Udienza 11 giugno 1877, Pres. Vigliani P. P., Est. Bicci, P. M. Paoli A. G. —Fabbri (Avv.Ciaranfi), c. CanocchiSource: Il Foro Italiano, Vol. 2, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1877), pp. 787/788-791/792Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23084327 .
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787 PARTE PRIMA 788
dinaria per materia e per valore ed anche quella del do micilio della parte convenuta, onde non esporre l'avvo
cato a fare tanti giudizi di liquidazione, per quanti sta
dii di giurisdizione abbia potuto percorrere il giudizio del quale ha compiuto la difesa.
Pei creditori poi delle spese giudiziali contro i propri clienti o mandanti b ammesso inoltre un procedimento
economico, di che b parola nell'articolo 379, ed un tale
procedimento si 6 renduto pure comune agli avvocati
pel pagamento degli onorarii loro dovuti dai propri clienti.
Essendo questo tutto il sistema dettato dal Codice di
proc., tanto per la ripetizione delle spese ed onorari di
avvocato contro la parte soccombente, che contro al
proprio cliente, conviene farne applicazione al giudizio in esame.
Una sentenza della Corte di appello di Trani del 16
marzol869, pronunziatain rinvio dalla Cassazione, con
dannava il comune di Grrumo alle spese del giudizio di
rinyio ed a quelle di Cassazione a favore del comune di
Cassano, delegandone la tassazione ad un consigliere della Corte. II comune di Grumo produsse ricorso per cassazione che fu rigettato nel 15 maggio 1873 con la
condanna del ricorrente alle spese, e fu anche delegato un consigliere per liquidarle.
Tassate le spese in appello ed in Cassazione dai ri
spettivi Consiglieri delegati, il comune di Cassano ha dimandato dinanzi la Corte di appello di Trani con ci tazione diretta gli onorari pel suo avvocato per la difesa
sostenuta in appello ed in Cassazione.
Su tale dimanda la Corte con la sentenza ora impu
gnata ha dicbiarato la sua incompetenza, ritenendo do
versi procedere ad un giudizio regolare dinanzi al Tri
bunale.
Ora per le osservazioni dinanzi fatte, la liquidazione
degli onorari, tanto per la sentenza di annullamento
della Cassazione che avea rinviato le spese, qtianto per
quella emessa in rinvio dalla Corte di appello, conte
nente condanna alle spese di Cassazione e di rinvio, doveva farsi dal consigliere delegato in appello alia tassazione delle spese, a norma dell'art. 375 del Codice
di procedura, sentito il Consiglio dell'ordine degli av
vocati : art. 294 tariffa per le spese giudiziarie. E man
cando il consigliere delegato nella sentenza, se ne
doveva far destinare dal presidente altri in sua vece, come prescrive l'art. 210 del Codice di procedura.
Del pari la tassazione dell'onorario dovuto per la sen
tenza di Cassazione che rigetto il ricorso, 15 maggio
1873, deve eseguirsi nel modo medesimo dal consigliere
delegato dalla Corte di cassazione.
Per tali motivi, la Corte di cassazione annulla la im
pugnata sentenza; dichiara la competenza della Corte
di appello in Trani a tassare, nel modo determinate
dall'art. 375 del Cod. di proc. civ., gli onorari di avvo
cato richiesti dal Comune ricorrente in forza della con
danna di spese contenuta nella sentenza della stessa
Corte del 16 marzo 1869, sentito il parere del Consiglio dell'ordine degli avvocati ;e rimanda la causa alia stessa
Corte per gli opportuni provvedimenti.
CORTE DI CASSAZIONE DI FIRENZE
Udienza 11 giugno 1877, Pres. Vigliasti P. P., Est.
Bicci, P. M. Paoli A. G. — Fabbri (Avv. Ciaranfi), e. Canoe chi.
Cassazione — «messa pronunzia — Prova testimoniale — Termine — Procedimenti pretoriall (C. p. C., art
232,447,517).
È nulla la sentenza del secondo giudice che ometta di
■pronunciare sopra uno dei capi di domanda propo sti in appèllo.
