Udienza 12 febbraio 1879, Pres. Auriti P., Est. Salis —Spedali di Bologna (Avv. Pedrazzi) c.Vallier (Avv. Rossi)Source: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1879), pp. 1013/1014-1017/1018Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23085189 .
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1013 GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE 1014
cante di moderarne gli effetti, qualora i risuitamenti
della causa ne avessero fornito motivi plausibili; ma
poiché ogni deliberazione a tale riguardo doveva di
pendere da mere indagini di fatto, non spetta certa
mente a questo supremo Collegio il vedere se in realtà
si avessero nel caso ragioni sufficienti per una pro
nuncia diversa da quella che fu emessa dalla Corte ;
Attesoché circa alla provft testimoniale dedotta dal
l'Ansaloni sull'ammontare dei lavori, per cui già aveva
giurato il Castelli (omessa la questione se la prova
orale fosse imponibile), è fuori di dubbio che la Corte
di merito, a buon diritto, l'abbia respinta, avuto ri
guardo allo stato della causa ed all'indole dei fatti
dedotti a prova; Che invero, se la sentenza del 24 luglio 1877 aveva
prefisso all'Ansaloni il termine di giorni 20 per giusti ficare il valore dei lavori eseguiti dal Castelli, ed aveva
in pari tempo disposto che, decorso inutilmente detto
termine, il Castelli accertasse quel valore col suo giu
ramento; se l'Ansaloni senza impugnare questa sen
tenza, e senza procedere all'impostagli giustificazione, lasciò che colla scadenza del termine prefìssogli si ve
rificasse la condizione, a cui era stato subordinato il
giuramento estimatorio; se infine dopo tutto ciò il Ca
stelli avesse prestato il giuramento, non si comprende come potesse essere ancora in facoltà dell'Ansaloni di
l'are riaprire il processo probatorio, che per effetto
del giudicato e del prestato giuramento doveva ormai
considerarsi chiuso e compito; Che d'altro lato sebbene la dottrina e la giurispru
denza consentano dopo il giuramento estimatorio nuova
prova, ciò deve soltanto ammettersi quando consti che
queste siano proprio sopravvenute posteriormente. Im
perocché il legislatore, adottando il giuramento esti
matorio per supplire alla riconosciuta impossibilità di
accertare altrimenti il valore della cosa in disputa, non
è a supporre volesse intanto lasciare in arbitrio della
parte, contro della quale era prestato, di rendere inane
la solennità di quest'atto con prove, che anche prima erano in di lui potere, e che per di lei fatto e colpa avevano dovuto risguardarsi come impossibili.
Gli stessi testi del diritto romano, invocati dal ricor
rente, mostransi informati a questo concetto. La L. 31,
ff. De jurejurando dava solo accesso ad impugnare
gli effetti di un giuramento deferito d'uffizio per nova
instrumenta. La L. 4, ff. De in litem jurando, per caso
di giuramento in litem, non permetteva di discono
scerne le risultanze se non ex magna causa et postea
repertis probationibus, è perciò evidente che entrambe
queste leggi si riferivano a quelli istrumenti, a quelle
prove, che ex novo fossero state reperte dopo il giu ramento.
E poiché la prova dedotta dall'Ansaloni riguardava una descrizione di lavori ed una stima, cui la Dire
zione del genio militare era addivenuta fin da quando il Castelli aveva cessato da detti lavori senza che nep
pure si accennasse che tali fatti fossero ignoti al de
ducente o per lui d'impossibile accertamento, è ma
nifesto che la Corte di merito poteva anche da ciò
trarre valida ragione per respingere quella prova.
Dunque neppur regge il secondo mezzo; Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. Udienza 12 febbraio 1879, Pres. Auriti P., Est. Salis —
Spedali di Bologna (Avv. Pedrazzi) c. Vallier (Avv.
Rossi).
Sequestro conservativo — Revoca — Staimi — Er
rore—Colpa — Giudice incompetente (Cod. civ.,
art. 1151; Cod. proc. civ., art. 933, 935).
Il risarcimento dei danni non è una conseguenza as
soluta e necessaria della riconosciuta nullità di un
sequestro conservativo. (1)
Anche quando la nullità o revoca del sequestro è di
chiarata per motivi diversi da quelli contemplati
dagli art. 933, 935 del Cod. di proc. civ., il giu
dice deve esaminare se il sequestrante abbia agito
solo per errore, ovvero per colpa. (2)
Il sequestrante non è responsabile dei danni effetti vamente risentiti dal sequestrato per aver erronea
mente dimandato ed ottenuto il sequestro da un
giudice incompetente, se non è dimostrata altresì
la di lui colpa. (3)
La Corte, ecc. — Attesoché i due mezzi proposti ten
dono ad impugnare la sentenza denunziata in quella
(1-2) Vedi nel medesimo senso un'altra decisione della stessa Corto
suprema del 16 marzo 1878, riassunta nella parte IV di questo pe
riodico, voce Sequestro, anno 1878, n. 132, 133.
