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Udienza 11 luglio 1883; Pres. ed Est. Scandurra —Ric. PrestinicolaSource: Il Foro Italiano, Vol. 8, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1883), pp. 1065/1066-1067/1068Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23090440 .
Accessed: 17/06/2014 07:38
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GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE
stare con la lettera, giacché voleva servirsi dell'o
pera del notaio, al quale effetto chiedeva anche del
nome di tutte le sue niputi sembrando che ne fosse
incerto.
Considerando che la seconda lettera presa tanto
separatamente , quanto come complemento della
prima non dimostra neppur essa che lo scrivente
Vannini avesse la volontà di testare nell'atto di
scriverla , perchè non lo espresse e perchè ri
corda — « 11 notaio mi fa sempre tornare mi pare in
teso colla zia » — dovendosi da queste parole desu
mere senz'altro che la sua intenzione fosse sempre
fissa nel fare il nuovo testamento a mezzo del no
taio, e non di disporre della sua eredità per lettera.
Nè possono condurre a diversa opinione le parole
che in seguito il Vannini soggiunge-« ma se non è fir
mato già io voglio lasciare tutto alle mie nipoti » —
perchè voglio lasciare indica il proposito di voler
disporre in tal modo e non l'attualità della dispo
sizione. Ed è inoltre da considerare che da nessuna
delle parole usate dal Vannini può rilevarsi che egli
fosse edotto della facoltà, che ogni cittadino ha, di
fare il testamento olografo di suo pugno, che anzi
deve ritenersi che lo ignorasse, diversamente Io
avrebbe scritto senza ambagi e senza bisogno di
lamentarsi della negligenza del notaio; e per questo
solo fatto dovrebbe se pur vi fosse dubbio, respingersi
ogni interpetrazione favorevole alla esistenza del
testamento, giacché non avendo il Vannini la scienza
di poterlo scrivere da se stesso non può presumersi
che lo scrivesse.
Considerando che non deve prendersi in esame la
terza lettera, giacché non essendo stata depositata
avanti notaio come atto di ultima volontà, rimane
un documento estraneo alla questione.
Considerando pertanto che non contenendosi nelle
prime due lettere la disposizione attuale di disporre
della eredità, non vi è testamento a favore delle
appellanti come giustamente ritenne la sentenza ap
pellata e rimane, in vigore il testamento del 1872 a
beneficio degli appellati per non essere stato revocato
nè per posteriore testamento, né pér atto notarile.
Per questi motivi, conferma, ecc.
. CORTE D'APPELLO DI CATANIA Udienza 11 luglio 1883; Pres. ed Est. Scandurra —
Ric. Prestinicola.
Fallimento — Cancellazione dall' albo — Estin
zione reale «li debili (Nuovo cod. di comm., art.
816; disp. trans. 14 dee. 1882, art. 16; Cod. civ., ar
ticolo 1279).
Il fallito non può ottenere la >;ancellazione dal
l' albo se non provando di aver pagato tutti i de
biti ammessi in capitale, interessi e spese. A que
sto pagamento non equivarrebbe la remissione
che ne avesse ottenuto. (1)
La Corte, ecc. — Tanto il sindaco che il fallito
esponendo che quest' ultimo ha pagato interamente
tutti i debiti in capitale, interessi e spese ai suoi
creditori, chiedono che voglia il tribunale, ai ter
mini dell' articolo 816 del cod. di comm. in vigore, cancellare il nome del Prestinicola dall'albo dei fal
liti. E per togliere qualunque ostacolo di forma alla
loro domanda, derivante dalle disposizioni transi
torie per 1' attuazione del detto codice, fan rilevare
che non fu continuata la verificazione dei crediti, a
norma del cod. anteriore, perchè il fallito estinse
tutte le passività, e che ora sarebbe un fuor d'o
pera riprenderla e riunire i creditori per nominare
la delegazione di sorveglianza, appunto perché non
esistono più creditori. Han chiesto pure pertanto che il tribunale chiuda il verbale di verifica dei cre
diti, e dichiari non esser luogo a nominare la dele
gazione suddetta.
Risulta dagli atti che la verificazione dei crediti, cominciata con verbale dei 26 die. 1876 e continuata a
rilento con atti del 14 genn. 1877 e dei 5 aprile 1881,
non fu più completata dopo la remozione dei pri mi sindaci e la surrogazione del sig. Avola, nono
stante i reiterati impulsi che da due anni in qua si
sono fatti.
Per 1' art. 16 delle disp. trans, emanate con regio decr. del 14 die. 1882 si applicano le leggi anteriori
sino alla completa verificazione dei crediti.