Il termine perentorio di trenta giorni per fare gli esami testimoniali è applicabile anche ai giudizi pre toriali (1).
La Corte, ecc. — Attesoché non possa cader dubbio
che il tribunale civile di Firenze abbia violato l'art. 517, n° 6, del Cod. di proc. civ., omettendo di pronunziare
sopra uno dei capi di domanda proposti in appello. Ri
sulta infatti dal tenore delle conclusioni trascritte nella parte proemiale della sentenza che l'appellante dottore
Fabbri aveva chiesto anzitutto che fosse pronunziato
l'annullamento, e quatenus (cioè in ipotesi) la revoca
della pronunzia del pretore di Greve. Nè la parola an
nullamento era stata qui spesa senza ragione, e quasi
per indicare la cosa stessa della revoca (riforma), ma
trovava la sua congrua spiegazione nei motivi della
comparsa conclusionale, col primo dei quali appunto il
dott. Fabbri deduceva essere il pretore incorso in una
nullità ammettendo una controprova testimoniale per
semplice ordinanza, come se vi fosse stata la concordia
delle parti, mentre avendone esso contrastata l'ammis
sibilità elevando in proposito un vero incidente, questo incidente non avrebbe potuto essere risoluto se non per
formale sentenza. Coll'altro motivo poi deduceva che, in ipotesi, quella pronunzia avrebbe dovuto essere ri
formata, come ingiusta, per avere ammesso una contro
prova quando gli esami a prova erano stati già eseguiti, ed era poi decorso il termine rigoroso dei 30 giorni di che nell'articolo 232 del Codice di procedura civile. A
(1) Nel Foro Italiano ci siamo già parecchie volte occupati di que sta molto controversa questione, riferendo le sentenze della Cassa zione di Roma e di Napoli, le quali hanno deciso, in senso contrario alla Corte di Firenze, che i termini stabiliti per l'esperimento della
prova testimoniale dinanzi i tribunali civili non sono applicabili nei
giudizi dinanzi i pretori (C. Napoli 10 aprile 1876, Foro Hai. 1876, I, 1189 con nota dell'avv. Sabbatini, e C.Roma 30 novembre 1876,Foro Ital., 1877, 1, 524 con nota).
Abbiamo poi avuto occasione di far notare che la Corte Suprema di Roma ha recentemente alquanto limitata la portata della mas sima adottata. Vedi infatti la sentenza 26 marzo 1877 (Foro ital. 1877, I, 562 (n) ), relativa al caso del pretore che proceda per delegazione del tribunale, e quella 11 giugno 1877 (Foro It., 1877, I, 643 (n)) relativa alla riapertura del procedimento per l'udizione di nuovi te stimoni.
Siamo lieti ora di poter pubblicare questa notevole sentenza della Cassazione di Firenze, la quale, confermando la costante giurispru denza di quella Corte, espone dottamente i motivi che possono con
sigliare una decisione contraria a quella delle Cassazioni di Roma e di Napoli, ed ha per noi il pregio di completare la trattazione che il nostro giornale ha fatta di questa importante questione.