Del resto può dirsi che la nostra giurisprudenza sia costante nel
l'ammettere che, anche quando il sequestro conservativo sia dichia
rato senza causa, non è obbligatorio, ma facoltativo pel magistrato, il pronunciare o no, secondochè vi sia stata o no colpa da parte del
sequestrante, la condanna nella multa e nel risarcimento dei danni.
Lo si rileva dalle seguenti sentenze: Cass. Napoli, 5 dicembre 186,3
{Annali, II, 1, 388) e 4 settembre 1876 (Gazz. del proc. di Napoli, 1876, 458); Cass. Torino, 5 giugno 1879 (Giorn. dei trib., Milano, 1879,
643) ; App. Roma, 26 luglio 1876 (Bellini, 1877, 78) ; App. Genova, 14 maggio 1875, ecc.
Nella citata sentenza del 5 dicembre 1868 la Cassazione napolitana osserva in proposito : « La regola stabilita dall'art. 935 della proce dura mette capo in quell'antico ed assoluto precetto, che il nostro Codice civile ha pur formulato nell'art. 1151, cioè a dire che qualunque fatto dell'uomo che arreca danno ad altri, obbliga quello per colpa del quale è avvenuto a risarcire il danno. Ma sarebbe un gravissimo errore supporre, che il magistrato di merito, inesorabile come il de
stino, dovesse applicare l'indicata pena ogni volta che, per la ragione innanzi detta, annulli un sequestro; perciocché questo, non pure si
opporrebbe alla chiara parola della legge, che concede un diritto pu ramente facoltativo, ma, quel che più importa, ancora toglierebbe al
giudice di merito la potestà di disaminare in sua coscienza se il se
questrante abbia agito soltanto per errore, ovvero vi sia stato tratto
da quella colpa che può ingenerare la pena ».
(3j Tre, se non andiamo errati, sono le opinioni seguite dalla giu risprudenza intorno ai danni derivanti da un sequestro dichiarato nullo
per vizio di procedura diverso da quelli espressamente contemplati nell'art. 933 del nostro Codice processuale.
Secondo la prima, che è quella seguita dalla sentenza che pub blichiamo, può farsi luogo all'azione dei danni anche se derivanti dall'esecuzione di un sequestro difettoso nella forma, ma solo allor
quando sia dimostrata la colpa del sequestrante. In questo senso si
pronunciarono la Corte di cassazione di Torino nella decisione 26 lu
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1015 PARTE PRIMA 1016
parte che condannò l'Amministrazione degli spedali al
rifacimento dei danni verso la Vallier per la dichiarata
nullità e revoca del sequestro provveduto da un giu dice incompetente ;
Attesoché il Codice di procedura civile in due arti
coli parla della condanna ai danni, cioè negli articoli
933 e 935, nel primo de' quali si prevede il caso che
il creditore non eseguisca ciò che è stabilito nei due
articoli precedenti a riguardo delle forme ordinate per la notificazione del ricorso, e del decreto di sequestro nel secondo stadio in cui s'insta la pronunzia della
conferma o revoca dello stesso sequestro ; e nell'altro,
cioè nel 937, si contempla il caso di revoca del se
questro che sia riconosciuto senza causa.
Però in questi stessi casi specialmente preveduti dalla
legge, non è imposto ai giudici di merito l'assoluto pre cetto di condannare il sequestrante all'emenda dei danni ; sibbene è ad essi lasciata l'indagine dei fatti e delle cir
costanze per vedere se sia il caso di condanna: la legge ha loro dato un diritto puramente facoltativo, perchè
devono esaminare se il sequestrante abbia agito per errore ovvero per colpa.
La nullità o revoca del sequestro dichiarata per mo
tivi diversi da quelli contemplati nei succitati articoli,
come sarebbe per vizio di procedura, fa luogo all'emenda
dei danni ? In tali casi può certamente invocarsi la di
sposizione dell'art. 1151 del Cod. civ. che statuisce, che
a qualunque fatto dell'uomo che arreca danno ad altri,
obbliga quello, per colpa del quale è avvenuto, a ri
sarcire il danno.
