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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE || Udienza 1 aprile 1882; Pres. Mirabelli P. P.,...

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Udienza 1 aprile 1882; Pres. Mirabelli P. P., Est. Valentino —Mainone c. Calderone Source: Il Foro Italiano, Vol. 7, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE (1882), pp. 907/908-911/912 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23089424 . Accessed: 25/06/2014 05:06 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.78.109.162 on Wed, 25 Jun 2014 05:06:04 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE || Udienza 1 aprile 1882; Pres. Mirabelli P. P., Est. Valentino — Mainone c. Calderone

Udienza 1 aprile 1882; Pres. Mirabelli P. P., Est. Valentino —Mainone c. CalderoneSource: Il Foro Italiano, Vol. 7, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1882), pp. 907/908-911/912Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23089424 .

Accessed: 25/06/2014 05:06

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907 PARTE PRIMA 908

del conflitto, deducendo: dalla conclusione tolta col

Tatto di citazione risultare che l'oggetto della do

manda, onde soltanto vuoisi determinata la compe

tenza, sta appieno nei limiti della ordinaria giuri

sdizione. Locché si impugna dall'amministrazione, la

quale sostiene la icompetenza giudiziaria.

Diritto: — Attesoché sebbene ogni domanda contro

lo Stato per risarcimento di danno presupponga, nella

forma in che viene proposta, la esistenza di un di

ritto, da cotale apparenza tuttavia non consegue in

declinabile la competenza del potere giudiziario. Im

perocché, misurandosi questa dall'oggetto della do

manda, è preliminare sostanziale ed implicito, nel

giudizio di conflitto, l'esame della causa pelendi per

definire se l'obbietto del contendere cada sovra que

stione di diritto civile, ovvero contempli ed investa

materia che, deferita ad attribuzione esclusiva dej

potere amministrativo, sta fuori del campo, in cui

sorgono e possono pretendersi veri diritti, che val

gono soli ad addurre possibilità di giudizio devoluto

con attributo di competenza alla giurisdizione or

dinaria.

Attesoché, ciò posto, nel giudicio per rifacimento

di danni promosso dalla Ditta attrice sia a conside

rare che (non contraddetta la esistenza della tri

china nelle carni arrestate alla frontiera e non con

trastata al Governo la potestà, per la legislazione

sanitaria vigente, di impedire di cotali carni infette la

introduzione e lo smercio), la ragione della domanda

fondisi su ciò che, consentito primamente, sotto de

terminate condizioni pienamente osservate, il tran

sito nello Stato per la Svizzera della merce, venne

di questa dappoi alla frontiera impedita la libera

estradizione; onde, cagioni di danno, la mancata con.

segna agli acquisitori, il deprezzamento per la im

posta trasformazione e la necessità del susseguito

abbandono.

Che lo esercizio e la normale esplicazione di fa

coltà consentita al Governo non può per sé addurre

lesione di diritto privato altrui, opponibile soltanto

quando o eccesso di potere, o inosservanza di forme

tutelari (ciò che non è nelle suesposte condizioni del

fatto), facciano illegittima l'azione governativa.

Che, a dare parvenza di proponibilità, per fonda

mento di diritto, ed analoga azione giudiziaria, s'in

voca invano, come atto di gestione onde siano sorti

rapporti convenzionali, il permesso di transito alla

Svizzera, primamente concesso, poi tolto e, dicesi, non

più retraibile senza congruo compenso. Di vero l'in

dole dell'atto, lo si voglia di gestione o d'impero,

devesi argomentare e fissare non già per le moda

lità accidentali nello estrinsecarsi dell'atto stesso

ma dedurre dalla essenza intrinseca della funzione,

in esercizio della quale lo si compie. E l'atto dello

Stato, non provvidente nell'ambito legittimo di sue

tutelari funzioni d'imperio, ma prepotente, può ad

durre responsabilità di quasi delitto, non mai con

fondersi con quella di gestione. Epperò male si ri

corre al fatto di concessione prima data e poi revo

cata in caso, come il presente, di provvedimento so

stanzialmente d'ordine pubblico e non di gestione (e,

per ciò, in tema che non radica diritti, ma crea in

teressi), per dedurre diritto acquisito e poscia leso;

poiché, non impugnato il fatto medesimo per eccesso

di potere o vizio di forma, erroneamente lo si sup

pone capace di essere, per sé, fonte e base di diritto

contrattuale e si eccita a sconfino di competenza il

giudice che viene chiamato a decidere, come se di

ordinaria contenzione, dell'uso discretivo di attribu

zione esclusivamente potestativa al Governo.

Che, per ultimo, dato anche certo il danno del pe

tente, nell'indicato ricorrere odierno di regolare

provvedimento emesso à salvaguardia della pubblica

sanità, manca, sotto altro aspetto ancora, per pre

tendere ad indennizzo, il substrato della vera le

sione di un diritto. Infatti allo introdurre e allo

smerciare in luogo sano oggetto sospetto o certo d'in

fezione può aversi tornaconto, non diritto. Se la

merce non si confisca, ma si respinge o le si impone

per lasciarne con incolumità la libera circolazione,

una trasformazione che anche ne scemi d'assai il va

lore (e del respingere od imporre trasformazione é

momento opportuno e decisivo quello solo del mani

festarsi temibile il pericolo, senza obbligo di lunga

previsione, che è cómpito di speculazione commer

ciale, non limite assegnato per legge a restringere

prudenziale estimazione di opportunità commessa al

Governo), si ostacola un interesse più o meno lecito,

ma non si viola alcun diritto, non si sacrifica nep

pure, in una qualunque delle varie maniere di for

zata espropriazione per causa di pubblica utilità, la

proprietà del privato quando pure vogliasi tenere

che osservanza di proprietà come legittima e colle

scrupolose tutele di quella legittima perduri in sif

fatte contingenze. E dove non é diritto, difetta lo

estremo essenziale per la possibilità di un giudizio e

viene meno la competenza giudiziaria.

Per questi motivi, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DI NAPOLI. Udienza 1 aprile 1882; Pres. Mirabelli P. P., Est.

Valentino — Mainone c. Calderone.

Nuova opera — Nunciazlone — Creditore ipoteca rlo — Esercizio delle ragioni del debitore (Cod.

civ. art. 698, 1234).

Il creditore ipotecario non può, per proprio diritto,

esercitare Vazione per denunzia di nuova opera,

competente al suo debitore. (1)

Ma può sperimentarla, esercitando le ragioni del de

bitore per la conservazione dèi suo diritto.

La Corte, ecc. — Attesoché a svolgere convenien

temente il quesito in esame e a vedere in quanto

la sentenza impugnata possa dirsi violatrice della

legge, è mestiere fare una doppia ipotesi, vedere

(I) Si può consultare una sentenza della Cass. di Torino 2 dicembre 1878 (Foro ital. 1878, I, 1119J nella quale parimenti si ritenne che il possesso è elemento indispensabile per dare diritto all'esercizio dei

dazione di nunciazione di nuova opera.

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909 GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE 910

cioè quando il creditore agisce e voglia agire per

proprio diritto, e quando si faccia a denunciare la

nuova opera improntando le ragioni del suo debitore.

Attesoché l'art. 698 cod. civ. dispone potersi la

nuova opera, intrapresa così nel proprio che nell' al

trui fondo, esser denunciata da chiunque ha ragione

di temere che possa da essa derivar danno ad un

immobile, ad un diritto reale o ad altro oggetto da

lui posseduto. Da ciò si vede che, secondo il codice

italiano, il diritto novi operis nuncialio non compete

solo, come per legge romana, per ragion di dominio

e di servitù, ma pure per ragione di un jus posses

sions. — Il concetto del possesso è generale e sen

sibile, guardando al titolo del possesso, dove il cod.

ha collocato l'instituto della nunciazione. Il creditore

ipotecario ha sì un diritto reale sulla cosa ipotecata,

perchè l'ipoteca, dice l'art. 1964 cod. civ., è un di

ritto reale costituito sopra i beni del debitore o di

un terzo a vantaggio del creditore, ma però ó un di

ritto più potenziale che effettivo sugli immobili vin

colati, e gl'immobili gravati da questo vincolo non

possonsi considerare da lui posseduti. Il possesso è

quid facti, detentio rei corporalis, animo domini,

a titolo di proprietà: suppone una cosa corporale con

la quale è possibile un rapporto materiale. Non è

qui il caso di accennare al quasi possesso delle cose

incorporali, o al quasi possesso concepibile col di

ritto reale; accennando la legge nell'art. 698 al di

ritto reale; all'immobile e all'oggetto posseduto, si ri

ferisce certo a questo diritto reale, che mira alla in

columità della proprietà e del possesso. Il creditore

ipotecario lascia intatta la proprietà, né ha la deten

zione, nè il patronato di alcuna cosa, né per sè, né

per gli altri. Non bisogna dire che il creditore ipo

tecario é in possesso della cosa come lo è colui che la

detiene in pegno. Altro è il pegno, per le vigenti

leggi, così per le sue caratteristiché, che per i suoi

effetti: altro l'ipoteca. L'uno cade sulle cose mobili,

l'altro sulle cose immobili: questa, lasciando in potere

del debitore la proprietà, il possesso, e l'amministra

zione, non comprende che due diritti, quello di pre

ferenza, e l'altro di sequestro, mentre il pegno non

può sussistere senza tradizione. Pignus est contra

ctus bonae fidei, re constans, quo possessio in credi

torem transit. Hipoteca ius in re constituit in secu

ritatem crediti, non traslata in creditorum posses

sione. Voet. L. C. 20, tit. 1. par. 1. — E indarno si

fa ricorso alla legge U n. 5. de nov. oper, nunciat.

Creditori, qui pignoris nomine predium tenetur, per -

mittendum est de jure opus novum nunciare. Qui

la legge dice potere denunciare la nuova opera quei

creditori che han diritto di pegno come possessori

della cosa data in garantia, ma l'instituto del pegno,

giova ripeterlo, non si può confondere con quello

della ipoteca, e se può denunciare il creditore pigno

gnoratizio o l'anticretico, non può far lo stesso il

creditore semplicemente inscritto e non possessore.

La legge quindi non pare bene a proposito citata.

A riassumere, manca nel creditore ipotecario l'estre

mo tanto essenziale del possesso, voluto dalla legge

perchè egli possa nel proprio nome esercitare la de

nuncia della nuova opera. Ma questo non è tutto.

Egli proprio non ha un interesse giuridico attuale a

procedere. Invece il suo precipuo interesse è quello

di mantenere salda la garantia del suo credito, sia

generale, sia speciale. Potrebbe egli ben vero veder

diminuite le sue cautele per il fatto della nuova o

pera, ed allora gli viene in soccorso la legge, facol

tandolo a dimandare la riduzione e l'abbreviazione del

termine del suo contratto, far l'espropriazione al suo

debitore ed essere immantinenti pagato, e forse po

trebbe, allorché rr.ette in atto il suo diritto espro

priando l'immobile, esporlo all' incanto libero dalle

servitù che la nuova opera lia imposte. Ma il sem

plice apparire di una qualunque opera che non spo

sti seriamente la sua posizione, non importa meno

mazione del suo diritto, non importa l'eventus dainni

della incapienza del suo credito — quando dies nec

cedit, nec venit; nè, venuta la scadenza, egli intra

prende la espropriazione del fondo; la denunzia del

creditore ipotecario potrebbe assumere forme e sem

bianze di una esecuzione giudiziaria, e degenerare in

un vero ostacolo al libero esercizio che ha ognuno di

fare e disfare delle sue cose come più creda. Certo il

debitore può constituire una servitù sull' immobile

ipotecato, la quale non offende il diritto ipotecario

anteriore, nè l'azione a farlo cessare nasce nè può

esercitarsi che quando viene attuato il diritto ipote

cario. Ora il consenso tacito del debitore all' opera

nuova non presta diritti maggiori al creditore ipo

tecario.

Era scritto nell'art. 12 della legge napoletana del

29 dicembre 1828 che solo dal giorno in cui si de

nunciava il pignoramento al debitore, era a costui

interdetto di alienare in qualsivoglia modo gl'immo

bili pignorati, e di gravarli a qualunque titolo di

alcun peso che deteriorasse il preezo. Il che importa

che prima della denunzia medesima, il dominio ed il

possesso delle cose pur gravate d'ipoteca, non sia

trasmesso al creditore ipotecario, il quale non ha

posto ancora in movimento il suo diritto, e importa

altresì che gli atti fuggitivi, preliminari e straordi

nari della costituzione di una servitù, non gli deb

bano essere di pretesto perchè il debitore non si serva

de jure fruendi et disponendi de re sua. E la nuova

legge impedisce al debitore l'alienazione sol dopo la

trascrizione del precetto, ed ognuno sa che la costi

tuzione tacita od espressa di una servitù equivalga

ad alienazione.

Attesoché se sotto il primo superiore aspetto non

può venire censurata la sentenza di che è ricorso al

supremo Collegio, la si può ben vero per altra via.

Chiunque si obbliga, obbliga i suoi beni, ed i beni del

debitore sono la comune garantia dei suoi creditori.

Quindi costoro possono venire esercitando tutti i di

ritti e tutte le azioni del loro debitore, salve l'ecce

zioni. Or non è dubbio essersi il Calderone fatto a

denunciare la nuova opera in esame, improntando il

nome della debitrice • nella non curanza di costei.

Lo dice abbastanza il silenzio della medesima costan

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PARTE PRIMA

temente serbato lungo lo strepito del giudizio inibi

torio. Esercitando le ragioni della debitrice, eviden

temente è ammessibile l'azione del creditore ipoteca rio a denunciare le nuove opere. È allora come se

procedesse il proprietario e il possessore medesimo.

In tal caso la legge vede in lui il giuridico interesse

di agire momentaneamente per il danno temuto e

minacciato. Il Tribunale riconosce sì che la legge in

genere accorda lo esercizio di tutti i diritti e di tutte

le azioni del debitore, ma sostiene che fra la serie

del misure conservative dei diritti e delle azioni non

trovasi annoverata la denuncia della nuova opera> la quale anch'essa ha una misura conservativa. Però

il tribunale erroneamente vi pone in mezzo una re

strizione e distinzione che non è nella legge. L'arti

colo 1234 del cod. civ. è molto chiaramente redatto

« i creditori, per il conseguimento di quanto è loro

dovuto, possono esercitare tutti i diritti e tutte le

azioni del debitore ». Solo viene eccettuando quelli

esclusivamente personali. Chi può dire che la ecce

zione si estenda anch'essa alle misure di pura con

servazione? Nel più ci è il meno, e la facoltà di eser

citare quei diritti che tendono al conseguimento di

quanto è dovuto ai creditori, naturalmente e molto

più è forza andar comprese ed annoverate le misure

di conservazione. L'espressione di tutti i diritti e di

tutte le azioni, di cui nell'art. 1234 cod. civ. vuoisi

intendere in tutta l'estensione dei termini dei quali il legislatore si è servito; vengono eccettuati soltanto

quei diritti che sono esclusivamente personali del

debitore, come quelli che costui non può cedere ad

altri. E sì, il diritto di correzione che ha il genitore so

pra i suoi figli, quello di assentire al loro matrimo

nio, il diritto del marito a dimandar la separazione di persona, quello di uso e di abitazione, il retratto

successorio di uno dei condividenti, ecc. ecc. sono di

ritti moramente personali e debbono sempre essere

esercitati dal titolare. Quindi, limitata e ristretta

l'applicazione dell'art. 1234, siccome ha praticato il

tribunale nella sentenza impugnata, escludendo l'a

zione di nunciazione di nuova opera per supposta mancanza di specificazione delle azioni competenti ai

creditori, e facendo una distinzione che la legge, non

fa, e che bensì è contraria non meno allo spirito cho

alla lettera di essa, è aperta violenza dell'art. 1234

cod civ.

Per questi motivi cassa, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DI NAPOLI. Udienza 24 maggio 1882; Pres. Mirabelli P. P., Est.

La Volpe. — Grisolia c. Alitta. Prova testimoniale — Termino ledale — Oecorrl

meiito — I&luvio d'uffizio —Orti Inaura e uota del

testimoni — WotlOcalione — Termine. (Cod. proc.

civ. art. 232, 233, 234).

Scorsoti termine legale, non si può opporre la deca

denza dal diritto di favela prova testimoniale, se

il decorrimento del termine dipese dal fatto del

giudice delegato e non da colpa della parte. (1)

Rinviata d'uffizio l'audizione dei testimoni, non

si possono dire violati gli articoli 233 e 234 della

proc. civ. se la notificazione della ordinanza, che

fissa il giorno e l'ora, e della nota dei testimoni è

fatta dieci giorni prima di quello fissato con la

nuova ordinanza. (2)

La Corte, ecc. — Osserva in fatto che, non uno ma

diversi e svariati differimenti per la udizione dei te

stimoni furono pronunziati nella presente causa dal

pretore delegato, e tutti di uffizio e per ragioni de

rivate dalla carica. Il termine legale ebbe così ad

oltrevarcarsi, e dal decorrimento di esso trasse ra

gione la parte avversa per chiedere la decadenza dal

dritto di compilarsi la pruova. Il tribunale respinse siffatta domanda considerando; che giusti erano i mo

tivi, pei quali fu lo esame testimoniale diverse volte

rinviato da un giorno all'altro; e che in ogni caso, se eravi colpa, doveasi questa esclusivamente attri •

buire al giudice delegato, non già alla parte inte

ressata.

Contro tale pronunziazione viene ora ricorrente

Francesco Grisolia, ed in base del principio della pe

rentorietà dei termini riproduce il concetto della de

cadenza dal dritto di raccogliere la prova orale.

Osserva in diritto, che per l'art, 249, cod. pr. civ.

vien posta, quanto alla orale istruzione, una marcata

linea differenziale tra l'opera delle parti e quella

dei funzionarti e pubblici uffiziali.

È datto in esso, che laddove lo esame sia in tutto

o in parte annullato per colpa del giudice, del cancel

liere, del procuratore o dell'usciere, va rinnovato a

spese di colui che ha dato causa alla nullità. Il prin

cipio è eminentemente morale, poiché chiama ognuno

a rispondere delle conseguenze del proprio fatto.

Bene ingiusto sarebbe stato colpire lo interessato

con la penalità civile della decadenza, di cui le de

rivazioni son d'ordinario incalcolabili, quando aveva

egli agito in piena conformità della legge, e niuna

pena, niuna omissione a lui rimproverarsi potevano.

Non debet alteri per alterum iniqua conditio inferri.

Fram. 74, Dig. De reg. jur. E se ciò egli è vero, quan

do già raccolto trovasi lo esame, in modo che se

ne ordina la rinnovazione, debbesi per più forte ra

gione applicare il principio medesimo pria della com

pilazione della prova. La norma, che vien dal chiaro

dettato dell'articolo su riferito, esclude la decadenza,

semprechè lo interessato non sia in colpa, e cotesta

nomava legalmente applicata così prima come dopo

lo esame.

Osserva che la notifica della ordinanza e della lista

dei testimoni al procuratore delle parti avverse, giù

(1) V. la lunga nota, riassuntiva della dottrina e della giurispru

denza, deir&vv. Sabbàtini apposta alla conf. decisione della Corte

d'appello di Ancona 14 febbraio 1877. (Foro it., 1877, I, 963). Oltre

alle sentenze ivi citate vedi in senso conforme app. Catania 27 no

vembre 1875. (Foro il., 1876,1, 324); Cass. Firenze 14 dicembre 1875

(Annali, 1876, 1, 167;.

(2) V. conf. App. Venezia 5 novembre 1878 (Foro it. 1879, 1, 66) e

le altre decisioni citate ivi nella nota dell'avv. Ferrucci.

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