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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE || Sezione III civile; udienza 21 marzo 1934; Pres....

Date post: 30-Jan-2017
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Sezione III civile; udienza 21 marzo 1934; Pres. Piola Caselli P., Est. Caliendo, P. M. De Villa (concl. conf.); Società Wild (Avv. Tumedei, Diena) c. Società An. Ressi ed altri (Avv. Santangeli, Cagli, Cammeo) Source: Il Foro Italiano, Vol. 59, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE (1934), pp. 1257/1258-1261/1262 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23129940 . Accessed: 25/06/2014 00:06 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 188.72.126.35 on Wed, 25 Jun 2014 00:06:38 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE || Sezione III civile; udienza 21 marzo 1934; Pres. Piola Caselli P., Est. Caliendo, P. M. De Villa (concl. conf.); Società Wild (Avv.

Sezione III civile; udienza 21 marzo 1934; Pres. Piola Caselli P., Est. Caliendo, P. M. De Villa(concl. conf.); Società Wild (Avv. Tumedei, Diena) c. Società An. Ressi ed altri (Avv. Santangeli,Cagli, Cammeo)Source: Il Foro Italiano, Vol. 59, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1934), pp. 1257/1258-1261/1262Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23129940 .

Accessed: 25/06/2014 00:06

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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1267 GICRlSPfiUDENZA CIVILE E COMMERCIALE 1258

sprudenza del Supremo Collegio, occorre osservare che

la Corte di merito riconobbe essersi nel rogito 20 feb

braio 1928 stipulati fra i contraenti patti speciali, rela tivi al rimborso delle spese anche stragiudiziali e irripe

tibili, all'assicurazione contro i danni degli incendi degli

stabili ipotecati, con facoltà alla Cassa di risparmio di ri

tirare le eventuali indennità di assicurazione, al divieto

di stipulare locazioni ultra triennali degli stabili stessi

senza il consenso della Cassa ecc. La Corte disse che i

patti speciali interceduti fra le parti richiedevano una

obbligazione per sè stante, per la quale potrebbe essere

ritenuto applicabile il disposto dell'art. 28 della tarif

fa, ma negò, contrariamente al principio come sopra am

messo, che simili patti, esulando dal rapporto cambiario,

potessero autorizzare l'applicazione della tassa proporzio nale al negozio giuridico fondamentale al quale accede

vano e si riferivano.

Inoltre la Corte, pur avendo rilevato in fatto che la

garanzia ipotecaria copriva tutte le somme delle quali la

Chiesa già fosse o fosse per essere in debito verso la

Cassa di r sparmio per firme da essa apposte sia come

emittente che quale giratrice ed avallante su cambiali ri

lasciate direttamente alla Cassa medesima o comunque a

questa pervenute e per ogni successiva rinnovazione sino

a completa entinzione da aver luogo entro sette anni, non si curò affatto di esaminare se la specificazione vo

luta dalla legge fosse nella specie esistente e sufficiente, avuto riguardo sia alla generica estinzione della garanzia,

e a quell'indefinito complesso di titoli cambiari di sopra

menzionati, sia alla mancata indicazione della scadenza

di quella cambiale di un milione che veniva richiamata

nell'atto.

Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DEL REGNO.

Sezione III oivile ; udienza 21 marzo 1934 ; Pres. Piola

Caselli P., Est. Caliendo, P. M. De Villa (conci,

conf.) ; Società Wild (Avv. Tumedki, Diena) c. So

cietà An. Ressi ed altri (Avv. Santangeli, Cagli,

Cammeo).

(Sent, denunciata: App. Bologna 20 marzo 1933) Marchi di fabbrica — Contraffazione — Estremi —

Fattispecie — Uno di Identica denominazione —

IteponsahllUsk per concorrenza Illecita.

