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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE || Udienza 12 febbraio 1879, Pres. Pantanetti, Est....

Date post: 12-Jan-2017
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Udienza 12 febbraio 1879, Pres. Pantanetti, Est. Elena, P. M. De Falco —Orlando (Avv. Santoni de Sio) c. Salomone (Avv. De Aloisio) Source: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE (1879), pp. 483/484-485/486 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23085031 . Accessed: 18/06/2014 22:01 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 62.122.72.154 on Wed, 18 Jun 2014 22:01:37 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Udienza 12 febbraio 1879, Pres. Pantanetti, Est. Elena, P. M. De Falco —Orlando (Avv. Santonide Sio) c. Salomone (Avv. De Aloisio)Source: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1879), pp. 483/484-485/486Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23085031 .

Accessed: 18/06/2014 22:01

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

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483 PARTE PRIMA 484

a constatare il difetto di quelle condizioni nelle quali

il legislatore la consente, ma nulla essa giudicava in

torno alla verità del debito che formava l'obbietto della

indagine cui era richiamata dalla diversa e maggiore

pretensione della finanza.

La ricorrente amministrazione però crede che in

questa ricerca la sentenza impugnata abbia fatto in

debitamente ricorso alla intenzione del testatore, ed

abbia errato quando in un debito che non aveva altro

titolo, tranne la ricognizione in testamento, non rav

visò un vero e proprio legato. La finanza però in

nanzi ai primi giudici e alla Corte di appello non af

fermava che gli effetti della dichiarazione testamentaria

del Beglia risultassero repugnanti alla ricognizione di

un debito, ma asseriva invece che la sostanza dell' atto

fosse quella di un legato, in quanto che il Beglia aveva

voluto usare verso la nuora una liberalità nasconden

dola sotto specie di debito.

In questo stato di contestazione, a prescindere che

mal si saprebbe concepire come mai la sostanza di un

atto possa essere altra di quel che le parti abbiano

veramente voluto, egli è certo che la Corte dimostrò

che nel testatore Beglia non fosse animo di gratificare

la nuora, che per lui non vi sarebbe stato motivo di

nascondere la liberalità sotto colore di un debito, che

il pagamento imposto su tutta la eredità meglio che

alla soddisfazione dei legati a quella dei debiti si con

veniva, e che infine il controverso debito fosse stato

già implicitamente riconosciuto ed ammesso da tutti i

coeredi più informati e maggiormente interessati a

contraddirlo. Or, così ragionando la sentenza, non fa

ceva prevalere la indagine della volontà agli effetti ed

alla intrinseca natura dell'atto, ma rispondeva con

gruamente alle contrarie presunzioni quali erano messe

innanzi dalla finanza; essa venne esponendo una serie

di argomenti che convincevano i giudici del merito di

non esservi nel caso alcuna disonnanza tra la forma

apparente e la sostanza dell'atto. Si potrà certo di

scutere intorno all'efficacia degli argomenti adoperati, ma non si potrà davvero dichiararli illegali.

Da ultimo l'affermare che una dichiarazione di de

bito fatta in testamento, quando non siavi altro titolo

che quel debito dimostri, debba aversi assolutamente

per legato, si riduce a porre in essere una presun zione juris et de jure, la quale non è ammessa nè dalla

legge comune, nè dalla legge speciale sul registro. In

fatti il ricorso in esame non ha indicato, nè il poteva, alcuna disposizione legislativa la quale conforti il suo

assunto.

Pei principi generali poi il concetto di un legato di

debito trova applicazione ed effetto nel caso che il

testamento porti un atto di disposizione, la quale di

minuendo la eredità renda gratuitamente più vantag

giosa la condizione del creditore; quel concetto però è onninamente escluso se il testatore riconosca nè più nè meno di quanto doveva, ed imponga al suo erede

puramente e semplicemente l'adempimento della con

tratta obbligazione. Quindi è che il testamento il quale

purifichi il debito condizionale o vincolato a circostanza

di tempo, di luogo e di fine, che lo circondi della ga

ranzia di un'ipoteca non convenuta o che lo purghi dai preesistenti vizi di nullità, fu bene a ragione giu dicato che contenesse un legato di debito, riscontran