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GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE
vendo pertanto il tribunale trascurato affatto d'occu
parsi della dedotta ecceezione di nullità, la denun
ziata sentenza avrebbe dovuto essere per ciò solo cas
sata j
Attesoché cassata del pari ella debba essere in
quanto dichiarò ammissibile la controprova chiesta dai
Canocchi al di là del termine dei trenta giorni, addu
cendo per ragione giuridica che nelle cause che si agi tano davanti ai pretori la prova testimoniale non ha
termini di rigore, tutto essendo rimesso all'arbitrio del
pretore medesimo ;
Attesoché questa Suprema Corte non ignori che al
cuna delle altre Corti egualmente Suprema ha procla
mato il principio seguito dal tribunale, e che altre, va
riando giurisprudenza, ora l'abbiano ammesso, ed ora
negato. Essa, però, malgrado questo dissidio, che si è
insinuato eziandio nella dottrina degli scrittori, non
saprebbe oggi recedere da quella opinione, ornai tante
volte, e sempre costantemente, affermata, che, cioè, il
termine dei 30 giorni per fare gli esami stabilito dal
l'articolo 232 del Codice di procedura civile deve avere
luogo anco nelle cause dinanzi ai pretori ; opinione che
ha suo fondamento nell'articolo 447 del detto Codice,
ove è disposto che « il procedimento davanti ai pretori,
« per tutto ciò che non è regolato espressamente da que « sto capo, prende norma dalle disposizioni del capo I
« di questo titolo... in quanto siano applicabili. »
Lo che, in altri termini, significa che tutto ciò che si trova scritto nel capo I per regolare il procedimento
avanti ai tribunali civili e alle Corti, deve osservarsi ed
applicarsi anche davanti ai tribunali pretoriana meno che — a) o non si vegga dettata per questi una norma
diversa nel capo V che tratta del procedimento davanti
ai pretori; — b) o non ne sia possibile la pratica ap plicazione ;
Attesoché, restringendo l'esame alla questione spe
ciale che ne occupa, conviene dipartirsi dal principio
indicato dalla legge stessa: il principio, cioè, che tutto
quello che è disposto nel capo I, sez. IV, § 3, riguardo
alVesame dei testimoni davanti ai tribunali civili e alle
Corti, debba in massima, e di regola, applicarsi anco nelle cause che si agitano davanti ai pretori. E poiché fra le disposizioni che si contengono in quel § 3, trovasi
quella dell'articolo 232 che fissa in 30 giorni il termine
di rigore per far gli esami, convien ritenere, a priori,
che anco quest'articolo debba osservarsi nelle cause pre
toriali, salvo che nel successivo capo V s'incontri una
disposizione espressa in contrario, o sia evidente che in
queste cause la prescrizione di quel termine non possa
applicarsi-, Che, quanto al primo capo d'eccezione, gli articoli
426 e 42/ (i soli che parlino della prova testimoniale
nelle cause di competenza pretoriale) null'altro stabili
scono, se non questo che — 1) è permesso alla parte di
dedurre la prova anche oralmente; e che — 2) ove i te
stimoni da udirsi riseggano nel comune, la loro cita
zione può farsi verbalmente : e ciò in deroga agli articoli
229 e 238 ; il primo dei quali vuole che i fatti da pro varsi siano dedotti specificatamente per articoli sepa
rati, e senza dubbio per iscritto, tutto dovendosi per iscritto e nulla oralmente dedurre nei procedimenti dinanzi ai tribunali civili e alle Corti; e col secondo si
vuole che, dovendosi citare i testimoni, questa citazione
debba farsi per biglietto, non verbalmente. Del termine per far gli esami non v'è una parola. Non verificandosi
dunque il primo caso di limitazione alla regola (cioè un
disposto espresso diverso) conviene ritenere che l'arti
colo 232, che stabilisce questo termine, debba esser co
mune anche ai giudizi dei pretori ; «•
Attesoché, quanto all'altro caso di limitazione (vale a dire alla non applicabilità della disposizione), osserva la Corte nulla essere in astratto più applicabile dei ter mini di procedura; in concreto poi, e per quanto attiene
al termine per fare la prova testimoniale, essere incon
cepibili ostacoli ad eseguire in 30 giorni gli esami da vanti al pretore, quando in 30 giorni lo si può, e lo si
deve anzi fare, davanti ai tribunali civili ed alle Corti, dove le forme di rito sono maggiori e più complicate;
Che non è poi a presumere che la legge, mentre ha
dimostrato di esigere nelle cause pretoriali il più celere
e il più spedito procedimento — sia col ridurre dai 2 ai 25 giorni il termine della citazione che per le cause
che si trattano ai tribunali ed alle Corti è dai 10 ai 90
giorni, sia col comminare per le prime la perenzione dell'istanza in un anno (art. 447 cap.), mentre per le
altre è stabilita in un triennio — abbia poi voluto che il
termine dei 90 giorni potesse a qualunque tempo, in definitamente, e ad arbitrio del pretore, esser protratto. E tanto meno è ciò a presumere, avuto riguardo allo
scopo che la legge stessa ebbe in mira col restringere in un conveniente sì, ma non troppo largo periodo di
