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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE || Udienza 1 giugno 1909; Pres. Basile P., Est....

Date post: 12-Jan-2017
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Udienza 1 giugno 1909; Pres. Basile P., Est. Mosca, P. M. De Notaristefani (concl. conf.); Fallimento Frisoni (Avv. Rosaspina) c. Provincia di Pesaro (Avv. Olivieri) Source: Il Foro Italiano, Vol. 34, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE (1909), pp. 881/882-885/886 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23109210 . Accessed: 18/06/2014 04:01 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.77.28 on Wed, 18 Jun 2014 04:01:13 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Udienza 1 giugno 1909; Pres. Basile P., Est. Mosca, P. M. De Notaristefani (concl. conf.);Fallimento Frisoni (Avv. Rosaspina) c. Provincia di Pesaro (Avv. Olivieri)Source: Il Foro Italiano, Vol. 34, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1909), pp. 881/882-885/886Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23109210 .

Accessed: 18/06/2014 04:01

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881 GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE 882

CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. Sezioni unite; udienza 19 giugno 1909; Pres. Pagano

GkxARNASCHELLi P. P., Est. Palladini, P. M. Quarta

(conci, conf.) ; Barisano ed altri c. Pondo culto (Avv.

erariale).

Competenza — Fondo culto — Riscossione di crediti — Privilegi fiscali — Questioni relative — Cassazio

ne di Roma — Cassazioni territoriali (L. 12 dicembre

1875, sulla Cassazione di Roma, art. 5; L. 15 agosto

1867, sulla liquidazione dell'asse ecclesiastico, art. 21).

La riscossione dei erediti del Fondo per il eulto, sebbene

munita dei privilegi fiscali per quanto riguarda gli atti esecutivi, non e per ciò solo equiparata alla esa

zione delle imposte. (1)

Conseguentemente le relative questioni non rientrano nella

competenza speciale della Cassazione di lìoma, ma sono

di spettanza delle Cassazioni territoriali. (2)

La Corte ecc. — Attesoché in virtù della testuale

disposizione dell'art. 21 della legge 15 agosto 1867 sulla

liquidazione dell'asse ecclesiastico, competono all'Ammi

nistrazione del Pondo per il culto per la riscossione dei

suoi crediti i privilegi fiscali stabiliti per la esazione delle

imposte. Ora l'eccezione dedotta dall'Amministrazione del

fondo pel culto innanzi alla Cassazione territoriale, nel

fine di determinare la competenza speciale di questa Corte

regolatrice nella controversia in esame, non ha giuridico fondamento.

E valga il vero: il principio contenuto nel citato art. 21

della legge 15 agosto 1867, come quello che sanziona

un privilegio, non è suscettivo d'interpretazione esten

siva (art. 4 disp. prelim, cod. civ.). Se gravi ragioni di eco nomia e d'interesse pubblico, di fronte alla molteplicità dei crediti derivanti all'Amministrazione del fondo pel cul

to dalla liquidazione dell'asse ecclesiastico, consigliarono il legislatore a conservare i privilegi fiscali (fra cui il

mandato di coazione) per la riscossione di tali crediti, ciò

non importa altro che l'Amministrazione stessa, invece

d'istituire un giudizio di cognizione secondo le norme del

diritto comune, può agire direttamente con la procedura esecutiva ; ma non è già che le sue ragioni di credito siano

state equiparate ai crediti d'imposte. A siffatta interpre

tazione, giusta si è testò osservato, resistono la lettera e

lo spirito della legge. Ne consegue che relativamente a tali crediti non solo

è inapplicabile la deroga alle norme ordinarie di compe tenza stabilite per le imposte dirette od indirette (art. 70

e 71 cod. proc. civ.), ma è altresì inapplicabile la dispo sizione dell'art. 3, n.5 lett. A, della legge 12 dicembre 1875, che deferisce esclusivamente alla cognizione della Cassa

zione di Roma i. ricorsi con cui siano impugnate senten

ze per violazione o falsa applicazione delle leggi sulle im

poste o tasse dello Stato, dirette o indirette.

(1-2) Consulta in conformità le decisioni della stessa Supre ma Corte 25 gennaio 1898 (Foro it., 1898, 1, 131), 21 maggio 1898 e 5 marzo 1897 (id., Eep. 1898, voce Competenza civ., n. 78, 79).

Sulla estensione e sulla natura del privilegio accordato per la riscossione dei crediti del T'ondo per il culto si vegga pure Cass. Roma 14 luglio 1900 (Foro it., 1900, I, 833) con i richiami in nota, e per la giurisprudenza posteriore : App. Potenza 7 lu

glio 1902 (id., Eep. 1902, voce Fondo culto, n. 2); Cass. Napoli 18 marzo 1904 (id., Eep. 1904, voce cit., n. 8) e 16 aprile 1905 (iti., Eep. 1905, voce cit., n. 14) ; App. Messina 13 aprile detto anno

(ibid., n. 11); App. Palermo 12 luglio 1907 (id., Eep. 1907, voce

cit., n. 4).

Ora, non vi ha chi non vegga che il conoscere se

il mandato di coazione, di cui l'Amministrazione si av

valeva nella specie per la riscossione delle sue entrate

patrimoniali, abbia efficacia interruttiva della prescrizione, non costituisce punto una Cfuestione intorno a leggi d'im

poste o tasse dello Stato, sottratta alla cognizione della

Cassazione territoriale.

Per questi motivi dichiara la competenza della Cas

sazione di Napoli, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA Udienza 1 giugno 1909; Pres. Basile P., Est. Mosca,

P. M. De Notaristefani (conci, conf.) ; Fallimento

Frisoni (Avv. Rosaspina) c. Provincia di Pesaro (Avv.

Olivieri).

Opere pubbliche — Appalto — Risoluzione — Col

laudo — Riserve omesse — Decadenza — Locuple

tazione.

Prova — Domanda non provata — Diritto del con

venuto — Rigetto senza riserve o dilazioni (Cod.

civ., art. 1312).

Anche nel caso di risoluzione del contratto d'appalto hanno efficacia le norme del capitolato e del regola mento 25 maggio 1895, art. 54, relative alla tempe stività e ritualità delle domande o riserve dell' Im

presa per lavori compiuti, opere e forniture prestale. Le omesse riserve od esplicazione della riserve nei regi

stri di contabilità nei termini e modi voluti dal ci

tato articolo del regolamento imporla decadenza dal

diritto di proporle e farle valere innanzi all'autorità

giudiziaria. In tal caso sono inapplicabili i principi dell' actio de in

rem verso e dell'utile gestione. (1) il convenuto ha diritto di vedere rigettata senza riserve

o dilazione la domanda od il capo di domanda non

giustificato e provato, ed il giudice non può riman

darne la discussione e decisione in prosecuzione di

giudizio.

La Corte, ecc. — Osserva che le censure mosse alla

sentenza denunziata col primo mezzo del ricorso possono riassumersi nelle seguenti proposizioni :

1° risoluto il contratto d'appalto, sia pure per colpa

dell'appaltatore, non possono più applicarsi, in ordine ai

lavori eseguiti prima della risoluzione, le norme di va

lutazione e di decadenza stabilite dal contratto; 2° ad ogni m'odo, l'omessa iscrizione di riserve

nelle operazioni amministrative di collaudo eseguite dopo

(1) La stessa Suprema Corte aveva già deciso con precedente sentenza 25 giugno 1907 (Foro it., Rep. 1907, voce Opere pubbliche, n. 4) che in materia di opere pubbliche appaltate non può tro vare intera applicazione il principio dell' indebito arricchimen

to, il quale è espressamente ammesso solo nel caso in cui nel l'atto di collaudo siano riconosciuti indispensabili i lavori non autorizzati. E la Corte d'appello di Firenze 12 marzo 1907 {ibid., n. 5) ha parimente deciso che in mancanza di autorizzazione scritta dell'autorità competente, l'appaltatore di opere pubbli che non può chiedere compenso di sorta e nemmeno agire col Vactio de in rem verso.

Rammentiamo esser stato altresì giudicato dalla stessa, Cas sazione di Roma che Vactio de in rem verso contro una pubblica amministrazione non può essere promossa che dinanzi all'auto rità amministrativa, sia per determinare l'an debeatur, sia per stabilire il quantum debeatur (sent. 23 marzo 1908, Foro it., 1907, I, 1179). Yeggansi le sentenze e le note ivi richiamate.

Il Foro Italiano — Anno XXXIV — Parte I-58.

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883 PARTE PRIMA '

884

la risoluzione del contratto non importa alcuna decaden

za dall'azione giudiziaria; 3° ammessa pure la decadenza, spetterebbe sempre

all'appaltatore Vaatio de in refn verso contro l'Ammini

strazione, la quale altrimenti verrebbe ad arricchirsi in

debitamente a suo danno.

Ma nessuna di queste tre proposizioni ha giuridico fondamento.

Non la prima, perchè, essendo il contratto di appalto uno di quei contratti di lunga esecuzione, che 'non si

esauriscono, come la vendita, la donazione e simili, in

un solo atto, ma si svolgono in una lunga serie di atti

successivi, qualora accada che la risoluzione di esso sia

pronunziata durante il suo corso, quando, cioè, una quan

tità dei lavori assunti era stata già eseguita, i rapporti

giuridici fra le parti in ordine a tali lavori (modo di va

lutarli, prezzi, decadenze, ecc.) non possono non essere

regolati dalla legge del contratto.

E ciò perchè faetum infestimi fieri nequit. Se le ope re compiute e i servigi resi in tutto il tempo decorso

dall' inizio del contratto alla sua risoluzione non possono

essere posti nel nulla e considerarsi come inesistenti, non

può del pari, rispetto alle dette opere ed ai detti servi

gi, reputarsi come non mai stipulato e come inesistente

il contratto che vi dette origine. La impossibilità mate

riale e giuridica di porre nel nulla gli atti già compiuti in virtù di detti contratti prima della loro risoluzione

giustifica pienamente l'applicabilità agli atti stessi delle

norme stabilite dal contratto da cui furono causati ; al

trimenti si verrebbe a scindere l'effetto dalla causa e ad

affermare, contro la realtà delle cose, di essersi per un

certo periodo di tempo eseguiti dei lavori, prestata l'o

pera propria, goduto il fondo senza contratto, senza cor

rispettivi prestabiliti, senza norme speciali di valutazio

ne, di pagamento e via dicendo. Gli atti irrevocabilmen

te compiuti e il contratto che li fece sorgere, sono così

intimamente connessi che non si possono scindere ; se

l'annullamento del contratto lascia materialmente sussi

stere i primi, per essi deve continuare a sussistere anche

il secondo ; o, in altri termini, gli atti compiuti prima della risoluzione del contratto, non potendo cessare di

esistere, debbono rimanere così come sono nati, ossia co

me atti regolati dal contratto. Se così non fosse, ne ver

rebbe questo assurdo : che la parte inadempiente, la quale

avesse stipulato a condizioni gravose un contratto di lun

ga esecuzione, esplicantesi in una serie successiva di

atti, e che avesse dato luogo, dopo un certo tempo, alla

risoluzione di esso per colpa propria, si troverebbe, ri

spetto agli atti compiuti in questo tempo, in condizioni

migliori della parte adempiente, inquantochè avrebbe

diritto di far valutare i servigi resi, i lavori fatti e il

godimento avuto della cosa prima della risoluzione del

Contratto, non già alle condizioni gravose stabilite dal

medesimo, ma secondo le norme ordinarie di valutazio

ne, nè sarebbe più soggetta, rispetto ad essi, alle deca

denze e alle multe contrattuali.

Bene quindi si appose la Corte d'appello nel ritenere

nella specie applicabili ai lavori eseguiti dal Frisoni

prima della risoluzione dell' appalto le norme che rego

lavano il contratto, compresa quella stabilita nell'art. 54

del regolamento 25 maggio 1895 per la direzione, conta

bilità e collaudazione delle opere dello Stato, così con

cepito : « Il registro di contabilità deve essere firmato

dall'appaltatore con o senza riserve nel giorno che gli

viene presentato . .. Nel caso che l'appaltatore non abbia

firmato il registro nel termine come sopra prefissogli. . .

si avranno come accertati i fatti registrati, e l'appalta

tore decadrà dal diritto di far valere in qualunque tem

po e modo riserve e domande elle ad essi si riferisco

no».

E qui giova rilevare che per molte domande di com

penso dedotte in giudizio dal curatore del fallimento Fri

soni, e relative a lavori già eseguiti e annotamenti nei

registri di contabilità prima della risoluzione del con

tratto, la decadenza si era già verificata prima della

detta risoluzione, sicché questa non poteva far risorgere

un diritto già estinto. Bastava, adunque, questa sola ra

gione per giustificare il rigetto di esse; ma la Corte cre

dette, ad abundantiam, di aggiungervene un'altra : che

cioè nemmeno durante le operazioni di rimisurazione,

eseguite in occasione del collaudo o liquidazione finale,

le riserve relative alle dette domande vennero ripresen

tate ed inserite nel registro di contabilità dal curatore del

fallimento, stante il mancato intervento del medesimo al

collaudo. Sicché questa seconda ragione potrebbe valere

tutt'al più per alcune delle domande rigettate, e precisa

mente per la prima e per la seconda riguardanti le mi

surazioni dei volumi di terra, se fosse vero quanto il

curatore del fallimento afferma e la Corte invece esclude,

che cioè quelle misurazioni non erano mai state fatte in

corso di lavoro.

Non regge la seconda proposizione, poiché basta leg

gere la disposizione, di sojira riprodotta, dell'art. 54 del

regolamento 25 maggio 1895, per persuadersi come la

omessa inserzione di riserve nel registro di contabilità,

o la omessa esplicazione di esse nei termini perentoria

mente stabiliti, importi decadenza anche dall'azione giu

diziaria : « l'appaltatore decadrà dal diritto di far valere

in qualunque tempo e modo riserve e domande che ad

essi si riferiscono ».

Nè certo, verificatasi la decadenza, il diritto poteva

risorgere pel semplice fatto di avere l'ingegnere collau

datore preso in esame le riserve sollevate all'atto della

compilazione dello stato finale dei lavori.

E nemmeno regge la terza proposizione, perchè mal

s'invocano i principi dell'utile versione e dell' indebito

arricchimento nei casi di prescrizione e di decadenza,

quando, cioè, l'arricchimento di colui al quale profitta la

decadenza o la perenzione deriva da una giusta causa,

ossia da una mutazione od estinzione del diritto verifi

catosi in forza della legge o del contratto, e non può

quindi reputarsi indebito. Deve sussistere una illegitti

mità come base della locupletazione con detrimento altrui,

per potersi far luogo all'azione di indebito arricchimen

to : « constat id demutri posse condici alieni quod vel non

ex justa causa ad eum pervenit, vel redit ad non justarn

eausam ». Altrimenti tutte o quasi tutte le prescrizioni e

decadenze potrebbero dar luogo all'azione d'indebito ar

ricchimento e rimarrebbero così inefficaci.

Che anche la censura mossa alla sentenza denunciata

col secondo mezzo del ricorso non merita di essere at

tesa, perchè in ordine alle domande lla e 12a la Corte

ritenne in fatto (come si desume dalle considerazioni

della sentenza messe in relazione con i motivi del gra

vame) che esse, oltre ad essere state proposte in modo

assai perplesso e dubbio, fossero ingiustificate, ed osser

vò rettamente in diritto che non è permesso di fronte

ad una domanda o capo di domanda non chiarito o non

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885 GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE 886

provato rimandarne il chiarimento, la discussione e la

decisione in prosecuzione del giudizio. « Il convenuto, dice la sentenza, in questi casi in cui

la eausa petendi è ingiustificata o insufficiente, lia tutto

il diritto di invocare subito, senza dilazioni e riserve, il

rigetto della relativa istanza, in applicazione della mas

sima astore non probante, reus absolvitur ; e questo prov vedimento dovevasi dare in ordine alle domande 11a e

12a dell'Impresa», il che vuol dire che i giudici di me

rito ravvisarono la eausa petendi delle domande lla e

12a ingiustificata od insufficiente ; onde scompare su tal

punto anche il preteso difetto di motivazione.

Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA Udienza 19 maggio 1909 ; Pres. Pagano Guarnaschelli

P. P., Est. Cosentini, P. M. Andreucci (conci, conf.) ;

Finanze dello Stato (Avv. erar. Nespoli) c. Consor

zio di irrigazione cremonese (Avv. Rossi, Giussani).

manomorta — Cìnti soggetti alla relativa tassa — Ca

rattere di perpetuità — Consorzio di Irrigazione —

Esame della natura dell'ente — Censnrabliitft In

cassazione (L. 13 settembre 1874, sulla tassa di ma

nomorta, art. 1).

Il carattere di perpetuità elle debbono avere gli enti mo

rali per essere soggetti alla tassa di manomorta non

e assoluto, ma relativo, e basta quindi a rendere ap

plicabile la tassa che l'ente abbia una durata inde

terminata, e tale da sorpassare eon ogni probabilità la vita normale delle persone fisiche. (1)

Conseguentemente e soggetto alla tassa di manomorta un

consorzio di irrigazione che abbia una concessione

della durata di 30 anni, facilmente rinnovabile, scopo

duraturo e patrimonio autonomo. (2) L'esame dei caratteri che un ente deve rivestire per es

sere soggetto alla tassa di manomorta costituisce un

giudizio in diritto e non di semplice fatto, e quindi

è censurabile in cassazione. (3)

La Corte, ecc. — Osserva che con l'art. 1° del te

sto unico delle leggi per le tasse sui redditi dei corpi morali e stabilimenti di manomorta, approvato con R.

D. 13 settembre 1874, si dispone : « Le provincie, i Co

muni, gl' istituti di carità e di beneficenza. . . , le asso

ciazioni di arti e mestieri, gl' istituti religiosi di ogni culto e gli altri stabilimenti, corpi ed enti morali sono

assoggettabili ad un'annua tassa proporzionale alla ren

dita reale o presunta di tutti i beni mobili ed immo

bili clie loro appartengono e che si computano per le

tasse di registro nella trasmissione per causa di morte.

« Non sono assoggettate a questa tassa le società com

merciali £d industriali, di credito o di assicurazione di

qualunque forma, e gli asili infantili».

(1-3) Sui caratteri di perpetuità e di autonomia, che deve

avere un ente per essere colpito dalla tassa di manomorta, si

consultino le decisioni, in sostanza conformi a quella che pub

blichiamo, della stessa Cassazione di Roma 24 marzo e 15 no

vembre 1904 (Foro it., Eep. 1904, voce Manomorta, nn. 8, 9) e 31

agosto 1893 (id., Eep. 1893, voce cit., n. 6) ; nonché App. Ge

nova 10 luglio 1903 (id., Eep. 1903, voce cit., n. 2); App. Mi

lano 22 luglio 1891 e Trib. Milano 18 marzo 1891 (id., Eep. 1891, voce cit., n. 5, 2); App. Milano 27 giugno 1888 (id., Eep. 1888, voce cit., n. 10); App. Catania 13 febbraio 1885 (id., Eep. 1885, voce cit., n. 2) e 1° gennaio 1882 (id., Eep. 1882, voce cit., n. 17).

Osserva che lo scopo evidente della su mentovata

legge fu quello di applicare agli enti indefettibili, sotto

altra forma, il peso del pagamento della tassa di succes

sione che grava su tutte le persone defettibili, infor

mandosi al criterio di giustizia che vige in materia di

tasse, che tutte le persone ne debbono sopportare il peso con parità di trattamento.

Che, come gli stessi giudici del merito ritennero e d'al

tronde da tutti si ritiene, il carattere d'indefettibilità

dell'ente, che per tale sua natura sfugge alla tassa di

successione, va inteso nel senso di una perpetuità, non

soltanto assoluta, ma anche relativa, tale cioè che l'esi

stenza di esso sia indeterminata e sorpassi la normale

vita delle persone fisiche, onde non possa aver luogo

l'applicazione della tassa di successione che per queste ultime si effettua.

Che, esaminando la presente causa alla stregua dei

principi dianzi enunciati, non può negarsi che il Con

sorzio cremonese, di cui si discorre, eretto in corpo mo

rale con regio decreto 2 luglio 1891, abbia i caratteri

di ente indefettibile ; imperocché in esso si riscontra ap

punto un istituto che per il suo scopo continuativo e la

sua natura autonoma ha il requisito, se non della per

petuità in modo assoluto, almeno di quella intesa in

senso relativo, essendo stato costituito per un canale

d'irrigazione del territorio cremonese ; onde la sua fun

zione è permanente ed indeterminata riguardo al tempo, e rientra in quella specie di enti che si vollero colpire con la tassa di manomorta.

Osserva che invano a sostenere la contraria tesi si

oppone che la Corte di merito, escludendo la natura in

defettibile del Consorzio cremonese, compì un esame di

fatto vagliando le norme che regolano quell'ente per lo

statuto che lo costituì ; dappoiché, agli effetti dell'appli cazione della tassa di manomorta, la valutazione del

modo e dello scopo, nonché dell'esercizio di ente che si

afferma soggetto alla tassa, rientra per. necessità di cose

nelle indagini di diritto che sono necessarie per l'appli cazione della legge e perciò nella competenza del Su

premo Collegio giudicante in sede di cassazione.

Che esaminando le regole stabilite per la formazione

e l'esercizio del Consorzio cremonese, e specialmente

quelle sulle quali la Corte di merito fondò il suo giu dizio per escludere l'indefettibilità di quell'ente, è op

portuno rilevare che la durata del surripetuto Consorzio

non venne col suo statuto limitata ; né può ritenersi che

tale limitazione sia una necessaria conseguenza della cir

costanza che la concessione governativa per la deriva

zione dell'acqua dal fiume Adda fu ristretta a 30 anni,

perchè ognuno sa che tali concessioni possono rinnovarsi, e con tale rinnovameuto continuerebbe l'esistenza del

'Consorzio per tempo indeterminato.

Che la circostanza che il capitale occorrente per l'ese

cuzione dell' impresa, di ben 5.500.000 lire, procurate con operazioni di credito per conto dei Comuni formanti

parte del Consorzio mediante carature ed azioni da as

sumersi dai Comuni anzidetti, non esclude che il Con

sorzio, quale ente autonomo, abbia un patrimonio proprio,

quantunque fornito dai compartecipanti nel modo dianzi

espresso, tanto che il capitale occorso per l'impianto fu

già in alcuni anni superato dai redditi e gli utili, rima sti in esuberanza, investiti in immobili.

Che la facoltà dei Comuni compartecipanti di deli

berare lo scioglimento del Consorzio non toglie che

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