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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE || Sezione III civile; udienza 21 luglio 1931;...

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Sezione III civile; udienza 21 luglio 1931; Pres. Piola Caselli P., Est. Parrella, P. M. Ratti (concl. conf.); Bartolini (Avv. Santangeli, Martinengo) c. Oppenheimer Casing C.M.B.H (Avv. Valeri, Neill, Princivalle) Source: Il Foro Italiano, Vol. 56, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE (1931), pp. 897/898-899/900 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23133721 . Accessed: 28/06/2014 13:20 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.31.195.178 on Sat, 28 Jun 2014 13:20:39 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE || Sezione III civile; udienza 21 luglio 1931; Pres. Piola Caselli P., Est. Parrella, P. M. Ratti (concl. conf.); Bartolini (Avv. Santangeli,

Sezione III civile; udienza 21 luglio 1931; Pres. Piola Caselli P., Est. Parrella, P. M. Ratti (concl.conf.); Bartolini (Avv. Santangeli, Martinengo) c. Oppenheimer Casing C.M.B.H (Avv. Valeri,Neill, Princivalle)Source: Il Foro Italiano, Vol. 56, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1931), pp. 897/898-899/900Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23133721 .

Accessed: 28/06/2014 13:20

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

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897 GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE 898

CORTE DI CASSAZIONE DEL REGNO.

Sezione III civile; udienza 21 luglio 1931; Pres. Piola Ca

selli P., Est. Parrella, P. M. Ratti (conci, conf.); Bartolini (Avv. Santangeli, Martinengo) c. Oppen

heimer Casing C.M.B.H (Avv. Valeri, Neill, Prin

civalle).

(8ent. denunciata : App. Genova 22 luglio 1930)

Vendita — Prezzo dilazionato ;— Insolvenza del com

pratore — Decadenza « ipso iure > dalla dilazione

(Cod. civ., art. 1469).

Nelle vendite a prezzo dilazionato la sopravvenuta in

solvenza del compratore opera ipso iure come causa

di decadenza dal beneficio della concessa dilazione,

salvo che quegli offra spontaneamente idonee garan zie. (1)

La Corte, ecc. — Sostiene il ricorrente che la Corte

di merito aveva errato nel trarre motivo dalla esclusione

dell'attributo della essenzialità nel termine fissato per le

consegne ripartite della merce nel contratto in disputa

per non dare a questo termine alcun valore giuridico e

per non trarre alcuna conseguenza giuridica dalla inos

servanza di esso. Che la Corte ancora aveva errato nel

retrodatare a fine luglio, scadenza del primo termine di

consegna, l'applicazione che il venditore aveva fatto nel

22 agosto della facoltà concessagli nell'art. 1469 cod. civ., facoltà che non poteva coprire e sanare la inadempienza

già verificatasi alla scadenza del termine suddetto. Che

la Corte stessa infine a giustificazione della connata ina

dempienza era illegittimamente ricorsa a circostanze non

influenti o quanto meno estranee al rapporto nel quale tale inadempienza si era verificata.

Il ricorso è palesemente infondato.

Anzitutto la Corte di merito con insindacabile apprezza mento di fatto attribuì al termine delle consegne un ca

rattere soltanto indicativo ed approssimativo : donde de

dusse che il non averlo puntualmente osservato non po teva costituire un fatto di inadempienza in mancanza di

un atto di costituzione in mora da parte di esso com

pratore. Ma la Corte a rincalzo di questo argomento ne ad

dusse un secondo e cioè quello relativo all'applicazione al caso specifico della norma dell'art. 1469 cod. civ. che

appare il più radicale e decisivo, se anche non risulti che

sia stata data a questa norma la più chiara interpetra

zione, il che ha potuto permettere al ricorrente di far

credere che tale norma fosse entrata in funzione col 22

agosto quando già si sarebbe verificata, a suo dire, con

la fine luglio la inadempienza del venditore alla prima

consegna.

