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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE || Sezione III civile; udienza 13 gennaio 1930;...

Date post: 29-Jan-2017
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Sezione III civile; udienza 13 gennaio 1930; Pres. Piola Caselli P., Est. Parrella, P. M. Levi (conf.); Masciarelli (Avv. Mapei) c. Selecchi Source: Il Foro Italiano, Vol. 55, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE (1930), pp. 141/142-143/144 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23131038 . Accessed: 24/06/2014 22:53 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.36 on Tue, 24 Jun 2014 22:53:22 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione III civile; udienza 13 gennaio 1930; Pres. Piola Caselli P., Est. Parrella, P. M. Levi (conf.);Masciarelli (Avv. Mapei) c. SelecchiSource: Il Foro Italiano, Vol. 55, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1930), pp. 141/142-143/144Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23131038 .

Accessed: 24/06/2014 22:53

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141 GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE Ì42

solo quello ohe nel suo fondo esiste, e non già quello su

cui non può stendere la propria mano e la propria atti

vità e che non può apprendere e ritenere come cosa pro

pria secondo il disposto degli art. 436 e 440 del cod.

civile. La Corte osserva che le norme, dettate da codesti ar

ticoli, avrebbero carattere decisivo per la soluzione del

quesito nel senso propugnato dal controricorso, se non esi

stesse un altro testo di legge. Quello dell'art. 578 che

venne invocato dalla società attrice, come titolo ad colo

randam possessionem. Per concorde insegnamento di dot

trina e giurisprudenza nell'esame delle questioni posses sorie è lecito un giudizio di delibazione dei titoli invocati

al detto scopo e quindi anche sul contenuto di un testo

di legge, quando il titolo ivi si trova. Orbene, per il

principio sancito dall'art. 436, il diritto del proprietario di godere e servirsi della cosa nella maniera più assoluta

può incontrare delle limitazioni nei diritti stabiliti dalla

legge in favore dei proprietari vicini nell'interesse della

convivenza sociale, o per favorire l'agricoltura e l'in

dustria.

Una di codeste limitazioni è apportata precisamente dall'art. 578 che consente al proprietario di un fondo di

aprirvi sorgenti e stabilirvi capi o aste di fonte sempre

quando siano osservate quelle distanze ed eseguite quelle

opere necessarie ad evitare un nocumento agli altrui fondi

od alle altrui sorgenti od ai capi ed aste di fonti, canali

od acquedotti preesistenti e destinati alla irrigazione dei

beni od al giro di edifici. La locuzione della legge è ampia e generica in mate

ria di acque e comprende cosi le fonti naturali come

quelle artificiali ed il percorso delle vene idriche da cui

sono alimentate. Essa impone il rispetto di uno stato di

fatto, creato precedentemente da un altro soggetto sulla

sua proprietà sulle vene idriche dell'altrui sottosuolo già

utilizzate per un miglioramento agricolo od a scopo indu

striale. Per la interpretazione di detto articolo di legge la difesa del controricorrente invano ricorre ai precetti di diritto romano, che, informandosi ad una vasta con

cezione giuridica del diritto di proprietà non proibivano di recidere nel proprio sottosuolo le vene idriche che af

fluivano all'esterno del fondo altrui, tranne quando fosse

stata già costituita al riguardo una servitù prediale, e

non si faceva luogo per operato ad interdetto possessorio, come risulta da questo frammento : Si in meo aqua, erum

pat, quae ex tuo fundo venas habeat : si eas venas in

cidevi s et oh id desierit ad me aquam pervenire, tu non

videris vi facisse, si nulla servitus mihi eo nomine de

bita fuerit ; nec interdicto quod vi aut clam teneris

(L. 21 Dig. XXXIX, 3). Era proibita la detta recisione di vene idriche quando veniva fatta per il solo fine di recare

un danno, e non già per migliorare il proprio campo (L. 1 § 12 ibid.).

Codesti precetti furono accolti e seguiti dal Codice

Napoleone ; ma si dipartì da essi il Codice Albertino con

l'art. 602, al quale si uniformò il Codice italiano con la

suddetta disposizione di legge che sancisce un principio

opposto. Essa, invero, come fu esposto dalla Commissione

del Senato nella sua relazione sul progetto, ebbe la fina

lità di incoraggiare l'incremento dell'agricoltura e del

l'industria col rimuovere il pericolo che capitali, più o

meno rilevanti e talvolta ingenti, impiegati per la ricerca

e la utilizzazione delle acque, vadano perduti per effetto

di scavi o di altre opere eseguite da un altro proprieta

rio in un suo fondo vicino.

Può mettersi in dubbio, in ispecie dal punto di vista

di una esatta terminologia giuridica, se quel disposto faccia

nascere un diritto di servitù prediale stabilito dalla legge, come fu pur ritenuto da una autorevole dottrina, trattandosi

di una norma speciale, collocata in uno dei paragrafi che

contemplano e disciplinano tali servitù (art. 535 cod. civ.) ; ma è però indiscutibile che venne sancita una limitazione

del diritto di proprietà nel sottosuolo in favore della pro

prietà altrui ed il soggetto, che già utilizzò l'acqua af

fluita al suo fondo dai naturali rivoletti sotterranei, ben

può affacciare un diritto reale immobiliare sui medesimi

che in sostanza rappresentano accessorio della vasca o del

bacino di raccolta all'uopo impiantato ed un suo braccio

allungato nei visceri di una indeterminabile zona di terreni.

