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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE || Udienza 19 aprile 1895; Pres. Gagliardi P., Est....

Date post: 11-Jan-2017
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Udienza 19 aprile 1895; Pres. Gagliardi P., Est. Lagorio; Bongi c. Sanguineti Source: Il Foro Italiano, Vol. 20, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE (1895), pp. 893/894-895/896 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23099934 . Accessed: 18/06/2014 02:26 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 62.122.76.60 on Wed, 18 Jun 2014 02:26:41 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE || Udienza 19 aprile 1895; Pres. Gagliardi P., Est. Lagorio; Bongi c. Sanguineti

Udienza 19 aprile 1895; Pres. Gagliardi P., Est. Lagorio; Bongi c. SanguinetiSource: Il Foro Italiano, Vol. 20, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1895), pp. 893/894-895/896Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23099934 .

Accessed: 18/06/2014 02:26

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

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GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE

futuri, nè ohe i beni divenuti comuni dal momento

dell'acquisto per la stipulata, società degli utili non

sieno tenuti agli obblighi del marito.

I debiti futuri di cui parla il precitato articolo

sono quelli dipendenti dai beni che non cadono nella

comunione. Cotesti beni sono quelli che possono

pervenire ai coniugi per successione o per donazio

ne. Quindi i debiti futuri di cui parla il precitato

articolo sono esclusivamente quelli dipendenti da

eredità o da donazioni fatte in favore dei coniugi, non già quelli che si contraggono dal marito du

rante la società o per causali non dipendenti nè da

successione, nè da clonazioni sopravvenute, nè da

proprietà e obbligazioni anteriori al matrimonio, com'è chiarito dalla precisa locuzione dall'art. 1435

cod. civ. it. Cosicché riesce sempre più raffermato

che la comunione è tenuta ai debiti del marito an

corché nascenti da delitto.

E la soluzione affermativa si rende della mag

giore evidenza ove si ponga mente che a base della

sentenza della Corte di assise che condanna 1' An

dretta alla pena afflittiva della reclusione ed al ri

storo dei danni verso il municipio danneggiato co

stituitosi parte civile in giudizio, l'azione del mu

nicipio stesso contro l'Andrettà per rivalsa di danni

mette capo appunto a delitto commesso dal ma

rito, cioè dall'Andretta, per lo scopo d'arricchire, di ritrarre maggiori lucri dall'esercizio del suo ne

gozio nel traffico delle farine. Onde l'obbligo del

pagamento di questo dare sui beni della comunione

s'intuisce, è intrinseco al fatto, insito alla natura

delle frodi che egli già da tempo commetteva colle

truffe del dazio a danno del municipio. L'Andrettà mediante falso e maneggi dolosi atti

ad ingannare, sin dall'ottobre 1889 e per quasi tre

anni consecutivi riusciva a introdurre le farine in

città libere di dazio; inquantochè mediante bollette

che si foggiavano di transito di farine, che però non partivano, ma che restavano in città, riusciva

a farsi rimborsare le somme depositate a titolo di

dazio per quelle farine alla loro introduzione, rica

vando così un lucro indebito a danno dell'ammini

strazione del municipio.

Si immagini per poco che per far fronte alle

tariffe daziarie avesse dovuto contrarre dei debiti, certamente queste obbligazioni avrebbero gravato la comunione.

A che si riduce dunque la condanna riportata dall'Andretta per quanto riflette, non già la pena, bensì la condanna civile, se non a risarcire un de

bito inerente all'esercizio del negozio di farine di

cui egli faceva traffico, che interessava perciò la

comunione ?

L'indebito arricchimento presupposto nella sen

tenza da quelle truffe per la comunione è indiffe

rente al municipio, comunque sia vero che non tutti

gli acquisti si riscontrino anteriori all'ottobre 1889.

Questa indagine potrà valere quando che sia pei coniugi fra loro per la rivalsa, non per il terzo

creditore, cui pure è indifferente vedere se fos

sero o meno dipendenti dai lucri di quelle truffe le

somme depositate dall'Andretta presso la Ditta fra

telli Costa, che la Goeta assume essere anteriori al

l'epoca suddetta delle frodi, senza per altro avva

lorare l'assunto con esibizione di documenti e con

ti correnti che non fece. Tutto ciò non aggiunge e non toglie punto, nel campo giuridico, all'obbligo

positivo del pagamento del debito di cui trattasi

sui beni della comunione. I lucri e le perdite so

no comuni ai coniugi durante la comunione.

Per questi motivi, ecc.

CORTE D'APPELLO DI GENOVA, Udienza 19 aprile 1895; Pres. Gagliardi P., Est.

Lagorio; Bongi c. Sanguineti.

Prova testimoniale — Fissazione del glorilo <11

esame — Ordinali/» — IVotittcazione — Ter

mine —- Decadenza (Cod. proc. civ., art. 233).

Nel termine di dieci giorni prescritto dall'art. '233

cod. proc. civ. non si computa ne il giorno della

notificazione dell' ordinanza di fissazione, ne quel lo in cui deve cominciare l'esame. (I)

Le parti decadono dal diritto di fare la prova se non rimanga più tempo utile per la noti

ficazione nel termine fissato per la prova.

La Corte, ecc. — Attesoché fra i diversi motivi

dal Sanguineti fatti valere contro il VSongi per dirlo

decaduto dal diritto di far seguire la prova testi

moniale che era stata ammessa, v'ha pur quello tratto dall' inosservanza di quanto, sotto pena di

nullità, è prescritto dall'art. 233 del codice di rito, vai dire, che tra la notificazione dell'ordinanza del

pretore che stabiliva il giorno dell'esame e quello a tale scopo fissato non sieno intercorsi e non in

tercorrano i dieci giorni liberi e franchi dal detto

articolo richiesti. 1 primi giudici, ai quali la que stione fu presentata, la risolvettero nel senso pro

pugnato dal Sanguineti, e perciò dichiararono la de

cadenza del Bongi dal diritto di far seguire la de

dotta prova testimoniale; nè la Corte trova errata

in diritto questa soluzione, alla quale conduce la di

sposizione del succitato art. 233, combinato coll'art.

43 del codice di rito.

Non è questa la prima volta che una siffatta

questione vien sollevata, e la stessa fu risoluta nel

senso che liberi e franchi, sotto pena di nullità, debbono essere i dieci giorni dei quali parla l'art.

233 cod. proc. civ. E per verità, la lettera stessa

della legge porta a siffatta conclusione.

Anzitutto l'articolo ora citato non dice soltanto

(i) V. da ultimo la conforme sentenza della Cassazio ne di Napoli 27 aprile 1889 (Foro it., 1889, I, 1310) e la rela -

ti va nota, ove trovasi riassunta la dottrina e la giuri sprudenza che prevalentemente opinano in questo senso.

Per la giurisprudenza posteriore, sempre in senso con

forme, veggansi i nostri Repertori annuali voce Prova testimoniale.

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895 PARTE PRIMA 896

ohe fra il giorno della notificazione dell'ordinanza

e quello stabilito per l'esame devono correre dieci

giorni, ma usa la parola almeno, diretta a dimo

strare che se un termine maggiore può intercorrere

fra quei due punti estremi, esso non può essere mi

nore dei dieci giorni come sopra stabiliti. Ma v'ha di più: l'art. 43 dello stesso codice di rito pone

per regola assoluta che nel computo dei termini

misurati a giorni o a periodi maggiori non si com

prende il giorno della notificazione. Tale essendo

il letterale disposto della legge, del medesimo fa

cendosi l'applicazione al caso concreto, togliendo

dal termine fra il 10 ed il 20 febbraio 1894 il dì

primo, cioè, quello della notificazione dell'ordinan

za, e quello ultimo, cioè, il giorno in cui l'esame

avrebbe dovuto aver luogo, chiaro si appalesa co

me a nove, anziché a dieci giorni, sia ridotto il ter

mine portato dall'art. 233 del codice di rito. Si

obbietta dal Bongi che 1' art. 43 sovra citato non è applicabile alla fattispecie, in quanto che la re

lativa disposizione regoli il computo di quei ter

mini, i quali sono messi in moto, ai quali dà vita ed inizio il fatto della parte ; ora colla notificazio

ne dell' ordinanza non si dà vita nè moto a ter

mine alcuno, e per contro è dal giorno fissato per

l'esame che nasce il termine in cui deve eseguirsi la notificazione; e poiché chi dà vita e moto al

termine dei dieci giorni è il giorno dell'esame, si

soggiunge, è necessario riconoscere che, secondo lo

spirito della legge e la mente del legislatore, giorno della notificazione, pel caso dell'art. 233, è quello

fissato per lo esame, e quello in cui dee farsi e si

fa la notificazione è quello della scadenza del ter

mine. La fallacia, per non dire l'inattendibilità,

di un siffatto ragionamento, chiara si appalesa, solo

che si ponga mente alla lettera della sovra citata

disposizione di legge. Nel mentre non si vede ra

gione plausibile perchè nel computare i dieci gior ni di cui nell'art. 233 si debba incominciare dal

giorno fissato per l'esame, e, retroandando, salire

al dì della notificazione dell'ordinanza a vece di

partire da questo e scendere a quello stabilito per

l'esame; nel mentre torna inutile una distinzione

sul computo dei termini ai quali dà vita il fatto della parte, come sarebbe la notificazione d'una sen

tenza per ciò che riflette la decorrenza del termi

ne, vuoi per interporre appello, vuoi per far se

guire una prova testimoniale che sia stata ammes

sa; ogni discussione al riguardo vien tolta di mezzo

di fronte all'art. 43 succitato, che, trovando suo

posto nelle disposizioni generali, non fa la distin

zione dal Bongi vagheggiata, ma esclude, in termini

assoluti, dal computo relativo il giorno della no

tificazione, e di fronte al disposto dell'art. 233, il

quale esige, sotto pena di nullità, che fra il giorno della notificazione (fatto della parte) dell'ordinanza

e quello stabilito per l'esame (fatto del giudice) cor

rano dieci giorni almeno. Alla ingegnosa e stu

diata argomentazione del Bongi resiste la precisa

e letterale disposizione, pella quale la notifica

zione dell'ordinanza dev'essere fatta almeno dieci

giorni prima di quello stabilito per l'esame.

Si obbietta dal Bongi, che ad ogni modo, la nullità

di cui all'art. 233 non porterebbe, quale legittima

conseguenza, la decadenza dal diritto di far seguire la prova ; opperò, ritenendosi fondato in diritto ad

essere rimesso nella istessa condizione in cui si tro

vava nel dì 20 febbraio 1894, si fa a sostenere che

dev'essergli concesso di far seguire quell'esame al

quale in detto giorno avrebbe potuto addivenire, e

poiché una proroga del termine probatorio è necessa

ria, questa proroga (in d'ora egli chiede. Ma anche

qui vani tornano gli sforzi d'argomentazione del Bon

gi. Astrazion fatta da ciò che costituisce pel Sangui neti altra ragione od altro motivo di decadenza a

carico del Bongi, cioè dalla sua non comparizione nel 20 febbraio 1894 nanti il pretore del 1° man

damento di Roma, non comparizione che si evince

dal contesto del relativo verbale, che di lui tace

affatto, che nulla riproduce di quegli argomenti che

si fossero da lui addotti per combattere le istanze

del Sanguineti, sì che il rimetterlo in quella con

dizione in cui trovavasi nel giorno suindicato sa

rebbe lo stesso che rimetterlo nella condizione di

colui che all'udienza stabilita non comparisce, non

dà segno di vita, non propone istanza qualsiasi; astrazion fatta, ripetesi, da tale considerazione,

chiaro si appalesa come, non potendosi sanare la

opposta nullità, non avendosi altro termine utile

per addivenire ad una nuova notificazione di detta

ordinanza, si debba dichiarar decaduto dall'eserci

zio d'un diritto colui che non si attenne alle di

sposizioni di legge, alle quali l'esercizio di quel di

ritto era vincolato.

Né con diritto si fa ricorso al disposto dell'art.

249 del codice di rito, e per analogia se ne invoca

l'applicazione al caso in esame; quell'articolo regola

fattispecie ben diversa dall'attuale, nella quale il

fatto produttivo della nullità proviene da una delle

parti in giudizio, è un fatto cui essa stessa dà luo

go, mentre nel caso dell'articolo ora invocato la

nullità deriva da tutt'altri, da alcuno degli ufficiali

pubblici in esso contemplati, al fatto dei quali sono

assolutamente estranee le parti contendenti, le qua

li, senza un'aperta e manifesta ingiustizia, non pos

sono essere tenute a sopportare le conseguenze di

una nullità alla quale in modo alcuno non hanno

dato causa. L'art. 232 punisce la colpa o la ne

gligenza della parte, ed a lei ne lascia inesorabili

le conseguenze; l'art. 249 punisce la colpa o la ne

gligenza dell'ufficiale pubblico, ed alle conseguenze

relative vuol giustamente sottratta la parte, che,

altrimenti giudicando, di quella colpa o negligenza

sarebbe vittima innocente. (Omissis)

Per questi motivi, ecc.

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