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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE || Udienza 13 giugno 1934; Pres. ed est. Pelosi;...

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Udienza 13 giugno 1934; Pres. ed est. Pelosi; Compagnia Chimico Mineraria del Sulcis (Avv. Boeri, Podestà) c. Genolini (Avv. Semory) Source: Il Foro Italiano, Vol. 59, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE (1934), pp. 1949/1950-1955/1956 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23130145 . Accessed: 11/06/2014 08:49 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 194.29.185.112 on Wed, 11 Jun 2014 08:49:11 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Udienza 13 giugno 1934; Pres. ed est. Pelosi; Compagnia Chimico Mineraria del Sulcis (Avv.Boeri, Podestà) c. Genolini (Avv. Semory)Source: Il Foro Italiano, Vol. 59, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1934), pp. 1949/1950-1955/1956Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23130145 .

Accessed: 11/06/2014 08:49

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1949 GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE 1950

agevole conforto di visitare ed ornare le wmbe dei suoi

cari.

La divergenza adunque è meno sostanziale, si concreta

nello statuire quale delle parti sia da preferirsi nel com

pito, che si contendono, di dare stabile e decorosa dimora

alla salma del figlio, fratello e marito.

Se nel Cimitero di Serravalle Sesia la famiglia Avondo

avesse posseduto già un sepolcreto familiare si potrebbe dedurne serio elemento a favore dei parenti diretti, in

quanto nel manifestato desiderio di essere sepolto nel Ci

mitero di Serravalle Sesia si dovrebbe per implicito rav

visare pure quello di essere deposto nella tomba familiare, ma poiché solo ora, dopo l'iniziativa della nuora e co

gnata, gli Avondo sono venuti nel divisamento di costruire

il sepolcreto, la volontà del dott. Mario Avondo non potè considerare tale eventualità, e quindi si è limitata natu

ralmente ad esprimere alla sua compagna la volontà di

esser sepolto nel camposanto del luogo natio, volontà ri

spettata ed eseguita dalla vedova.

Ora, se all'ultima voluntas defuncti, quae modis om

nibus conservavi debet, non si può ricorrere per dirimere

il conflitto fra le parti, se la scelta fra i due gruppi fa

miliari necessariamente importa il sacrificio di uno rispetto

all'altro, mentre gravi e quasi equivalenti considerazioni

di diritto e di etica li sorreggono entrambi, quanto al

diritto di disporre del cadavere del congiunto, e li uni

scono nel dovere di pietà verso il medesimo, nella specie diverse considerazioni militano a favore dell'appellante e

precisamente :

a) la corrispondenza di colleghi ed amici del defunto

attestante i rapporti di mutuo affetto che univano i co

niugi, e la particolare assistenza prestata dalla Brambilla

al marito durante la lunga sua ultima malattia. Tali let

tere, se pure non fanno piena prova nel senso legale, sono valorizzate dal riflesso che il loro contenuto non è

stato affatto contraddetto dalla famiglia Avondo ;

b) la manifestazione diretta alla moglie di voler esser

sepolto al paese, implicante l'incarico fiduciario alla stessa

di provvedere alla sua tomba in difetto di sepolcro di fa

miglia ; c) la priorità dell'iniziativa, avendo l'appellante senza

indugio provveduto al trasporto della salma ed all'allesti

mento del progetto, mentre l'iniziativa della famiglia Avondo è posteriore, deducendo gli appellati solamente

per interpello alla Brambilla la circostanza di aver acqui stato dal Comune la concessione per la costruzione della

tomba, senza corredo di documento dimostrativo, e co

munque senza indicare quando la tomba potrà essere co

struita ;

d) che è supposizione affatto gratuita e non priva di

una certa brutalità, quella che la Brambilla possa passare a seconde nozze, in contrasto anzi col contegno dell'ap

pellante verso la memoria del marito e colla stessa sua

insistenza per sobbarcarsi agli oneri conseguenti ;

e) che infine fra l'appellante, la quale è disposta ad

affrontare spese non lievi, pur non avendo la comodità

degli Avondo di visitare la tomba del marito e della fi

glia, e gli Avondo i quali risiedono a Serravalle Sesia, e

hanno tutto l'agio di tributare ogni pietoso ufficio alla

memoria del rispettivo figlio e fratello e che riposeranno un giorno nello stesso recinto, è certo minore il sacrifi

cio al quale costoro dovranno sottostare ; senza dire che

è pure pienamente legittima l'aspirazione della vedova, di riunirsi poi nel riposo al marito ed alla figlia, difficil

mente appagabile quando le ealme che le sono care fos

sero tumulate nella tomba costruenda degli Avondo.