Nella mancanza di tale adempimento non si po trebbero a rigore di logica applicare le disposizioni contenute nel nuovo codice e molto meno la disposi zione dell'art. 816, in forza della quale si domanda la cancellazione del nome del Prestinicola dall' albo
dei falliti; giacché se una delle prove indispensabili
per poter godere del beneficio si é quella di aver
pagato tutti i creditori ammessi al passivo del fal
limento, é della massima evidenza che senza 1' am
missione non si potrebbe conoscere se siano stati pa
gati tutti.
Scendendo non pertanto ad esaminare il merito
della domanda, il tribunale osserva che i documenti
presentati non solamente non offrono la prova del
(1) L' art. 816 del nuovo codice di commercio adopera le stesse e
spressioni che erano usate dall'art. 715 del codice del 1865. Per questo
il fallito doveva provare di aver pagato interamente in capitali inte„ ressi e spese tutte le somme da esso dovute, per ottenere la riabi litazione. Pel codice nuovo egli deve fare la stessa prova se vuole ottenere che il suo nome sia cancellato dall' albo dei falliti. Le "sen tenze quindi che furono pronunciate interpretando il cit. articolo del codice del 1865 e le opinioni espresse dagli autori commentandolo, conservano la loro autorità anche di fronte al nuovo codice.
Ricorderemo quindi le sent. dell'App. Venezia 19 luglio 1879, (Foro it., 1879 , Rep. voce Fallimento, n. 130); e dell'App. di Messina, 14 giugno 1875, Varvesi, (Giur. it., 1875, 799), conformi alla pre-, sente, nonché quella della Cass. di Roma, 5 febbraio 1880 (ivi, 1880, 571), informata agli stessi concetti. Il Borsari (Cod. di comm. ann. art'. 715, n. 198) opina pure che la estinzione debba avere una cau sa la quale, se non è il pagamento, vi equivale nell'indole della pre stazione correspettiva, o tale deve ritenersi per assoluta necessità dei casi. Ammette quindi che non abbiano valore di pagamento 1' ab bandono volontario fatto dai creditori dei loro diritti, la prescrizione, la novazione (se non abbia per effetto di liberare il debitore il quale 1' bbia conseguita mediante pagamento del debito proprio): ma che debbano ritenersi come pagamento reale la compensazione e la con fusione.
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1067 PARTE PRIMA. 1068
I gamento intero in capitale, interessi e spese, ma
onninamente la escludono.
Risultano, per tacere di altro, dai documenti pro
dotti le seguenti circostanze di fatto (Omissis).
In base agli indicati documenti, riesce dimostrato
a luce di meriggio che il fallito Prestinicola non po
trebbe giammai ottenere la cance llazione dall' albo
che equivale all' istituto della riabilitazione ammes
so dal cessato codice. La legge favorisce i concordati e
le remissioni volontarie dei creditori, specie quando
tutti nelle forme legali vi acconsentano, ma la can
cellazione é un beneficio che essa dispone potersi
concedere per motivi evidenti di moralità a chi pa
ga tutti i crediti ammessi in capitale, interessi e
spese, e non già a chi ottiene, sia direttamente sia
indirettamente, da ogni creditore, una maggiore o
minore rimessione del credito. E se si considera che
tutto il passivo del fallimento, secondo il bilancio,
ammonta alla somma di lire 85,0000, si vede chiaro
che non solo il fallito non ha dato alcuna prova in
sostegno della sua domanda, ma ha provato invece
il contrario.
Invano poi si vuol ricorrere alla presunzione juris
stabilita dall'art. 1279 del c. c. in favore del debitore
che è possessore, per restituzione volontaria, del ti
tolo originale del credito.
Il fallito non è un debitore come ogni altro. La
legge non si Contenta della liberazione che risulti
da una presunzione legale, né che si faccia al fal
lito o a chi per esso la restituzione del titolo in qua
lunque modo ottenuta, ma esige l'intero pagamento
di crediti. Perfino il socio di una società fallita, che
ha ottenuto un concordato particolare, non può, se
condo l'art. 834 ult. capov., ottenere il provvedimento
indicato nell'art. 816, se non provi che tutti i debiti
della società fallita sono stati pagati in capitale, in
teressi e spese. Ed in vero, se potesse valere l'accordo
tra creditore e fallito, lo spirito della legge sarebbe
fraiateso, e la cancellazione del nome del fallito dal
l'albo, che costituisce implicitamente la revocazione
della sentenza dichiarativa del fallimento, sarebbe
concessa direttamente dai creditori. Ciò che è assurdo
e testualmente disdetto dal citato art. 816 ed anche
dall' art. 839.
Nel fallimento vi sono interessi privati ed interessi
pubblici a garantire. L'adesione unanime di tutti i
creditori, anche l'accordo della sola maggioranza di
essi, fa cessare nello interesse privato lo stato di fal
limento, e mette fine alla procedura. Ma non fa però
cessare gli effetti della dichiarazione del fallimento,
che si riferiscono all'ordine pubblico: tra questi,
principale é quello che il cessato cod. di comm., a
vea scritto negli art. 551 e 31, e che ora il cod. vi
gente ha sanzionato con l'articolo 697, dando la mas
sima pubblicità a tale specie di capitis diminulio.