tempo, la esecuzione della prova, quello, cioè, di render
meno facile, per quanto è possibile, la subornazione
dei testimoni; scopo che, preso di mira nell'interesse
generale della giustizia, mal si vorrebbe limitare alle
sole cause spettanti alla maggior competenza dei tri
bunali civili e delle Corti. Che se nell'articolo 447, alla disposizione generale,
che anco nelle cause pretoriali debbansi seguire le
norme di procedimento tracciate pei tribunali civili e
per le Corti, si è aggiunta la frase, in quanto siano ap
plicabili, ciò si è detto per la evidente ragione che i giu dizi pretoriali, svolgendosi dinanzi ad un giudice solo, senza la presenza del ministero pubblico, e senza l'inter
vento di procuratori legali, molte delle forme di rito
scritte nel capo I, e che presuppongono un collegio di
magistrati, la esistenza del Pubblico Ministero, e lo
spiegato ufficio di procuratori legalmente esercenti, si sarebbero presentate inapplicabili, stante la impossibi lità della loro precisa attuazione pratica. Ma lo ese
guire la prova testimoniale in 30 giorni, non dipende davvero da alcuna delle enumerate circostanze. Quel
termine è scritto per tutti nell'articolo 232; e niuno,
tanto meno poi la parte che ha proposta la prova, po
trebbe, a sua scusa, allegare la ignoranza della legge ;
Che invano si opporrebbe (come da chi sostiene una
diversa sentenza si oppone) che non trovandosi, nella
parte del Codice di procedura civile che tratta del pro
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791 PARTE PRIMA 792
cedimento avanti i pretori, fatta parola di termini, di
nullità, di decadenze, non sia lecito trarne induzione da altre parti del Codice stesso per ciò che attiene alla
esecuzione della prova testimoniale senza violare il di
vieto generale scritto nell'articolo 56. Anzitutto non è esatta l'asserzione che il Codice di procedura civile non
parli di termini nel procedimento davanti ai pretori. Tanto ne parla che nell'articolo 418 (in fine) stabilisce in modo generale, e senza distinzione di casi, che in
questi giudizi i termini possono prorogarsi soltanto una
volta. Ora, poiché fra i termini, per la di cui proroga è
necessaria una pronunzia del giudice, v'ha principal mente quello che riguarda appunto l'esame dei testi
moni, d'uopo ò ritenere che l'articolo 418 abbia, tra gli
altri, preso di mira l'articolo 246, il quale dispone che « quando durante il termine per l'esame una delle parti « ne domandi la proroga, il giudice procedente, concor
« rendo vi giuste ragioni, può accordarla. » Ma poiché per l'articolo 47 potrebbe il giudice accor
dare anco una seconda proroga ove intervenisse il con
senso delle parti, così il legislatore, sempre nel lode vole intento di rendere più brevi al possibile i giudizi pretoriali, prescrisse, in modo assoluto, che nessun ter mine potesse in questi prorogarsi, se non soltanto una
volta. Posto poi che il divieto generale al pretore di prorogare più d'una volta i termini comprenda anco il termine per l'esame dei testimoni, si ha la provala più luminosa che l'esame dev'essere fatto nel termine stabi
lito, e che la legge, lungi dall'aver tutto rilasciato al l'arbitrio del pretore, ha tolto a lui perfino la facoltà
(concessa ai tribunali civili e alle Corti) di protrarre il termine con una proroga ulteriore ;
Che il ritenere perentorio e di rigore, anco davanti ai pretori, il termine per far gli esami, non è poi un
creare delle nullità e delle decadenze non scritte nella
legge, quando è la legge stessa, cioè l'articolo 447,che con parole aperte e incavillabili (salve le due eccezioni ivi fatte) si riferisce in tutto alle disposizioni contenute nel capo I, fra le quali si incontra quella dell'art. 232, che stabilisce il termine dei 30 giorni, da osservarsi ri gorosamente e sotto pena di decadenza dal diritto di far esaminare i testimoni sì a prova che a controprova. Ed anzi, dicendo la legge in tutto, sarebbe indurre una arbitraria limitazione alla generalità del suo disposto 10 aggiungervi meno le nullità e le decadenze ;
Attesoché non valga nemmeno l'altro obbietto che, ritenendo questo principio, possa perdersi il benefizio di una pronta esecuzione della prova, in quanto il pre tore creda di poterla eseguire in un termine anco più breve ; imperocché, senza esaminare se essendo vietato al pretore di oltrepassare e di prorogare più d'una volta 11 termine ordinario possa dirsi che siagli vietato ezian dio nel destinare il giorno per gli esami di abbreviare gli altri termini intermedii, non v'ha dubbio che, ad ogni modo, è più utile esser certi che l'esame sarà eseguito entro 30 giorni, di quello che abbandonarsi intieramente all'arbitrio del pretore e andare incontro a un'asssoluta incertezza di termine;
Per questi motivi, cassa, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI FIRENZE. Udienza 11 giugno 1877, Pres Viqliani P. P., Est.