La situazione di fatto, già creata al riguardo, ha quindi tutti i caratteri esteriori del godimento di un diritto di

tal genere, e deve essere rispettata, sino a quando non

venga definita la contestazione fra i due proprietari. Di conseguenza bene è adatta alla fattispecie la sol

lecita tutela dell'azione di reintegrazione in possesso, in

quanto mira a reprimere l'operato arbitrario dello Sgara

vatti, per aver questi, malgrado le proteste ed una dif

fida intimatagli dalla Società attrice, come fu ritenuto in

fatto dalla denunziata sentenza, proseguito gli scavi nel

suo fondo superiore, che avrebbero prodotto con la re

cisione delle vene idriche una rilevante diminuzione di

acqua nel bacino di raccolta dello stabilimento della so

cietà.

Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DEL REGNO.

Sezione III civile ; udienza 13 gennaio 1930 ; Pres. Piola

Caselli P., Est. Parrella, P. M. Levi (conf.) ;

Masciarelli (Avv. Mapei)c. Selecchi.

{Sent, denunciata : App. Aquila 11 gennaio 1929)

Ingegnere e architetto — Incarico professionale —

Possesso di documenti relativi — Credito per gii

onorari — Diritto di ritenzione — Inammissibilità.

Ali1 ingegnere non compete un diritto di ritenzione dei do

cumenti affidatigli dal committente in occasione dello

espletamento di una perizia fino al soddisfacimento

degli onorari per tale perizia, massime quando li ab

bia volontariamente restituiti e ne sia con un prete sto rientrato in possesso. (1)

La Corte, ecc. (Omissis) — Quanto al primo mezzo

la Corte di merito incorre, in errori ed omissioni che mi

nano la base della sua decisione e che è assai facile iden

tificare, se anche lo stesso ricorrente non dimostii nella

sua confutazione una chia a visione dei concetti che pre

siedono all'istituto della ritenzione.

Che questo istituto nel nostro ordinamento positivo

rappresenti un ius singulars che non consenta una ap

plicazione estensiva non è lecito dubitare per quanto ha

tratto alla funzione del medesimo nel negozio giuridico

contrattuale. È risaputo che in tal caso quel diritto è fon

dato sulla presunzione di legge che sia stato tacito inten

dimento delle parti all'atto della conclusione del negozio

di sottoporre la cosa affidata ad una di esse in dipen

(1) Non ci risultano precedenti editi sulla fattispecie.

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denza del negozio medesimo a garanzia per l'esatto adem

pimento dell'obbligazione contratta a di lei favore. Là

dove questa presunzione non risulti espressamente stabi

lita l'istituto non trova una giuridica ragion d'essere.

Anche nelle legislazioni a tipo tedesco in cui l'istituto

stesso ha una disciplina gene ale ed autonoma esso è limi

tato alle sole obbligazioni fra commercianti, e se una forte

tendenza dottrinale dei paesi latini mira a seguire a scopo di unificazione tale indirizzo, trattasi pur sempre di una

tendenza che non solo non consente una estensione ai

rapporti civili, ma che nella stessa materia commerciale è

ancora lontana da una pratica realizzazione.

Comunque il diritto di ritenzione è un diritto di ga ranzia del contraente non sulla cosa propria, ma sulla cosa

dell'altro contraente di cui egli abbia la temporanea de

tenzione a causa o ad occasione del contratto. La riten

zione della cosa propria fa capo invece alla diversa fun

zione della eccezione ìnadimpleti contractus.

Inoltre quel diritto, mentre ha degli apparenti con

tatti con la suddetta eccezione estesa alla ritenzione della

cosa alt ui, sostanzialmente si distanzia da questa per ra

dicali differenze attinenti al rispettivo contenuto giuri dico. Anzitutto quell'apparenza è spiegabile solo là dove

la detenzione della cosa attenga alla intima costituzione

del rapporto obbligatorio giacché solo allora essa può en

trare nel giuoco delle obbligazioni bilaterali e la mancata

riconsegna può esser posta in relazione di effetto a causa

all'inadempimento della prestazione precedente da parte dell'altro contraente.

Ma la realtà giuridica è che mentre la eccezione sud

detta ha carattere personale e funzione di resistenza pas siva alla pretesa di costui il diritto di ritenzione ha ca

rattere reale e funzione attiva di garanzia del detentore

sulla cosa detenuta, per l'adempimento dell'altrui presta zione. E da questo carattere di realità, che fu detto di

pegno legale, deriva come illazione che l'esercizio di quella

garanzia non possa prescindere dalla detenzione della cosa

o dal fatto che al proprietario di questa sia stata sot

tratta la disponibilità della cosa medesima.

