+ All Categories
Home > Documents > PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE || Udienza 18 ottobre 1929; Pres. Fabani, Est....

PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE || Udienza 18 ottobre 1929; Pres. Fabani, Est....

Date post: 27-Jan-2017
Category:
Upload: lamtu
View: 215 times
Download: 3 times
Share this document with a friend
3
Udienza 18 ottobre 1929; Pres. Fabani, Est. Andreis: Sindacato Foedus (Avv. Fabbri) c. Terrenghi (Avv. Lanzillo) Source: Il Foro Italiano, Vol. 55, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE (1930), pp. 115/116-117/118 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23131028 . Accessed: 25/06/2014 06:23 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 62.122.73.17 on Wed, 25 Jun 2014 06:23:40 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript

Udienza 18 ottobre 1929; Pres. Fabani, Est. Andreis: Sindacato Foedus (Avv. Fabbri) c.Terrenghi (Avv. Lanzillo)Source: Il Foro Italiano, Vol. 55, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1930), pp. 115/116-117/118Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23131028 .

Accessed: 25/06/2014 06:23

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 62.122.73.17 on Wed, 25 Jun 2014 06:23:40 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

PARTE PIUMA

nei alla famiglia del prof. Giulio Canella non è se que sti non sia o sia ancora in vita, ma se l'ex ricoverato

del manicomio di Collegno sia veramente o non sia il

prof. Giulio Canella. Ed essendo positivo che la persona,

qualifìcantesi per il prof. Giulio Canella nella procura

rilasciata all'avv. Conconi per fare la dichiarazione di

nascita, è precisamente l'ex ricoverato del manicomio di

Collegno col numero di matricola 44170, ed essendo no

tizia di dominio pubblico che con sentenza 22 ottobre 1928

il tribunale di Torino dichiarò che quel ricoverato è Ma

rio Bruneri fu Carlo, sembra esuberantemente dimostrata

la giustificabilità del dubbio sulla identità personale del

dichiarante da parte dell'ufficiale dello stato civile, e la

piena legittimità del suo rifiuto a ricevere la dichiarazione

di nascita. Nè giova eccepire che sulla identità perso nale del mandante prof. Giulio Canella, accertata nella

procura a rogito Previtali sulla fede di due testimoni, non

era lecito all'ufficiale di stato civile di sollevare obbie

zioni di fronte ad un atto pubblico pien provante sino a

querela di falso.

Trincerarsi dietro l'atto notarile (efficacemente osserva

il P. M., e meglio non si potrebbe), significa voler sup

plire con uno accertamento formale alla dimostrazione, che non potevasi dare, di una sicura realtà ; e senza di

scutere la loro possibile buona fede, la soggettiva per suasione di quei testimoni non può certo prevalere di

fronte alla cennata sentenza del tribunale di Torino che,

pur non essendo definitiva per la fattane appellazione,

costituisce il responso più solenne che attualmente si ab

bia nella questione, ed assai più attendibile di qualsivo

glia opinione diversa, inevitabilmente superficiale o pas

sionale, da chiunque provenga. Ritenuto che, di fronte alla indiscutibile legittimità

del rifiuto opposto dall'ufficiale dello stato civile nei giorni 21 e 24 novembre p. p. a ricevere la dichiarazione di

nascita dall'avv. Conconi, qual mandatario di colui che

nel rilasciare la procura aveva dichiarato essere il prof. Giulio Canella, evidentemente non si possa autorizzare

costui a fare, nè direttamente nè a mezzo del suo pro

curatore speciale, come fu chiesto al tribunale ed ancora

si chiede in via principale in questa sede, una novella

tardiva dichiarazione di nascita. Tale domanda è da re

spingere, e cosi avrebbe dovuto giudicare il tribunale, anziché dichiarare la propria incompetenza, prestando al