Bxooi, P. M. Paoli A. G. (Conol. conf.) — Zecchin (Aw. Giuriati) c. Oriani (Aw. Ruffini)
Prova testimoniale — Deleg-azioue di gindice — Oiu ramento d'ufficio — Prova della falsita. (Cod. civ., art. 1363,1374,1375 — Cod. proc. civ. art. 208).
Non e nulla la sentenza di appello che per esaurire una
prova da eseguirsi nel luogo di residenza della Carte
abbia delegato il tribunale locale invece che uno dei propri consiglieri.
II giudice che ammette il giuramento d'ufficio pub con dannare od assolvere attualmente il convenuto sotto la condizione che sia prestato il giuramento con una data
formula, o ordinare in via interlocutoria la presta zione del giuramento, riservando la pronunzia alia sentenza definitiva.
Ove proceda in questo secondo modo, la sentenza, sebbene
interlocutoria nella forma, in sostanza ha condizio nalmente la forza di definitiva.
Prestato il giuramento suppletorio, Valtra parte pud es
sere ammessa a provarne la falsita per una delle
cause che danno luogo alia rivocazione delle sen
tenze. (1) La prova testimoniale, dato che sia ammissibile per pro
vare la falsita del giuramento, non lo e piu se verte sulle medesime circostanze sulle guali fu gia as sunta. (2)
La Corte, ecc. — Considerando, che la Corte d'ap
pello di Venezia, chiamata a risolvere la disputa in
sorta fra il medico-chirurgo Girolarco Oriani, che chie
(1-2) La sentenza cassata della Corte di appello di Venezia 30 dicerabre 1876 e stata da noi pubblicata nel Foro Italiano (1877, I, p. 441) con una nota in cui si e riassunta una dotta scrittura del l'avvocato Pellegrini.
Nel pubblicare ora la decisione della Cassazione liorentina su questa importante quistione siamo lieti di poterla accompagnare con le conclusioni prese all'udienza del 28 maggio, in cui fu discussa la
causa, dall'illustre avvocato generale Paoli, e che ne costituiscono un dotto commento.
II coramendatore Paoli, pubblicando nel pregevolissimo Giornale delle leggi di Genova le sue conclusioni nelle cause pii importanti, da agli alti rappresentanti del Pubblico Ministero presso le nostre Corti di cassazione un lodevole esempio che ameremmo vedere seguito dai piii reputati fra essi con grande profitto della loro pro pria fama e con vantaggio della scienza.
Noi apriamo a tutti le colonne del nostro periodico, certi di fare cosa grata ai nostri lettori e di giovare anche in tal modo al decoro della nostra magistratura.
Ecco intanto le conclusioni deH'avvocato generale presso la Corte di Firenze nella presente causa:
« La questione principale che il succumbente Zecchin propone coi suoi motivi di ricorso, questione delicata e degna della considera zione della Corte Suprema, e la seguente, cioe:
« 1° ed in genere, se, deferito e prestato il giuramento suppletorio, possano ammettersi nuovi mezzi di prova per infirmarne la verita e la efficacia;
«2° ed in specie, se, data Taffermativa, potesse la Corte di Venezia, nel concreto del caso, ammettere quella specie di prova che venne ammessa, vale a dire la prova testimoniale.
« Ora, studiando la questione sotto il primo aspetto, noi ci troviamo
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