Seguendo il tenore letterale e lo spirito del citato ar

ticolo che trova riscontro in un ordine sistematico di norme

le quali prevedono gli effetti della non solvenza del de

bitore in genere e del compratore in ispecie (art. 1176,

1272, 1513 cod. civ.) è facile riflettere : a) che, rappre sentando la dilazione una concessione che fa il creditore

al debitore sulla fiducia nella di lui capacità di pagamento, tale concessione viene a mancare del suo necessario pre

supposto tosto 'che venga meno per indizi concludenti

quella fiducia ; 6) e che, essendo la vendita delle cose

(1) Vedasi, nello stesso senso App. Bologna 27 giugno 1927

(Foro it., 1928, I, 53) con nota di richiami ai precedenti.

mobili organizzata in guisa che la tradizione debba avve

nire di regola simultaneamente al pagamento del prezzo,

il venditore ha diritto di ritenere normalmente la cosa

venduta sino a che questo pagamento non avvenga; e

nella vendita a dilazione, nella quale sia sopraggiunta l'in

solvenza del compratore, il venditore acquista questo di

ritto dal momento in cui siasi verificata tale insolvenza

e lo conserva sino a che quegli non abbia offerto idonea

garanzia.

Questi concetti si desumono perspicuamente anzitutto

dal disposto dell'art. 1176 cod. civ. che può dirsi il pre cetto basilare in materia e dal quale si apprende come

il debitore non possa più reclamare il benefizio del ter

mine tosto che sia divenuto non solvente. Ma di essi è

altresì palese traccia anche nello stesso art. 1469 in cui

è detto sub verbo signanter che il venditore non è tenuto

alla consegna delle cose ancorché avesse accordato una

dilazione al pagamento se dopo la vendita il compratore cade in istato di fallimento o di non solvenza in guisa che

esso venditore si trovi in pericolo imminente di perdere il prezzo. Il che vuol dire che basta la sussistenza di tale

stato al momento in cui la consegna avrebbe dovuto ese

guirsi per rendere legittima la resistenza passiva del ven

ditore a darvi corso, nel che sostanzialmente si traduce

l'esercizio del diritto di ritenzione, non occorrendo ai fini

di tale legittimazione una manifestazione positiva di vo

lontà nel senso di una revoca dellp concessa dilazione.

La sopravvenuta insolvenza, come appare manifesto

dalla dizione dei due articoli, opera ipso iure come causa

di decadenza dal benefizio di quella dilazione.

Ed è anche ragionevole che cosi sia in vista di quella condizione sottintesa di buona fede che regge la conces

sione di tale benefizio che svuota del suo contenuto ob

bligatorio la concessione stessa col sopraggiungere di una

situazione ad essa contraria.

Tanto impongono le norme di interpetrazione dei con

tratti e lo stesso sentimento di equità che reagisce al pen -

siero che un attaccamento formale del venditore all'impe

gno contrattuale possa risolversi in un castigo alla sua lealtà

ed in un premio alla insincerità e mala fede del com

pratore. Il diritto positivo è cosi severo custode di questo sen

timento in materia che senza neppure voler far ricorso

all'istituto della rivendicazione fallimentare, concede al

venditore all'art. 1513, sia pure con alcune cautele, un

eguale diritto in regime ordinario contro il compratore che non abbia pagato il prezzo alla consegna della merce.

Una riprova convincente di qaesto automatismo è data

dalla norma in tema di delegazione di pagamento dell'ar

ticolo 1272 per il quale viene meno nell'accettazione di

un debitore delegato quel carattere di novazione deri

vante dalla espressa dichiarazione del creditore di libe

rare dalla obbligazione il debitore delegante nel caso la

non solvenza del delegato rimonti al momento di tale de

legazione. A tenore infatti di quell'articolo basta que sta constatazione per far cadere il presupposto di buona

fede in cui veniva emessa la cennata dichiarazione ; se

anche questa, stante i suoi effetti liberatori, possa rappre sentare per il dichiarante un ostacolo ad avvalersi, ai fini

della revoca di tali effetti, di una insolvenza sopravvenuta in vista del rischio assuntosi nell'emetterla.