riguardo, ma pur senza loro utilità, facile terreno alla

censura dei ricorrenti. Il tribunale ritenne che il legit

timo dubbio dell'ufficiale dello stato civile intorno alla

identità personale del dichiarante aveva fatto sorgere una

contestazione di stato, concernente e comprendente sia

la persona del dichiarante, sia quella della neonata, e che

non si poteva risolvere se non in base ad un rituale giu dizio ed in contraddittorio delle parti ; ma non si avvide

che non era chiamato a risolvere una questione di stato,

quale l'ufficiale dello stato civile non aveva certo inteso, nè aveva veste di proporre, ma semplicemente di deci

dere, se, indipendentemente dal fatto che il dichiarante

per procura fosse realmente o non fosse il prof. Giulio

Canella, esistesse o meno per l'ufficiale dello stato civile

ragionevole motivo di dubitare intorno alla sua identità

personale, e per conseguenza legittimo od illegittimo fosse

stato l'opposto rifiuto di ricevere da lui la dichiarazione

di nascita.

Ritenuto quanto alla subordinata domanda novella

mente proposta in questa sede dai ricorrenti, che la me

desima, ove pure non ostasse, nella specie, il divieto del

l'art. 490 cod. proc. civ., è da respingere per due mo

tivi : il primo ed esauriente per sè stesso fa capo alle

considerazioni dianzi esposte ; una volta affermata l'esi

stenza di giusti motivi a dubitare della identità perso nale di colui che si qualificò e si qualifica per il prot. Giulio Canella, nè a lui nè al mandatario suo può rico

noscersi facoltà di iniziativa per ciò che concerne la re

gistrazione della nascita della bambina partorita da Giu

lia Canella ; il secondo è che non sarebbe comunque pos sibile « di ordinare all'ufficiale dello stato civile di dare

atto dell'avvenuta nascita >. Con ciò il giudice si sosti

tuirebbe al dichiarante, laddove l'ufficio suo non può es

sere che di autorizzare l'ufficiale dello stato civile a ri

cevere, da chi abbia facoltà di farla, una tardiva dichia

razione di nascita, e solamente, quando ne sia richiesto

da chi abbia diritto di farlo, secondo la designazione di

che all'art. 373 cod. civ. o dal P. M. ; ciò che non av

viene nel caso in esame.

Per questi motivi, ecc.

CORTE D'APPELLO DI MILANO.

Udienza 18 ottobre 1929 ; Pres. Fabani, Est. Andreis :

Sindacato Foedus (Avv. Fabbri) c. Terrenghi (Avv.

Lanzillo).

I ri fori il ni sul lavoro — Qualità di operaio — Lavoro

nella propria abitazione — Diritto all'assicurazio

ne — Inammissibilità (L. 81 gennaio 1904 n. 51, art. 2).

Non va considerato operaio agli effetti della legge sugli

infortuni chi lavora nella propria abitazione, anche

se in modo permanente ed alle dipendenze di un da

tore di lavoro. (1)

La Corte, ecc. — L'art. 2 della legge sugli infortuni

considera come operaio « chiunque sia occupato nel la

voro fuori della propria abitazione in modo permanente o avventizio con remunerazione fissa o a cottimo »: quin

di, se è occupato a lavorare nella propria abitazione, an

che in modo permanente ed alle dipendenze di un da

tore di lavoro, non potrà esaere considerato come operaio

agli effetti della legge. La parola del legislatore A troppo chiara e precisa, perchè sia suscettibile di diversa inter

pretazione. Torse potrà essere in seguito tenuta presente anche l'opportunità di tutelare gli operai che lavorano in

casa propria alle dipendenze d'industriali sia con rimu

nerazione fìssa che a cottimo, ma allo stato della legisla zione sarebbe aggiungere alla legge voler considerare tali

operai come coperti da assicurazione. Ed i motivi sono

ovvii : il lavoro domestico non può essere in alcun modo

sorvegliato dal datore di lavoro, sia per quanto riguarda il modo con cui è eseguito (ore diurne, notturne, supero del periodo normale ecc.) sia per i mezzi con cui viene

eseguito (strumenti rudimentali, macchine senza opportuni

(1) Non ci risultano precedenti editi sulla questione. Vedi

per qualche riguardo, App. Milano 11 giugno 1912 {Foro it., Hep. 1912, voce Infortuni sul lavoro, n. 68).

