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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE || Sezioni unite; udienza 12 aprile 1916; Pres....

Date post: 31-Jan-2017
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Sezioni unite; udienza 12 aprile 1916; Pres. Mortara P. P., Est. Marmo, P. M. De Notaristefani (concl. conf.); Comune di Napoli (Avv. Gianturco) c. Veccia (Avv. Galgano, Mirenghi) Source: Il Foro Italiano, Vol. 41, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE (1916), pp. 1099/1100-1101/1102 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23119332 . Accessed: 28/06/2014 14:15 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.31.195.97 on Sat, 28 Jun 2014 14:15:24 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezioni unite; udienza 12 aprile 1916; Pres. Mortara P. P., Est. Marmo, P. M. De Notaristefani(concl. conf.); Comune di Napoli (Avv. Gianturco) c. Veccia (Avv. Galgano, Mirenghi)Source: Il Foro Italiano, Vol. 41, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1916), pp. 1099/1100-1101/1102Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23119332 .

Accessed: 28/06/2014 14:15

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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1099 PARTE PRIMA 1100

la lirma dell'interessato è requisito sostanziale per aversi

il nuovo socio.

Nè si dica ohe trattandosi di cessione sia diversa la

legge da applicare o la portata di essa.

Già si è osservato che il cessionario assume implicita

mente la qualità di socio; e, come nuovo socio, non può

non trovarsi obbligato all'osservanza delle indicate norme.

Non si può far differenza tra chi entri nella società in

aggiunta ai soci originari o in luogo di chi ne esca. Nè

la volontà del cedente può render vane le disposizioni

della legge che provvedono a uno speciale accertamento

della qualità di socio.

D'altra parte, occorre osservare che l'art. 224 di detto

codice esige, per le cooperative, l'autorizzazione dell'as

semblea onde aversi la possibilità di una cessione di

azioni; ma questa, che è disposizione singolarmente op

portuna per la natura personale di dette società, non è

che un'aggiunta a quanto dispone l'art. 169. La sezione

sotto la quale è scritto quel primo articolo comprende

le disposizioni che riguardano specialmente )e coopera

tive; ma queste, per il chiaro dettato dell'art. 219, sono

pur anche soggette alle disposizioni che regolano quella

specie di società di cui assumono i caratteri. Nel caso in

esafne, la «Fratellanza» è soggetta al già citato art. 169,

il quale nel suo primo capoverso dispone che auche la

cessione delle azioni nominative si opera con la dichia

razione sul libro dei soci, sottoscritta dal cedente e dal

cessionario.

Per tal modo, con retta interpretazione e applicazione

della legge, la Corte d'appello respinse la pretesa dello

Ziccarelli per essere riconosciuto cessionario nei con

fronti della cooperativa «Fratellanza», nel mentre non

rivestiva e non poteva rivestire la qualità di socio della

stessa, mancando la firma di lui nel registro dei soci, nè

permettendo il codice altro modo d'iscrizione o altro

mezzo di accertamento, ricorra o non ricorra la circo

stanza della cessione. L'autorizzazione dall'assemblea bene

è stata caratterizzata da essa Corte come un presupposto

necessario della cessione, ma non come atto per sè solo

sufficiente a costituire la cessione attuale e definitiva nei

rapporti della società.

Le cose esposte dimostrano innanzi tutto l'infonda

tezza dei motivi primo e terzo del ricorso, perchè neces

sariamente la Corte di merito ha dovuto occuparsi della

qualità di socio dello Zaccarelli onde escludere la do

manda di lui d'essere riconosciuto cessionario; e non ha

confuso la cessione delle azioni coll'ammissione di nuovo

socio, mentre ha ritenuto e deciso che lo Zaccarelli non

avendo azione per farsi riconoscere socio, non poteva

pretendere di esercitare i diritti che spettavano al ce

dente. Nè vi è bisogno di rilevare che l'azione da lui

promossa ebbe appunto per oggetto di veder regolarizzata

la sua iscrizione nel libro dei soci.

Con ciò si dimostra altresì come non sia fondata l'ob

biezione fatta in fine al primo mezzo, che, cioè, lo Zac

carelli abbia limitato la sua domanda al riconoscimento

della regolarità della cessione e mai abbia pensato a farsi

dichiarare socio: per la qual cosa la Corte di merito, giu

dicando che esso non aveva azione per farsi dichiarare

socio avrebbe pronunziato su cosa non domandata. D'al

tronde l'infondatezza di tale censura si rende manifesta

quando si osservi che dagli atti della causa risulta, in

vece, che lo Zaccarelli non ha affatto limitato le sue

istanze nel senso ora affermato, ma esplicitamente ha so

stenuto che in virtù della cessione era diventato socio e

che tale qualità doveva dalla società « La Fratellanza »

essergli riconosciuta.

E le premesse considerazioni mostrano pure che non

meno infondata è la pretesa, contenuta nel motivo se

condo, d'essere lo Ziccarelli considerato cessionario del

Moruzzi itidipeudentemente dalla qualità di socio; per

chè, in mancanza di questa, non si comprende quali rap

porti potrebbero stabilirsi tra lui e la Società. Che se

detti rapporti dovessero concretarsi nel concetto espresso nell'altra parte delio stesso motivo, è facile la risposta. Si lamenta ivi che la Corte di merito ha disconosciuto

la possibilità di una cessione del godimento, mentre l'art. 2

deìlo statuto dispone appunto che tra gli scopi sociali

vi è quello di locazione delle case a soci e a non soci.

Tutta la causa è consistita nella pretesa dello Zacca

relli di esser riconosciuto cessionario del Moruzzi e, come

tale, per poter godere la casa che era stata a quest'ultimo

assegnata dalla Società. Di nessuna minor domanda, per

godimento a titolo di locazione, vi è traccia negli atti ;

e appare quindi evidente che ogni lamento al riguardo

non ha ragion d'essere in questa seda, trattandosi di que

stione nuova, che non fu in precedenza sottoposta alla

cognizione de; giudici di merito.

Per q'ue3ti motivi, rigetta, ecc.

CORTE Dì CASSAZIONE 111 ROMA Sezioni unite; udienza 12 aprile 1916; Pres. Mortara

P. P., Est. Marmo, P. M. De Notarìstefani (conci,

conf'.); Comune di Napoli (Avv. Gianturco) c. Veccia

(Avv. Galgano, Mirenghi).

Impiegalo eoiunnale — Pensione — Controversie re

lativo — Coiupetema gtudiitaria — Omissione di

provveillraenti ammtolitrsilvi (L. 17 agosto 1907,

sulla Giunta prov. amministrativa, art. 1; L. '20 marzo

1865, alleg. E, sul contenzioso amministrativo, art. 2,4).

Le controversie relative al diritto a pensione da parte

degli impiegati comunali e alla sua misura sono di

competenza. dell'autorità giudiziaria e non della Giunta

provinciale amministrativa. (1)

Tale competenza non cessa per il fatto che il Comune,

trattandosi di pensione privilegiata, non abbia prov

veduto alle formalità richieste dai propri regolamenti

per la relativa concessione. (2)

La Corte, eco. (Omissis). — Considera che il fonda

mento del ricorso si riassume nella violazione degli art. 2

e 4 della legge sul contenzioso, giacché si sostiene che

a stabilire la misura della pensione dovuta al Veccia, im

piegato del Comune, aia competente la Giunta provinciale

amministrativa e non l'autorità giudiziaria.

Ora, senza dilungarsi, giacché la giurisprudenza di

questa Suprema Corte è costante da formare ius receptum

(1) Giurisprudenza costante. Vedi in conformità le decisioni

della stessa Corte 7 marzo 1904 (Foro it., 1904, I, 909, con nota),

1 giugno 1906 (id., Rep. 1906, voce Impiegato com., n. 69), 23 mag

gio 1913 (id., Rep. 1913, voce cit., n. 90); nonché Trib. Napoli

16 dicembre 1904 (id., Rep. 1905, voce cit., n. 42); App. Venezia

16 ottobre 1906 (id., Rep. 1906, voce cit., n. 30); App. Cagliari

13 giugno 1907 (id., Rep. 1907, voce cit., n. 114); App. Lucca

13 marzo 1908 id., Rep. 1908, voce cit., n. 92); App. Venezia

1 luglio 1910 (id., Rep. 1910, voce cit., n. 49).

(2) Conforme, per i deliberati amministrativi in genere oc

correnti per la concessione della pensione a impiegati comu

nali, la succitata sentenza del Tribunale di Napoli 16 dicem

bre 1904 (Foro il., Rep. 1905, voce Impiegati com., n. 42).

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GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE

per doversi ritenere la competenza giudiziaria, basti ri

chiamare il disposto del n. 12 dell'art. 1 del t. u. 17 ago

sto 1907 delle leggi sulle attribuzioni della Giunta pro

vinciale amministrativa in sede giurisdizionale (art. 1

della legge 1° maggio 1890) per convincersi nell'errore

in cui cade il Comune di Napoli.

Di vero, il citato disposto limita la giurisdizione di

quell'organo a pronunziare soltanto sui ricorsi degli im

piegati provinciali e comunali e degli altri enti soggetti

alla sua tutela « contro le deliberazioni delle rispettive

Amministrazioni, con le quali siano stati destituiti, di

spensati dal servizio o in qualsiasi altra forma licenziati,

o siano stati sospesi per un tempo maggiore di tre mesi,

ovvero siasi provveduto alla formazione del ruolo di an

zianità». Ora, questo è il campo su cui è chiamata la

Giunta provinciale amministrativa a esplicare la propria

giurisdizione nei rapporti degli impiegati delle dipendenti

Amministrazioni, e non si fa menomamente parola delle

controversie sulle pensioni. La ragione di questa giuri

sdizione in quell'organo amministrativo è chiara, giacche

quei provvedimenti indicati in quel disposto sono ema

nati a seguito di estimazione dei fatti secondo criteri

amministrativi che non sono, nò possono essere sottoposti

al sindacato giudiziario senza ingenerare confusióne e

invasione di poteri. Per contrario, trattandosi di stabilire

la misura della pensione, i criteri amministrativi non

entrano per determinarla, poiché vi sono la norme ob

biettive che regolano quel i-apporto d'impiego o che creano

il diritto civile perfetto dell'impiegato ad ottenerla in

quella data misura. E questo diritto non può farsi valere

che innanzi all'autorità giudiziaria, giacché non vi ha

nella nostra legislazione altro organo giurisdizionale che

su questo oggetto possa decidere. Solamente per gli impie

gati dello Stato la materia delle pensioni è sottratta alla

competenza ordinaria e attribuita alla Corte dei conti.

Certamente, nessuno mai vorrà disconoscere che la

pensiona sia un diritto civile patrimoniale perfetto e costi

tuisca, come lo stipendio, la controprestazione dell'opera

che l'impiegato presta alla pubblica amministrazione. Nella

promessa della pensione fatta dall'ente, e a cui tacita

mente accede la persona nell'assumere l'impiego, si ri

scontra, senza dubbio alcuno, un accordo di volontà, che

nel mentre non fa tramutare il rapporto d'impiego pub

blico in uù contratto disciplinato dal codice civile, ha

però un contenuto pienamente giuridico da creare veri

diritti civili patrimoniali, certi, precisi e perfetti, nella

persona che assume F impiego, e obblighi corrispettivi

nell'ente, E perciò, non essendovi nella nostra legisla

zione altra giurisdizione che possa decidere sulle contro

versie che insorgono per stabilire se e in quale misura

sia dovuta la pensione agli impiegati comunali, provin

ciali, ecc., consegue che questa materia sia devoluta alla

giurisdizione ordinaria; ammenoché non si voglia rite

nere che questo diritto patrimoniale perfetto non debba

avere alcuna tutela giurisdizionale e sia del tutto in balìa

delle Amministrazioni locali. Va quindi respinto il primo

motivo.

Il Comune di Napoli prospetta l'incompetenza giudi

ziaria anche sotto un altro ordiue d'idee e dice: «Per

il conferimento della pensione privilegiata ad una guardia

municipale occorre che l'inabilità per causa di servizio

sia debitamente accertata a norma dell'art. 20 de! rego

lamento, e che inoltre sia deliberata dalla maggioranza

dei consiglieri assegnati al Comune, cioè con voti 41, e

poiché nel caso Veccia manca questa deliberazione, ne

consegue l'incompetenza giudiziaria a pronunziare sulla

domanda del Veccia suddetto».

Ma un tale raziocinio contiene un difetto logico, quello

di ricavare una conseguenza non contenuta nelle premesse. Non perchè l'Amministrazione non abbia fatto quello

che il regolamento le imponeva consegue che l'autorità

giudiziaria sia incompetente a pronunziare sulla domanda

di un'ex-guardia che chiede la liquidazione della pen

sione e in una determinata misura: manca ogni nesso

logico fra le premesse e la conseguenza.

Ma, a parte ciò, e ritenuto che l'Amministrazione avesse

osservato tutte le formalità di cui agli art, 20 e 79, e

pur non pertanto avesse negato la pensione, o l'avesse

concessa in misura minore di quella dovuta, nessuno al

certo dubiterà «he l'impiegato possa adire l'autorità giu

diziaria. Ora, per identità di ragione può essere adito il

giudice comune nel caso in cui l'Amministrazione disco

noscesse il diritto dell'impiegato o il quantum gli sia

dovuto senza osservare le formalità impostele. Le forma

lità prescritte dai citati articoli sono condizioni perchè

l'Amministrazione spieghi la sua attività, ma non già con

dizioni pel conseguimento del diritto alla pensione da

parte dell'impiegato. Diritto che non è una concessione

graziosa e che non rientra nell'attività discrezionale del

l'Amministrazione comunale, e non sorge se e quando il

Consiglio lo riconosca. Quella formalità costituisce, come

si è detto, un vincolo dell'attività dell'Amministrazione e

nello stesso tempo un mezzo di precostituzione di prova

nell'interesse della medesima, a cui l'impiegato non può

sottrarsi. Ora, se l'Amministrazione non opera a tempo

debito questo accertamento, non consegue che venga meno

il diritto dell'impiegato e che sia incompetente l'auto

rità giudiziaria a dichiararlo.

Ma, a parte questo, in tesi, la Corte riconobbe in fatto

che le formalità volute erano state adempite, desumen

dolo dalla deliberazione della Giunta, dalle perizia colle

giale e da tutti gli atti della causa. E contro questo ap

prezzamento non può la Cassazione emettere censura alcuna.

Va di conseguenza respinto anche il secondo motivo.

Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE Di CASSAZIONE DI ROMA I. — Sezioni unite; udienza 27 marzo 1916; Pres. Mor

tara P. P., Est. Coppola, P. M. De Feo (conci,

coutr.); De Curtis c. De Curtis.

II. — Udienza 29 aprile 1916; Pres. Mortasa P. P.,

Est. Petrone, P. M. De Notaristefani (conci, corif.);

Napolioni (Avv. Zucconi, Scialoja, Ciotti) c. Napo

lioni (Avv. Dari, Sinìbaldi).

Testamento — Olografo — Antidata o postdata — V»

1 fil11* del testamento —. Rteoatrnalone della data

vera (Cod. civ., art. 775, 804),

Testamento — Olografo — Contenuto — Impugnativa

— Prova (Cod. civ., art. 775).

La data non vera perchè non corrispondente al momento

della confezione dell'atto (antidata o postdata) non

equivale alla data falsa, e quindi, se scritta di mano

del testatore, non costituisce vizio formale del testa

mento olografo e per se stessa non ne imporla la nul

lità (la e 2a sentenza). (1)

(1-2) Vedi nello stesso senso App. Napoli 19 luglio 1912

{Foro it., 1912, 1, 1171, con nota critica del prof. A. Ascoli; e

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