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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE || Sezioni unite; udienza 12 luglio 1937, n. 2418;...

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Sezioni unite; udienza 12 luglio 1937, n. 2418; Pres. D'Amelio P. P., Est. Russo, P. M. Cipolla (concl. conf.); Finanze (Avv. di Stato Callegaris) c. Società Nazionale Ferrovie e Tramwie (Avv. Luzzatti, Costa, Ottone) Source: Il Foro Italiano, Vol. 62, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE (1937), pp. 1353/1354-1357/1358 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23138763 . Accessed: 25/06/2014 00:41 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.78.108.40 on Wed, 25 Jun 2014 00:41:32 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezioni unite; udienza 12 luglio 1937, n. 2418; Pres. D'Amelio P. P., Est. Russo, P. M. Cipolla(concl. conf.); Finanze (Avv. di Stato Callegaris) c. Società Nazionale Ferrovie e Tramwie (Avv.Luzzatti, Costa, Ottone)Source: Il Foro Italiano, Vol. 62, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1937), pp. 1353/1354-1357/1358Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23138763 .

Accessed: 25/06/2014 00:41

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GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE

attraverso la delibazione della sentenza svizzera che lo ha am messo ed applicato.

Forse è una conseguenza della strana situazione di fatto, su cui più volte abbiamo richiamato l'attenzione del lettore cortese.

Certo l'argomento non aggiunge nulla alla solidità delle conclusioni; e certo non può sostenersi alla stregua dell'art. 3 della Convenzione.

Difatti quando questo articolo esclude dalla delibazione le sentenze che non hanno forza esecutiva nello Stato richiedente, a null'qltro si riferisce che all'esistenza del requisito dell'art. 1 n. 3 e cioè che la seutenza sia passata in giudicato. Non prevede e non pretende che la sentenza, nel caso che uno Stato con traente sia retto da leggi diverse, per essere diviso in Cantoni, sia esecutiva su tutto il territorio dei vari Stati che compon gono la Confederazione elvetica.

Nessuna norma convenzionale autorizza un simile ulteriore esame sulla giurisdizione, che, d'altronde, potrebbe dar luogo a serie complicazioni, attesa la diversità della giurisprudenza cantonale in tema di giurisdizione e di delibazione ovvero nel caso ipotizzabile di una difformità tra diritto intercantonale e convenzionale.

E' vero poi che la formula dell'art. 3, acutamente ma au dacemente utilizzata dalla Cassazione, non contiene affatto una previsione specifica alla Svizzera ed alla sua particolare sud divisione cantonale, dal momento che essa si ritrova in tutti gli accordi per l'esecuzione ed il riconoscimento delle sentenze.

Ma, si ripete, che l'argomento ex art. 3, e la sua critica, sono ininfluenti rispetto alla decisione del problema e del caso in esame.

Un'ultima osservazione. Si è già rilevato — ed è il resultato di questo scritto

che la Convenzione compie una mera riserva delle norme in terne di giurisdizione, che, almeno nel caso concreto, non ha un funzionamento qualsiasi perchè il loro richiamo contraste rebbe con le norme convenzionali.

La Cassazione peraltro esclude che un simile contrasto comporti l'abrogazione degli artt. 105-106 cod. proc. civile. Secondo il Supremo Collegio, queste disposizioni sono tuttora applicabili al cittadino svizzero che contrae o deve eseguire in Italia, e sono a considerarsi rinunciate nel caso che • quella competenza importi la esecutorietà in Svizzera ■.

Ciò che conduce al resultato non persuasivo che il giudice italiano dovrebbe dichiararsi o meno competente a seconda del

luogo in cui dovrà eseguirsi — e non sarà sempre prevedibile — la sentenza.

In realtà, l'affermazione è un riflesso della questione, assai grave, della reciproca influenza tra norme giurisdizionali in terne e norme convenzionali sulla giurisdizione ; e della appli cabilità di queste fuori dal giudizio di delibazione (8).

Noi stessi abbiamo altra volta esaminato un caso del ge nere (9) e, col sussidio della interpretazione letterale e inter convenzionale, abbiamo ammesso l'influenza della norma con venzionale sulla regola di competenza e fuori dal giudizio di delibazione. Ma, nel caso presente, noi non vediamo, come e da qual norma autorizzato, il giudice italiano potrebbe non applicare, fuori dal giudizio di delibazione, i momenti del foro dell'esecuzione e del contratto, ovunque debba poi eseguirsi la sentenza italiana, che, è vero, in Svizzera non potrà essere de libata : mentre pensiamo che l'influenza convenzionale potrà farsi sentire, de jure condendo, con la modificazipne della norma interna, attraverso il suo coordinamento con le regole conven zionali, ormai accettate e seguite dall'Italia.

Ma, comunque, se si pervenisse ad ammettere fin da ora l'applicabilità delle norme convenzionali, il resultato non po trebbe essere che unitario, nel senso che il criterio del foro di esecuzione e del contratto dovrebbe dichiararsi inapplicabile in Italia nei confronti dei cittadini svizzeri, dovunque avesse luogo l'esecuzione della sentenza.

Dott. Ugo Bassano.

(8) v. Sereni, in Foro it., 1934, I, 1738, (9) Bassano, L'art. i9 della Convenzione italo-francese per la esecuzione

delle sentenze, in Qiur. it., 1936, IV, 1.

Dott. Ugo Bassano.

CORTE DI CASSAZIONE DEL REGNO.

Sezioni unite ; udienza 12 luglio 1937, n. 2418 ; Pres. D'Amelio P. P., Est. Eusso, P. M. Cipolla (conci, conf.) ; Finanze (Avv. di Stato Callegaris) c. So cietà Nazionale Ferrovie e Tramwie (Avv. Luzzatti, Costa, Ottone).

(Sent, denunciata: App. Firenze 16 giugno 1936)

Ricchezza mobile — Esenzioni — Sovvenzioni per fini di pubblico interesse — Sovvenzioni accor date dallo Stato o da altri enti per la costru zione e l'esercizio di ferrovie — Esenzione dal

l'imposta — Sovvenzioni risultanti negli utili

all'attivo del bilancio del concessionario — Ir rilevanza (R. D.-legge 16 dicembre 1922 n. 1660, revoca esenzioni da ritenuta diretta in materia di im

posta di ricchezza mobile, art. 3; R. D.-legge 20 set tembre 1926 n. 1643, abolizione tasse affari, sgravi e riduzioni in materia di imposte dirette, ecc., art. 15; R. D.-legge 24 ottobre 1935 n. 1887, interpretazioni e modifiche alle leggi sulle imposte dirette, art. 21).

La esenzione dall'imposta di ricchezza mobile sulle sov venzioni e sui sussidi chilometrici concessi dallo Stato o da altri enti per la costruzione e l'esercizio delle ferrovie, non è limitata al momento stabilito

per la ritenuta diretta, ma vale sempre, come defi nitiva ed irrevocabile, in epoca successiva, anche nel caso che le sovvenzioni ed i sussidi risultino, negli utili, all'attivo del bilancio del concessionario, sem

pre che risulti accertato in fatto che i medesimi non abbiano concorso alla produzione del reddito (1).

9

La Corte, ecc. — L'art. 3 regio decreto 16 dicem bre 1922 n. 1660 e l'art. 15 regio decreto-legge 20 set tembre 1926 n. 1643, sostiene ancora l'Amministrazione delle Finanze (primo e secondo mezzo, da esaminare in sieme perchè connessi), consentono una sola interpreta zione: ai concessionari di sovvenzioni, sussidi e contri buti spetta non l'esenzione dalla imposta di ricchezza mo

bile, ma l'esonero dal pagamento dell'imposta per rite nuta.

L'art. 3, spiega la ricorrente, assoggetta all'Impo sta mediante ritenuta diretta tutti i compensi, assegni, sussidi ed indennità di qualunque specie ed a qualsiasi titolo dovuti dallo Stato, sia ai propri dipendenti, sia ad estranei ; l'art. 15 dichiara di esentare dall'imposta i con tributi pagati dallo Stato, dalle provincie, dai Comuni o altri enti ; ponendo in relazione i due articoli non può esservi dubbio che il secondo abbia modificato il primo solo per il modo di pagamento e non pure per l'onere della imposta.

Ma, questo Collegio con la sentenza 6 agosto 1935

(Foro it.t 1936, I, 383) ha già respinto la tesi che si ri

propone. Tra l'altro il Collegio pose in evidenza il testo dello

art. 15: «sono dichiarati esenti dalla imposta di ricchezza

mobile», e disse che se il dettato della legge è letteral mente e logicamente chiarissimo in un senso non po trebbe essere inteso in senso contrario, senza aggiungervi una limitazione che non vi è scritta.

L'art. 15, osservò pure il Collegio, concede la esen zione per dichiarate finalità di pubblico interesse ; molto

problematico rimarrebbe il conseguimento di tali finalità

qualora i concessionari non pagassero l'imposta per rite nuta unicamente per pagarla poi per ruolo nominativo.

H dedotto nesso logico inscindibile tra gli art. 3 e 15 non esiste, aggiunse il Collegio, perchè il primo afferma

l'obbligo di pagare la imposta, il secondo lo nega ; per chè l'art. 3 in tanto parla della ritenuta in quanto si ri ferisce al sistema ordinario di percezione dell'imposta su determinati redditi (cfr. art. 11 e 12 t. u. 24 agosto 1877 n. 4021) ; perchè l'art. 15 modifica l'art. 3 non per il suo riferimento al metodo di riscossione ma per con cedere l'esonero dal tributo.

E' cosi manifesta, chiarì ancora la Corte, la insussi stenza del prospettato nesso logico, che l'art. 15 esonera

dall'imposta tutte le sovvenzioni comprese quelle corri

sposte dalle provincie e dai Comuni.

(1) Vedi nella stessa causa, e in senso conforme, la deci sione a sezione semplice della Corte Suprema del 6 agosto 1935, in Foro it.: 1936, I, 383 con nota di richiami alla giurispru denza in vario senso della Commissione centrale per le impo ste dirette, le cui più recenti decisioni conformi, ricordate nella motivazione della sentenza surriferita, del 18 luglio e del 7 novembre 1934 leggonsi pure in Foro it., 1935, III, 215 e 209 con i relativi richiami.

Non ci risulta edita la sentenza App. Firenze 16 giugno 1936, ora tenuta ferma dalle Sezioni unite con la decisione che pubblichiamo,

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1355 PAKTE PRIMA 1356

L'esonero dal solo pagamento dell'imposta per rite nuta non potrebbe essere il limitato obbietto delle pre visioni dell'art. 15, poiché (art. 15 cit., t. u. del 1877) i concessionari dei sussidi delle provincie e dei Comuni non pagano l'imposta mediante ritenuta diretta ma per rivalsa ; le provincie ed i Comuni sono obbligati a dichia rare i sussidi ed a pagare su di essi l'imposta ; dopo aver pagato si rivalgono su i concessionari.

Se l'art. 15 si riferisce esclusivamente alla ritenuta, l'esonero dovrebbe intendersi concesso solo per i sussidi

dello Stato ; al contrario la legge non distingue tra lo

Stato, le provincie ed i Comuni.

L'Amministrazione, nel giudizio di merito, in rela

zione alle osservazioni contenute nella decisione della

Commissione centrale, aveva dedotto che i contributi pur non essendo assoggettabili all'imposta come tali, doves

sero pagare la imposta qualora -ricomparissero nel bilancio

delle società concessionarie sotto la forma di reddito (suc cessivamente la stessa Commissione a Sezioni Unite mutò

avviso : cfr. decisioni n. 65486, 18 luglio 1934, n. 68120, 7 novembre 1934, in Foro it., 1935, III, 215 e 209).

E la Corte di appello aveva seguito questo modo di

vedere, decidendo che le sovvenzioni fatte alla Società

fossero tassabili perchè erano state portate nel bilancio

come utili.

Questo Collegio, in ordine a tale situazione, rilevò che dalla motivazione della sentenza allora impugnata non ap pariva chiaro se nel bilancio della Società le sovvenzioni fossero state impostate come partite di attivo, indicate

come utili dell'esercizio e calcolate nell'utile globale, ov vero se l'utile fosse stato determinato indipendentemente dalle sovvenzioni e la Società intendesse di fare apparire una parte degli utili come sovvenzioni.

Nel primo caso, disse la Corte, le sovvenzioni come

partite di attivo non sarebbero assoggettabili all'imposta :

nel secondo caso tutti gli utili dovrebbero essere tassa

ti, senza distinzione alcuna per le sovvenzioni.

Conseguentemente il Collegio, annullando quella sen

tenza, statuì che la Corte di rinvio avrebbe dovuto ac

certare, sul bilancio, in che modo ivi fossero state ripor tate le sovvenzioni, e giudicare poi orientandosi ai criteri suindicati.

La Corte di rinvio, con la sentenza 16 giugno 1936, si è rigorosamente uniformata alle direttive che le fu

rono date. Ha ritenuto, su gli art. 3 regio decreto 16 dicembre 1922 n. 1660 e 15 regio decreto-legge 20 set tembre 1926 n. 1643, che le sovvenzioni godono della

esenzione dalla imposta e non già l'esonero dal pagamento dell'imposta per ritenuta diretta; ha accertato che nel bilancio della Società i contributi non rappresentano utili

netti ma partite di attivo, ed ha deciso che la Società non è tenuta al pagamento dell'imposta ma ha diritto alla re stituzione di quella pagata.

E' manifesto, pertanto, che le censura della ricor rente dianzi riassunte, le quali non sono altro che la ri

petizione di quelle già fatte contro la prima sentenza di

appello, respinte una prima volta, non possono essere

prese in esame una seconda volta, dopo che la Corte di rinvio ha fedelmente seguito l'indirizzo segnatole.

Alla Corte di cassazione, come è noto, è precluso il

riesame di questioni già decise, se il giudice di rinvio siasi uniformato ai criteri di diritto fissati nella sentenza di annullamento, e la decisione di rinvio sia impugnata per gli stessi motivi.

Senonchè l'Amministrazione, nel primo e nel secondo

mezzo, sostiene ancora che ormai ogni dubbio circa la tassabilità dei contributi è eliminato.

Dopo la precedente sentenza di questa Corte, è stato

pubblicato il regio decreto-legge 24 ottobre 1935 n. 1887, il quale, all'art. 21, dispone che la esenzione dalla impo sta non esclude che i sussidi debbano essere compresi fra i cespiti attivi ai fini della determinazione del red dito annuale tassabile, qualora rappresentino un concorso nelle spese di produzione ed altre passività detraibili.

Questa disposizione, aggiunge la ricorrente, deve valere

non solo per le sovvenzioni concesse successivamente alla sua data, ma anche per quelle anteriori, giacché il legi slatore volle imprimerle carattere interpretativo, allo

scopo di precisare il contenuto vero dell'art. 15 regio de creto legge 1926, che fu diversamente inteso.

Conseguentemente la nuova disposizione devg essere

applicata anche nei riguardi della Società, per le sovven zioni indicate nel bilancio del 1926, di cui ora si tratta.

Dinanzi alla Corte di Firenze l'Amministrazione fece le stesse deduzioni, ma quella Corte opinò che detta di

sposizione avesse carattere innovativo, non potesse, quindi, essere applicata al caso in esame.

Ora, qui, la questione che in tal modo si pone circa il carattere interpretativo o innovativo della norma so

pravvenuta non interessa, e non deve essere perciò riso luta da questo Collegio.

Elementi positivi prettamente aderenti alla specie, sono decisivi per orientare la decisione di questa contro

versia, prescindendo dalla indagine sulla portata del ci tato art. 21.

Questa Corte, invero, nella precedente sentenza, come ha notato la Società nelle difese scritte e nella discus sione orale dopo avere esposto i motivi per i quali rite neva che l'art. 15 regio decreto-legge del 1926 recasse la esenzione dei contributi dall'imposta e non dal paga mento per ritenuta diretta dell'imposta, soggiunse nella seconda parte, sempre in relazione alle deduzioni fatte allora dall'Amministrazione ed alle osservazioni riferite nella decisione della Commissione centrale, che qualora le sovvenzioni avessero concorso alla produzione del red dito avrebbero dovuto essere tassate.

In tal guisa la Corte, nel segnare le direttive che avrebbero potuto valere per la definitiva risoluzione della controversia dopo gli ulteriori accertamenti riservati al

giudice di rinvio, accennò, come vedesi, ad un modo di intendere il problema esaminato, che ha trovato poi ri conferma e sanzione nell'art. 21 regio decreto-legge del

1935, il quale ha specificato che la tassazione deve farsi

quando i contributi concorrano alle spese di produzione ed altre passività deducibili. Allora si discusse anche se le sovvenzioni portate nel bilancio della Società del 1926 fossero di costruzione o di esercizio, poiché si deduceva che in quelle di esercizio sarebbe stato più facilmente riconoscibile il profilo di contributi diretti alla produzione del reddito.

E questa Corte, senza risolvere il quesito, giacché la risoluzione avrebbe dovuto essere preceduta da una inda

gine di merito, e riservando la decisione alla Corte di

rinvio, accennò per indicare quali potessero essere le basi

positive dell'indagine, che dagli atti si sarebbero potuti desumere elementi concreti per fare ritenere che le sov venzioni a bilancio fossero di costruzione.

La Corte di Firenze ha detto che a suo parere l'ar ticolo 21 è innovativo, ma, esaminando sotto tutti i pos sibili aspetti le deduzioni dell'Amministrazione ha fatto

anche l'ipotesi contraria, che la norma, cioè, fosse inter

pretativa. Sul presupposto che tale ipotesi corrispondesse alla

realtà, ha esaminato il bilancio della Società allo scopo di stabilire se i contributi portati in esso fossero eroga zioni rappresentanti un concorso alle spese di produzione ed altre passività detraibili, ed ha, in punto di fatto, escluso che quei determinati contributi, obietto dell'ac certamento notificato con avviso del 4 ottobre 1927, aves sero tale carattere.

La Corte di rinvio, per giungere a detta conclusione ha compiuto un apprezzamento di puro merito, di seguito ad una indagine già prevista come risolutiva da questa Corte. Detto apprezzamento, come ogni altro che attenga alla valutazione degli atti, non può essere, come è noto, sindacato in questa sede, non essendosi dimostrato che

sia orientato ad inesatti criteri giuridici ovvero che non

sia adeguatamente motivato. Anche da questo nuovo punto di vista, dunque, che

si riallaccia alla sopravvenuta norma, e non pregiudica

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GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE

in un senso o nell'altro il giudizio circa il carattere in

terpretativo o innovativo di essa, la sentenza deve rima

nere ferma.

Rimangono in tal modo prive di contenuto anche le

censure indicate nel terzo mezzo.

Dinanzi alla Corte di rinvio l'Amministrazione aveva

dedotto anche che la Società avesse usufruito di una de

trazione del reddito poiché nella determinazione della

quota di ammortamento detraibile a norma di legge da

gli utili di bilancio non sarebbe stata fatta alcuna distin

zione tra i contributi a capitale e quelli di esercizio.

La Corte osservò che tale questione non aveva for

mato obietto di reclamo nè di discussione dinanzi alle

Commissioni e non poteva perciò essere presa in esame.

Questa osservazione, che la ricorrente censura nel terzo

mezzo, non ha influenza alcuna nel caso particolare, giac che nulla aggiunge o toglie alla consistenza dei motivi

che giustificano la decisione.

La Corte di Firenze, invero, come ora si è detto, ri

tenne che i contributi portati nel bilancio 1926 non aves

sero concorso in quelle spese di produzione ed altre pas sività detraibili.

Da questa premessa discende, conformemente al modo

di vedere anche della Corte di Firenze, che se pure nella

detrazione non si fosse fatta distinzione tra contributi a

capitale e di esercizio, la situazione nel caso concreto

non avrebbe potuto subire spostamenti ; il dato di fatto

acquisito che le sovvenzioni non avevano concorso alle

spese di produzione e passività detraibili rendeva mani

festamente irrilevante ogni indagine circa i termini e le

proporzioni della prospettata detrazione.

Le nuove deduzioni, per il loro specifico obietto rien

travano nell'àmbito di quelle già fatte dall'Amministrazione

per sostenere la tassabilità delle sovvenzioni, e la Corte

di appello, manifestando il convincimento che viceversa le sovvenzioni non erano assoggettabili all'imposta, poi ché non avevano contribuito alle spese e passività,

respinse non solo le deduzioni fatte precedentemente, ma

anche le altre successivamente esposte, alle quali si ri

collegano le censure del terzo mezzo. Che in genere possa ammettersi il concorso di una

causa di detrazione e altra di esenzione si argomenta, come la stessa Corte di appello ha notato, dall'art. 15

regio decreto-legge 1935.

Dispone, infatti, tale articolo che se gli enti e le so

cietà tassabili in base a bilancio posseggano redditi assog gettati ad imposta e cespiti comunque all'imposta non

assoggettati, si fa luogo alle detrazioni indicate negli ar

ticoli 31 e 32 t. u. del 1877 n. 4021 per l'intero am

montare delle spese e passività specificamente afferenti i

cespiti tassabili, il che vuol dire che nonostante tale de

trazione rimane ferma la esenzione dalla imposta per i

cespiti non tassabili. Per quest'ultimi cespiti le spese e

passività specificamente ad essi afferenti sono ammesse in detrazione limitatamente alla cifra che supera il loro

ammontare, il che dimostra come per la cifra la quale non superi il loro ammontare rimane ferma la esenzione

pur operandosi la detrazione per la cifra maggiore ; la

detrazione e la esenzione non possono concorrere sullo stesso cespite non tassabile, limitatamente all'ammontare di esso, non già nell'unico bilancio, quando sia costitui

to, come nella specie, da più cespiti, alcuni tassabili ed altri non tassabili.

Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DEL REGNO. (*)

Sezione 1 civile ; udienza 9 luglio 1937, n. 2394; Pres.

Gini, Est. Manca, P. M. Morbioli (conci, conf.); Finanze (Avv. di Stato Gambuto) c. Martello (Avv. Fiastri).

(Sent, denunciata : App. Venezia 12 giugno 1936)

Matrimonio — matrimonio religioso preconcorda

tario — Trascrizione — Richiesta di entrambi i coniugi — Sopravvenuta morie del marito —

Effetti della trascrizione in rapporto allo < sta tus» civile di moglie (L. 27 maggio 1929 n. 847, contenente disposizioni per l'applicazione del Concor dato fra la Santa Sede e l'Italia nella parte relativa al matrimonio, art. 21).

Tassa sulle successioni — Trascrizione « post-mor tem » di matrimonio religioso preconcordatario — Successione testamentaria a favore della mo

glie — Esenzione tributaria accordata al < co

niuge» — Inapplicabilità, (E.. D. 30 dicembre 1923 n. 3270, sulla tassa di successione, art. 17, lett. C).