Non sussiste contraffazione di marchio quando manchi

la possibilità di concisione fra le figure che lo co

stituiscono (nella specie due animali, lo stambecco e

la renna) anche se ad esse, nell'uso comune, si at

tribuisca la stessa denominazione e, per l'ignoranza del pubblico, le due figure possono essere con

fuse. (1) Può tuttavia l'uso di una identica denominazione dar

luogo a responsabilità per concorrerla illecita, se vi

sia dolo o colpa. (2)

(1) In senso sostanzialmente conforme App. Milano 27 otto bre 1933 (Foro it., Rep. 1933, voce Marchi, n. 43); App. Ge nova 4 dicembre 1931 (id., .Rep. 1932, voce cit., n. 55) : App. Brescia 18 maggio 1932 (id ., Rep. 1932, voce cit., n. 66);Cass. 9 dicembre 1931 (id., Rep. 1931, voce cit., n. 44); App. Catania 27 marzo 1931 (id., Rep. 1931, voce cit., n. 73); App. Torino 31 luglio 1928 (id., Rep. 1929, voce cit., n. 39); App. Roma 27

giugno 1929 (id. Rep. 1929, voce cit., n. 44); Trib. Verona 15

maggio 1928 (id., Rep. 1928, voce cit., n. 45) ; App. Brescia 7

La Corte, eco. (Omissis) — La Corte, rievocando e

svolgendo, anche per suo conto, l'esame comparativo dei

due marchi già fatto dai primi giudici, ha avuto cura di

rilevare ohe quello della istante era costituito essenzial

mente da uno stambecco disegnato di profilo e in attitu

dine di salto, racchiuso in una cornice ovale, formata da

una cinghia con fibbia e sotto la quale su di un nastro

leggesi esse quam videri ; che il marchio della Ressi era

costituito da una testa di renna vista di profilo con corna

ramificati ss ime sporgenti dalla sommità di un ramo fio

rito, attorno al quale si avvolge un nastro con la scritta

« madapolam extraforte >, il tutto senza cornice e in di

mensioni superiori a quelle del marchio della Wild. Indi

ha considerato che le due figure di animali che campeg

giano nei due emblemi abbiano caratteristiche cosi di

verse nella specie che rappresentano, vuoi per l'atteggia

mento, la prospettiva, le dimensioni e il frazionamento

di figura, ohe un ravvicinamento di tutto o di parte non

sia possibile. Inoltre, dato che le teste presentano parti

colarità diverse anche nelle corna, ramificatissime nella

una, lunghe e a rampino nell'altra, dato anche la snel

lezza, l'elasticità di forma e, si direbbe, anche l'eleganza

e il movimento che colpisce nell'intera figura del mar

chio Wild nei confronti dell'altra mutilata di un'appiat

tita testa di renna tanto appesantita da una selva di

corna, la distinzione, cosi evidente in colui che abbia

attualmente presenti le due figure, non si perda neanche

nella memoria, nell'evanescenza del ricordo e non si

perda nemmeno nel normale processo associativo e disso

ciativo di idee e di immagini. Ora siffatte osservazioni esauriscono di per sè uno dei

punti fondamentali della causa, quello che sotto l'aspetto

della confondibilità dei segni adottati dalle ditte concor

renti, assume in sostanza una violazione del diritto al

marchio della Wild, sia che tale violazione si pretenda

derivi da una vera e propria contraffazione ovvero che la

violazione stessa si ricolleghi ad una imitazione, aperta o

larvata, totale o soltanto parziale, dell'un segno rispetto

all'altro.