f) che la non contestata decorosità della sepoltura che

la pietà della vedova ha progettata non può non soddi

sfare al voto degli Avondo stessi di vedere onorato e ram

mentato il dott. Mario, scopo sostanziale nel quale si de

vono trovare uniti quelli che l'hanno amato e che do

vrebbero far tacere vani ripicchi. Per queste considerazioni particolari, che avvalorano

le argomentazioni di diritto e di etica, alla cui stregua

non si possono a priori considerare i diritti del coniuge

superstite meno sacri e degni di considerazione di quelli

dei consanguinei, ritiene la Corte doversi riformare la sen

tenza appellata e riconoscere all'appellante titolo e diritto

di attuare il pietoso ufficio che vuole compiere verso la

memoria di colui che le fu compagno nella vita. (Omissis) Per questi motivi, ecc.

CORTE D'APPELLO DI MILANO IN FUNZIONE DI MAGISTRATURA DEL LAVORO.

Udienza 13 giugno 1934 ; Pres. ed est. Pelosi ; Com

pagnia Chimico Mineraria del Sulcis (Avv. Boeri, Po

destà) o. Genolini (Avv. Semory).

Impiego privati» — Stipendi e Indennità — Concor

dat» preventivo del dature di lavoro — Privilegio — Applicabili!» — Umili (Cod. comm., art. 773; ft. D.-legge 13 novembre 1924 n. 1825, sull'impiego

privato, art. 15).

Gli stipendi e le indennità degli impiegati sono assi

stiti, in caso di concordato preventivo del datore di

lavoro, dal privilegio di cui all'art. 15 della legge

impiegatizia. (1) Detto privilegio deve ritenersi limitato al periodo di sei

mesi precedente la istanza di concordato preventivo, tanto per i crediti relativi alla indennità quanto per i crediti relativi alle retribuzioni. (2)

La Corte, ecc. — La Società appellante riconosce

espressamente che il credito del suo impiegato Genolini,

per indennità di licenziamento e per altre retribuzioni, è

di complesssive lire 15.082,65 cosi come fu dichiarato

dalla sentenza del Tribunale.

Impugna soltanto il chiesto privilegio, e ripropone al

l'esame della Magistratura del lavoro la questione se al

detto impiegato privato spetti nel procedimento di con

cordato preventivo del suo datore di lavoro, il privile

gio stabilito dall'art. 15 del regio decreto-legge 13 no

(1-2) Le questioni decise dalla sentenza surriferita sono tuttora vivamente dibattute così in dottrina come in giurispru denza.

Sulla applicabilità o meno del privilegio impiegatizio nel caso di concordato preventivo del datoie di lavoro si consul tino da ultimo in senso difforme tra loro le sentenze App. Bo

logna (in funzione ordinaria) 22 dicembre 1933 e App. Bologna (Mag. lav.) 29 dicembre 1933, in questo stesso volume, retro, col. 599 e 600 ed ivi l'ampia nota del Cons. G-. Petraccone, che riesamina a fondo la questione in tutti i suoi aspetti ed alla

quale rimandiamo per gli ulteriori riferimenti alla giurispru denza e alla dottrina in argomento.

Per quanto riguarda i limiti del privilegio, si veda, in con

formità, la recente sentenza della stessa Corte di Milano 3 aprile L934, redatta dall'estensore di quella surriferita, e inse rita in questo stesso volume (retro, col. 1637 con nota di richiami).

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1951 PARTE PRIMA 1952

vembre 1924 n. 1825 convertito nella legge 18 marzo

1926 n. 562.

Il detto articolo che è uno dei più tormentati e di

scussi nella dottrina e nella giurisprudenza è così formu

lato : « Le indennità di licenziamento e le retribuzioni

spettanti all'impiegato non sono soggette a moratoria.

