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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE || Sezioni unite; sentenza 11 maggio 1942, n. 1227;...

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Sezioni unite; sentenza 11 maggio 1942, n. 1227; Pres. Casati P. P., Est. Gabrieli, P. M. Cipolla (concl. conf.); Finanze (Avv. di Stato Carbone) c. Bulfon (Avv. Zanframundo, Pisenti) Source: Il Foro Italiano, Vol. 67, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE (1942), pp. 831/832-833/834 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23137701 . Accessed: 24/06/2014 22:51 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.106 on Tue, 24 Jun 2014 22:51:49 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezioni unite; sentenza 11 maggio 1942, n. 1227; Pres. Casati P. P., Est. Gabrieli, P. M. Cipolla(concl. conf.); Finanze (Avv. di Stato Carbone) c. Bulfon (Avv. Zanframundo, Pisenti)Source: Il Foro Italiano, Vol. 67, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1942), pp. 831/832-833/834Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23137701 .

Accessed: 24/06/2014 22:51

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831 PARTE PRIMA 832

prezzo, ricavato dalla vendita immobiliare, seguiva ai sensi

dell'art. 56 della legge 17 ottobre 1922 n. 1401 davanti

al tribunale competente. Sicché l'autorità giudiziaria in

forza dell'accennata legge di riscossione era già investita

del procedimento, giunto ormai alla sua fase finale, e la

prescrizione, opposta dal creditore ipotecario, si riduceva ad

un'eccezione, fatta valere contro la Finanza, che si ren

deva in sostanza attrice, chiedendo la insinuazione tardiva

del suo credito in sede di privilegio. Il mezzo va perciò respinto. La Finanza inoltre si duole, perchè la Corte non avrebbe

in nessun modo motivata la eccezione da essa accolta.

Ma il corrispondente mezzo esula dalla competenza delle

sezioni unite per rientrare in quella della sezione sem

plice, alla quale la causa va rimessa.

Per questi motivi, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezioni unite; sentenza 11 maggio 1942, n. 1227 ; Pres.

Casati P. P., Est. Gabrieli, P. M. Cipolla (conci,

conf.) ; Finanze (Avv. di Stato Carbone) c. Bulfon

(Avv. Zanframundo, Pisenti).

(Sent, denunciata : App. Trieste 23 luglio 1940)

Acque pubbliche — Revindica di terreno che si assuma

far parte di alveo di fiume atto alla navigazione —

Competenza del tribunale regionale delle acque (E. D. 11 dicembre 1933 il. 1775, t. u. su le acque pub

bliche, art. 140).

Se nel giudizio di revindica di un terreno sorge questione

pregiudiziale sul se esso appartenga all'alveo di un fiume atto alla navigazione, il giudice ordinario deve rimettere

le parti avanti il tribunale regionale per la cognizione della questione pregiudiziale. (1)

La Corte, ecc. — Per decidere il ricorso occorre pre cisare l'oggetto della domanda, intendendo come tale sia

il rapporto giuridico su cui si fonda l'azione, sia quello che sorregge la eccezione d'incompetenza dedotta dalla

pubblica Amministrazione.

Il Bulfon, assumendosi proprietario (atto di vendita

del 1921 e atto di divisione del 1923) del fondo incen

sito «Grave», rivendicava dai confinanti il terreno già

occupato dal letto del fiume, che al cennato fondo lungo la riva sinistra del Tagliamento si era incorporato a se

guito del ritiro delle acque. L'Amministrazione intervenuta in giudizio sosteneva

la demanialità del terreno, compreso il fondo che al Bul

fon sarebbe pervenuto per atto di vendita, perchè inse

rito nel mappale n. 1804 «Boschine» di Grave e iscritto

per i beni demaniali nel 1913 in base a ordinanza iaten

dentizia n. 237-19-2576. Deduceva perciò la competenza del

Tribunale delle acque pubbliche a giudicare della contro

versia, trattandosi di stabilire, se il terreno in contesa

facesse o meno parte dell'alveo del fiume. Veniva così ad

ampliarsi l'oggetto della lite. E per quanto la eccezione

(1) Nello stesso senso si consultino Cass. 5 aprile e 30 luglio 1937 (Foro it., Rep. 1937, voce Acque pubbl., nn. 60, 67), ricor date dalla presente, che hanno ritenuto la competenza del giu dice ordinario sol quando l'alveo risulti già sdemanializzato ;

App. Milano 12 maggio e 9 ottobre 1936 (id., Rep. 1936, voce

cit., nn. 42, 43): Cass. 25 luglio 1930 (id., Rep. 1930, voce Com

petenza, n. 28")) ; App. Bari 25 febbraio 1929 (id., Rep. 1929, voce Acque pubbl., n. 66) ; Trib. acque Napoli 23 dicembre 1927

(id., Rep. 1928, voce cit., n. 78) ; Cass. 23 marzo 1927, Trib.

acque Torino 9 febbraio 1927 (id., Rep. 1927, voce cit., nn. 92 e 101), di cui la prima, sebbene ricordata dalla presente in senso

conforme, non fa al caso, mentre la seconda chiarisce che ricorra la competenza del tribunale regionale, ancorché non sia interve nuto il provvedimento prefettizio di delimitazione dell'alveo.

