Udienza 20 marzo 1885; Pres. Miraglia P. P., Est. Grimaldi, P. M. Venzi (concl. conf.) —Colalè(Avv. Quarta) c. Mensa arcivescovile di Lanciano (Avv. Fazio)Source: Il Foro Italiano, Vol. 10, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1885), pp. 275/276-277/278Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23091437 .
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PARTE PRIMA
La Corte, ecc. — Nel 4 die. 1879 fa registrato in
Iglesias (Cagliari) l'istrumento stipulato in Parigi nel 15 giugno di quell'anno col quale Henckel e De
Lagrange costituirono la società anonima col titolo:
Socièlé anonyme des zincs frangais per esercitare
la industria delle miniere dei metalli, col capitale di lire 6 milioni. Tra l'amministrazione delle finanze
e la società si é contestata la lite, se la tassa gra duale di registro debba liquidarsi sull'intero capitale della società estera, o soltanto sulla somma di lire
300,000 destinata con posteriore deliberazione sociale
18 sett. 1879 alle operazioni da farsi in Italia, e la
Corte d'appello di Cagliari ha, coli' impugnata sen
tenza, accolto le eccezioni della società.
Gli atti stipulati all'estero sono per gli efletti che
producono nel Regno soggetti alla tassa di registro stabilita dalla legge italiana. La ragione d'essere di
questa tassa riposa sulla essenza medesima delle
funzioni eminenti dello Stato, poiché è lo Stato il
grande mallevadore di tutte le transazioni sociali:
ed è in virtù del suo appoggio che la proprietà è tu
telata. La tassa di registro adunque deve general mente colpire gli atti stipulati nel Regno o all'estero,
poiché agli uni ed agli altri lo Stato offre uguali
guarentigie nelle eventuali controversie tra le parti contraenti o interessate.
La norma pel ricevitore del registro nella liqui dazione della tassa è unica e irrevocabile per gli atti stipulati all'estero o nel Regno; cioè a dire deve
ispezionare l'atto presentato per la registrazione, e
rilevarne il contenuto.
Ond'ó che se l'atto stipulato a Parigi era costitu
tivo di una società anonima col conferimento di un
capitale di 6 milioni, e con la clausola espressa con
tenuta nell'art. 2 dello statuto sociale, di potere tra
sferire fuori la Francia l'industria senza limitazione di somma, è evidente che la tassa graduale colpisce l'intero capitale sociale.
Egli è vero che con posteriore deliberazione del 18
settembre 1879 aveva la società destinato per allora
la -somma di lire 300,000 per le operazioni da farsi
in Italia: ma ò da porsi mente che tali variazioni
sull'impiego di parte di capitale in altro Stato sono mutabili e secondarie in vista delle condizioni del mercato e degli interessi della società, ma non al
terano o modificano lo statuto sociale rimasto inva
riato in quanto al capitale conferito nella società. Se passasse ad esempio che per le successive va
riazioni nell'impiego della somma capitale di una so
cietà estera la tassa di registro dovesse essere ridot
ta, si verrebbe a sconoscere la base fondamentale della
tassa di registro, e si aprirebbe l'adito alle frodi.
Alla Corte d'appello é parso di trovare nel R. D. 28 aprile 1880 il riconoscimento della società ano
nima in parola con la limitazione del capitale desti
nato alle operazioni in Italia. Nè 1' uno, nè 1' altra.
Non il riconoscimento, perché per l'art. 2 del c. c.
gli enti collettivi, nazionali o esteri, hanno la per sonalità civile per autorità della legge: ed il decHkto
di autorizzazione del 25 ottobre 1880 fu una conse
guenza del decreto 5 settembre 1859 che per fini po litici, ed intesi a tutelare, per quanto é possibile, interessi pubblici e privati, richiede l'autorizzazione
delle società estere a poter funzionare nel Regno. Non l'altra, avvegnacchà non si legge nell'accennato
decreto la limitazione di cui parla la Corte d'appello, nè poteva parlacene, dappoiché é libera una società, ammessa a funzionare nel Regno, di ampliare le sue
speculazioni con aumento di capitale. Da ultimo la Corte di merito ha tratto argomento
dall'art. 65 della legge sul bollo, che soggetta a tassa
annuale le società straniere sul capitale che han de
stinato alle loro operazioni nello Stato, per dedurne
che la tassa di registro del contratto sociale si deve
ragguagliare a questo capitale. Conviene però osser
vare che le due tasse hanno per fondamento un cri
terio diverso e tra cose di ordine diverso non vi può essere analogia. E per fermo, il capitale della so
cietà ha titoli negoziabili e sottoposti a tassa pro
porzionale per ciascun trasferimento; ma non es
sendo possibile seguire nel loro rapido movimento i
titoli al portatore, e non essendo conveniente pel credito delle società la continua ispezione dei libri
per prendere notizia delle successive negoz azioni
dei titoli nominativi, la legge ha surrogato alla tassa
proporzionale di registro per trasferimento dei ti
toli negoziabili, quella di circolazione per le società
nazionali, la quale tassa di circolazione é un surro
gato della tassa di registro. Per le società estere però non si è ammessa la tassa di circolazione, per la ra
gione che le azioni si considerano negoziabili all' e
stero. Ma nulla era di più giusto e di più legittimo di una tassa sul loro capitale circolante nel regno, come corrispettivo di un servizio particolare, o in
altri termini, questa tassa sul capitale riveste i ca
ratteri di un vero premio di assicurazione. Nulla
adunque ha di comune la tassa sul capitale, variabile
annualmente a criterio dell' amministrazione finan
ziaria nel contraddittorio della società, con la tassa
di registro del contratto, invariabile per sua natura, e da liquidarsi nel momento della registrazione su
tutta la materia dedotta nel contratto medesimo.
Per lo che si sono violati gli articoli di legge nel
ricorso enunciati.
Per questi motivi, cassa, ecc.
(Monit. trib.f 1883, 153) e 7 marzo 1884, Bobone c. Società anonima Lionese (ivi, 1884, 745) e la Corte d'appello di Casale, 4 luglio 1884 (Foro it., 1881, 1, 610). Riconobbe la capacità giuridica in Ita lia alle società estere, non escluse le società commerciali, indipen dentemente dal riconoscimento del nostro Governo ed in virtù sol tanto degli art. 6 delle disposizioni preliminari e 2 e 3 del codice civile, la Corte di appello di Genova con sent. 20 settembre 1882, Cai vini c. Società fondiaria Lionese (Man. trib., J883, 137).
CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA Udienza 20 marzo 1885; Pres. Miraglia P. P., Est.
Grimaldi, P. M. Venzi (conci, conf.) — Colalè (Avv.
Quarta) c. Mensa arcivescovile di Lanciano (Avv,
Fazio).
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277 GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE 278
Esazione — Credilo privilegialo dell'esattore — E
seeiizione sulle somme assegnate ad altri per
sentenza (Cod. civ., art. 1962; cod. proc. civ.
art. 619).
L'esattore può procedere al pignoramento delle pi
gioni dovute al contribuente debitore, quantun
que già assegnate ad altri per sentenza d ma
gistrato.
La Corte, ecc. — La sentenza denunciata negò allo
esattore il diritto di procedere, per credito privile
giato d'imposte a mente dello art. 1962 del codice ci
vile, al pignoramento delle pigioni quando già asse
gnate ad altri per sentenza del magistrato, perché
con quest'ultima, consumata la procedura esecutiva
mobiliare, le rendite asseguate uscirono definitiva
mente ed irrevocabilmente dal patrimonio del debi
tore, e da quel momento passarono in proprietà del
creditore assegnatario. E non osta, secondo la sentenza,
l'indole privilegiata del credito esattoriale, rispetto
a cui non si ha al riguardo disposizione alcuna sin
golare nè nella procedura civile, nè nella legge spe
ciale del 1871: perchè, aperto a ciascun creditore, sia
esso privilegiato oppur no, l'adito a promuoverne la
esecuzione, questa si compie in confronto di tutti
colle norme di procedimento a tutela d'ogni singolo
diritto prescritte dalla legge, e, tali norme osservate,
rimane col giudicato preclusa !a via a tardiva im
pugnazione per pretesa lesione delle proprie ragioni.
Attesoché, se vero che la assegnazione in paga
mento, fatta dal giudice a tenore dell'art. 619 della
procedura civile, trasferisca nel pegnorante la pro
prietà del credito, non più passibile da quello istante
di esecuzione per parte di altro creditore del debi
tore spogliato, non possa tuttavia da cosiffatto as
sunto dedursi che, uscite per assegnamento a terzi
dal patrimonio del debitore le pigioni a questo già
dovute e non ancora solute, manchi diritto allo esat
tore di oppignorarle per debito privilegiato d'imposta.
Imperocché quest'è lo effetto della assegnazione, di
sostituire uno ad altro creditore, trapassando, im
mutati il titolo e la natura sostanziale del credito
pignorato, allo aggiudicatario ogni ragione spettante sul medesimo a quegli in cui danno avvenne il pi
gnoramento. lapperò consegue che mentre, privato il debitore principale del suo credito, più non tro
vano altri creditori nella somma assegnata un og
getto pignorabile, altrettanto non é a dirsi dello
esattore. Il quale di fronte allo aggiudicatario (uni
camente investito pro solvendo dei diritti, in cui é
surrogato, del locatore verso il locatario) procede, in forza del privilegio che gli è attribuito par lo
art. 1962 del cod. civ., sovra gli immobili del con
tribuente e sovra i frutti relativi, a pignoramento di pigione che, o non scaduta o non ancora riscossa, rimane tuttavia presso il locatario come dovuta per titolo siffatto; titolo non innovato punto, secondo
ché già avvertito, dalla sentenza di assegnazione, la quale soltanto valse a surrogare per la somma
in questione uno ad altro creditore.
Nè può dirsi mai che, decidendo di tale maniera, si annetta al privilegio un diritto di persecuzione
presso i terzi che non conviene rispetto a cose mo
bili, dove il possesso vale titolo; perchè (a prescin dere da ogni altra considerazione, cui richiama il
ricorso e che qui non importa esaminare se più o
meno fondata, sull'indole del privilegio fiscale che
dello immobile investe, come accessione, i frutti)
questo rimane certo ohe come di pigione non peranco maturata altri non poteva conseguire il possesso che
quale surrogato al proprietario nel diritto di ri
scuoterla a suo tempo, così fino a che non realizzate
tempestivamente e ritualmente dallo assegnatario le
ragioni, delle quali é investito per autorità del giu
dice in luogo e vece del proprietario, perdura tut
tavia un credito di pigione che, come tale appunto, e non già come credito personale del debitore della
imposta trapassato oramai nello assegnatario, per
segue e sequestra utilmente lo esattore in virtù dello
attribuito privilegio.
Attesoché, esaminata alla stregua di questi prin
cipi la controversia sorta nel giudizio odierno, ap
parisca meritare censura la sentenza del tribunale
di Lanciano che, disattesa la disposizione dello art.
1962 del cod. civ. e male applicando quella dell'art.
619 procedura civile, ha ordinato la esecuzione della
sentenza di assegno del di 3 novembre 1882 e di
chiarato, per contro, inefficaci ed improduttivi di
giuridico effetto gli atti di pignoramento di pigioni
presso Massari e Contento, cui, a danno del Pasquale
Carabba, aveva proceduto lo esattore Colalé addi 21
marzo e 13 aprile 1883.
Per questi motivi, cassa, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA Udienza 23 febbraio 1885; Pres. Auriti, Est. Puccioni,
P. M. Venzi (conci, contr.) — Raffone (Avv. si
meoni) c. Delli Paoli, Di Iorio ed altri (Avv. Cre
scenzio).
Dazio consumo — Introduzione di uve per farne
vino — Tassa (Reg. 25 agosto 1870, art. 24).
L'introduzione di uve in un Comune chiuso per farne
vinol ma non sotto forma di deposito, va soggetta
alla tassa sulla introduzione dell'uva in quantità
maggiore di 5 chilogrammi, e non a quella sul
vino dall'uva stessa ricavalo.
Altrettanto deve dirsi per la introduzione del mosto.
La Corte, ecc. — La disputa si riduce a determi
nare se per l'uva introdotta in un Comune chiuso,
con dichiarazione di farne vino, deve pagarsi il da
zio sul vino con essa prodotto (che per la tariffa vi
gente nel Comune di Maddaloni è di lire 6 1' ettoli
tro) o il dazio stabilito per le uve in quantità mag
giore di lire 3 al quintale. La Corte di Napoli ri
tenne, e giustamente, che si avesse a pagare il da
zio sull'uva e non sul vino.
E, di vero, pei generi soggetti a dazio che s'intro
ducono in un Comune chiuso, o son destinati al eoa
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