Ad esse è esteso il privilegio di cui all'art. 773 nume

ro 1 del codice di commercio, salvo il caso che si tratti

di pioooli fallimenti regolati dalla legge 24 maggio 1903

n. 197». Il Tribunale, ha ritenuto che il privilegio di cui allo

art. 773 n. 1 cod. comm., stabilito per i crediti dell'im

piegato nel processo di fallimento, non possa valere an

che nel procedimento di concordato preventivo. D'altra

parte ha considerato che l'espressione contenuta nella

prima parte del citato art. 15 della legge sull'impiego

privato, che cioè i crediti dello impiegato non sono sog

getti a moratoria, non possa riferirsi che al concordato

preventivo che prese il posto sia della moratoria del co

dice di commercio già abolita con legge del 1903, sia

della speciale moratoria solo temporaneamente ripristinata

col regio decreto-legge 28 dicembre 1921 n. 1861.

Da tale premessa il Tribunale trasse la conseguenza

che i crediti dell'impiegato non fossero sottoposti agli ef

fetti contemplati dalla legge sul concordato preventivo

del 24 maggio 1903 n. 197, nel senso cioè che l'impie

gato, senza bisogno di attendere la sentenza di omologa

zione del concordato, avesse diritto di agire esecutiva

mente per ottenere l'integrale pagamento del credito, il

che portava praticamente, cosi è scritto nella sentenza

appellata, ad esercitare un vero diritto di prelazione sui

mobili del debitore nei coufronti di tutti gli altri cre

ditori. La Corte osserva che la esigibilità immediata del cre

dito potrebbe costituire nel procedimento di concordato

preventivo un privilegio exigendi, ma non potrebbe sen

z'altro costituire giuridicamente anche un privilegio so

stanziale, e quindi non gioverebbe in ogni caso ed in via

generale ad assicurare nemmeno praticamente il paga

mento integrale del credito, perchè altra cosa è il paga

mento immediato, altra cosa è, dal lato giuridico, il di

ritto di prelazione (privilegio in senso sostanziale), tanto

è vero che come vi sono crediti privilegiati non accom

pagnati dalla immediata esazione (art. 7 della legge sul

concordato preventivo) così vi possono essere crediti as

sistiti da un privilegio puramente processuale, senza che

però siano accompagnati da un diritto di prelazione

(sentenza Cass. 21 luglio 1932, Foro it., 1932, I, 1385). La Corte, invece, pur riconoscendo la esattezza di al

cuni principi afiermati nella pregevole sentenza del Tri

bunale, ritiene che debba riconoscersi ai crediti dell'im

piegato un vero privilegio, in senso sostanziale, anche

nel procedimento di concordato preventivo. Ciò è negato da una parte della dottrina e della giu

risprudenza di merito, ma coloro che si oppongono al

privilegio dei crediti dell'impiegato si richiamano all'ar

ticolo 773 cod. comm. che fa menzione dei privilegi con

cessi nel processo di fallimento e ripetono tutte le diffi

coltà esegetiche che si presentano perchè possa tale di

sposizione estendersi al procedimento di concordato pre ventivo.

Ma, ad avviso della Corte, la questione va risolta con

la spiegazione critica e diretta del citato art. 15 della

legge sull'impiego privato, avuto riguardo ai precedenti

egislativi ed allo spirito della disposizioue medesima.

La quale trova i suoi precedenti immediati nel de

creto luogotenenziale 27 settembre 1917 n. 1448 e nel

decreto luogotenenziale 9 febbraio 1919 n. 112 sul con

tratto d'impiego privato. Il decreto del 1917 stabiliva nell'art. 14 capov. che:

c in caso di fallimento dell'azienda l'impiegato ha diritto

alla metà della indennità di preavviso oltre allo stipendio

del mese in corso.

Al relativo credito è esteso il privilegio di cui all'ar

ticolo 773 n. 1 cod, comm., salvo il caso che si tratti

di piccoli fallimenti regolati dalla legge 24 maggio 1903

n. 197 ».

Il successivo decreto del 1919 ripeteva la stessa di

sposizione estendendo il privilegio anche alla speciale in

dennità di anzianità concessa col decreto medesimo, e

stabiliva precisamente nell'art. 5 capov. che : « In caso

di fallimento dell'azienda, l'impiegato ha diritto alla metà

delle indennità stabilite negli articoli precedenti, oltre allo

stipendio del mese in corso. Al relativo credito è esteso

il privilegio di cui all'art. 773 n. 1 cod. comm. salvo che

si tratti di piccoli fallimenti regolati dalla legge 24 mag

gio 1903 n. 197 ».

Come si vede, nei decreti menzionati del 1917 e del

1919 il privilegio per i crediti dell'impiegato è dato « nel

caso di fallimento dell' azienda » e la Relazione Orlando

spiega chiaramente che tu tenuto specialmente presente

questo caso per assicurare con privilegio, almeno la metà

delle indennità spettanti agli impiegati nel processo di

fallimento. Nessun elemento, quindi, si sarebbe potuto ricavare dai decreti suddetti per potere estendere ai ere

diti dell'impiegato, anche nel procedimento di concordato

preventivo, quel privilegio che tassativamente era stabi

lito per il caso di fallimento.

Fu inoltre sotto l'impero del decreto luogotenenziale del 1919 sul contratto di impiego privato che l'istituto

della moratoria del codice di commercio già abolito oon

la legge del 1903 sul concordato preventivo e sui piccoli

fallimenti, venne ripristinato con regio decreto-legge del

28 dicembre 1921 e con altri successivi, limitatamente ad

alcune società cooperative esercenti il oredito e ad alcune

società anonime e in accomandita per azioni. Queste leggi, come è noto, furono emanate in occasione del dissesto

della Banca italiana di sconto ; e fu durante il proce dimento concernente la moratoria concessa alla detta

Banca che venne sollevata la questione se le indennità

da corrispondersi agli impiegati licenziati, a norma della

legge 9 febbraio 1919 n. 112, dovessero essere pagate

integralmente nonostante che la Banca si trovasse in re

gime di moratoria. Il Tribunale di Roma, con provve dimento in Camera di Consiglio in data del 2 marzo

1922 (Foro it., 1922, I, 329) risolse la questione favo

revolmente agli impiegati, ritenendo che i loro crediti

non dovessero comprendersi fra i crediti morati.

Però rimase sempre viva la questione, ed in occa

sione della riforma della legge del 1919 sia le Corpora zioni sindacali fasciste che il Comitato nazionale dell'im

piego privato formularono nel 1924 progetti di legge con

i quali si chiedeva che il privilegio dovesse in ogni caso

coprire oltre le indennità e retribuzioni spettanti allo

impiegato qualunque sua competenza arretrata derivante

dal contratto di impiego. Di tali voti si fece interprete in gran parte il legi

slatore che innovando alle precedenti disposizioni regolò, in modo diverso e più ampio, i crediti dell' impiegato

privato, rispetto anche al privilegio.

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1953 GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE 1954

Difatti il regio decreto-legge 13 novembre 1924 nu

mero 1825 convertito nella legge 18 marzo 1926 n. 562

sull'impiego privato, stabili separatamente nell'art. 11

che : « In caso di fallimento dell'azienda l'impiegato ha

diritto alle indennità stabilite negli articoli precedenti ».

Oiò avvenne a significare che il credito dello impiegato non

dovesse essere più pagato per la metà come nelle leggi del 1917 e del 1919, ma per intero, anche in caso di fal

limento.

Inoltre nel successivo art. 15 di sopra riportato, a

differenza dei corrispondenti articoli delle precedenti leggi del 1917 e del 1919, il legislatore non fece più menzione

espressa del fallimento, di cui aveva parlato separatamente nel precedente art. 11, ma con disposizione generica co

minciò con lo stabilire che : * Le indennità di licenzia

mento e le altre retribuzioni dell'impiegato non sono sog

gette a moratoria ».

Senza far cenno di questo o di quel caso di dissesto

dell'azienda.

Si è fatta anche qui da coloro che si sono occupati della questione, una lunga discussione circa il significato che debba darsi alla parola « moratoria » contenuta

nella prima parte dell'art. 15 della detta legge, e si è

perfino, in vario senso, rilevato che il legislatore del

1924 possa avere ignorato o dimenticato che la morato

ria del codice di commercio era stata abol ta con la legge 24 maggio 1903 n. 197 ; cosa che in verità non si può

ammettere, perchè nell'art. 15 il legislatore fa proprio menzione della detta legge del 1903, sia pure a propo sito dei piccoli fallimenti regolati dalla legge medesima.

E nemmeno deve ritenersi che il legislatore abbia vo

luto riferirai alla speciale moratoria ripristinata con re

gio decreto-legge 26 dicembre 1921 n. 1861 perchè que sto decreto e gli altri successivi rimasero applicabili soltanto

per i dissesti verificatisi prima del 30 giugno 1923, in

virtù del regio decreto-legge 15 marzo 1923 n. 553, e

quindi praticamente non trovavano più applicazione al

tempo della pubblicazione del regio decreto-legge sullo

impiego privato del 13 novembre 1924 n. 1825 che non

disponeva che per l'avvenire.

E più esatto invece ritenere, avuto riguardo ai pre

cedenti legislativi di cui si è fatto parola, che la legge

volendo maggiormente assicurare agli impiegati privati l'immediato pagamento dei loro crediti, abbia con la

espressione generica « non sono soggette a moratoria »

inteso dichiarare che in caso di dissesto del datore di la

voro, sia che si tratti di fallimento, o di concordato pre

ventivo, o di concordato fallimentare, i crediti dell'im

piegato siano sempre esigibili, non debbano cioè soffrire

alcuna dilazione.

Ma poiché, come si è accennato al principio, la esi

gibilità non potrebbe in ogni caso assicurare anche l'in

tegrale pagamento dei crediti dell'impiegato, il legislatore ha immediatamente dopo soggiunto che ad essi è esteso

inoltre il privilegio di cui all'art. 773 n. 1 cod. comm.

Il che vuol dire che in tutti i casi suddetti, e cioè in

caso di fallimento, di concordato preventivo e di concor

dato fallimentare, se comunque sia sospeso il pagamento

dei crediti dell'impiegato, ad essi è esteso anche quel

privilegio che l'art. 778 n. 1 cod. comm. concede ad al

cuni speciali crediti per il caso di fallimento.

Solo così interpretando, come un tutto armonico, le

varie disposizioni dell'art. 15, senza considerarle distinte

e del tutto indipendenti l'una dall'altra, come ha creduto

di fare il Tribunale, ai può cogliere il vero significato della legge, in piena conformità del suo spirito.

E che sia cosi si argomenta, non solo da quanto fi

nora si è detto, ma anche dalla circostanza che lo stesso

articolo esclude tassativamente dal privilegio soltanto i

crediti dell'impiegato nella procedura di piccoli fallimenti, il che, per argomento a contrario, fa ritenere che lo si sia

voluto concedere in tutti gli altri casi di dissesto della

azienda in cui la legge prevede la sospensione dei paga menti (moratoria), e cioè nel concordato preventivo, allo

stesso modo che avviene nel concordato fallimentare nel

quale nessuno ha mai dubitato che resti fermo, a favore

dei crediti dell'impiegato, il privilegio di cui all'art. 773

n. 1 cod. di commercio.

Si eccepisce a questo punto, cosi come ha ritenuto

anche il Tribunale nella sentenza appellata, che dovendo

la estensione del privilegio di cui all'art. 773 n. 1 cod.

comm. essere fatta con tutte le condizioni e limitazioni

del detto articolo fra le quali è stabilita la dichiarazione

di fallimento come elemento essenziale per la nascita e

la decorrenza del privilegio, mancherebbe, e non potrebbe

per contraddizione giuridica mai verificarsi, questa con

dictio iuris indispensabile, cioè la dichiarazione di falli

mento, per potere applicare il privilegio durante il pro cedimento di concordato preventivo.

Ma questa obbiezione non è insuperabile perchè an

che ammesso, come si dirà in seguito, che la estensione

del privilegio di cui all'art. 773 n. 1 cod. comm. non ri

guardi solamente il grado del privilegio, ma anche tutte

le condizioni e le limitazioni contenute nell'articolo me

desimo, il senso che deve darsi alla disposizione dello

art. 15 della legge sull'impiego privato circa il richiamo del

l'art. 773 n. 1 cod. comm., non può essere altro che que

sto, e cioè che il privilegio concesso nel processo di fal

limento vale anche per il concordato preventivo. Il che

significa che come nel fallimento la decorrenza del privi

legio è fissata dalla sua dichiarazione, nel caso del con

cordato preventivo la decorrenza è stabilita dalla istanza

del debitore, alla quale la legge fa risalire gli effetti più

importanti del procedimento, rispetto ai creditori (art. 7

legge 24 maggio 1903 n. 197). In tal modo, come si è visto, non dalia distinzione

giuridica tra l'istituto del fallimento e quello del concor

dato preventivo, nè dalla isolata interpretazione dell'arti

colo 773 n. 1 cod. comm., e nemmeno con una interpre tazione analogica inammissibile in materia di privilegio, che costituisce un hos singolare, ma dalla esegesi dello

art. 15 della legge sull'impiego privato, ed in base alla

stessa volontà della legge, si rileva che i crediti dell'im

piegato godono del privilegio anche nel procedimento di

concordato preventivo.

Questa volontà del legislatore, circa la portata dell'ar

ticolo 15 della legge sull'impiego privato, oltre che dai

precedenti legislativi è rafforzata, se mai ve ne fosse bi

sogno, dalla stessa tendenza legislativa che in via an

cora più generale al di fuori della stessa legge sull'im

piego privato, è nel senso suddetto, perchè il Progetto D'Amelio del codice di commercio (anno 1925) per eli

minare la difficoltà esegetica che si perpetua circa l'in

terpretazione di tutto l'art. 773 cod. comm., stabilisce

espressamente che i privilegi concessi nel giudizio di

fallimento valgono anche per il concordato preventivo ; e la decorrenza del privilegio, in caso di fallimento, è

fissata dalla sua dichiarazione, e, nel caso di concordato

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1955 PARTE PKIMA 1956

preventivo, dalla istanza del debitore (art. 674 e 758 se

condo alinea del progetto, pag. 210 della Relazione). Stabilito pertanto che ai diritti dell'impiegato è esteso

il privilegio dell'art. 778 n. 1 cod. comm. anche nel pro cedimento di concordato preventivo, deve risolversi l'al

tra questione, anche molto dibattuta e risolta in vario

senso dalle magistrature di merito, se cioè la estensione

del privilegio debba intendersi fatta soltanto per il grado, che è quello dell'art. 1956 n. 4 cod. civ., od anche per determinare il termine di decorrenza del privilegio, che

è di sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento, cosi come è determinato nello stesso art, 773 n. 1 cod.

comm. per i crediti dovuti agli institori ed ai commessi.

Questa Corte ha più volte deciso che la estensione di

privilegio non possa essere intesa che come estensione di

tutti gli elementi essenziali che configurano il privilegio stesso nel menzionato articolo, fra cui quello della decor

renza del termine che per i crediti degli impiegati, come

si è detto, è di sei mesi.

Nè trova motivo di dover mutare la sua giurispru denza approvata in ripetute decisioni dalla Cassazione del

Regno (sentenza 17 gennaio 1933, Foro it.; 1933, I, 340; sentenza 13 aprile 1934, Mass. Foro it., 1934, 191).

Le leggi del 1917 e del 1919, di sopra citate, non

possono essere portate a sostegno dell'opinione contraria

per due ragioni ; in primo luogo perchè quelle stabilivano il

privilegio soltanto per la metà del preavviso e per la

metà delle altre indennità, e quindi, ridotto in tal modo

il credito trovava giustificazione la disposizione che il pri

vilegio dovesse essere concesso senza altra limitazione

come quella del termine di decorrenza ; ed in secondo

luogo perchè essendo già stabilito nelle dette leggi che

il privilegio riguardava lo stipendio del mese in corso

espressamente si veniva a fissare un termine di decor

renza diverso da quello stabilito dall'art. 773 n. 1 cod.

di commercio.

Ma avendo la legge vigente del 1924 innovato del

tutto alle precedenti disposizioni, concedendo il privilegio, non più per la sola metà, ma per Vammontare integrale delle indennità, veniva meno la ragione giustificatrice della inapplicabilità della decorrenza del termine alle

dette indennità ; ed essendo poi stato abolito anche il

termine del mese in corso per gli stipendi, veniva senza

altro ad essere applicato l'altro termine più lungo di sei

mesi contenuto nello art. 773 n. 1 cod. comm., il cui privi

legio in mancanza di diversa o contraria disposizione veniva

esteso, come dice la legge, ai detti crediti dell'impiegato; e tale estensione logicamente deve essere fatta con tutte

le condizioni e le limitazioni contenute nell'articolo' me

desimo e che costituiscono elementi essenziali, per la na

scita e la decorrenza del privilegio stesso, quali la dichia

razione di fallimento e la decorrenza del termine di sei

mesi dalla dichiarazione medesima.