Per la dottrina a cui è fatto cenno anche nella sentenza che riferiamo, si consultino nello stesso senso, Oocito, Com

mento, ed. II, n. 54; Agnelli, Commento, n. 52; Bortolotto, Commento, p. 59; Rameri, p. 30; in senso difforme il Pateri, Oli infortuni sul lavoro, Bocca, 1910, pur ricordato nella sentenza surriferita.

This content downloaded from 62.122.73.17 on Wed, 25 Jun 2014 06:23:40 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

117 GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE 118

ripari, ecc.). Inoltre sarebbe spesso facile all'operaio che ab

bia subito un infortunio far ritenere che avvenne durante

il tempo in cui lavorava per l'industriale, mentre invece

accadde quando lavorava per conto proprio (non può es

sergli impedito) o in un momento di riposo. La generica del sinistro sarebbe di difficilissimo appuramento. Nè si

dica che vengono coperti di assicurazione gli operai in

caricati a lavorare fuori dello stabilimento, specie pei la

vori murari, ed anche in case private, poiché essi pos sono in tal caso sempre venire sorvegliati dal datore di

lavoro, che fornirà loro anche i mezzi ed il materiale di

lavoro. E noto poi che gli istituti assicurativi richiedono in

genere per i lavori all'aperto e fuori dello stabilimento

che sia loro notificato il luogo e la durata dei vari la

vori.

Nella discussione alla Camera del primo progetto di

legge (1896) il relatore on. Chimirri ebbe a dichiarare

esplicitamente che anche quando l'operaio abiti sopra la

officina ed ivi compia lavoro per l'industriale per mag

gior comodo ed utile proprio non gli poteva spettare nes

sun diritto alla protezione della legge. La giurisprudenza, per quanto consta, non ha avuto

occasione di prendere in esame simile fattispecie : però la dottrina è quasi concorde nel ritenere carattere fon

damentale per la tutela dell'operaio che egli sia occupato a lavorare fuori della propria abitazione (Agnelli) e che

il lavoro sia effetti]ta presso l'industria o l'impresa che

lo fornisce (Oocito, Eamella). Unica voce discorde il Pa

teri, che ritiene che la frase « fuori della propria abi

tazione » sia stata dettata nel senso di operaio che lavori

per conto di altri, non per conto proprio, anche se la

vori nella sua abitazione. Ma con ciò si è dovuto aggiun

gere alla legge, ciò che non è lecito, specie quando si

tratti di norme di eccezione.

Nè il tatto che il Calzaturificio abbia assicurato fra

gli altri suoi operai anche il Terrenghi, modifica Io stato

di diritto della Foedus, come vorrebbe sostenere il pa trocinatore dell'appellante, poiché il Sindacato Infortuni

ha assicurato gli operai dell'imprenditore in quanto lavo

rassero nell'opificio e non anche fuori, come risulta dalla

proposta di assicurazione al Sindacato in atti.

Nè può ammettersi l'affermazione della sentenza ap

pellata che l'abitazione del Terrenghi possa considerarsi

come una appartenenza, un annesso allo stabilimento Sa

rebbe come disconoscere le ragioni e gli scopi del lavoro

domestico.

Per questi motivi ecc.

CORTE D'APPELLO DI ANCONA.

Udienza 5 agosto 1929 ; Pres. D'Ancona, Est. Scioc

chetti ; Consiglio provinciale Economia d'Ancona c.

Cassa di risparmio Anconitana.

Consiglia provinciale dell'economia — Tassa consi

gliare — Esazione delle imposte — Appalto rela

tivo — Carattere commerciale (Cod. comm., arti

colo 3 ; L. 20 marzo 1910 n. 121, sulle Camere di

commercio, art 44 ; L. 18 aprile 1926 n. 731, isti

tuz. Cons. prov. economia, art. 18, 20).