Si è discusso nella scuola italiana ed anche francese se

il testo dell'art. 1469 possa comprendere una situazione

alquanto diversa, se anche analoga, in cui lo stato di in

solvenza faccia capo ad un tempo anteriore alla vendita,

Il Fobo Italiano — Anno LVI — Parta 1-61.

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899 Ì?ARTE PRIMA 9Ó0

ma la unanime dottrina traendo anche ispirazione dal pre

detto art. 1272, riconosce che il criterio informatore della

norma regge anche questa ipotesi sempre che il vendi

tore ignori all'atto della vendita la decozione del compra

tore, ignoranza da doversi induttivamente ritenere come

normale salvo prove contrarie, in omaggio al concetto

del nemo res suas donare vel iactare praesumitur. È pur vero che sia l'art. 1176 che l'art. 1469 salvano

il debitore ed il compratore dalla cennata decadenza quan

do questi abbia concesso al creditore e venditore oppor tune garanzie ma è anche vero che la struttura delle pre

dette norme è tale da far apparire che queste garanzie

debbano essere offerte spontaneamente dal decotto e non

occorra che il creditore debba chiederle per potersi giovare

degli effetti legali della di lui decozione quanto alla de

cadenza della concessa dilazione.

Tutto quello che si può pretendere dal venditore nelle

compravendite commerciali in ossequio al disposto del

l'art. 67 cod. comm. è che questi faccia offerta della pro

pria prestazione al compratore ossia che offra a costui la

consegna della merce nei modi usati in commercio per

provocare così dal compratore l'adempimento della pro

pria contro prestazione e cioè l'offerta del pagamento im

mediato del prezzo. Ma questa norma può essere invo

cata quando sia lo stesso venditore ad affacciare una do

manda di risoluzione di diritto della compravendita ai

danni del compratore e non quando sia questi a chiederne

la risoluzione in giudizio ai danni del venditore. D'altra

parte quella offerta a qualsiasi fine può anche consistere

in una semplice manifestazione di volontà del venditore

accompagnata dal fatto di mettere la merce a disposizione del compratore nel luogo dove debba verificarsi quel

pagamento. Premessi questi concetti giuridici è facile farne appli

cazione alla specie in esame.

La Corte quanto allo stato oggettivo della insolvenza

nel compratore rilevò come dagli atti era emerso che pre cisamente nel luglio questi aveva rassegnato la sua posi zione proponendo un concordato ai propri creditori : al che

era seguita a distanza di qualche mese la di lui dichiara

zione di fallimento.

E rilevò ancora che non solo la sentenza dichiarativa

aveva retrodatato la cessazione dei pagamenti al 2 ago

sto, ma il curatore nella sua relazione l'aveva fatta risa

lire ad epoca ancor più lontana.

Basterebbero questi accertamenti di fatto per persuadere della esatta applicazione dell'art. 1469 anzidetto, anche

se la situazione di dissesto possa essersi chiarita ex post attraverso la docnmentazione acquisita alla causa.

Ma, pur non essendovene bisogno, la Corte stessa os

servò che di questa situazione aveva già potuto avere la

società venditrice una soggettiva sensazione quando ave

va invano reclamato dal compratore, già suo rappresen

tante, la restituzione di una partita di merce in deposito ed era stata perciò costretta a revocargli il mandato.