Nè poi agli effetti del privilegio stesso può farsi di

stinzione alcuna tra le indennità di licenziamento e le

retribuzioni dell'impiegato, ed ammettere, come pure si

è sostenuto, che se per le retribuzioni il privilegio debba

essere limitato a quelle dovute per i sei mesi dalla dichia

zione di fallimento, per le indennità di licenziamento il

privilegio debba essere concesso senza alcuna limitazione

di tempo. Non si mette in dubbio che le indennità di

licenziamento abbiano natura giuridica diversa da quella delle retribuzioni dell'impiegato e che siano regolate fra

loro da norme diverse anche agli effetti della prescri

zione, ma non si può ugualmente dubitare che agli ef

fetti del privilegio l'art. 15 della legge sull'impiego pri vato consideri alla stessa stregua tanto le indennità di

licenziamento che le retribuzioni, quali crediti dell'impie

gato, equiparati, agli effetti del privilegio stesso, ai sa

lari dovuti agli institori ed ai commessi. E poiché il pri

vilegio a favore di questi ultimi è concesso solamente per i loro crediti dovuti per i sei mesi anteriormente alla di

chiarazione di fallimento, deve ritenersi che non solo per le retribuzioni, ma anche per le indennità di licenziH

mento non sia dovuto il privilegio, se le dette indennità

si maturino in epoca di sei mesi anteriori a quella della

dichiarazione di fallimento. Ed a questo proposito, più

particolarmente, a nulla giova rilevare che le indennità

di licenziamento siano dovute una volta sola all'atto della

cessazione del servizio e che gli stipendi maturino nor

malmente alle epoche fissate convenzionalmente, perchè, non ostante tale differenza, agli effetti del privilegio de

vesi guardare al giorno in cui nasce il credito, e se il

tempo del pagamento sia venuto, anche per le indennità

di licenziamento, sei mesi prima della dichiarazione di

fallimento, oppure sei mesi prima della istanza del de

bitore nel procedimento di concordato preventivo, il cre

dito non è più privilegiato. Per questi motivi, ecc.

CORTE D'APPELLO DI TRIPOLI.

Udienza 2 maggio 1934; Pres. ed est. Valknzi

litello o. Governo della Tripolitania.

Colonie — Trlpolllanla e Cirenaica — Applicazione delle leggi del Regno — Condizioni — Astensione

espressa e pubblicazione nel bollettino delie due

colonie — Applicazione analogica — Poltri del

giudice — Limiti (R. D. 26 giugno 1927 n. 1013, sull'amministrazione della Tripolitaniaedella Cirenaica, art. 10, 11, 14).

Colonie — Provvedimenti che importano spese a ca

rico del bilancio coloniale — Necessità di appro vazione del Governatore — Mancanza — Nullità

del provvedimenti — Applicazione speclliea (E. D. 26 giugno 1925 n. 1271, sull'ordinamento per la ge stione amministrativa contabile per le colonie, art. 59,

114, 115). Colonie — Licenziamento di operalo sottoposto a pro

cedimento penale — Carattere punitivo — Perdita

delle indennità di licenziamento — Pagamento della mercede in caso di riammissione In servizio — Inammissibilità (R. D. 31 dicembre 1924 n. 2262,

regol. sullo stato giuridico e sul trattamento econo

mico dei salariati dipendenti dalle Amministraz. dello

Stato, art. 141).

Le leggi, i decreti e i regolamenti emanati per il Regno,

per aver vigore in Tripolitania e Cirenaica debbono

esservi estesi espressamente ed inoltre debbono essere

pubblicati mediante la contemporanea inserzione del

testo italiatio ed arabo nel Bollettino ufficiale delle

colonie stesse. (1) La formalità della pubblicazione è richiesta anche per

quelle disposizioni legislative e regolamentari del Re

gno che sono estese di diritto in colonia. (2) E' consentito al giudice applicare analogicamente dispo

sizioni legislative e regolamentari del Regno non

estese e pubblicate in colonia, purché non esista una

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