Ciò è tanto vero che le censure svolte dalla difesa

della Wild, a partire da quelle contenute nel primo mezzo,

spostano ed ampliano il terreno della controversia. Con

esse, infatti, onde avvalorare la precipua accusa di vizio

logico o di insufficienza rivolta al ragionamento tutto dei

giudici del merito, si tenta di introdurre elementi intrin

seci alle figurazioni dei segni in contesa, sostenendosi

che, attesa la scarsa conoscenza che i compratori dei pro

dotti della Wild hanno del genere di animali cornuti, di

cui uno, lo stambecco, figura nel marchio, tanto che sin

dai primi tempi in cui il segno venne introdotto sarebbe

avvenuto che lo stambecco sia stato scambiato per un

cervo o altro animale similare (di qui, poi, la denomina

zione di Marca Cervo o altra equivalente per designare

quei prodotti), la liceità di rappresentare in un marchio

per prodotti concorrenti figure o parti di figure di ani

febbraio 1924 (id., Rep. 1924, voce cit., n. 19) App. Roma 8

marzo 1928 (Foro it., 1923, I, 780 eon nota di precedenti). Circa

la necessità che la confusione si realizzi in concreto e non in

astratto cfr. (Jass. 24 febbraio 1930 (Foro it., 1930, I, 295, con

nota di precedenti). Circa il modo di determinare l'esistenza della

confusione nel pubblico fra il marchio imitato e quello abu

sivo cfr. Cass. 20 aprile 1925 (id., Rep. 1925, voce cit., nu

mero 44). (2) Nel senso che è sufficiente la colpa a legittimare la

azione di danni per concorrenza sleale, cfr. Cass. Regno 26 gen naio 1933 in Foro it., 1933, I, 868, con nota di precedenti.

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1259 PARTE PRIMA 1260

mali che possano richiamare l'idea del cervo o di ani

mali similari non possa essere giudicata che alla stregua

di tale fatto, sia, poi, che il fatto stesso debba essere

assunto come indizio o prova di quella confondibilità, ov

vero, come causa di maggiori confusioni.

Senonehè non è da trascurare che, anche dal punto di vista dell'ulteriore e più ampia deduzione della istante, la questione non esuli e non possa esulare dall'àmbito

dell'efficacia figurativa che è propria dei marchi in con

testazione, ed è inerente alla loro struttura e alla speci fica funzione di individuare i prodotti mediante la ispe zione che il compratore faccia dell'emblema impresso sul

prodotto, considerato e nell'insieme delle sue precipue

caratteristiche e nelle sue parti, in ordine a cui la Corte

stessa aggiungeva non poter concorrere nè in modo di

retto nè in modo indiretto alla pretesa confondibilità ta

lune circostanze accessorie e secondarie, quali la identità

di colorazioni in rapporto alle diverse qualità di tessuti, o la appostazione pure del marchio della Ressi sulle te

state delle pezze, o la stessa piegatura a libro, o l'indi

cazione del metraggio, posto che, nell'esame comparativo

dei vari elementi, la differenza figurativa degli uni, quelli

preponderanti ed influenti, elimina ogni apprezzabile in

fluenza dalla concomitanza degli altri.

E non potrebbe essere altrimenti senza sconfinare dal

l'obbietto della difesa che si invoca del diritto al marchio

come tale, la cui portata di individuare e distinguere i

prodotti del titolare tutta si esaurisce nella visione dello

insieme e dei particolari della figura, in guisa che è su

gli elementi figurativi, quali si apprendono nell'ispezione del marchio e si ritengono poi nella memoria, che va

essenzialmente poggiato ogni esame circa la confondibi

lità dell'uno nei rispetti dell'altro.

Nè, altrimenti, potrebbe essere intesa la considerazione

della Corte, che altra sia la confusione per ignoranza al

tra per imitazione, quando si rifletta che con essa la

Corte stessi non abbia inteso già negare come conferente

all'indagine sulla somiglianza, palese o larvata, dei due

marchi un even uale anche generale stato di ignoranza che cooperi o faciliti a confondere gli elementi figurativi

dell'uno rispetto a quelli dell'altro, ma solo negare, po sto che i due marchi nella loro struttura grafica o figu

rativa siano inconfond bili, che assuma qualsiasi rilevanza

la ignoranza per cui il pubblico, o parte del pubblico o

taluno dei consumatori, nonostante la diversità emblema

tica dei spgni in contestazione, possa essere portato a

credere eh* lo stambecco, la renna e altri simili animali

cornuti si equivalgano e si riportino tutti ad un tipo di

animale, quale è il cervo.