Nè a svalutare tale osservazione può addursi che que sta inadempienza riflettesse un rapporto contrattuale di

verso e non potesse costituire una giusta causa della suc

cessiva inadempienza della mandante in veste di vendi

trice nel rapporto di compravendita distinto ed indipen dente dal rapporto precedente. Giacché la mancata resti

tuzione del deposito fu addotto dalla Corte soltanto come

un fatto generatore nella venditrice della convinzione che

il compratore versasse in quello stato di disorganizzazione economica che contrassegna la imminenza della crisi e

come una prova della ragionevolezza di tale convinzione.

Posto ciò, a nulla vale insistere su altri minori argo

menti, nè trarre partito dalla circostanza non influente

che la venditrice solo il 22 agosto invitava il compratore a prestarsi, in vista di quello stato, al pagamento imme

diato della merce. L'esame del valore di quella manife

stazione attiva di volontà avrebbe potuto essere neces

sario solo ai fini di una domanda di risoluzione de iure

del contratto proposto dalla venditrice per la mancata

controprestazione da parte del compratore e non per una

domanda in senso opposto. Del resto, anche quando voglia ravvisarsi una qualche

rilevanza nella cennata manifestazione, dato che essa si

presenta ineccepibile nella sua forma e si dubita soltanto

della sua tempestività, al postutto tale manchevolezza

avrebbe potuto far luogo ad una semplice azione di danno

per il ritardo e non mai ad una azione risolutiva del rap

porto di compravendita, non potendo disconoscersi nel

contenuto di essa una operatività riferibile al tempo in cui

era venuta a determinarsi la situazione che alla stessa

aveva dato causa.

Per questi motivi, rigetta, ecc.

SORTE DI CASSAZIONE DEL REGNO.

Sezione I civile in Camera di consiglio; 14 luglio 1931; Pres. D'Amelio P. P., Eat. Samperi, P. M. Pit

talis (conci, coni.); Testa (Avv. Cogliolo) c. Rosasco.

(Sent, denunciata: App. Genova, Gam. di Cons. 13

febbraio 1930)

Matrimonio — NnlHIA canonica — Matrimonio precon

cordatario — Effetti civili — TrascrlvibilitA —

Procedura (Concordato tra la S. Sede e l'Italia, L.

27 maggio 1929 n. 847, art. 17, 22).

L'accertamento da parte della Corte d'appello che la

nullità del matrimonio preconcordatario fu pronun ciata dal giudice ecclesiastico per una causa ammessa

anche dal codice civile deve essere eseguito con le

forme ordinarie del giudizio e non in sede di volon

taria giurisdizione. (1)

(1) La procedura per la trascrlvibilità della nullità canonica nei matrimoni preconcordatari.

Già in altra occasione il Foro Italiano si è occupato (1930, I, 1009) di queata vertenza matrimoniale per aver essa formato

oggetto di un'altra sentenza del Supremo Collegio del 22 luglio 1930. Sarà utile'richiamarne i precedenti, che questa volta hanno una maggiore influenza che non nella precedente sentenza.

Il matrimonio in questione fu da principio denunciato per la condizione apposta e non verificata di cui al can. 1092 cod.

dir. can. innanzi al Tribunale Arcivescovile di Genova, il quale ne dichiarò la nullità. Interposto l'appello necessario dal di

fensore del vincolo presso il Tribunale della S. R. Rota, questa il

10 dicembre 1927 confermava la nullità senza nuovo appello re

stando così tale nullità operativa per la doppia decisione con

forme, a norma del can. 1287 cod. dir. can. Poiché ancora non era intervenuto il Concordato latera

nense, allo scopo di avere la dichiarazione di nullità di tale

matrimonio non solo agli effetti religiosi ma aDche a quelli ci

vili, veniva, dopo che fu pronunciata la sentenza del Tribunale Arcivescovile di Genova, promosso il giudizio di nullità innanzi a quel Tribunale civile, il quale con sentenza 8 luglio 1927 re

spingeva la domanda. La Corte d'appello di Genova confer mava tale sentenza.

Contro il giudicato di questa nel 1928 veniva -proposto ri

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