dovisi un atto di libera disposizione del testatore ed

un vantaggio pel creditore. Ma se la dichiarazione te

stamentaria sia nulla più che la confessione del debito

quale è, non vi sarà nè disposizione, nè vantaggio, ma

vero e proprio adempimento di un obbligo corrispon

dente ad un diritto dall'altra parte, cioè la costitu

zione di un titolo che il debitore non deve al suo cre

ditore ingiustamente negare. Bene è vero che le di

chiarazioni dei debiti fatti nei testamenti molte volte

potrebbero a danno dell'erario mascherare una libe

ralità, ma questo, se consiglia il giudice ad essere quanto altri mai diligente nella ricerca della verità delle cose,

non lo può autorizzare ad estendere le presunzioni della legge od a crearne delle nuove, quando il legis latore contro la possibilità di quelle frodi abbia cre

duto bastevoli i mezzi adoperati in altri casi somi

glianti ; Considerando che la Corte d'appello, avendo da un

lato riconosciuto che nella specie non occorreva la

ipotesi dell' art. 53 della legge sul registro, e dall'altro

che l'art. 6 della stessa legge era stato rettamente

inteso ed applicato, non aveva altro su cui ragionare e discutere;

Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. Udienza 12 febbraio 1879, Pres. Pantanetti, Est- Elena,

P. M. De Falco — Orlando (Avv. Santoni de Sio) c. Salomone (Avv. De Aloisio).

Cassazione — Ricorso — Mandalo all'avvocalo (Cod.

proc. civ., ari 522 e 528).

Il mandato all' avvocato che sottoscrive il ricorso deve

essere dato prima della notifica del ricorso, o al

meno nei novanta giorni concessi per ricorrere. (1) E inammissìbile un ricorso sottoscritto da un avvo

cato il quale abbia avuto il mandato oltre i novanta

giorni dalla notifica della sentenza. (2)

La Corte, ecc. — Attesoché è costante in fatto che

la impugnata sentenza fu notificata nell'undici maggio mille ottocento settantotto, che nel cinque agosto sue-,

cessivo fu notificato il ricorso per cassazione sotto

scritto dall'avv. Santoni De Sio, e che questo avvocato

fu a tale uopo munito di mandato speciale nel trenta

del detto mese di agosto, quindi dopo che era decorso

il termine di novanta giorni prefisso dall'art. 528 del

Cod. di proc. civ. per ricorrere; Attesoché l'art. 528 del detto Codice dispone, doversi

dichiarare inammissibile il ricorso che non sia stato

(1-2) Vedi Cass. Firenze, 3 maggio 1877 (Foro it., 1877, I, 548, con

nota); Cass. Roma, 26 marzo 1877 (Foro it., 1877, 1213, con note)'; Cass. Roma, 5 gennaio 1877 (Foro it1877, 188) ; Cass. Roma, 24 mag gio 1876 (Foro it., 1876, I, 900 (n) ; Cass. Roma. 19 aprile 1876 (Foro it., 1876, I, 1035).

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485 GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE 486

notificalo o presentato nei termini o nelle forme sta

bilite dalla legge;

Che a mente dell'art. 522 sta fra queste forme che

il ricorso sia sottoscritto eia un avvocato munito di

mandato speciale per questo oggetto dalla parte ri

corrente;

Che siffatta disposizione importa che il mandato, nella

forma stabilita dalla legge, preceda la sottoscrizione e

notificazione del ricorso; e pur volendosi ammettere

che per via di ratifica abbia un valore equivalente il

mandato posteriore, che sia rilasciato entro il termine

dei novanta giorni per ricorrere, lo stesso al certo non

deve dirsi di quello conferito quando sia già scaduto

il termine anzidetto, imperocché di fronte al principio di ragione comune, che la ratifica non possa mai riu

scire di pregiudizio ai diritti dei terzi, è evidente che

neppure possa servir essa di mezzo a sanare il vizio

di un ricorso dopoché, per decorrimento del tempo entro il quale avrebbe dovuto regolarmente proporsi, sia ormai acquistato il diritto alla controparte di sen

tirne pronunziare la inammissibilità; Che adunque l'eccezione sollevata al riguardo dai

fratelli Salomone merita di essere accolta; Per questi motivi, dichiara inammissibile il ricorso.

CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. Udienza 16 maggio 1879, Pres. ed Est. Miraglia, P. M.

Sannia (Conci, contr.) — Fondo pel culto (Avv. Pe

troni) c. Abbazia di Nonantola.

Quota «li concorso — Hisura — Abate — Ciurisili

zione — Vescovo (L. 7 luglio 1866, art. 31, n. 4 e 5).