In dottrina cfr. G-ilaedoni, Acque pubbliche e impianti elet

trici, Soc. ed. Foro Italiano, 1937, vol. Ili, n. 1678, pag. 229.

fosse desunta dal rapporto giuridico già dedotto in giu dizio dall'attore, essa non si limitava ad incidere sulla

materia logica della cognizione del giudice, ma tendeva

ad estendere i confini oggettivi della cosa giudicata, pro vocando un accertamento positivo e negativo sulla dema

nialità del fondo. Data poi la correlazione tra cosa giu dicata e competenza, per cui ogni decisione avente auto

rità di giudicato deve procedere dal giudice competente ; era necessario vedere, se i nuovi profili della res in indi

cium, deducta, indubbiamente costituenti questione pregiu diziale rispetto alla reivindicatio iuris accessioni» del ter

reno alluvionale, decampassero dalla competenza del giu dice adito. In subietta materia vige il principio secondo

il quale, ove la legge non disponga espressamente, ha il

suo corso la regola, che rende il giudice competente a

conoscere incidenter tantum delle questioni pregiudiziali anche se non fosse competente a conoscerne principaliter. Si poneva così alla Corte il quesito, dalla cui risoluzione

dipendeva l'ulteriore corso del giudizio, se, come assumeva

l'Amministrazione, trattandosi di zona tuttora soggetta all'invasione delle acque di piena ordinaria del fiume e

quindi da considerarsi parte dell'alveo, fosse applicabile l'art. 140 lett. 6), del testo unico 11 dicembre 1933 nu

mero 1775; il quale prescrive che «appartengono in pri mo grado alla cognizione dei tribunali delle acque pub bliche le controversie circa i limiti dei corsi o bacini, loro

alveo e sponde ».

La competenza del Tribunale delle acque in qualsiasi

questione concernente la estensione dell'alveo è stata or

mai accolta dalla dottrina e affermata dalla giurispru denza, tanto se la questione sia proposta in via prelimi nare o incidentale, in via di azione o di eccezione, indi

pendentemente dal provvedimento prefettizio di delimita

zione dell'alveo (Cassazione, sentenza n. 2826, 25 luglio

1930, Raho contro Ministero Guerra, Foro it., Rep. 1930, voce Competenza, n. 285; senlenza n. 976, 23 marzo

1927, Congregazione Canale Naviglio Pasolini contro

Consorzio Scolo Fosso Ragno Cavallo ; Trib. acque Torino

9 febbraio 1927, Cuzzi contro Finanze, id., Rep. 1927, voce Acque pubbliche, nn. 92 e 101; Trib. acque Napoli 23 dicembre 1927, Magno contro Società Merid. Elettr.,

id., Rep. 1928, voce cit., n. 78). Aggiungasi che la dema

nialità non è circoscritta alle acque idealmente separate dall'alveo in cui esse scorrono, ma a tutto il corso che

le contiene e le regola ; onde la competenza funzionale

del predetto organo non va riferita alla sola materia

fluente, ma si estende a tutti gli altri elementi formanti

con essa un insieme inscindibile, tra cui precipuamente l'alveo. E per alveo deve intendersi lo spazio del terreno

scavato naturalmente dal deflusso delle acque e dalle stesse occupato durante il periodo di piene normali del

fiume e non durante le piene eccezionali. Sicché il deci

dere entro quali limiti, a causa delle vicende naturali del

corso di acqua, il terreno sia cessato di essere alveo per

incorporarsi al fondo rivierasco, acquistando carattere di

terreno vegetativo, importando una delimitazione del letto

del fiume, costituisce materia tecnica devoluta all'organo a tale scopo istituito. È stato, infine, ritenuto, che quando l'Amministrazione dello Stato abbia eccepito che il ter

