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Udienza 1 luglio 1919; Pres. ed est. Tangarelli; Casalicchio (avv. Barsanti, Carnelutti, Rocchi) c.Casalicchio (Avv. Lessona, Franco, Maneo, Calderara)Source: Il Foro Italiano, Vol. 44, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1919), pp. 849/850-851/852Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23120046 .
Accessed: 28/06/2014 09:49
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849 GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE 850
era reso necessario per avere nna base ohe servisse a for
mare ìe tariffe scritte ajl'art. 95 del regolamento. Occor
rendo al legislatore un sistema pratico, pronto, che il
più possibilmente ad equità si avvicinasse, non poteva a
meno di riferirsi al salario dell'operaio infortunato ; ma con
ciò non intendeva fn.re riferimento al lavoro specifico in
atto al momento dell'infortunio.
La stessa circostanza che all'art. 12 capov, la legge su
gli infortuni stabilisce che il salario annuo base non possa
eccedere le lire 2000, implicitamente rivela che non in
tendeva riferirsi al lavoro specifico, ovverosia al guadagno
che l'operaio percepiva prima dell'infortunio, e chiarisce
il nessun rapporto fra salario e mestiere al fine di deter
minale la indennità.
La maggiore dimostrazione che non vi era riferimento
al lavoro specifico, ma che il pensiero della legge era che
si guardasse soltanto di quanto fosse stata ridotta la ca
pacità lavorativa dell'operaio al lavoro in genere, tenendo
conto dell'entità de'la lesione e della possibilità di fatto
che la residua capacità potesse essere utilmente in modo
stabile utilizzata, si ha nell'art. 95 del regolamento, il
quale, avendo presente i criteri surriferiti, stabili le ta
riffe, determinando così l'indennità con misura aprioristi
ca e forfetaire. Un naturale senso di commiserazione, di simpatia, di
equità verso i disgraziati che cadono sul lavoro può far
invocare che un maggior concorso del capitale nell'assi
curazione dell'operaio renda le tariffe delle indennità più
adeguate allo stato di fatto, più rispondenti alla ridotta'
attività in genere dell'infortunato, di guisa che siano il
più possibile diminuite le dolorose conseguenze dell' in
fortunio; ragioni di equità, desiderio di uguaglianza so
ciale, di sorreggere il lavoratore nella disgrazia, sono per
la opposta tesi, ma ragioni che. abbiano radici nella pre
sente legge non la sorreggano. Considerato pertanto che deve ritenersi il Kernan col
pito a causa dell'infortunio da invalidità permanente par
ziale, e non assoluta, e che la riduzione del suo salario
commisurata nel 35 °/o risponde al caso previsto nelle ta
riffe (art. 95 regolamento).
Per questi motivi, ecc.
CORTE D'APPELLO DI FIRENZE.
Udienza 1 luglio 1919 ; Pres. eel est . Tangarellt ; Ca
salicchio avv. Barsanti, Oarnelutti, Rocchi) o. Ca
saliccliio (Avv. Lessona, Fiianco, Maneo, (Calde
ra ra).
Divisione — Biesione oltre 11 quarto — Errore
Azione di rescissione — Prescrizione Decor
renza (Cod. civ., art, 1038, 1800).
Il termine per l'esercizio dell' azione di rescissione di
una divisione per lesione oltre il quarto, derivante
da errore, decorre dal giorno della scoperta di questo
e non dal giorno della stipulazione del contratto. (1)
(1) Vedi in senso contrario le due decisioni della Corte di
cassazione di Firenze 17 giugno e 12 dicembre 1818 {retro, col. 61), di cui la seconda fu pronunciata nella stessa causa ora decisa
in grado di rinvio dalla sentenza surriferita, con la quale la Corte d'appello di Firenze si ribella alla massima accolta
dal Supremo Collegio. Per lo stato della questione in dottrina
e nella giurisprudenza vedi la nota alle decisioni succitate.
La Corte, ecc. (Omissis). — Osserva che la Corte su
prema, fiorentina cassava la sentenza della Corte di Ve
nezia appunto là dove aveva deciso che anche in materia
di rescissione per lesione oltre il quarto la prescrizione
decorre dalla scoperta dell'errore e non dalla data del
contratto.
Il Supremo Magistrato, dopo aver esposto con perspi
picua chiarezza lo stato della dottrina e della giurispru
denza sulla questione, dichiarava che avendo aderito con
precedente sentenza all'opinione di coloro che negano
l'applicabilità del capoverso dell'art. 1300 alla rescissione
per causa di lesione oltre il quarto, intendeva mantenere
la" sua decisione, poggiata su queste due principali ra
gioni : la prima, che quando la legge parla dell' azione
di rescissione per causa di lesione, non accenna punto
ad errore ; la seconda, che l'azione stessa non può essere
fondata su di un vizio di consenso, perchè altrimenti si
sarebbe dovuto ammettere anche per una lesione miriore
del quarto. Ma questo Collegio, con la dovuta deferenza alla Corte
regolatrice dalla quale ha sempre attinto preziosi insegna
menti, si permette oggi, in ossequio al principio del li
bero convincimento, di dissentire. E osserva all'uopo che
se il capoverso dell'art. 1038 cod. civ. avesse accennato
ad errore, la questione non ci sarebbe ; ma è appunto
perchè non ne ha fatto cenno che è scorta ; e non ci
sarebbe neppure se il capoverso dell' art. 1300 avesse
enumerato fra i casi nei quali la prescrizione decorre da
un momento posteriore al contratto quello della lesione
oltre il quarto.
Ora, non crede il Collegio che a risolvere l'agitata
controversia basti il suffragio del noto aforisma ubi vóluìt
0 dell' altro inclusici unius. « Consentiamo, scrive in
proposito la difesa di Ugo Casaiicchio a pag. 19 della
sua dotta memoria 3 giugno 1919, che anche se la le
sione non sia particolarmente menzionata dal capoverso
dell'art. 1300, il ritardo nella decorrenza della prescri
zione possa ammettersi, ma soltanto quando si dimostri
che per l'azione di lesione ricorre una situazione identica
a quella che si verifica nelle varie ipotesi ivi previste,
quella situazione caratteristica che richiama la sospen
sione della prescrizione disciplinata in via generale dal
l'art. 2120 cod. civile : la prescrizione non corre in tutti
1 casi in cui esista la impossibilità logico-giuridica di esercitare l'azione. Tale impossibilità la prelodata di
fesa dice di riscontrarla in tutti i casi enumerati nel se
condo comma del citato articolo, ma non in quello delle
lesioni oltre il quarto, a meno che non si confonda la
lesione coll'errore. Non bisogna confondere, prosegue a
dire, il motivo psicologico del contratto col motivo giu
ridico dell'annullamento o della risoluzione. Dal punto
di vista psicologico, la lesione può avere varie cause. Un
condividente può accettare nella divisione una porzione
dei beni comuni di valore notevolmente inferiore a quella
che gli sia dovuta o perchè si rappresenta falsamente la
realtà (errore) o perchè in questa falsa rappresentazione
è indotto da artifici del coerede (dolo) o perchè cede alla
paura o al bisogno (violenza) o perchè, per esempio, è
un gran signore, e non gli importa nulla di pigliare la
parte uguale nella divisione. Ma dal punto di vista giu
dirico la lesione agisce con piena indipendenza da ognuno
di questi mezzi, nel senso che basta la effettiva spropor
zione tra la parte assegnata e la parte dovuta per ca
gionare la rescissione della divisione, indipendentemente
da ogni motivo psicologico del contratto : uppunto l'iati
'il Foro Italiano — Anno XLIV — Parte I-54.
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851 PARTE PIUMA &52
tuto della lesione è spiegato da tutti non già come una
necessità di tutelare il condividente contro l'errore, ma
invece col principio della eguaglianza». Tutto ciò il Collegio accetta nel senso che basti il
solo fatto della lesione ad integrare il motivo giuridico della rescissione ; ma l'essere l'istituto della lesione fon
dato sul principio della eguaglianza fra i condividenti
non esclude che, ove ad attuarla sia intervenuto l'errore,
questo motivo psicologico funzioni legittimamente sul de
corso del termine prescrizionale. Ben sappiamo che la legge all'art. 1038, mentre espres
samente richiama la violenza e il dolo, non accenna al
l'errore ; ma che possa aversi una lesione patrimoniale così grave dal alterare l'eguaglianza fra i convidenti senza
essere l'effetto di un errore, male si concepisce, giacché, di regola, niuno si adatta libenter a lasciarsi spogliare. Tanto ciò è vero, che la difesa di Ugo Casalicchio, non
ostante le sue ottime risorse, volendo raffigurare un caso
in cui il fatto giuridico della lesione non fosse dovuto
ad un vizio di consenso, dovette ricorrere all'ipotesi, tanto rara, quanto iperbolica, di un condividente così
gran signore da non importagli nulla di pigliare la sua
parte uguale nella divisione. In pratica veramente avviene
l'opposto, cioè che i gran signori siano, come ogni altro
condividente, attaccati al principio dell'eguaglianza nella
divisione ; ma quand'anche l'ipotesi potesse entrare nel
dominio della realtà, non servirebbe a distruggere la pre
sunzione dell'errore inerente alla lesione, servirebbe sol
tanto ad escluderlo in certi casi straordinari. Nella specie,
però, nessuno allegò che le sorelle Teresa e Maria, o per
essere grandi signore o per altro motivo di eccezionale
convenienza, si lasciassero levare oltre il quarto volon
tariamente dal fratello Ugo. Risulta invece, dalla storia
degli atti che il contratto 3 maggio 1905 pose fine ad
una serie di giudizi che le medesime sostennero contro
il fratello in difesa dei loro diritti sulla eredità paterna ;
per cui, se quel contratto dovesse dichiararsi risoluto per
effetto di lesione oltre il quarto in ossequio al principio
della eguaglianza, la genesi della lesione sarebbe da ri
cercarsi indubitatamente nell'errore come vizio di con
senso, con la legittima conseguenza del trapasso dell'er
rore stesso nell'istituto della prescrizione per farne de
correre il termine dal giorno in cui l'errore fu sco
perto. Che se il silenzio dell'art. 1038 circa l'errore non tro
vasse la sua giustificazione nella suddetta presunzione,
non sarebbe facile rappresentarne un'altra più persuasiva,
e converrebbe ripiegare sul vecchio ubi voluit, che non
dà la ragiore del volere, mentre le ragioni della legge
debbono essere comprensibili,
E non sarebbe facile rappresentarsi un'altra giusti
ficazione del silenzio dell'art. 1038, stante che l'art. 1300
chiaramente confermi che in tutte le azioni di nullità e di
rescissione di contratto possono aversi i tre vizi tipici del
consenso di cui all'art. 1108. Sarebbe dunque un caso di
antinomia fra le disposizioni generali dell'art. 1300 e
dell'art. 1108 o quella particolare dell'art. 1038, quasi
che l'errore fosse un vizio del consenso capace a vulne
rare ogni contratto e incompatibile col solo contratto di
divisione ; proprio con quel contratto in cui gli errori fa
cilmente accadono, per essere il riassunto di una serie
lunga e intricata di operazioni, come fu nella specie. Ma la seconda ragione per cui la Corte regolatrice
aderiva all'opinione contraria si è che l'azione di rescis
sione non può essere fondata sopra un vizio di consenso,
perchè altrimenti si sarebbe dovuto ammettere anche per
una lesione minore del quarto.
Il Collegio però ha già dimostrato come non occorra
che l'azione di rescissione sia fondata in un vizio di
consenso perchè questo vizio possa funzionare nel decorso
della prescrizione ; ha dimostrato che il fondamento del
l'azione può essere il rispetto all'eguaglianza fra i con
dividenti e la genesi della lesione che provocò l'azione
riparatrice trovarsi nell'errore del condividente. Il che
spiegherebbe come la legge abbia voluto limitare l'azione
di rescissione alle sole lesioni che portavano una reale
alterazione al principio dell'eguaglianza, ed escluderla per
le lesioni minori a vantaggio della stabilità' dei contratti ;
e come al tempo stesso la lesione oltre il quarto si debba
ad un vizio a,i essa inerente, che nell'istituto della pre
scrizione serve ad impedire il decorso del termine pre
scrizionale sino al giorno in cui l'errore sia stato sco
perto. Il Collegio, riassumendo il suo convincimento, dichiara
che, quantunque l'errore possa non essere il motivo giu
ridico di rescissione, no è pur sempre il motivo psico
logico, che legittimamente può richiamarsi per stabilire
l'inizio della decorrenza del termine prescrizionale in con
formità del capoverso dell'art. l'ìOO, perocché le ragioni
dell'azione non siano da confondersi con quelle della pre
scrizione, Sa quale è una eccezione liberatoria assogget tata unicamente al decorso del tempo e a condizioni spe
ciali a sensi dell'art. 2105 e segg., che non riguardano
il caso in esame. Accertato dalla sentenza della Corte
veneta, nel capo che il Supremo Collegio confermava,
che l'azione di rescissione era ammessibile ; accertato del
pari, per quanto è stato detto, che l'azione medesima non
è prescritta, si rende inutile l'esame dell'esistenza o meno
del concorso simultaneo dell'azione in reintegrazione di
legittima. Resta invece a vedersi se la lesione oltre il quarto
esista veramente. (Omissis). Per questi motivi, ecc.
CORTE D'APPELLO DI GENOVA.
Udienza 28 aprile 1919 ; Pres. Nateli,rs, Est. Pai.la
roni ; Compagnia di assicurazione « La Preservatrice »
c. Quercini!.
Sn lori il ni sul lavoro Omessa denuncia «idi infor
tunio Buffetti in rapporto al pagamento dell'in
dennità Clausola speciale di decadenza — Bnop
poniMlifà all'operaio (L. 31 gennaio 1914, augii in
fortuni del lavoro, art. 31, 36 ; Reg. relativo 31
marzo 1904, art. 79).
La omessa denuncia dell' infortunio all' Istituto assicu
ratore da, parte dell' imprenditore o dell'operaio nei
termini stabiliti dall'art. 36 della legge speciale e
79 del relativo regolamento non importa decadenza
dal diritto all' indennità. (1)
(1) Vedi iu senso conforme, per la mancata denuncia del l'infortunio da parte dell'imprenditore, la sentenza della stessa Corte d'appello di Genova 14 maggio 1907 e quella della Corte
d'appello di Bologna 29 maggio 1916 (Foro it., 1907, I, 1397 ; 191t>, I, 1260) con le relative note di riferimento dei precedenti giuri sprudenziali. Conforme anche Cass. Roma 19 marzo 1917 (id., Rep. 1917, voce Infortuni sul lavoro, n. 83).
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