Del pari le altre osservazioni della sentenza impu

gnata, che particolarmente attengono all'uso che sarebbe

invalso nel pubblico dei consumatori di denominare i pro dotti della Wild col nome di « Marca Cervo > o « Cervo »

soltanto, o con la parola « Cervo » seguita dalla designa zione del colore a seconda della qualità della merce, non

vanno staccate dall'obbietto proprio per cui dalla Corte

sono fatte valere, ossia, dal profilo della difesa del mar

chio come tale.

Bene, pertanto, la Corte aggiungeva che, anche quando si volesse considerare appartenente alla Wild l'uso di

quel nome, la denominazione stessa non aderirebbe al

marchio nè materialmente nè ideologicamente, nemmeno

nella forma concreta prescelta dall'attrice, dovendo, a suo

insindacabile avviso, escludersi contraffazione o anche solo

imitazione, per la diversità figurativa della renna dallo

stambecco non solo ma anche dal cervo.

Il constatare, poi, che le denominazioni dei prodotti

industriali possano non corrispondere alla esattezza scien

tifica dei termini non giova, quando si voglia, come pre

tende la ricorrente, legittimare la singolare conclusione

che una denominazione, comunque acquisita a un pro

dotto, debba essere ritenuta incorporata nel marchio e

tutelata in conseguenza dallo stesso. In tal modo non si

tratterebbe di efficacia normale espansiva della tutela del

marchio connessa alla portata figurativa del segno o em

blema, ma di una vera e propria deviazione di quella tutela che, dal campo proprio degli elementi che al mar

chio possano conferire la particolare attitudine discrimi

natrice, verrebbe assunta a precludere l'uso di ogni altra

e pur diversa figura, che, però, l'altrui ignoranza possa far supporre o ritenere coincidente con la prima. E ciò,

ripetesi, non per effetto della visione dei marchi concor

renti, ma siccome spiega altrove la stessa difesa della

ricorrente, perchè quella coincidenza faccia o possa far

credere a chi tenga presente il nome « Cervo » o « Marca

Cervo » e non l'aspetto grafico del marchio, o a chi ma

gari non abbia affatto ricordo o certezza dell'aspetto vi

sivo del marchio, che il prodotto Ressi, ove è impressa la renna, sia il prodotto Wild.

Tutto ciò, per altro, avverte che nella lite, ravvisata

non sotto il profilo di confusione dei marchi, ma sotto

quello di confusione dei prodotti, (e quindi, nei rapporti dell'azione di concorrenza sleale proposta in subordine

dalla Ditta attrice) possa assumere una plausibile consi

stenza e spiegare tutta la sua importanza l'uso che la

istante assume essere ormai invalso, sin dalla introdu

zione del marchio, per fenomeno spontaneo dovuto alla

clientela e da lei secondato, di denominare i suoi pro dotti con l'appellativo di < Marca Cervo > o soltanto

c Cervo» seguito dalla designazione del colore, a seconda

della diversa qualità della merce che sotto quella deno

minazione viene intesa come dalla Wild proveniente.

Quivi non sono più in gioco elementi figurativi, non essen

dovi che una denominazione la piale, comunque costi

tuita, servirebbe per un riferimento estrinseco al marchio,

se pure formatosi in occasione del marchio stesso, a de

notare in modo esclusivo i prodotti di una determinata

provenienza. E se anche nell'inesistenza di un marchio

o a prescindere da esso tale diversa tutela giuridica, mu

tuata dal divieto della concorrenza sleale od illecita,

quale limite all'esplicazione di attività commerciali sullo

stesso o su analogo terreno, sussiste, tanto più la neces

sità della tutela stessa si afferma, quando possa risultare

in fatto che la confusione dei prodotti indirettamente

venga agevolata o favorita dall'adozione del marchio con

corrente, che, non sotto l'aspetto grafico ma per via della

denominazione che acccompagni gli altrui prodotti, possa

indurre ancora di più in errore o lasciar persistere l'er

rore sulla provenienza dei prodotti stessi.