Questo principio fecondissimo, basato su i fonda
menti del diritto naturale e della ragione, comprende
generalmente tutti i fatti ed omessioni quali che siano, che cagionano immediatamente e per sè stessi un danno
ad altri; epperò può applicarsi al fatto del sequestro
ingiusto, od irregolare, e per conseguenza anche a quello che sia stato revocato per essere stato provveduto ed
autorizzato da un egiudice incompetente. La nullità del sequestro conservativo ottenuto contro
la Vallier dall'Amministrazione degli spedali non fu di
chiarata per alcuno dei motivi preveduti negli articoli
932 e 935: bensì por vizio di procedura, ossia per in
competenza del pretore che lo provvide, incompetenza che costituisce vizio di procedura; e la Corte d'appello motivò la condanna al risarcimento, fondandosi nella
sanzione del citato art. 1151 del Cod. civ., il quale
espressamente disse: « L'emenda del danno è appog
giata ai principi generali del diritto elevati a disposi zione di legge positivi nell'art. 1151 Cod. civ. »;
Ma se nel caso che il sequestro si revochi perchè
ingiusto per difetto di credito, o per mancanza di causa, il giudice ha il dovere d'esaminare se il sequestrante abbia agito soltanto per errore, ovvero vi sia stato
tratto da colpa che ingenera la riparazione del danno ;
maggiormente è obbligato a fare una tale investiga zione nel caso che la nullità provenga da vizio di pro
cedura,^clie corretto può mettere l'opponente nell' iden
tica condizione di prima; e non si censura l'esercizio
del diritto, sibbene la sola forma irregolare dello stesso
esercizio.
Non è vero pertanto in modo assoluto che, annullato
il sequestro, l'emenda de' danni è conseguenza indecli
nabile della commessa nullità, o che se per causa del
sequestro la parte contro cui fu provveduto ha sofferto
un danno, di questo deve rispondere chi diede causa
all'atto nullo.
Imperocché l'art. 1151 esige come essenziale requi sito la colpa dell'autore del fatto, perchè nel dubbio
si presume che il danno sia derivato senza colpa altrui.
Non basta dunque stabilire l'esistenza del danno de
rivato dal fatto di quegli dal quale si pretende l'e
menda.
Ed in ciò appunto è censurabile l'impugnata sentenza, che non è discesa all'esame ed indagine della colpa per
parte dell'Amministrazione degli spedali, indagine ne
cessaria per l'applicazione dell'art. 1151, perchè intanto
vuole che il fatto obblighi il suo autore a risarcire il
danno, in quanto questo è avvenuto per colpa dell'a
gente. Imperocché era possibile e probabile l'errore, anziché la colpa, del sequestrante che adi il pretore
piuttosto che il presidente del Tribunale, o senza ba
dare alla pendenza d'altra causo connessa nanti il
medesimo Tribunale, ovvero con fare inesatta estima
zione dell'urgenza che poteva autorizzare il ricorso al
pretore ; ed è tanto più probabile l'errore, che non ne
fu immune lo stesso Tribunale civile, il quale nella sua
sentenza del 2 dicembre 1871 non iscorse la connes
sione tra le due cause, nè ammise l'incompetenza del
pretore. Non può consentirsi dunque che, senza con
statare la colpa in base alla sola esistenza del danno
materiale, si obblighi il sequestrante a risarcirlo.
Nè rileva l'essersi accennato nei motivi della sen
tenza denunziata che il sequestrante nel domandare il
sequestro tacque la pendenza d'altro processo davanti
il Tribunale. Imperocché la sentenza non fa menzione
di questa circostanza nell'esame della quistione riguar dante l'emenda del danno, bensì nel discutere il me
rito della causa intorno alla validità o nullità del se
questro, e specialmente a proposito della circostanza
dell'urgenza cui si disse, il pretore non ebbe riguardo
glio 1878, in causa Molinari c. Donalisio (Annali, 1878, I, 530) e la Corte di cassazione di Firenze con decisione del 3 luglio 1876, in causa Bravo c. Luzzati (Annali, 1876, I, 509).
Giusta un'altra opinione la condanna ai danni devesi ritenere quale conseguenza diretta dell'annullamento del sequestro qualunque sia la causa della nullità. Questo principio venne ad ammettere la Corte
d'appello di Napoli condannando il sequestrante al rifacimento dei
danni, senza esaminare se egli fosse o meno in colpa, nella specie di un sequestro inefficace per incompetenza del pretore che avevalo con cesso (sentenza 12 febbraio 1868, Annali, II, 2, 20).