E' pur vero che anche nel caso dell'eccezione anzi

detta l'abbandono del possesso della cosa possa renderla

improponibile ma ciò pe -

l'incompatibilità ideologica di un

atto equivalente a rinuncia ad avvalersi di quella eccezio

ne. Mentre lo spossessamento agli effetti del diritto di ri

tenzione fa venir meno quello stato di soggezione fra la

cosa e chi pretenda di essere garantito sul valore della

medesima, soggezione che svanisce tosto che la cosa sia

uscita dalla sfera della materiale disponibilità del deten

tore, cosi come accade per il pegno convenzionale.

Applicando questi principi schematicamente esposti alla specie decisa è evidente anzitutto l'errore in cui la

Corte è caduta pretendendo di applicare l'istituto della ri

tenzione ad un caso dalla legge non previsto e cioè di

una locazione di opera professionale di natura civile.

In secondo luogo altrettanto evidente è l'errore di

viso dallo stesso ricorrente nel parlare di un diritto di

ritenzione sulle perizie redatte dall'ingegnere quasi che

queste fossero cose di pertinenza del committente. In

vero il professionista richiesto di un'opera del suo inge

gno rimane nel possesso della medesima sino a che non

l'abbia consegnata al richiedente. E se egli non intenda

prestarsi a quella consegna prima che gli sia stato pagato il relativo compenso, questo suo rifiuto troverà il suo fon

damento nel mancato adempimento della corrispettiva ob

bligazione personale di esso richiedente. Un diritto di ri

tenzione potrà da parte sua essere esperibile solo sui do

cumenti che gli siano stati affidati da costui o che egli

siasi procacciato per di lui incarico. Ed in tal caso egli non potrà vantare che questo solo diritto, in quanto l'af

fidamento ed il deposito in sue mani di quei documenti è

legato alla commissione data dell'opera professionale da

un rapporto meramente occasionale.

Ciò posto nella specie occorreva distinguere fra le pe rizie redatte dall'ingegnere ed i documenti che erano ser

viti alla loro compilazione di cui a quest'unico scopo lo

ingegnere era entrato in possesso. Per le prime si sarebbe

potuto utilmente invocare la eccezione inadimpleti con

tractus, mentre di un diritto di ritenzione sarebbe stato

possibile parlare solo in relazione ai secondi.

Senonchè, anche per tali documenti esiste una ragione ostativa di tale diritto nel fatto che in quel caso speci fico la legge civile, non ne consente l'esercizio su cose

occasionalmente venute in potere del professionista. Una sola statuizione esiste di simile diritto nella legge

commerciale nella disciplina del mandato sulle cose a di

sposizione del mandatario anche se non abbiano uno stretto

rapporto causale con la esecuzione del mandato stesso.

Nella legge civile, invece, è previsto il solo diritto del

depositario di trattenere la cosa depositata per compen sarsi delle spese subite a causa del deposito. Nella legge sull'ese cizio della professione forense è data facoltà al

procuratore di trattenere i documenti di causa solo fino

alla liquidazione del compenso dovuto dal cliente ed è

espressamente fatto divieto di trattenerli fino al pagamento di tale compenso. E per quanto a giustificare quest'ultima norma possano concorrere anche altri motivi di diversa

indole, il concetto generale che presiede all'esclusione nei

rapporti civili di un diritto di ritenzione allorché manchi

una intima connessione tra il credilo che s'intende garen tire e la cosa su cui si pretende esercitare tale garenzia consiste nella presunzione di una tacita volontà delle

parti contraria ad una soggezione di quella cosa al vin

colo suddetto.

Ad ogni modo ancora più manifesta è la grave omis

sione in cui incorse la Corte nel non discutere il rilievo

che aveva indotto il tribunale ad escludere che nel caso

particolare potesse parlarsi di diritto di ritenzione: il ri

lievo che poggiava sul fatto che l'ingegnere aveva già in

un primo tempo dimesso il possesso delle pratiche e con

segnate le stesse all'amministratore del ricorrente : con

che egli aveva perduto ogni possibilità di esercitare quel diruto. E' pur vero che questi era poscia rientrato nel

possesso delle pratiche stesse, ma era stato accertato in

fatto che egli vi era rientrato con dolo adducendo il falso

motivo di modificazioni da apportarvi. Motivo risultato

soltanto pretestuoso. Onde quella nuova detenzione aveva

una causa illecita non più dipendente dal rapporto origi nario e con essa veniva posta in essere una situazione in

compatibile col fondamento razionale dell'istituto. (Omissis) Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DEL REGNO.

Sezioni unite ; udienza 25 novembre 1929 ; Pres. Biscaro

P., Est. Samperi, P. M. Nuoci (conci, coni.) ; Alto

Commissariato di Napoli (Avv. erar. Malpeli) c. Man

dara (Avv. Torre).

(Sent, denunciata : App. Napoli 25 ottobre 1928)

Espropriazione per pubblica utilità — Indennità —

Aree fabbricabili — Vincolo per bellezza naturale — Irrilevanza (L. 11 giugno 1922 n. 778, art. 1).

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