti di escludere l'applicazione della regola che vieta di
riconoscere la validità del marchio denominativo in mar
chi composti di parole propriamente o comunemente usate
per designare il prodotto. Di vero si è al significato genuino e non a quello falso
delle parole usate che la ragione di codesta regola si rife
risce in quanto da tale significato deriva che tali parole non siano atte a far si che il pubblico distingua fra i me
desimi prodotti fabbricati da diversi industriali. Come può, mai, richiedersi che il pubblico, accerti la falsità del mar chio per individuare il prodotto ? Ed è pure il significato genuino che giustifica il libero uso di queste parole co
muni da parte di ogni fabbricante il quale, indipenden temente dallo scopo di farne un marchio voglia semplice
mente fare conoscere al pubblico, mediante l'uso delle pa
role stesse, quale sia la natura e composizione del suo
prodotto. Sotto questo secondo riguardo la sentenza non
si è accorta dell'assurdo giuridico di attribuire l'uso
esclusivo del marchio cedruva a chi smerciava uno sci
roppo non composto nè di cedro nè di uva, a pregiudi zio di qualsiasi altro fabbricante che in ipotesi potesse
mettere in commercio un genuino sciroppo risultante da
tale composizione. Nè può la Corte omettere, infine, di osservare che la
difesa della Rocchi e Linetti aveva fatto presente nelle
sue difese come la Franzini avesse insistito per affer
mare la genuinità del suo prodotto, vuoi con l'aggiun
gere nelle etichette la figura del cedro e dell'uva ac
canto alla dicitura del marchio, vuoi nelle affermazioni re
clamistiche vantanti gli effetti salutari del prodotto stesso.
La sentenza, come giustamente ha osservato il P. M.,
non si è data alcun carico di questa difesa e non ha,
quindi, indagato se l'uso di un marchio che poteva in
gannare il pubblico sulla natura del prodotto meritasse
la tutela della legge.
Per questi motivi, cassa, ecc.
This content downloaded from 185.44.78.105 on Tue, 24 Jun 2014 22:27:49 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions