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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE || Sezioni unite; udienza 8 luglio 1937, n. 2382;...

Date post: 29-Jan-2017
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Sezioni unite; udienza 8 luglio 1937, n. 2382; Pres. Casati P., Est. Porro Regano, P. M. Terra Abrami (concl. conf.); La Costa (Avv Gigliotti) c. Finanze (Avv. di Stato De Bernardinis) Source: Il Foro Italiano, Vol. 62, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE (1937), pp. 1455/1456-1457/1458 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23138790 . Accessed: 28/06/2014 07:52 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.30 on Sat, 28 Jun 2014 07:52:09 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezioni unite; udienza 8 luglio 1937, n. 2382; Pres. Casati P., Est. Porro Regano, P. M. TerraAbrami (concl. conf.); La Costa (Avv Gigliotti) c. Finanze (Avv. di Stato De Bernardinis)Source: Il Foro Italiano, Vol. 62, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1937), pp. 1455/1456-1457/1458Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23138790 .

Accessed: 28/06/2014 07:52

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1455 PARTE PRIMA 1456

La Corte, ecc. — Col primo motivo assume la Società

ricorrente, che sia caduta in errore la Corte di appello, facendo dipendere il di lei diritto a chiedere la restitu zione delle somme pagate al Hellana, in ragione degli utili della azienda, dalla scusabilità dell'errore, in cui in

ipotesi si sarebbe trovato lo Scavini circa l'esistenza de

gli utili stessi, e formulando perciò la perizia in modo da

poter ricavare da essa anche gli elementi necessari a

quel fine.

La censura, ad avviso del Supremo Collegio, deve ri tenersi fondata.

A differenza dell'azione basata sull'art. 1237 cod. civ., che ha per fondamento la mancanza, il successivo venir meno o la illiceità della causa del pagamento, e nella

quale l'errore di chi ha pagato è elemento del tutto estra neo alla azione, nella ripetizione dell'indebito propriamente detto, che riposa sul quasi-contratto e di cui agli arti coli 1145 e 1146 cod. civ., requisito essenziale dell'azione è l'errore del solveiis, in quanto cioè egli abbia pagato nella credenza di essere debitore verso la persona cui

prestò il pagamento (art. 1145) del quantum pagato (ar ticolo 1146).

Nessuna distinzione fa la legge in ordine alla natura e qualità dell'errore ; onde pare conforme alle buone re

gole di interpretazione, come non si distingue fra errore di fatto e di diritto, non distinguere fra errore scusabile e inescusabile. Solo quando il soìvens ha pagato sapendo di non essere debitore, in tal caso alla causa mancante ne viene sostituita una nuova: l'atto di liberalità. In tale senso del resto si è già pronunciato questo Supremo Col

legio nella sentenza 27 luglio 1935, in causa Ricci-Sini baldi (Foro it., 1935, I, 1597).

La Corte di appello, per affermare la necessità della scusabilità dell'errore, è partita dalla considerazione che chi è caduto in errore, per non avere in ipotesi usato la ordinaria doverosa diligenza, per il concetto giuridico di

responsabilità che è insito nella colpa, non può sottrarsi

all'adempimento della propria obbligazione ; allo stesso modo che in ogni negozio giuridico soltanto la scusabilità dell'errore può rendere nullo il negozio medesimo.

Codeste considerazioni non sembrano atte a suffragare l'assunto della Corte di appello, poiché, a parte che esse

partono dal presupposto, da dimostrarsi, che la legge non offra per sè la base per la soluzione diretta del quesito

(che cosa voglia cioè dire la legge richiedendo per la ri

petizione dell'indebito l'errore del solvens), la diversità sostanziale delle due situazioni giuridiche (l'una che ri

guarda i requisiti del consenso necessari per dar vita ad un contratto, l'altra lo stato di conoscenza in cui si trova il solvente) non potrebbe, per il principio di cui all'art. 3 delle preleggi, consentire l'applicazione analogica delle norme dettate per la prima alla seconda ; mentre l'altro rilievo non giova alla dimostrazione dell'errore che l'as sunto del solvens, per autorizzare la ripetizione, debba se condo la legge essere scusabile.

Il resistente, dopo aver difeso la denunciata sentenza con argomenti desunti da qualche precedente giurispru denziale e dalla dottrina, che il Supremo Collegio ritiene di aver superati colle considerazioni sopra svolte, osserva in subordine che, anche nella ipotesi che non fosse con divisa la tesi della Corte di appello circa la necessità della scusabilità dell'errore del solvens, la sentenza stessa

potrebbe essere salvata dall'annullamento solo correggen dola nella parte che dispone la perizia, la cui necessità è fuori di contestazione.

Codesta soluzione non pare accettabile, perchè la perizia è stata predisposta non solo al fine generico della determi nazione degli utili e delle fonti dalle quali sono stati desunti, ma pure allo scopo che essa fornisca il modo di stabilire la scusabilità o meno dell'errore dello Scavini nell'apprez zamento degli utili, e il mantenerla integralmente sulla estensione in cui fu disposta dalla Corte di appello pro durrebbe difficoltà ed equivoci che devono senz'altro eli minarsi. (Omissis)

Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DEL REGNO.

Sezioni unite; udienza 8 luglio 1937, n. 2382; Pres. Ca sati P., Est. Porro Regano, P. M. Terra Àbrami

(conci, conf.) ; La Costa (Avv Gigliotti) c. Finanze

(Avv. di Stato De Bernardinis).

(Sent, denunciata : App. Catanzaro 28 gennaio 1936)

Solve et repete — Opposizione ad atti esecutivi dell'esattore — Eccezione di pagamento del tri buto — Solve et repete — Inapplicabilità —

Produzione delle relative bollette — Riferimento alle annualità di tributo pretese — Accertamento demandato ai giudici di inerito (L. 20 marzo 1865 n. 2248 ali. E, sul contenzioso amministrativo, art. 6 ; L. 17 ottobre 1922 n. 1401, sulla riscossione delle

imposte dirette, art. 66).

Non è soggetto all'obbligo del solve et repete il contri buente che si opponga all'avviso di pagamento di un tributo deducendo di averlo già pagato mediante pro duzione de'le relative bollette, di cui sia solo da ac certarsi il riferimento alle annualità di tributo pre tese ; al che deve provvedere il giudice di merito, sfuggendo al compito del Supremo Collegio. (1)

La Corte, ecc. — Il ricorso è fondato.

L'impugnata sentenza, senza alcuna valutazione cri tica dei dati di fatto esposti in narrativa, riformava la sentenza del primo giudice e dichiarava l'inammissibilità

dell'opposizione contro l'avviso esattoriale, sul generico assunto che nessuna distinzione, ai fini dell'applicazione della norma del solve et repete, si trova in legge tra que stione di pagamento ed altra questione di imposta.

Che invece una distinzione dovesse ravvisarsi, discende dalla stessa intitolazione del precetto, constante di due elementi solve et repete, la cui osservanza esige la pre liminare ricerca sul concorso, in concreto, del primo dei suoi elementi, e cioè, an solutuiyi sit.

Su ciò comandano, a prescindere da altre disposizioni, e l'art. 6 legge 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E, per cui «in ogni controversia di imposta gli atti di opposizione, per essere ammissibili in giudizio, dovranno accompagnarsi dal certificato di pagamento dell'imposta» e l'art. 66 della

legge esattoriale testo unico 17 ottobre 1922 n. 1401, « per cui non è ammesso, per la sospensione degli atti esecu

tivi, altra eccezione che quella di pagamento nè altre prove di pagamento che la quietanza dell'esattore », in modo che, per quanto riguarda il certificato, la quietanza od il pa gamento, doveroso si presenta il controllo da parte del

giudice, sia nel caso in cui la questione de soluto costi tuisca una pregiudiziale di altra liberatoria o riparatoria, sia che essa si esaurisca in sè stessa nell'accertamento, positivo o negativo, del normale adempimento dell'obbligo tributario.

Or per la prima ipotesi (questione pregiudiziale) si

configura il discusso precetto, mentre è inconcepibile per l'altra.

Il far dipendere invero l'ammissibilità dell'eccezione di pagamento da altro pagamento si residua in una oscura

(1) Si consultino in proposito le decisioni della Corte Su prema, ricordate nel corso della motivazione, del 29 maggio 1929 {Foro it., Rep. 1929, voce Solve et repete, nn. 23, 24) e del l'il maggio 1931 (id., Eep. 1931, voce cit., n. 1) la quale ultima ha ritenuto che il principio del solve et repete si applica non sol tanto quando con l'opposizione all'ingiunzione di pagamento del tributo si ponga in discussione l'esistenza o l'ammontare della tassa o la regolarità della procedura di accertamento, ma anche quando il contribuente sostenga di avere già pagato l'im posta (nella specie per altro il contribuente sosteneva che la tassa pretesa era duplicato di altra già pagata).

Nello stesso senso della sentenza che pubblichiamo, in ap plicazione al caso di ingiunzione di pagamento di dazi doga nali, ma con riferimento alla questione generale, vedi stessa Corte 17 novembre 1928 Hd., Eep. 1928, voce Dogana, nn. 6, 7).

In dottrina si consulti sul punto Scandale, La riscossione delle imposte dirette, IV ediz., Napoli, 1935, pag. 421 e segg.

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GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE

petizione di principio, con l'effetto di interdire al con" tribuente la facoltà legale di rendersi opponente, ove ogn1 sua istanza dovesse, senza remissione, venir respinta con

sempre nuove pretese di pagamento al riprodursi inces sante dell'eccezione del solve et repete, malgrado che con

regolare bolletta si assumesse lo adempimento dell'obbligo fiscale.

A torto si prospettano, come contrarie, alcune deci sioni di questa Corte (29 maggio 1929, n. 1819, Foro it., Rep. 1929, voce Solve et repete, nn. 23, 24 ; 11 maggio 1931, n. 1761, Foro it., Rep. 1931, voce cit., n. 1), le

quali invece considerarono la questionesul pagamento come

pregiudiziale ad altre di rifacimento o restituzione, di chiararono cioè l'inefficacia di pagamenti a mani di di

pendenti o collaboratori infedeli a servizio della persona od amministrazione, che procedeva alla riscossione, e fa ceva luogo all'applicazione del noto precetto, per non do

versi, una prestazione di diritto pubblico di indefettibile

adempimento, quale l'imposta, complicare con contro versia individuale di responsabilità indiretta in eligendo o vigilando, stata perciò rimandata.

Ma laddove l'allegazione del pagamento ha funzione soltanto di eccezione meramente estintiva, in base a nor male soddisfazione di obbligo, asseverata con le debite

quietanze, nè implica punto una contropretesa possibile, ri convenzionale o compensativa (come negli esempi menzio nati nelle dette sentenze, tra credito tributario e contro credito di responsabilità), deve, senz'altro, riconoscersi la competenza dell'autorità giudiziaria ordinaria, da espli carsi sulla base delle quietanze regolamentari, impugnate nella specie, non per la forma, ma solo per la pertinenza ; il che concerne appunto il primo capo di opposizione (al quale soltanto ha riferimento il ricorso) riguardante le imposte dall'anno 1920 al 1925.

Nè all'opera di verificazione, o di raffronto tra quie tanze e tributo deve accingersi, come si pretende, questo Supremo Collegio, che esercita, è vero, podestà di giu risdizione, anche in merito, al fine di statuire, in base

agli atti, sulla competenza (art. 544 cod. proc. civ.), ma non oltre quanto occorre a determinare i criteri legali di esse (materia, grado, quantità, territorio) e quindi, una volta stabilita la competenza ordinaria, pel titolo gene rale della materia, sull'eccezione di pagamento, non può procedere a maggiori investigazioni (nella circostanza poi, anche alquanto complessa per le varie quietanze e le va rie partite di imposte), in conseguenza delle quali altro non resterebbe, se non definitivamente accogliere o ri

gettare la domanda in opposizione, compito del tutto estra neo all'ufficio di questo Supremo Collegio (cfr. art. 4

legge 31 marzo 1877 n. 3761). E' ovvio poi che, con l'ammettere l'eccezione di pa

gamento senza la restrizione del solve et repete, in nulla si pregiudica l'eseguibilità degli atti, non soggetta, in

materia, per alcuna guisa, all'arbitrio della parte oppo nente, come, del resto, per regola, anche nella procedura ordinaria (art. 660 cod. proc. civ.) ; eseguibilità inoltre

neppure dipendente dal precetto del solve et repete, per consistere questo nel diniego del giudice, mezzo comple mentare di coercizione, in aggiunta all'intrinseca esegui bilità degli atti, manifesta in forza delle citate dispo sizioni e dell'art. 63 legge esattoriale, che non obbligano alla sospensione, ma enunciano le condizioni della sospen sione, della quale resta arbitro l'esattore o l'Ammini strazione.

Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DEL REGNO.

Sezione I civile ; udienza 6 luglio 1937, n. 2309 ; Pres. ed est. Casati P., P. M. Terra Àbrami (conci, conf.) ; Società Eridania Zuccherifici Nazionali (Avv. Cammeo, Tumedei, Boccardi)c. Finanze (Avv. Di Stato Dedin).

{Sent, denunciata : App. Genova 10 luglio 1936)

Registro — Società anonima — Riduzione del ca

pitale sociale — Distribuzione delle riserve ai soci — Tassa applicabile all'atto relativo (E, D.

30 dicembre 1923 n. 3269, sulle tasse di registro, ar

ticoli 4, 8; tariffa all. A, art. 111).

L'atto con cui l'assemblea di una società anonima de

libera, in occasione della riduzione del capitale so

ciale, la distribuzione delle riserve ai soci è soggetto alla tassa graduale e non alla tassa fissa prevista dall'art. Ili della tariffa ali. A annessa alla legge di registro 30 dicembre 1923 n. f-269. (1)

La Corte, ecc. — Col primo mezzo la ricorrente la

menta che la Corte di merito abbia respinta senza moti vare la chiesta applicazione della tassa fissa prevista dal l'art. Ili della Tariffa annessa alla legge del registro 30 dicembre 1923 n. 3269, di cui, a suo dire, ricorrerebbero

gli estremi per trattarsi di un atto notarile (verbale di

assemblea, rogato da notaro, contenente deliberazione di distribuzione di utili sociali accantonati nelle riserve) che non è specificamente menzionata in tariffa.

La censura è infondata. La sentenza respinge questo assunto con una motiva

zione, la cui laconicità non esclude la sua sufficienza a

giustificare una soluzione sostanzialmente,esatta.

L'applicabilità della tassa fissa prevista dall'art. Ili

presuppone la dimostrazione che non si tratti di uno de

gli atti menzionati nell'art. 4, sottoposti a tassa progres siva, proporzionale o graduale.

Questo é il pensiero della sentenza impugnata e che racchiude un concetto indubbiamente esatto di ermeneu tica legale.

Sotto l'aspetto formale questo concetto risponde alla formulazione negativa dell'invocato art. Ili della Tariffa ; sotto quello sostanziale, pienamente aderisce al principio generale stabilito dall'art. 8, secondo cui un atto che per la sua natura ed i suoi effetti risulti soggetto a tassa pro gressiva, proporzionale o graduale, ma non si trovi no minativamente indicato nella tariffa, è soggetto alla tassa stabilita dalla tariffa per l'atto col quale per la sua na tura e per i suoi effetti ha maggiore analogia. Il che si

gnifica che la specifica menzione dell'atto nella Tariffa, la cui mancanza autorizza l'applicazione della tassa fissa pre vista dall'art. Ili, va riferita non già alla sua letterale

denominazione, ma alla natura sostanziale ed agli effetti del suo contenuto.

Nella specie, la sentenza dichiara che l'atto con cui l'assemblea sociale delibera di distribuire le riserve ha la natura e gli effetti di semplice dichiarazione e attribu zione di valori o di diritti, senza che ne operi la trasmis sione ; ha cioè la natura e gli effetti di quegli atti che l'art. 4 sottopone alla tassa graduale.

Contro questa statuizione si rivolgono le censure del secondo e del terzo mezzo del ricorso, il cui ragionamento

può, nelle sue linee essenziali, così riassumersi. Le riserve sono costituite da utili accantonati ; la

ragione per cui viene sottoposto alla tassa fissa pre vista dall'art. Ili l'atto assembleare con cui è deli

(1) La sentenza denunciata App. Genova 10 luglio 1936 può leggersi in Temi yen., 1936, 591 e riassunta in Foro it., Rep. 19%, voce Registro, n. 295.

In argomento si consulti Cass. Regno 11 giugno 1931 (2 sentenze) in Foro it., JRep. 1931, voce Registro nn. 234, 235, la quale ha ritenuto che l'atto col quale una società anonima de libera di ridurre il capitale e di assegnare l'importo di tale ri duzione fra gli azionisti rimborsando un certo numero di azioni ovvero una determinata quota su ogni azione, è soggetto alla tassa graduale ai sensi dell'art. 89 della tariffa ali. A alla legge di registro, e non alla tassa fissa di cui all'art. 86 della stessa tariffa.

Ricordiamo che la Corte Suprema ha anche recentemente deciso che il passaggio di riserve al capitale equivale ad un nuovo conferimento da parte dei soci : cfr. la decisione del 28 giugno 1937 n. 2150 (Massimario, 1937,' 473) e l'altra pure del 28 giugno 1937 n. 2146 (vedine la motivazione in Foro it., 1937, I, 1067 con richiami in nota). Su tal punto, con riferimento alla surriferita decisione, si consultino le osservazioni critiche della Riv. legislaz. fise., 1937, 631.

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