Infine, giusta una terza opinione, ove il sequestro sia annullato non
perchè riconosciuto senza causa, ma per irregolarità incorse nella pro cedura, non può mai ammettersi la domanda dei danni. Così decisero la Corte d'appello di Genova, 26 febbraio 1875 (Annali, 1875, 2, 146), la Corte d'appello di Firenze, 25 luglio 1876 (Annali, 1876, 2, 380) e 4 ot tobre 1870 (Annali, 1870, 2, 538), la Corte d'appello di Lucca, 27 mag gio 1870 (Annali, 1870, 2, 420), ecc.
A questa ultima opinione si associa anche il Ricci nel suo Comm. al Cod. di proc. (vol. Ili, pag. 498, n. 580), osservando che le dispo sizioni penali della legge non si possono estendere da caso a caso.
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1017 GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE 1018
perchè nel ricorso non si faceva parola della causa già
iniziata davanti il Tribunale.
Avvi poi altra ragione incalzante, la quale sta in
questo, che il silenzio del sequestrante potè dipendere
da errore come l'avere adito il pretore ; onde potè cre
dere che la fosse circostanza irrilevante ed indifferente.
La Corte d'appello, per trovare colpa in questo fatto,
doveva stabilire che maliziosamente era stata taciuta
la circostanza della pendenza della causa principale
nauti il Tribunale. Malitiis non est indulgendum.
Ma non avvi alcun cenno nella sentenza che da ma
lizia provenisse il silenzio tenuto su quella circostanza.
La Corte invero non fece alcun esame nè tenne alcun
conto dell'essenziale elemento della colpa, la quale do
veva esser stabilita per l'applicazione dell'art. 1151
Cod. civ., che espressamente la richiede: nè poteva
trascurare l'indagine sulla colpa dell'autore del fatto
che arrecò il danno, ossia di chi instò il sequestro
nanti il pretore, quando pur avesse creduto il seque
stro ingiusto nel senso dell'art. 935 del Cod. di proc. ci v.;
Per questi motivi, cassa, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA.
Sezioni unite. — Udienza 11 dicembre 1879, Pres. Mi
rag lia P. P., Est. Guglielmotti, P. M. Sannia
(Conci, conf.) — Finanze (Avv. erar. Quarta) c. Ditta
Florio (Avv. Crispi).
Competenza — Kicchezza mobile — Tassabilità —
Stabilimento enologico — Uva ili fonilo proprio — Commissioni locali.
Il giudicare se il reddito derivante dalla produzione
di vino (nella specie Marsala), confezionato col
concorso dell' industria e di capitali, sia esente
dalla imposta sulla ricchezza mobile per la parte
dipendente dal vino fatto con uve raccolte sui fondi
del produttore, implica la cognizione di una que
stione di tassabilità e non di estimazione, ed è
quindi di competenza dell'autorità giudiziaria. (1)
La Corte, ecc. — Considerato che la controversia per
la quale fu adita l'autorità giudiziaria, lungi dall'essere
di estimazione di redditi, è evidentemente di tassa
bilità. Infatti, la ditta Florio, respinta dalle Commis
(1) Più volte ci è accaduto di dover scagionare la nostra Corte su
prema dalla taccia di soverchio rigore fiscale, che, con poco fonda
mento, a nostro avviso, taluno le imputava. Non ci toccherà certa
mente un compito simile per questa sentenza e per quella che la segue,
pronunziate entrambe nella causa promossa dalla ditta Florio di Pa
lermo (rappresentata dall'avv. Crispi) contro le Finanze dello Stato
(rappresentate dall'avvocatura erariale) per l'imposta di ricchezza mo
bile dovuta dal Florio per la fabbricazione del vino di Marsala. Si può invece prevedere che nel caso presente la Corte sarà ripresa per aver
fatta una troppo ristretta applicazione delle disposizioni di legge sulla
tassa della ricchezza mobile, e per essersi alquanto discostata dai prin
cipi costantemente professati intorno alle attribuzioni delle Commissioni
comunali e provinciali ed ai limiti della competenza dell'autorità giu diziaria nelle questioni relative alla imposta sulla ricchezza mobile.
Non ci assumeremo di ribattere questa possibile accusa-, sia perchè il
compito può giustamente sembrare alquanto arduo, sia perchè è da
ritenere che l'Amministrazione non sia per acquietarsi a queste ul
time sentenze, e che pertanto sarà fra non molto presentata alla Corte
l'occasione di tornare sull'argomento.
