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Udienza 14 luglio 1888; Pres. Eula P. P., Est. Giusto, P. M. Torti (concl. conf.); Lambruschini(Avv. Gianzana) c. Ricci (Avv. Ansaldo)Source: Il Foro Italiano, Vol. 13, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1888), pp. 813/814-815/816Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23098828 .
Accessed: 28/06/2014 09:29
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813 GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE 814
in essere un'eccezione riguardante la forma del titolo
nel senso dell'art. 324, inquantocliè la impugnativa non ferisce un requisito estrinseco per la validità
della cambiale, suo scopo essendo il dimostrare che
al requisito estrinseco esistente, che è la firma, non
risponde il valore suo intrinseco, cioè la realtà della
sottoscrizione, e gli art. 327 e 328 dello stesso codice
poi stanno a dimostrare che in materia cambiaria falsità
o non realtà della firma non è sinonomo di mancanza,
e grave errore sarebbe il confondere l'una coll'altra.
E l'altra affermazione che non trovi nel caso ap
plicazione la disposizione del suddetto art. 324 circa
le eccezioni desunte dalla mancanza delle condizioni ne
cessarie all'esercizio dell'azione cambiaria, trova ap
poggio nelle discussioni preparatorie del codice, le
quali rivelano che si intese con quella locuzione di al
ludere alle condizioni indispensabili per conservare
l'azione cambiaria, come la presentazione della cam
biale, la levata del protesto, l'osservanza dei termini
prefissi per l'esercizio dell'azione di regresso.
Nè si venga a dire che, accolta l'anzicennata inter
pretazione, l'attribuzione della forza di titolo esecutivo
alla cambiale sia ridotta ad un istituto infecondo di
utili risultati pratici, essendo ovvio l'osservare che, in confronto del precedente codice, il quale al posses sore di un effetto cambiario, che pure avesse la cer
tezza della genuinità della firma, non apprestava altro
mezzo di garantirsi contro la possibile sottrazione dei
beni mobili del suo debitore e le alienazioni degli im
mobili da lui posseduti, tranne quello del sequestro dei mobili, il quale, secondo le norme del diritto co
mune, poteva ancora essere subordinato alla condizione
d'una cauzione, il nuovo istituto assicura al possessore
questi beri rilevanti vantaggi: privare, mediante la
trascrizione dell'intimato precetto, l'apparente debitore
della disponibilità dei suoi immobili, e proseguendo gli atti esecutivi, quanto ai mobili, costringere il debitore
medesimo a depositare la somma portata dal precetto, a termini dell'art. 582 cod. proc. civ., o per lo meno
a dare cauzione, qualora voglia ottenere dal giudice la
sospensione dell'esecuzione, col quale sistema resta
equamente provveduto alla tutela di tutti gli interessi
e diritti che sono impegnati nella discussione giudi ziale a cui dà origine il precetto intimato in base ad
una cambiale.
Attesoché per le sovradette cose rimanendo dimo
strata la insussistenza della violazione e falsa appli cazione degli art. 323, 324, 327 e 875 cod. comm., 1321
e 1322 c. civ. e 282 e 283 e. pr. e., allegata nel disa
minato mezzo, il rigetto del medesimo si rende inevi
tabile. — (Omissis).
— Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI TORINO. Udienza 14 luglio 1888; Pres. Eula P. P., Est. Giusto,
P. M. Torti (conci, conf.); Lambruschini (Avv. Gian
zana) c. Ricci (Avv. Ansaldo).
Graduazione — Prezzo di subasta ed interessi —
Pagamento — Autorizzazione del tribunale —
Contraddittorio (Cod. proc. civ., art. 38, 723, 724).
I provvedimenti del tribunale, di cut agli art. 723,
724 cod. proc. civ., pel pagamento o deposito del
prezzo di subasta o degli interessi, debbono sem
pre rendersi in contraddittorio, tanto se chiesti
dai creditori od altri interessati, quanto se pro mossi dal deliberatario.
E inefficace quindi Vautorizzazione al deposito del
prezzo, chiesta dal deliberatario ed emessa per
semplice decreto senza il contraddittorio degli in
teressati.
La Corte, ecc. — Attesoché non è fondata la cen
sura che si spiega per pretesa violazione dell'art. 724
cod. proc. civ. Tale articolo ha sede nel capitolo 2°,
del titolo 3,° libro 2°, avente l'intestazione « Del giu dizio di graduazione ». Non v'ha nel titolo stesso, nè
poteva esserci un'eccezione a quella norma generale che è fondamento primo d' ogni giudizio, il contrad
dittorio cioè delle parti; nè v'era punto bisogno d' una
esplicita dichiarazione in proposito, bastando a richia
mare quella norma fondamentale l'enunciazione del ti
tolo. Le istanze, di cui negli art. 723 e 724, non sono
che incidenti che possono sorgere nel giudizio di gra
duazione, e che per espressa disposizione di legge sono
portate avanti il tribunale, anziché innanzi al presi
sidente; disposizione che esclude anche la più lontana
idea che i decreti, i quali emanar devono sulle istanze
medesime, possano rivestire la natura di provvedi
menti di volontaria giurisdizione.
Nè valgono gli argomenti che si vorrebbero trarre
da ciò che quando la legge volle la citazione degli in
teressati lo disse espressamente, come fece negli art.
717 e 721, e che, avendo nell'art. 724 espressamente
detto che il tribunale provvederà sulle istanze ivi
specificate, citato in ogni caso il compratore, sia da
applicarsi la regola lex quod voluit e.vpressit. È ov
vio osservare innanzi tutto, che se negli art. 717 e 721
la legge parla espressamente di citazione, ciò fa uni
camente per indicare come e avanti quale autorità la
citazione deve farsi: e quanto all'altro argomento, da
cui si vorrebbe trarre la conseguenza che per l'art.
724 la citazione sia necessaria quando le istanze si
promuovono dagli interessati, perchè la legge lo dice,
non nel caso inverso, perchè in proposito la legge
tace, basta osservare che la legge nulla dice mai di
inutile e di superfluo. Per gli interessati nel giudizio
nulla occorreva dire; tutto era detto già colla parola
interessati. Ben era necessaria invece una espressa
menzione pel compratore, il quale a rigor di termini
non può dirsi sia interessato nel giudizio di graduazione,
e senza quella espressa dichiarazione si sarebbe potuto
con buon fondamento di ragione dubitare che per la
legalità ed efficacia dei provvedimenti del tribunale pro
mossi dagli aventi diritto alla distribuzione, non fosse
necessario il contraddittorio del compratore. Questi
è coll'atto di deliberamento costituito debitore verso
la massa, ha l'obbligo d'ogni altro compratore di pa
gare il prezzo d'acquisto.- e se per regola generale
deve pagarlo a sensi dell'art, 718 nei cinque giorni
dalla notificazione delle note di collocazione, non è
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815 PARTE PRIMA 816
men vero che deve tenerlo in pronto per pagarlo an
che prima ai creditori evidentemente anteriori e certi,
o per farne impiego fruttifero o depositarlo nelle casse
dei depositi giudiziali, secondo che possa venire dal
tribunale ordinato. A lui, che accostandosi all'incanto
tutto ciò sa, deve riuscire pressoché indifferente l'uno
piuttostochè l'altro modo di sua liberazione. E non
pertanto la legge, appunto perchè le disposizioni di
cui nell'art. 724 costituiscono quasi una eccezione alla
regola generale sancita nel succitato art. 718, fedelis
sima al principio assoluto stabilito nell'art. 38cod.proc.
civ., lo ammette per riguardo ad esso nel numero de
gli interessati, e quasi di non interveniente nel giudizio di graduazione, e vuole che non s'abbiano ad emettere
provvedimenti senza che consti della sua citazione a com
parire nel sollevato incidente. Ma peri creditori od altri
aventi diritto alla distribuzione è intuitivo l'interesse
massimo che hanno ad interloquire e sul pagamento an
ticipato che si voglia fare del prezzo e degli interessi, e
tanto più sull'impiego fruttifero, o sul deposito nella Cassa
dei prestiti e depositi giudiziali di quelle somme che
incontestabilmente loro sono dovute come prezzo della
cosa venduta e dei relativi interessi in un tasso de
terminato; di che tutti hanno essi esclusivamente la
disponibilità, salvo il beneplacito per ogni singolo caso
e secondo le circostanze, del tribunale, quando troppo a lungo si protragga il giudizio di graduazione; e ciò
basta, lo si ripete, per ritenere che il pretenderò di
ottenere dal giudice un provvedimento in un modo
qualsiasi che tocchi a quel particolare interesse senza
il contraddittorio dell'interessato è sconvolgere e rin
negare il principio fondamentale di ogni giudizio. E la Corte genovese, che quella pretesa dal Lam
bruschini accampata respinse, rettamente interpretò ed applicò il citato articolo di legge, e la sua sentenza
non censura merita, ma piena approvazione. Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI TORINO. Udienza 6 luglio 1888; Pres. Eula P. P., Est. Massimo,
P. M. Biffi (conci, conf.); Luppis De Rammer (Avv. Facheris e Villa) c. Lodigiani (Avv. Boneschj).
Separazione coniugale — Prole — Collocamento
in un Istituto d'educazione (Cod. CÌV., art. 154).
Nel caso di separazione coniugale non può ordi
narsi che la prole sia collocata in un Istituto
d'educazione, o presso terza persona, se non per
gravi motivi desunti dall'interesse speciale e di
retto della stessa prole, e da apprezzarsi ed e
sprimersi dall'autorità giudiziaria nel relativo
provvedimento. (1) Non è motivo di tal natura l'allegata possibilità
di maggiori atlrili fra coniugi in causa della
educazione dei figli a/fidala all'uno piutlostochè
all'altro dei genitori.
La Corte, ecc. — (Omissis) — Sono pienamente fon
date le censure fatte relativamente ai provvedimenti dati dalla Corte milanese in ordine al collocamento
dell'unico Aglio dei coniugi Luppis della età di anni
otto circa, ed al concorso proporzionale di essi coniugi
nelle spese di mantenimento, istruzione ed educazione
del medesimo presso un Istituto, od una terza persona
da scegliersi d'accordo fra loro, od in difetto presso
l'Istituto stato già indicato dalla Corte stessa. In caso
di separazione coniugale potendo rimanere scossa e
turbata la società famigliare anche nei rapporti dei
genitori colla prole, vuole opportunamente l'art. 154
cod. civ. lasciare al prudente criterio del tribunale, che
pronuncia la separazione, il dichiarare quale dei con
iugi debba tenere i tìgli e provvedere al loro mante
nimento, alla loro educazione, ed istruzione, come pure
di stabilire, soltanto però per motivi gravi, che la
prole sia collocata in un Istituto di educazione o presso
terzi.
Le cause di separazione coniugale per sè sole non
inducono quello abuso di patria podestà che forma
particolarmente oggetto del successivo art. 221 stesso
codice, sicché non vieta la legge che la prole possa,
anche nel caso di separazione pronunciata per colpa
di un solo coniuge, essere tuttavia lasciata al mede
simo piuttostochè all'altro, quando ciò possa venire
consigliato da ragioni di convenienza nell'interesse dei
tìgli. Questo è lo scopo che si volle in sostanza rag
giungere colla facoltà data al magistrato di emettere
quei provvedimenti, che in caso di separazione coniu
gale si presentassero meglio vantaggiosi al riguardo
anche della prole, senza essersi neppure più accennato
ad alcuna limitazione o restrizione per rapporto al
l'età dei tìgli, come disponeva l'art. 142 del cessato
codice albertino. Ma, appunto perchè i vincoli stabiliti
dalla natura tra i genitori ed i figliuoli non cessano
per la detta separazione, si volle che, anche avvenendo
questa, dovesse la prole rimanere presso quello dei
coniugi che l'autorità giudiziaria credesse di prescie
gliere, tenuto specialmente conto delle circostanze più dirette ed influenti a provvedere nell'interesse della
prole medesima, e non potersi questa strappare ad
entrambi i genitori, salvo nel concorso di motivi, che
dovendo essere gravi, si debbono esprimere, apprez zare e sopratutto riconoscere per tali.
(1) Conf. Borsari, Comm. cod. civ., sull'art. 154, § 394: « 11 tri* blinale non può privare dei figli ambedue i coniugi senza gravi mo
tivi) cioè senza esprimerli, onde se ne misuri la ragione e la gra vita »,
Nella piti recente giurisprudenza sono notevoli le seguenti deci sioni: App. Torino 29 luglio 1879, D. c. C: « Facendosi luogo alla
separazione coniugale per colpa di ambedue i coniugi, la prole deb '
b'essere collocata in un Istituto d'educazione » (Foro it., Rep. 1879, voce Separazione coniug., n. 15); App. Roma, 15 agosto 1881, Po liti c. Fortini: « Affidata la figlia alle cure della madre in un ver bale di volontaria separazione, perchè si ordini che venga collocata in un Istituto di educazione si richiedono ben gravi motivi » (id.
Rep. 1882, detta voce, n. 14); Trib. Roma 14 maggio 1834, Bolognesi c. Milanesi: « La facoltà del tribunale di dichiarare quale dei coniugi debba tenere presso di sè i figli non si esplica con illimitato arbitrio, ma a seconda delle circostanze, e sopratutto dell'interesse dei figli, avuto riguardo alla loro età, e ai loro bisogni, con relazione alle abitudini diverse ed alla condotta morale di ciascun coniuge » (id., Rep. 18S4, stessa voce, n. 15).
Yeggansi pure in materia: App. Palermo 20 dicembre 1885, e App, Roma 27 luglio 1886 (id., Rep. 1S86, detta voce, n. 24, 28-30),
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