reno rivendicato dall'attore faccia parte dell'alveo di un

corso di acqua pubblica, il magistrato adito deve dichia

rarsi incompetente, non potendo disporre alcun accerta

mento in ordine alla eccezione suddetta per essere la

medesima di competenza dell'autorità giudiziaria ordina

ria in sede di Tribunale delle acque. (Cassazione, sentenza

n. 2826, citata). Detta competenza esula soltanto, quando la revindica riguardi zone di terreno divenute patrimonio dello Stato in seguito a sdemanializzazione per avere ces

sato di costituire alveo di fiume (Cassazione, sentenza

n. 972, 5 aprile 1937, Sunnari contro Suraci ; sentenza

n. 601, 30 luglio 1937, Dani contro Comune di Cosenza,

id., Rep. 1937, voce cit., nn. 66 67). La Corte di Trie

ste, discostandosi da queste direttive, si è assunta la po testà di compiere indagini sulla demanialità del fondo

oggetto della reivindicatio. Essa non ha avvertito, che di

contro alla pretesa di appartenenza iure accessionis del

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833 GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE 834

terreno alluvionale, che si afferma estraneo all'aveo del

fiume, la eccepita natura demaniale di zone invase dalle

acque in occasionò di piene ordinarie, investiva diretta

mente l'alveo nella sua attuale effettiva destinazione ;

sollevando, con ciò, la questione dei suoi limiti. Onde non

si poteva decidere sulla domanda senza prima aver esa

minata e rigettata la eccezione Nonostante questa situa

zione processuale, la Corte, con imprecisi criteri giuridici e obliterando la numerosa prova documentale, ha escluso

la natura di demanio idrico nei terreni alluvionali. Ha,

poi, disposto rilievi tecnici per accertare, attraverso la

titolarità dominicale dell'attore sul fondo rivierasco, al

quale quello alluvionale si sarebbe aggiunto, la sua legi timatio ad causam per la reivindica iure aceessionis del

terreno incorporato. La Corte in tale modo, svolgendo attività istruttorie e di valutazione della causa ad essa

inibite, ha invaso la sfera di competenza di altro giudice. Il Collegio, invece, avrebbe dovuto sospendere ogni

ulteriore provvidenza nel merito, astenendosi dal compiere

qualsiasi accertamento in ordine alla eccezione, sottratta

al suo esame per ragione di materia.

Pertanto, in accoglimento del primo mezzo, devesi

dichiarare la competenza dell'autorità giudiziaria ordina

ria in funzione di Tribunale delle acque pubbliche a co

noscere della demanialità dei terreni in contesa. Solo dopo l'esito di tale giudizio, potranno convenientemente essere

risolute le questioni connesse alla domanda di reivindica

proposte dal Bulfon.

Per questi motivi, cassa senza rinvio, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione I civile ; udienza 20 aprile 1942, n. 1081 ; Pres.

De Ficchy P., Est. Manca, P. M. Ruggiero (conci,

conf.) ; Di Malta (Avv. Gigliotti, Messina) c. Bor

delin (Avv. Carboni, Stratta).

(Sent, denunciata : App. Roma 13 giugno 1941)

Filiazione — Filiazione naturale non riconosciuta o non

riconoscibile — Dichiarazione di paternità o di ma

ternità — Impugnativa per difetto di veridicità —

Inammissibilità (Cod. civ., art. '-63).

La dichiarazione scritta di paternità o di maternità dei ge

nitori, su cui il figlio naturale non riconosciuto o non

riconoscibile può fondare la domanda di alimenti, non

è soggetta all'impugnazione per difetto di veridicità di

sciplinata dall'art. 263 del nuovo codice civile, la quale concerne esclusivamente l'atto di riconoscimento del rap

porto di filiazione naturale. (1)

(1) Nel senso che l'impugnazione della dichiarazione previ sta dall'art. 193 n. 3 cod. civ. 1865 a causa di un vizio della volontà è regolata dalle norme generali v. Cass. 3 e 28 aprile 1939 (quest'ultima ricordata nella motivazione della presente), Foro it., Rep. 1939, voce Filiazione, nn. 99 e 100.

Sull'impugnativa per errore v. App. Palermo 5 aprile 1940, id.t Rep. 1940, voce cit., nn. 100-102; App. Bari 3 maggio 1935, id., Rep. 1935, voce cit., ti. 57 ; contra App. Bologna 5

aprile 1935, id., Rep. 1935, voce cit., n. 52, Cass. 14 luglio 1927, Foro it., 1927, I, 1170 (con nota di richiami).

Sotto l'impero dell'abrogato codice per l'impugnativa del ri

conoscimento per difetto di veridicità da parte del figlio Cass. 15 luglio 1938, Foro it., Rep. 1938, voce cit., n. 35.