Desumiamo intanto dal ricorso prodotto nella causa dall'egregio sost. avv. erar. O. Quarta alcuni brani e citazioni di sentenze, che
gioveranno a dare ai nostri lettori una più ampia informazione sulle
questioni decise nel presente giudizio :
La ditta Florio e l'Amministrazione delle Finanze erano pienamente d'accordo sul principio di diritto da seguire, quello cioè di non potersi tassare i redditi provenienti dall'industria agraria esercitata dal pro
prietario del fondo, se non in quanto eccedano le forze alimentari del
fondo medesimo, giusta il chiaro disposto dell'art. 49 del regolamento del 25 agosto 1870, che non è se non la riproduzione dell'art. 52 del
regolamento dell'8 novembre 186S. La controversia volgeva soltanto
sul fatto, in quanto che l'una affermava che la fabbricazione del Mar
sala da lei eseguita, non eccedeva le forze alimentari dei propri vi
gneti, e l'altra sosteneva che eccesso vi fosse. La Commissione pro
vinciale, tenendo conto dei mezzi e del modo onde dalla ditta Florio
si fabbricasse il vino, si convinse e giudicò che a menare innanzi
l'industria di che si trattava non bastassero le forze produttive dei
fondi. Ora da codesto giudizio, emesso dalla Commissione provinciale, era
mai lecito reclamare al potere giudiziario1? La negativa si appalesa chiara e spontanea ad ognuno, e venne già solennemente proclamata dalla Corte di cassazione di Torino con sentenza 14 aprile 1869, nella
causa Finanze contro Montanari, e da quella di Napoli con sentenza
del 12 gennaio 1875, nella causa Finanze contro Berlingeri, i cui ra
gionamenti stimiamo opportuno riportare :
« Attesoché l'interpretazione autentica (osservala Corte di Torino) « data alle leggi anteriori coll'art. 12 della legge 28 maggio 1867 e
« colle relative discussioni avvenute in Parlamento, ha chiarito il
« duplice ufficio che sostengono le Commissioni locali e provinciali « istituite per l'accertamento e la tassazione della ricchezza mobile.
« Esse, innanzitutto, sono gli agenti del Governo e decidono in via
« amministrativa le questioni giuridiche emergenti dall'applicazione « della legge ai contribuenti, salvo il ricorso all'autorità giudiziaria, « alla quale è devoluto in termini generali tutto quanto il contenzioso
« giuridico amministrativo. Ma quando insorgono questioni di fatto e
« di apprezzamento talmente complicate e molteplici che ad esse pra « ticamente non si possono accomodare i criteri e i mezzi legali delle
« prove e dei procedimenti giudiziali ordinari, allora le Commissioni
« rivestono un altro carattere e sostengono 1' ufficio di un vero giurì « civile che apprezza sovranamente. Tali sono le estimazioni dei red
« diti professionali, tali sono tutte le questioni e tutti gli apprezza « menti consimili a quello di cui ora si ragiona. Infatti si tratta non
« solamente di estimare la forza produttiva dei latifondi, ma ancora
« di apprezzare la varia estensione che si dia dal proprietario eser
« cente al suo esercizio industriale nel corso e in tutte le parti del
« l'anno, di discernere le apparenze dalla realtà, e le fraudi conti
« nuamente possibili, le estrazioni e le introduzioni di frutti, e di ap « prezzare insomma un complesso molteplice di fatti e di circostanze
« per modo, che un esercizio commerciale, non isfugga al comune tri—
« buto pel solo fatto di essere stabilito in un fondo proprio dell'eser
« cente. Ora queste maniere di apprezzamenti cosi indeterminati e
« molteplici, come le estimazioni dei redditi commerciali, non sono pra « ticamente possibili che per opera di un giurì civile, residente sui
« luoghi, legittimo interprete della notorietà, e di quella opinione lo
« cale, che ne adempie 1' ufficio, edotto per informazioni dirette, e dalle
« sue proprie e più intime cognizioni guidato da multiformi indizi o
« criteri che ai giudici legali non sarebbe dato di raccogliere né per « messo di adoperare. Adunque chi esercita una industria agraria nei
« suoi latifondi, se viene tassato per creduto eccesso della capacità « alimentare del fondo, deve ricorrere alle Commissioni locali e pro « vinciali, che in qualità di giurì in tali questioni di semplice esti
« inazione apprezzano sovranamente ».
E la Cassazione di Napoli: « Osserva che per l'art. 12 della legge
28 maggio 1867 sulla ricchezza mobile, stia sancito non potersi defe
rire all'autorità giudiziaria nessuna decisione delle Commissioni con
cernente la semplice estimazione dei redditi soggetti a tassa ;
« Che siffatto dettato rampollante proprio dal congegno organico di
Il Foro Italiano. — Volume IV. - Parte I. — 65.
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