L'appalto dell' esazione delle imposte dirette ha carattere

di impi'esa commerciale ; e Vesattore pertanto, è sog

getto alla tassa consigliare. (1)

La Corte, ecc. — Il Tribunale di Ancona trattò la

questione dal solo punto di vista della natura dell'atti

vità degli esattori, dichiarando che essi non sono com

mercianti nè esplicano sotto nessun aspetto atti di com

mercio, cosicché, essendo tale attività il fondamento della

tassa consigliare, la Cassa di Risparmio di Ancona non

vi è soggetta per la funzione che ha associato alla sua

azienda ordinaria.

La conseguenza cui arrivarono i primi giudici è errata, ma la questione sulla commercialità dell'atto fu ben po

sta, come la sola che in sostanza interessa risolvere in

questa causa, perchè il fatto che l'imposta consigliare si

applica sui redditi netti dell'imposta di ricchezza mobile

di categoria B e C, può avere indubbiamente il suo peso, dato che gli esattori sono iscritti nella categoria B, nel

novero dei contribuenti che esplicano una attività com

merciale, ma non è decisiva al fine della presente con

troversia, rimanendo pur sempre a vedere se i lucri del

loro lavoro provengano da un'attività che per l'intima sua

essenza si possa qualificare commerciale.

Il Tribunale per escludere che l'esattore eserciti una

attività commerciale ha considerato che questi non ritrae

un guadagno da una speculazione che fa col proprio da

naro o col danaro altrui, ma dalla prestazione di un'ope ra allo Stato, che gli corrisponde un corrispettivo sotto

forma di aggio, che, fatte le debite limitazioni, equivale a un vero e proprio stipendio.

L'erroneità di questo concetto si rileva da sè ; se il

corrispettivo fosse da equipararsi a stipendio, dovrebbe

essere se non fisso e invariabile almeno una remunera

zione certa, mentre è risaputo come molte volte le esat

torie sono passive, il che è una riprova che il guadagno non è risultato del proprio lavoro, ma del lavoro asso

ciato al capitale che subisce le sue oscillazioni e i suoi

rischi. Se dunque il guadagno che l'esattore ritrae è il

risultato dell'alea a cui sottopone i suoi capitali, che im

pegna per far fronte al riscosso per il non riscosso che

è la caratteristica delle esattorie, deve convenirsi che

egli, a guisa di un commerciante, specula sul suo capi tale. Ed è necessario anche che disponga di un capitale rilevante per il grande movimento di denaro che l'eser

cizio dell'esattoria importa, ad un interesse che non è

sempre remunerativo potendo avvenire che egli non riesca

di farsi pagare dal contribuente e debba contentarsi del

solo rimborso dell'imposta da lui versata allo Stato.

E' indubitato che l'operazione, che esegue lo Stato, di riscuotere i contributi non rientra nella sfera degli atti

di commercio perchè compie nel contemplato rapporto una

funzione di interesse pubblico, ma quando questo servi

zio è demandato per contratto d'appalto ad un privato, ne deriva, in chi l'assume, l'intenzione di trarre un gua

dagno a tutto suo vantaggio dall'appalto, e la sua azione

rientra nell'orbita di una speculazione commerciale. Egli

adempie ad una funzione intermediaria rispetto allo Stato

e al contribuente, anticipando le rate di tributo da lui

non versate, e così facendo esegue anche un'operazione di credito con la visione di un lucro futuro.

(1) Vedi in senso contrario, in applicazione delie antece denti tasse camerali, Cass. Roma 31 luglio 1901 (Foro it., 1901, I, 1354) con nota di richiami; e da ultimo, Trib. Palermo 30

aprile 1924 (id., Rep. 1925, voce Camera di comm., n. 7). Sulla natura dell'appalto di esazione, vedi inoltre, sempre

in senso contrario, in quanto cioè non si riconosce a questo carattere commerciale, App. Roma 31 ottobre 1918 (Foro it., 1919, I, 528) ed ivi i richiami in nota.

This content downloaded from 62.122.73.17 on Wed, 25 Jun 2014 06:23:40 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended