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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE || Udienza 1 giugno 1883; Pres. Mirabelli, Est....

Date post: 12-Jan-2017
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Udienza 1 giugno 1883; Pres. Mirabelli, Est. Jorio, Peluso (Avv. Dentice-Accadio) c. Caleo (Avv. Ronca) Source: Il Foro Italiano, Vol. 8, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE (1883), pp. 923/924-927/928 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23090398 . Accessed: 10/06/2014 01:52 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 62.122.73.111 on Tue, 10 Jun 2014 01:52:46 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Udienza 1 giugno 1883; Pres. Mirabelli, Est. Jorio, Peluso (Avv. Dentice-Accadio) c. Caleo (Avv.Ronca)Source: Il Foro Italiano, Vol. 8, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1883), pp. 923/924-927/928Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23090398 .

Accessed: 10/06/2014 01:52

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923 PARTE PRIMA 924

dipoi mano mano il patto si riconobbe tacito anche

nelle vendite de'beni privati , che si trovassero già dati in affìtto: salvi i casi di frode. Leggi 50 D. de

iure fini; 4, Cod. locati conducti. I nuovi codici, a cominciare da quello Napoleone,

hanno proclamato per principio, che l'acquirente an

che a titolo particolare debba rispettare 1' affitto di

data certa antecedente al suo acquisto: art. 1743 cod.

franc., 1589 LL. cc. napolit., 1957 codice civile italiano.

E codesto principio già estende il suo impero su tutti

i patti, che sono propri e consueti dell'affìtto.

Attesoché il vigente codice italiano, su 1' esempio della legge francese 28 marzo 1855, con saggio prov

vedimento, viene a distinguere sino a quale limite

l'affitto, per la sua durata, o le anticipazioni o ces

sioni di fìtti o pigioni non scadute sieno atti di or

dinaria e buona amministrazione, e quando l'affitto

per la durata convenuta, e le anticipazioni per le

quantità interessino il valore venale dello stabile.

Per questa ragione, e non già per presunta frode,

il mentovato art. 1932 n. 5 e 7, ne'secondi casi, ha

prescritta la trascrizione dei contratti e degli atti,

perchè dessi possano essere efficaci anche verso i terzi.

Lunga e varia ó stata la disputa nelle varie as

semblee e sin nelle commissioni legislative pel vi

gente codice italiano per determinare la più lunga

durata, e le maggiori anticipazioni proprie dell' af

fìtto: il risultato delle due ultime discussioni é con

sacrato nei detti due numeri del 1932. Ma è fuori

dubbio, che la trascrizione, secondo lo scopo al quale

è diretta, venga prescritta non già per la validità

del contratto tra le parti contraenti, ma per 1' effi

cacia di esso nel rapporto di loro verso i terzi; ep -

però a giudicare della necessità della trascrizione si

deve aver riguardo non all' inizio del contratto, sic

come fu già avvertito con la precedente sentenza di

questo supremo Collegio, ma invece alla durata del

l'affitto o alla quantità dell' anticipazione al tempo, che sorge l'interesse del terzo, ossia il rapporto di

quei contraenti con esso lui.

Non è logica e non può esser legale l'applicazione,

che intende far la sentenza, del principio quod nul

lum est nullum producit e ffecium, perchè non è

nulla tra i contraenti l'anticipazione di estagli oltre

il triennio; ma dessa sarebbe inefficace solo verso i

terzi interessati quando esistessero, e quella non fosse

trascritta.

Attesoché la quisticne in esame riceve gran lume

dalle disposizioni de'codici e dalla giurisprudenza su

la validità ed efficacia degli affitti fatti dai mariti

pei beni delle mogli, e dagli usufruttuarii in generale

oltre la durata permessa: senza rammentare quelle

speciali per gli affitti de' beni dei corpi morali. Im

perocché si è costantemente risoluto e giudicato, che

l'affitto convenuto oltre il termine per legge per

messo fosse ridotto alla durata legale, giusta gli ar

ticoli 595 e 1429 del codice francese, 520, 1375 e 1400

delle LL. cc. napolitane, ai quali sono conformi gli

art. 493, 1408 1439 del codice civile; essendo soltanto

l'eccesso del contratto colpito dal divieto della legge,

e quindi quella parte sola resta inefficace verso i

terzi, che abbiano diritti reali prevalenti su lo sta

bile; e d'altronde la limitata efficacia del contratto

garantisce il diritto di proprietà e salva ad un tempo le ragioni de' locatarii.

Per identità di ragioni lo stesso principio debbesi

seguire nel risolvere le controversie, clie si agitano tra i fitta ioli e gli acquirenti, a causa delle antici

pazioni. Desse, quali che sieno, valer debbono nel

rapporto tra i contraenti: solo nell' interesse de'terzi

essendo prescritta la trascrizione di quelle eccedenti

i tre anni, codesto interesse è pienamente salvo tutte

le volte, che le anticipazioni scritte e fatte oltre il

triennio, non trascritte, vengano ridotte alla durata

del triennio verso i terzi.

Attesoché, se la riduzione della durata dell' affitto

o dell'anticipazione, nei termini legali, quando man

chi la trascrizione, vien dettata dallo spirito della

legge, a fortiori la publicazione del contratto non è

richiesta tutte le volte che l'anticipazione degli està

gli si trovi minore della triennale al tempo elio sorge l'interesse del terzo. E codesta intelligenza della legge, che viene imposta dalla ragione di essa, e che esclude

solo la presunzione della frode per tutte le anticipa zione oltre il triennio, ben s'intende, che lascia salve

le ragioni, che per avventura ai terzi potessero com

petere per frode intervenuta. Adunque la denunziata

sentenza, come quella dei primi giudici di appello, ha manifestamente violato i mentovati articoli del

codice civile, giudicando inefficace, pel difetto di tra

scrizione, quell'anticipazione di estagli, che interes

sava il compratore solo pel tempo da gennaio 1879

a fine dicembre del seguente anno.

Ammettendosi i primi due mezzi del ricorso per le

ragioni suesposte, la sentenza si dovrà annullare ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DI NAPOLI. Udienza 1 giugno 1883; Pres. Mirabelli, Est. Jorio,

Peluso (Avv. Dentice'Accadio) c. Caleo (Avv.

Ronca).

Sentenza civile — Votante sottoscritto col solo co

gnome (Cod. proc. civ., art. 360, 361)

Surrogazione — Donatario —Fideiussione — Pa

gamento (Cod. civ., art. 1916, 1253, n. 3).

Successione — Ikouazionc a titolo fll anticipata

successione — Diritto ili ritenuta fino alla con

correnza della disponibile (Cod. CÌY., art. 1003).

Non è nulla una sentenza sol perchè sottoscrilla da

uno dei votanti col solo cognome. (1)

Il donatario che ha assunto fideiussione pel do

nante, ed ha pagato in seguito a ciò i debiti di co

(1). Coof. stessa Corte, 8 novembre 1877 (Foro it., 1878, 292) Nello

stesso senso fu deciso in materia penale dì fronte all'art. 323 n. 6

del cod. di proc. pen., il quale adopera le stesse espressioni usate

dall'art. 360 n. 9 del cod. di proc. civile. Veggansi le sentenze 2

marzo 2877 della Cassazione di Roma (Foro z7.,Rep. v. Sentenza in

materia penale, n. 2); 16 febbraio 1877 della Cassazione di Torino,

(ivi, n. 3) e 11 ottobre 1881 della Cassazione di Firenze (Foro it.,

Rep., 1881, stessa voce, n. 60).

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GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE

stui col prezzo dei fondi donati, ha diritto di es

sere surrogalo ai creditori soddisfatti. (2)

La facoltà concessa dall' art. 1093 cod. civ. di rite

nere la donazione fino a concorenza della dispo

nibile non può trovare ostacolo nella circostanza

di essersi fatta, la liberalità in tutto od in parte

a titolo di anticipata successione. (3)

La Corte, ecc. — Osserva che sebbene la impugnata sentenza veggasi sottoscritta da uno de' votanti col

solo cognome, pure un tal fatto non può menare alla

nullità della stessa. Il n. 9 dell' art. 360 messo in raf

fronto dell' art. 361 cod. di proc. civ., richiede sotto

pena di nullità che la sentenza debba contenere la

sottoscrizione di tutti i giudici che 1' hanno pronun ziata: in qual modo debba farsi la sottoscrizione, non

vi è alcuna legge che lo determini: invece è nell'uso

costante che ciascuno abbia uno special modo di sot

toscrivere. La sottoscrizione serve ad autenticare il

contenuto di una scrittura, quando dunque si è fatta

nel modo onde si è solito farla, il voto della legge

è adempiuto.

Osserva in fatto: Che a Michelangelo Caleo fu

rono nel 1866 donati dal padre Salvatore due fondi

pel valore di lire 70, 000 con dichiarazione che un

tal valore, all' aprirsi della paterna successione, a

vrebbe dovuto imputarsi per un sesto sulla disponi bile e per gli altri cii.que sesti sulla legittima. I fondi

donati trovavansi gravati da diverse ipoteche, ad e

stinguere le quali donante e donatario ■ contrassero

un mutuo col Credito fondiario, ipotecando, fra gli

altri, i due fondi donati, che poscia furono espro

priati. Concorse nel giudizio de' gradi il donatario

Michelangelo Caleo e sostenne di essere tutte le ob

bligazioni iscritte sui detti fondi esclusivamente del

donante, di cui era stato semplice fideiussore; chiese

perciò la surroga al Credito fondiario ed agli altri

creditori che sarebbero stati soddisfatti col prezzo de' medesimi.

Il tribunale non trovò giustificato che i debiti

verso il Credito fondiario fossero esclusivamente del

padre donante e quindi neppure ammise la qualità

di semplice fideiussore nel figlio donatario; ritenne

invece costui come condebitore solidale e lo surrogò

ai detti creditori sino alla concorrenza della metà

di quello che essi avrebbero riscosso dal prezzo de'

ripetuti fondi; la Corte di appello estese la surroga a

tutte le somme che sarebbero state attribuite ai sud

detti creditori.

Osserva in diritto: Che la Corte di merito, dopo di

aver disaminato i titoli esibiti si convinse incensu

rabilmente in fatto che tutto il danaro mutuato dal

Credito fondiario era servito ad estinguere i debiti

di esclusivo interesse del donante, e che il donatario

era un semplice fideiussore di lui. Oltre a tal con

vincimento di fatto, anche per legge dovea il dona

tario nella specie reputarsi fideiussore, giacché per l'art. 1200 cod. civ. se 1' affare per cui fu contratto

il debito in solido non riguarda che uno degli obbli

gati in solido, questi è tenuto per tutto il debito

verso gli altri, i quali relativamente ad esso non

sono reputati che come fideiussori. Messo ciò in sodo

ne veniva di conseguenza che per lo art. 1916 do

veva ritenersi il resistente sottentrato in tutte le ra

gioni che i creditori soddisfatti avevano contro il

debitore, e che per 1' altro art. 1253 n. 3 la surro

gazione aveva luogo di dritto.

Né si dica che nel caso il donatario non aveva pa

gato con proprio danaro, essendo inconcepibile come

possa sostenersi che il prezzo del fondo venduto al

l' asta pubblica per debito altrui non sia danaro

proprio di colui che ha patito 1' espropria.

Questo ragionamento é più che bastevole a giusti

ficare la impugnata sentenza, in ordine all'ammessa

surroga, e quanto altro vi si legge in confutazione

dei contrari argomenti che si adducevano dal ricor

rente, anche quando fosse inesatto, non potrebbe condurre allo annullamento.

Giova pertanto tenerne proposito, a ribadire viè

più la infondatezza del ricorso.

Dicea il ricorrente innanzi alla Corte di appello, e

ripete in Cassazione — che al donatario non compete azione per garentia se soffra evizione della cosa do

nata; che le donazioni si intendono fatte con tutte

le obbligazioni e ipoteche che gravano i fondi donati.

È vero che per 1' art. 1077 il donante non è tenuto

a garentia verso il donatario che soffra evizione,

ma ciò non esclude che costui possa agire contro

il donante laddove sia stato costretto a pagare i

debiti da lui ipotecati sul fondo donato; diversa è

l'azione di regresso contro il debitore il cui debito

si è costretto e soddisfare, diversa 1' azione in ga

rantia per patita evizione: certamente il donante

per la fatta liberalità non rimane esonerato dalle

obbligazioni anteriormente contratte; la donazione

non trasferisce, come la successione, la personalità

giuridica del donante nel donatario; essa ha effetto

mentre vive il donante, e finché una persona vive,

la sua personalità rimane in lei; il donatario, al pa

ri di ogni altro acquirente a titolo particolare, non

può esser tenuto per effetto della fattagli liberalità

a soddisfare i debiti contratti dal donante, se non

quando tal soddisfacimento sia una condizione del

dono, e ciò specialmente rilevasi dall' art. 1067, il

quale, parlando di condizioni imposte al donatario, e

sclude assolutamente che possano ritenersi a suo ca

rico i debiti del donante, senza una dichiarazione e

spressa contenuta nell' atto di donazione. La inter

pretazione quindi data dalla Corte di merito agli

art. 1067 e 1077 è conforme a legge e ragione, anzi, a

dipiu, trova pieno riscontro e giustificazione nel caso

analogo contemplato dall' altro articolo 1033, nel

quale è detto che il legatario non è tenuto a pa

gare i debiti ereditari, salvo ai creditori 1' azione i

potecaria, e che chi ha estinto il debito, di cui era gra

(2) La stessa Corte però decideva con sentenza 13 novembre 1879 !

(Foro it1880, 1,476), che il beneficio della surrogazione accordato

al fideiussore non compete al debitore solidale.

(3) Conf. Demolombe, Traité des successions, IV, 262; Duranton,

IV, 259; Zachariae, IV, § 629 e nota 7. e Laurent, Principes. X, n. 556 bis.

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927 PARTE PRIMA 928

vato il fondo legato sottentra nelle ragioni del cre

ditore contro gli eredi. Ad ogni modo, quando tutto

mancasse, la Corte medesima avrebbe indagato la

volontà del donante e ritenuto che non ebbe la inten

zione di porre a carico del donatario il pagamento

de'debiti iscritti su'fondi donati, contro la quale in

dagine non potrebbe ammettersi alcuna censura.

Osserva che 1' art. 1003 dispone « L' erede che ri

« nunzia alla successione può tuttavia ritenere la do

« nazione o domandare il legato a lui fatto sino

« alla concorrenza della porzione disponibile; ma non

« può ritenere o conseguire nulla a titolo di legitti

« ma.» Questo articolo è una conseguenza, un'appli

cazione degli altri due 1001 e 1014 cod. civ.

L' art. 1001 impone al figlio o discendente, il quale

venga alla successione, 1' obbligo di conferire ciò che

ha ricevuto dal defunto per donazione: 1' art. 1014

stabilisce che la collazione é dovuta soltanto dal coe

rede; or, poiché non viene alla successione e si con

sidera come se mai vi fosse stato chiamato colui che

rinunzia, era logico disporre poter lo erede che ri

nunzia ritenere la donazione sino a concorrenza della

quota disponibile; in altri termini lo erede che ri

nunzia è un estraneo, alla successione, e nella stessa

guisa di ogni altro estraneo cui si fosse fatta una

donazione tra vivi dal defunto, ritiene la stessa fino

alla concorrenza della disponibile. La disposizione di che è proposito non può trovare

ostacolo nella circostanza di essersi fatta la libera -

lità in tutto o in parte al successibile a titolo di an

ticipata successione, poiché se lo scopo pel quale il

donante fa una liberalità per atti tra vivi a titolo

di anticipata successione si è evidentemente quello di

non avvantaggiare di soverchio il donatario in pre ferenza degli altri successibili, codesto scopo non ri

mane punto frustrato dalla ripetuta disposizione dello

art. 1003, la quale, eliminando il cumulo nel gratifi

cato delle due qualità di donatario ed erede, rista

bilisce quell' equilibrio che era nella mente del do

nante.