La giurisprudenza e la dottrina italiana e straniera, nel determinare le condizioni che devono concorrere
per ottenersi la riabilitazione, confermano che con
dizione sine qua non per aspirarvi sia l'integrale
pagamento. Questo richiedeva 1' art. 715 del cod. del
1865, questo esige 1' art. 816. Né può intendersi in
senso più largo !a disposizione del nuovo codice, il
quale, come disse il ministro Mancini alla Camera
dei deputati, « mirò a rendere la procedura più ri
gorosa e quasi formidabile per evitare che il falli
mento possa essere ordito come speculazione ».
Dovendo la domanda del fallito rigettarsi, é fuori
proposito rilevare clie egli neanco avrebbe provato di non avere subito alcuna condanna per reati di
cui è parola nello slesso art. 816 del c. di comm.
Per questi motivi, ecc.
CORTE D'APPELLO DI MILANO.
Udienza 5 novembre 1883; Pres. ff. Cappa, Est. Ma
lacrida — Camozzi de Gherardi c. Forghieri.
Privilegio dell» Stato — Art. lJMS'i del codice ci
vile — Estensione oltre il biennio.
Il privilegio concesso allo Stato dall' articolo 1962
del Codice Civile per l'esazione del tributo fon
diario si estende anche oltre il biennio in quel
l'articolo accennalo, fino al termine della proce
dura esecutiva (1)
Bello biennio si compula dal giorno della trascri
zione del p?~ecetto. (2)
La Corte, ecc. — Sulla IH questione ri Parentesi alla
collocazione del ragioniere Ariodante Forghieri par zialmente contestata dalla sig. Elisa Camozzi De
Gherardi.
(1 «^L'opinione contraria a quella seguità nella surriferita sentenza della Corte di Milano tennero: la Corte di Modena, 28nov. 1882, (Mon. Trib., 1883, p. 190); la Corte di Torino, 23 marzo 1858, (Bellini, V. 317); la Corte di Roma, 23 novem bre 1880, [Ann. giur. ital., 1881, 2, 49); 20
luglio 1881. (ib. 1881, 2, 544), 20 dicembre 1881, (Temi romana, 1881
544); 29 luglio 1882, (Temi romana 1882, 434); la Corte di Bologna 13 ottobre 1873, (Riv. Giur. II, 17); la Corte di Napoli 4 novembre
1872; la Cassazione di Roma, 25 gennaio 1882, (Foto it., 1882, 1,68). 6 marzo 1883, (Mon. trib., 1883, p. 623). Concordano invece colla
Corte di Milano: la Corte di Bologna 1 ottobre 1874, (Rivi. giur. 1875, p. 5), 23 giugno 1875, (ib. p. 196); la Corte di Ancona, 6 aprile 1881, (Mon. trib., 1881, 393); la Corte di Venezia, 27 dicembre 187o,
(Mon. giud. VI, 91). 10 marzo 1883, {Foro it., 1883, 1,369, connota del prof. Bolaffio); la Cassazione di Roma, 19 agosto 1880, (Foro
il., 1880, 1071). — tribunali contro tribunali, e, peggio ancora, lo stesso
tribunale in contraddizione con sè medesimo, cioè la Corte di Bolo
gna contro la Corte di Bologna, e la Cassazione di Roma contro la
Cassazione di Roma ! Noi pure opiniamo che delle due opinioni, la seconda si debba prefe
rire. Noi pure siamo d'avviso che lo applicare in tal guisa l'articolo 1962 sia giustificato appieno, e imperiosamente imposto dallo spirito di quella legge, e dalla necessaria armonia fra la medesima e le leggi che
governano la riscossione del tributo fondiario, e che l'opinione con
traria, il volere cioè limitare il privilegio in quistione alla sola an nata in cotso quando il precetto venne trascritto, escludendone le annate o rate successive, sia una irragionevole servitù alla lettera dell'art. 1962, suffragata soltanto da sofistici stravolgimenti di generali canoni della interpretazione delle leggi.
Il solo argomento che apparentemente valga a favore della opi nione da noi ripudiata, è propriamente quello della lettera della
legge, cioè l'espressione dell'anno in corso nell'art. 1962. Ma chi
non sa che il solo significato letterale delle leggi non ha decisivo
valore, se non quando la ragione e lo spirito di quelle non vi si op
ponga, nè vi disdica: che la distinzione fra interpretazione letterale e interpretazione logica è da gran tempo abbandonata dalla scienza, come del tutto irrazionale ? Che se lo spirito della legge non armo
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