La quota di annuo concorso si deve corrispondere dall' abbazia nella misura stabilita dal n. 4 dell'ar

ticolo 31 della legge 7 luglio 1866, e non già nella

proporzione stabilita pei vescovati dal n. 3 dello

stesso articolo.

Per quanto fosse piena la giurisdizione dell'abate, non avendo quella dell'ordinazione, non si può con

siderare come vescovo, sebbene dell' abbazia si trovi

investito un vescovo.

La Corte, ecc. — Considerando che a raggiungere i

fini e gli uffici del Fondo per il culto, quale istituto

destinato specialmente ed esclusivamente ad un pub blico servizio determinato, l'art. 31 della legge 7 lu

glio 1866 impose una quota di concorso sugli enti ec

clesiastici conservati in una graduale proporzione secondo la diversa natura degli enti, ed in modo che

le abbazie sono più gravate dei vescovati quando non

raggiungono una somma dalla stessa legge determinata.

Da ciò la lite di cui si tratta, e tutta la quistione sta

nel vedere se l'abbazia di Nonantola, il cui titolare è

anche arcivescovo di Modena, abbia esistenza giuridica come diocesi o come abbazia semplice;

Considerando che, sebbene la Corte di merito avesse

dall'analisi dei documenti ritenuto in fatto incensura

bile in Cassazione che questa abbazia conserva una

giurisdizione quasi episcopale indipendente da qua

lunque vescovo e soggetta direttamente alla Santa Sede,

non ha disconosciuto però anche in fatto che l'abate

di Nonantola difettava di una qualità essenziale a co

stituire la dignità vescovile, quale cioè quella dell'or

dine, ma immediatamente soggiunge che tale mancanza

non può avere in oggi alcun effetto, stantechè, essendo

già stata conferita coll'autorità della Santa Sede al

vescovo di Modena, viene all'abate assicurata in per

petuo quella posizione di ordinario che prima gli man

cava, e per la quale deve essere necessariamente

considerato come vero vescovo in tutta la pienezza di

tale dignità;

Che, ciò stante, la qualità di vescovo nell' investito

dell'abbazia non converte questa in vescovato, poiché

l'uno o l'altra sono due enti distinti; ond'è che l'abate

è sempre abate, ed esercita nell'abbazia la piena giu

risdizione dell'ordine, non perchè abate, ma perchè è

vescovo di un'altra diocesi;

Considerando che non vale l'obbietto che se l'ab

bazia non fosse un vero vescovato si troverebbe di già

soppressa per virtù della disposizione dell'art. l,n. 3,

della legge 15 agosto 1867.

Imperciocché, senza indagare se l'abbazia di cui è

quistione si trova conservata per essere parrocchiale,

come assume la ricorrente Amministrazione, egli è in

dubitato che, in relazione alla quistione della quota di

concorso, la natura abbaziale dell'ente esclude la fa

coltà dell' ordine, ed è per questa ragione che l'art. 31,

n. 4, della legge 7 luglio 1866 non fa alcuna distinzione

tra abbazia ed abbazia, e tutte le comprende in unica

disposizione.

Non era uffìzio al certo del legislatore di andare in

dagando la natura diversa della abbazia in una legge

la quale era inspirata ad uno scopo altamente politico

ed economico, ed è bastato di enunciare la distinzione

fra vescovati ed abbazie per applicare agli uni e alle

altre norme diverse per la misura della (Juota di con

corso ; Per tali motivi, la Corte cassa la impugnata sentenza,

e rinvia la causa pel nuovo esame alla Corte di ap

pello di Bologna.

CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. Udienza 9 maggio 1879, Pres. ed Est. Auriti, P.

Sannia (Conci, conf.) — Picoller c. De Sanctis.

Obbligazione — Matrimonio — Espropriazione —

Azione <li nullità (Cod. civ., art. 1405, 1407, 1350,

1351; Cod. proc. civ., art. 686 e 695).

Se per obbligazione della moglie contratta durante

il matrimonio si procede ad espropriazione dell' im

mobile dotale prima dello scioglimento del matrimo

nio,compete tanto al marito che alla moglie l'azione

di revoca o nullità della eseguita vendita forzata.

La Corte, ecc. — Attesoché gli articoli 1405 e 1407

del Cod. civ. italiano, formolati in guisa da sciogliere vecchie controversie, vietano di regola, fuori i casi e i

modi di eccezione, non solo l'alienazione, ma anche in

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