Se la morte del marito sia avvenuta dopo la sottoscri

zione e la presentazione del ricorso per la trascrizione

negli atti dello stato civile di un matrimonio religioso preconcordatario, il ricorso è ammissibile, ma la co

niuge acquista lo « status* civile di moglie solo dal

momento della trascrizione. (1) Trascritto nei registri dello stato civile il matrimonio

religioso preconcordatario dopo la morte del marito, la moglie, nominata erede per testamento dal ma

rito stesso, non ha diritto all'esenzione dalla tassa

di successione accordata al coniuge dall'art. 17 lett. C

del R. D. 30 dicembre 1923 n. 3270. (2)

(*) Il testo della sentenza è già inserito in questo volume (retro, col. 965).

(12) Sulla trascrivlbllltà dei matrimoni canonici preconi-or datari.

I. — La presente pronuncia non costituisce in sostanza che il complemento e l'integrazione, anzi, dovrei dire, il corona mento e la conclusione ultima del precedente giudicato 5 marzo 1932 del Supremo Collegio relativo anche esso a questo stesso matrimonio (1). Presentatasi cioè la questione se potesse venire trascritto e con quali effetti civili un matrimonio canonico pre concordatario, in cui una delle parti era venuta a morire dopo aver firmato il ricorso ma prima dell'esecuzione della trascri zione, mentre il primo giudicato, limitando il suo esame alla trascrivibilità o meno del vincolo, veniva a pronunciarsi in senso affermativo consentendo la trascrizione, l'attuale sen tenza, passando alla determinazione del suo valore e delle sue conseguenze giuridiche nell'ordinamento italiano, ha sta bilito che i suoi effetti civili sorgono e cominciano a decorrere appunto e soltanto dal momento della trascrizione.

Per mia parte, su tale specifico punto deciso dalla presente sentenza non trovo di per sè nulla da obbiettare. In sostanza infatti la Corte si limita ad applicare rigorosamente il chiaro e preciso disposto dell'art. 21 capov. della legge matrimoniale, ripetendo ad litteram con il legislatore che per i matrimoni ca nonici preconcordatari « operata la trascrizione, gli effetti civili del matrimonio si producono dal giorno della medesima », cioè che i coniugi hanno diritto di invocare di fronte all'ordinamento ci vile il proprio status coniugale solo per tutti quegli effetti giu ridici che possano riportarsi alla data della trascrizione, e non anche per quelli che siano sorti e si siano maturati anterior mente. Donde la logica ed esatta conseguenza, nella fattispecie deferita al suo giudizio, che, posto un matrimonio religioso preconcordatario, trascritto quando già una delle parti (dopo firmato il ricorso) era venuta a morire, l'altra parte non possa invocare il suo nuovo status coniugale con gli effetti conse guenti per quanto attiene la successione del coniuge premorto e sia quindi tenuta, nel caso, al pagamento della tassa relativa ai rapporti successori fra estranei, restando esclusa dal bene ficio accordato dall'art. 17 lett. C. del R. D. 30 dicembre 1923 n. 3270 per quelli fra coniugi. La successione infatti — argo menta con ineccepibile logica il Supremo Collegio — si è aperta nel giorno stesso della morte del de cujus anteriormente all'esecuzione della trascrizione, e, come tale, costituendo un prius rispetto a questa, costituisce anche un prius rispetto agli effetti civili del vincolo matrimoniale e quindi all'acquisto dello status coniugale e dei suoi conseguenti effetti giuridici da parte del coniuge sopravvivente ; onde quest'ultimo non può avere diritti di richiamarsi all'efficacia di tale matrimonio ed al pos sesso di tale status ed invocarne l'applicazione a suo beneficio per quanto attiene siffatti rapporti successori, trattandosi di una situazione giuridica sorta e maturatasi in un tempo ante riore al riconoscimento civile del suo vincolo matrimoniale e al l'assunzione del suo status coniugale (2).

(1) In Foro it., 1932, 1. 1724. (2) In senso conforme si era già pronunciata del resto tutta la dottrina

ad eccezione del Falco, il quale d'altra parte si era limitato ad affermare che al coniuge sopravvivente spettassero anche i diritti alla successione, senza fornire alcuna dimostrazione e giustificazione di tale sua opinione. Per le ci ' tazioni bibliografiche al riguardo, cfr. infra, nota 4.

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