Era questo, in definitiva, il secondo aspetto della lite,

in ordine a cui, a torto, secondo le doglianze contenute

in parte nel secondo e terzo mezzo, la Corte ha creduto

non concludenti nè decisive le deduzioni di prova al ri

guardo avanzate dalla ricorrente.

Innanzi tutto la Wild aveva chiesto di provare che

quell'uso addotto, della denominazione esclusiva ai suoi

prodotti si fosse formato : punto preliminare, necessario

ad accertare ; tanto che convergeva su di esso, sebbene

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1261 GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE 126'2

in senso contrario, la deduzione a prova offerta dalla

Ressi secondo cui, invece, quella denominazione sarebbe

di uso comune e non identificherebbe più nessuna fab

brica o ditta particolare. Il rilievo della Corte, per altro nemmeno conclusivo

a suo stesso avviso, che il capo di prova come formu

lato dalla Wild non contenga nell'accenno della clien

tela presso oui l'uso sarebbe ormai invalso una sufficiente

specificazione, occorrendo che si tratti della classe dei

consumatori, pecca per eccessività, potendo il giudice eli

minare il preteso equivoco precisando che la deduzione

di prova non possa essere altrimenti intesa che nel senso,

quale emergeva da tutto il contesto delle difese, che l'uso

si sia formato proprio in quel ceto od àmbito per cui lo

si possa ritenere efficiente ai fini della lite.

Con altra deduzione, poi, la Wild voleva provare che

nel commercio, specialmente di dettaglio, il prodotto della

Ressi viene smerciato con la denominazione * Marca Cer

vo », integrando cosi anche le emergenze dei verbali no

tarili relative a fatture in cui la merce Ressi figurava venduta dagli altri convenuti adoperando una siffatta de

nominazione.

Ora al riguardo la sentenza impugnata ha osservato

che nel capitolo non si accenna a fatti illeciti proprii della Ressi, e quelli cui si accenna sarebbero del com

mercio di dettaglio, mentre la Ressi è produttrice e gros

sista, inoltre, fatti specifici erano soltanto quelli di cui

nei verbali notarili a carico però degli altri tre conve

nuti, la cui efficacia probante era, sopratutto, dalla Corte

sminuita per l'assorbente rilievo che ai fatti ivi attestati

mancassero quella spontaneità ed obbiettività che avreb

bero potuto farli assurgere a dignità di prova, comunque fossero sporadici, od avrebbero potuto valere come indizi,

da integrarsi con prova più ampia, ma quella offerta non

consentiva raffigurare la usurpazione, l'abuso, lo storno

della clientela, specie per la genericità riguardo alle per sone che avrebbero usato della denominazione.

Senonchè il criterio per il quale, muovendosi da una

netta distinzione tra commercio all'ingrosso e commercio

al dettaglio, si tenta a priori scindere la responsabilità della Ressi da quella dei rivenditori dei suoi prodotti, non può non apparire fallace, quando l'esperienza inse

gna che la separazione cosi netta può nella pratica non sussistere, risultare in fatto la mutua correlazione

tra le due attività del grossista e del dettagliante a mezzo

del deposito che di frequente il primo faccia presso il se

condo dei prodotti al fine proprio del loro smercio, onde

già dal tal punto di vista non può non apparire erronea

la reiezione di mezzi di prova, rivolti ad accertare in

concreto come quello smercio avvenga, in quali partico lari condizioni si svolga e se dall'insieme delle circostanze

tutte che ponga in essere la inchiesta sia dato cogliere una o altra delle molteplici forme in cui si attua lo svia