Nè si dica che, ritenendosi la interpretazione dello

art. 1003 nel modo sopra indicato anche nel caso di

donazione a titolo di anticipata successione, si re

stringerebbe la facoltà del donante di poter poscia

largire la disponibile a suo talento; e si porrebbe in

balìa del donatario di rendere inutili le posteriori donazioni sul disponibile. Se queste condizioni son

vere, non ó men vero però che essendo chiara la

legge, il donante si espose volontariamente alle stes

se, e contro la sua volontà nè lui, nè altri potrebbe

insorgere: oltre a ciò se avesse voluto evitare quelle

eventualità, ben ne avrebbe avuto il mezzo, pri vando il donatario del dono se si fosse messo nella

condizione di non poterlo conferire; cotesta clausola

costituente una condizione risolutiva non contraria

alla legge, ai buoni costumi ed all' ordine pubblico, dovrebbe avere il suo effetto, e non avendola stipu lata deve ritenersi che abbia voluto 1' applicazione dello articolo in esame.

La Corte di appello toccò codesta questione, la

risolse con sobrie parole nel senso di sopra svolto, e

però né violazione del ripetuto articolo, né difetto di

motivazione le si può attribuire.

Osserva che il mezzo relativo alle esistenza del

giudicato non merita 1' onore di una discussione;

la Corte di appello non solo lo ha interpetrato, ma

ha trovato che resisteva alle pretese dei ricorrenti.

Per questi motivi, rigetta, libera, condanna, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DI FIRENZE

Udienza 26 luglio 1883; Pres. Vigijani P. P., Est.

Giordano, P. M. Trecci, Tognonato-Righi e Mora

ri-Righi (Avv. Rocca) e. Ferrarmi (Avv. Scappini).

Usciere - Citazione avanti il preture - Motiflcazione

fuori ilei mandamento o ilei Coniane - Compe

tenza dell' usciere (L. ord. giud. 16 decern. 1865,

art. 175).

La lutazione a comparire davanti il pretore, quando

non segua nel mandamento o nel Comune in cui

risieda la. pretura, è validamente notificata da

qualunque usciere di pretura, di tribunale o di

Corte autorizzato ad esercitare le sue funzioni

nel luogo dovè la citazione si eseguisce. (1)

La Corte, ecc. — Attesoché col primo mezzo del

ricorso, oltreché dell'articolo 2128 codice civile, che

é affatto straniero alla questione, si lamenta la vio

lazione dell' art. 175 della legge sull' ordinamento

giudiziario 16 dicembre 1865, modificata coli' altra

del 23 dicembre 1875, e per verità non si sa com

prendere come di fronte a questa disposizione di legge,

si possa non che sconoscere, anche un solo istante

dubitare, che per potersi far luogo alla competenza

esclusiva degli uscieri di pretura, sia indispensabile

il concorso di due circostanze, cioè: — 1. che l'atto

proprio del ministero di usciere riguardi un affare

di competenza della pretura ; — 2. che 1' atto debba

farsi nel territorio dello stesso mandamento e dello

stesso Comune (se questo sia diviso in più manda

menti) dove risieda la pretura competente a cono

scere dell' affare. — Che ciò risulta a luce meridiana

non meno dal concetto logico che dalla lettera del

l' articolo succennato, il quale, dopo avere nelle prime

due partì disposto — « gli uscieri delle Corti e dei

tribunali fanno esclusivamente gli atti propri del

loro ministero per gli affari di competenza della

Corte o del tribunale cui appartengono nel Comune

di loro residenza; — gli uscieri delle preture eserci

tano esclusivamente le loro funzioni per gli affari di

competenza della pretura a cui sono addetti in tutto

(1) V. in senso conforme: Cassaz. Roma 27 maggio 1878, Finanze

c. Altobelli e Orlandi, e Trib. civ. di Bologna 21 maggio, detto anno, Deserti c. Bianchi — (Foro il., Rep. 1878, voce Usciere, n. 4-6).

Nello stesso senso si pronuncia pure il Ricci in una nota alla cit.

sentenza della Cassaz. di Roma, inserita nel Bellini, 1879, I, 30.

Intorno all'interpretazione del cit. art. 175 della legge sull'ordi

riamento giudiziario può pure consultarsi una nota del nostro com

pianto collaboratore Avv. Cesare M. Verrone, apposta alla sentenza

della Cassaz. di Torino 30 gennaio 1879, in questa Raccolta detto

anno, parte I, col, 506 e seg.

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