In dottrina, nel senso che la dichiarazione costituisce una

semplice prova di paternità o maternità cui può essere opposta la prova contraria e che impropriamente si parla di impugna tiva della dichiarazione per vizio della volontà, in quanto, in

vece, errore, violenza e dolo hanno soltanto il valore di ele menti idonei a togliere valore alla prova costituita dalla dichia

razione, v. Clou, La -filiazione, Torino, 1939, pag. 166. Nel

senso, invece, accolto dalla sentenza annotata, v. L. CoviEM,o, in Foro it., 1934, I, 554, il quale nota che, mentre l'interesse so ciale giustifica l'impugnativa del riconoscimento per difetto di

La Corte, ecc. — Col primo motivo del ricorso si de duce che il diritto agli alimenti, concesso ai figli natu rali non riconosciuti dall'art. 193, n. 3, cod. del 1865 e dall'art. 277, n. 3, del libro primo in vigore, è sostan zialmente fondato sul rapporto di filiazione. Onde, se condo il ricorrente, l'impugnativa per difetto di veridi

cità, ammessa espressamente dall'art. 261 del libro I, sa rebbe possibile non soltanto rispetto all'atto di riconosci mento vero e proprio, ma anche quando, come nella spe cie, il rapporto di paternità, ai fini degli alimenti, risulta da esplicite dichiarazioni scritte del genitore.

La tesi è stata giustamente respinta dalla Corte di

appello. Invero, l'impugnativa per difetto di veridicità propo

nibile, secondo la dottrina, anche sotto l'impero del co dice del 1865 (sebbene questo non contenesse in propo sito disposizione espressa), riguarda esclusivamente il rap porto di paternità, o di maternità, derivante dall'atto di

riconoscimento. Ciò per la natura stessa dell'atto, in

quanto attribuisce uno stato di filiazione naturale, con

gli attributi particolari che per legge vi si riconnettono. Nonostante quindi che si tratti di un atto in sè irrevoca

bile, tuttavia, per la preminente ragione di interesse pub blico che lo stato delle persone deve corrispondere alla

realtà, si ammette che il genitore, o chiunque vi abbia in

teresse, possa porre in chiaro che la manifestazione di

volontà, non importa se consapevolmente o meno, ha

posto in essere una situazione diversa da quella effetti vamente verificatasi.

Sostanzialmente differente è invece il caso in cui il

rapporto di paternità, o di maternità, derivi dalla dichia razione scritta dei genitori, sulla quale il figlio, non rico

noscibile o non riconosciuto, fondi la domanda degli ali

menti. Perchè la dichiarazione stessa, per costante inse

gnamento, non contiene e non può contenere, data la

finalità della legge, alcuna attribuzione di stato, avendo il limitato fine di costituire la prova obbiettiva della fi

liazione, integrando uno dei titoli che, per benigna dispo sizione verso i figli non riconosciuti o non riconoscibili, si considerano idonei per ottenere gli alimenti.

È bensì vero che anche nelle dichiarazioni di pater nità o di maternità è insita una manifestazione di vo

lontà, ed è vero altresì, come più volte ha ritenuto il

Supremo Collegio (vedasi da ultimo la sentenza n. 1413

del 28 aprile 1939, Foro it., Eep. 1939, voce Filiazione,

n. 100), che della manifestazione stessa può essere chie

sto l'annullamento per errore, violenza o dolo. Ma questa

impugnazione (non proposta in alcun modo nell'attuale

causa, come risulta dalla sentenza denunciata e dal mo

tivo del ricorso) non è che conseguenza dei principii ge nerali, i quali trovano applicazione in tutti i negozi giu ridici. Essa è perciò del tutto diversa dalla impugnativa

per difetto di veridicità, che ha contenuto più ampio, in quanto è proponibile anche se la volontà del genitore, manifestata col riconoscimento, non sia viziata ; ed ha

pure diversa finalità, in quanto tende a contestare ad altri

uno stato che non gli spetta. Poiché dunque, nella specie, la paternità del Di Malta,

secondo il convincimento insindacabile dei giudici del

merito (del resto ora neppure impugnato), risultava dimo

strata dalle esplicite dichiarazioni contenute nelle lettere

scritte dal medesimo, correttamente la Corte di appello ha respinto la prova per interrogatorio e per testimoni

diretta a porre in essere che tali dichiarazioni non ri

spondevano alla verità.

Il primo motivo perciò deve essere respinto. (Omissis) Per questi motivi, rigetta, ecc.

veridicità, non concorre lo stesso motivo per la dichiarazione :

anzi, v'è interesse ad evitare che, in linea di controprova, il

figlio possa promuovere quelle indagini che la legge ha voluto evitare.

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