mento di clientela, per via di quella confusione di pro

dotti, cui porgerebbe adito sopratutto l'uso invalso di

designare con una particolare denominazione i prodotti di una delle ditte concorrenti. Al qual riguardo giova al

tresi aggiungere come la Corte abbia obliato che, ai fini

di qualificare illecita la oondotta del concorrente, non oc

corra il dolo, bastando anche una colpevole inerzia, un

agire che si rilevi colposo, in quanto, se anche non si

manifesti per via di iniziative rivolte a provocare la de

nunciata confusione, approfitti delle esteriori condizioni

di ambiente e tragga vantaggio da uno stato di cose par ticolarmente favorevole all'uno e svantaggioso all'altro.

Pertanto, sotto il particolare profilo della colpa, ogni rilievo che voglia trar profitto dalla mancata deduzione

di un vero e proprio concerto fraudolento tra la ditta

Ressi e gli altri convenuti non ha pregio, rimanendo pur

sempre da stabilire se i fatti denunciati ed accertati siano

idonei a stabilire l'altro degli estremi in cui la illiceità

si affermi e si attui, giacché è colpa anche non preve nire la confusione, e non prevenirla è giovarsi di essa, sia pure in modo indiretto, allor che le maggiori richie

ste del proprio prodotto possano trovare l'addentellato

nella talsa od erronea credenza che il prodotto stesso per la denominazione, la quale l'accompagni nelle singole

contrattazioni, sia di provenienza diversa da quella di co

lui che lo pone o lo fa porre in vendita.

Cosi anche i fatti emergenti dai verbali e ai quali la

Corte non ha potuto negare una certa efficacia indiziaria

o sintomatica vanno alla stessa stregua esaminati e, al

tresì, coordinati all'insieme delle altre risultanze probato

rie, perchè quell'incipiente efficacia probante, che va

sotto il nome di indizio o di sintomo, possa in concreto

essere ribadita o svanita dui tutto. (Omissis) Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DEL REGNO.

Sezione I civile; udienza 16 marzo 1934; Pres. D'Ame

lio P. P., Est. Marinuccì, P. M. Assisi (conci,

conf.) ; Finanze (Avv. di Stato Dedin) c. Benucoi

(Avv. De Cesaris).

(Sent, denunciata: App. Roma 14 aprile 1932)

Registro — Accertamento di maggior valore — Do

manda di trattative — Efficacia di domanda di

stima per 11 caso di mancata conclusione delle

ti aitati ve — Omessa nomina del perito — Desi

gnazione — Poteri del presidente dèi tribunale

(E,. D. 30 dicembre 1923 n. 3269, t. u. sulle tasse

di registro, art. 34, 37).

La domanda di trattative fatta dal contribuente nel ter

mine di tre mesi a seguito di accertamento di mag

gior valore deve intendersi quale implicita domanda

di stima, ai sensi dell'art. 34 della legge di registro 30 dicembre 1923 n. 3269, per il caso di mancata

conclusione delle trattative medesime. (1)

Qualora il contribuente non abbia provveduto a nomi

nare il proprio perito nè nella domanda di trattative

nè in seguito all'avuta notizia dell'esito negativo delle stesse, tale designazione spetta al presidente del

tribunale, e a nulla rileva rhe VAmministrazione

abbia omesso di notificare formalmente ali1 interes

sato la mancata approvazione del proposto concor

dato. (2)

La Corte, ecc. — La ricorrente Amministrazione so

stiene nel primo motivo di ricorso che, essendo stabilito

a pena di decadenza il termine di tre mesi concesso al

contribuente per impugnare l'avviso di accertamento, per invocare il procedimento di stima e nominare il proprio

(1-2) Si consulti, in argomento, la decisione del Supremo Collegio 27 maggio 1933 (Riv. legisl. fise., 1933, 584 e Foro it., Rep. 1933, voce Tassa sulle successioni, nn. 6-91.

In dottrina, conforme : Uckmar, La legge del registro, vol. I, §§ 173 e 178.

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