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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE || Udienza 21 febbraio 1906; Pres. Pagano P. P.,...

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Page 1: PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE || Udienza 21 febbraio 1906; Pres. Pagano P. P., Est. Cannas, P. M. Tofano (concl. conf.); Chioccio (Avv. Zuccari) c. Tamagno (Avv.

Udienza 21 febbraio 1906; Pres. Pagano P. P., Est. Cannas, P. M. Tofano (concl. conf.); Chioccio(Avv. Zuccari) c. Tamagno (Avv. Guarini)Source: Il Foro Italiano, Vol. 31, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1906), pp. 347/348-349/350Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23111199 .

Accessed: 22/06/2014 14:44

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PARTE PRIMA 348

spese e i rischi del deposito, che convalidandosi l'offerta, resterebbero a suo carico (art. 1259, 1262) : la omissione, come ben disse la Corte di merito, potrà dar luogo a que stione di danni, ma non produce nullità.

Il ricorrente pur lamenta (secondo mezzo) che la Corte

di merito siasi preoccupata della tenuità degli accessori non

offerti di fronte alle 18,875 lire dovute ed offerte, e ri

corda che plus et minus non mutant speciem. La tenuità

e i provvedimenti qualche volta adottati dalla giurispru denza per impedire l'annullamento di rilevanti offerte

per lievi differenze dovute a errori scusabili, male a pro

posito sono invocati dalla Ditta, la quale nessun tempe ramento escogitò od offrì, che permetta di dire soddi

sfatto il debito degli interessi dal giorno della mora a

quello del deposito e le spese della citazione 2 gennaio, e nulla fu disposto pel pagamento di tali accessori; sic

ché la offerta, se convalidata, non potrebbe, come do

vrebbe, essere l'equipollente del pagamento e importare la estinzione dell'obbligazione, giusta gli art. 1246, 1250, cod. civile. (Omissis).

Per questi motivi, cassa, ecc.

so (37), alla stregua del principio contenuto nella disposizione dell'art. 1250, secondo cui "le spese del pagamento sono a carico del debitore „, accolto per giunta senza ombra di contrasto anche sotto l'impero di quelle legislazioni che non hanno una

disposizione corrispondente. (38) E non sarebbe valso ad eliminarlo certamente la disposi

zione dell'art. 370 cod. proc. civ., per la quale, come è noto, "la

parte soccombente è condannata nelle spese del giudizio „. L'offerta ed il deposito sono bensì preliminari del giudizio, ne sono il punto di partenza, ma non già stadi del giudizio di convalida dell'uno come dell'altra.

Nell'art. 1262 il legislatore sancì, in vista della nozione giuridica dell'offerta seguita da deposito, una deviazione dal

principio generale affermato nella disposizione dell'art. 1250. Nel suo silenzio, questa deviazione non avrebbe potuto legal mente presumersi.

Possiamo pertanto concludere che nella ragione della legge e nei precedenti di essa la massima, fatta fin qui obietto d'os servazione critica, viene giuridicamente ad infrangersi.

Aw, Nicola De Luca.

(87) Il Codice Albertino all'art. 1847, corrispondente al nostro 1259. contiene la traduzione quasi letterale del passo di Fabro, dicen do visi: « Le offerte reali susseguite da un deposito liberano il debi tore: esse a suo riguardo tengono luogo di pagamento

(38) Vedi la concorde giurisprudenza austriaca citata dal von Schey, Das allg. biirg. Gesetzbuch f. d. Kaìs. Oesterreich, p. 684, n. 5; Gruchot, Die Lehrevon der Zahlung, p. 192 e seg.

CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. Udienza '21 febbraio 1906 ; Pres. Pagano P. P., Est. Can

nas, P. M. Tofano (conci, conf.) ; Chioccio (Avv. Zuccari) c. Tamagno (Avv. Guari ni).

Usciere — Indennità <11 trasferta ■— Computo delle

distanze — l'unto di partenza — Mede dell ufficio

(L. 21 dicembre 1902, sugli ufficiali giudiziari, tariffa, art. 267).

L'indennità di trasferta dovuta agli ufficiali giudiziari a norma della legge 21 decembre 1902 deve essere calco

lata a partire da un chilometro di distanza dalla sede

del loro ufficio, e non dalla città o dal paese in cui

questo si trova. (1)

(1) Le sentenze pronunciate dal Tribunale e dalla Corte di

appello di Roma nella stessa causa, 27 febbraio e 16 maggio 1905, leggonsi nel volume precedente di questa Raccolta (I, col. 526 e 917). Yeggasi la nota alla prima di esse.

La Corte, ecc. — Il dissenso delle parti si concentra

sul n. 267 della tariffa civile, che nel testo 23 dicembre

1865 era così concepito : " Quando per gli atti del loro

ministero gli uscieri dei pretori dovranno trasferirsi fuori

del capoluogo di loro residenza a distanza maggiore di

un chilometro, sarà ad essi corrisposta una indennità, in compenso delle spese di viaggio, di trasporto e di ci

baria, per ogni chilometro di distanza, di lire 0,30 Colla legge sugli uscieri 21 dicembre 1902 alla dizione " fuori del capoluogo di loro residenza a distanza mag

giore di un chilometro „ furono sostituite le parole " al

di là di un chilometro dalla sede dell' ufficio a cui ap

partengono „. Ben ritennero i primi giudici che fu colla dicitura

mutato il contenuto, e che per la tariffa ora vigente lo

ufficio, cui è addetto l'ufficiale giudiziario, forma centro

per la misura del chilometro, oltre il quale è dovuta la

indennità di trasferta, mentre l'antica fissava punto di

partenza per tale misura il perimetro esterno del capo

luogo. Oltrepassato il chilometro, dovunque percorso, la

legge riconosce non potersi senza ingiustizia pretendere che l'ufficiale giudiziario debba proseguire a piedi nel

percorrere le maggiori distanze e che abbia ad attendere

per soddisfare al bisogno del cibo che, compiti gli atti

del proprio ministero, possa far ritorno alla casa propria ;

questo è il concetto racchiuso nella qualifica di " com

penso delle spese di viaggio, trasporto e cibaria „ data

dal n. 267 della tariffa all' indennità che concede.

Amplia il pensiero legislativo, portandolo a conse

guenze errate, il ricorrente quando, col primo mezzo di

annullamento, enuncia dovuta la trasferta solo per la ve

rificata cumulativa necessità di spese di trasporto e di

cibarie, che dice concepibile unicamente per chi, varcata

la cinta, va in campagna od in altro paese. Di verifi

cata necessità l'articolo non parla; presume una spesa

ragionevole, e la presunzione protegge col non consentire

controllo sulla effettività della spesa stessa : riconosce in

pari tempo implicitamente che non esclusivamente al

rimborso di spese realmente incontrate mira il diritto di

trasferta quando dispone (art. 8 della su citata legge 21

dicembre 1902) che l'ufficiale versi un quinto dell'inden

nità nella cassa comune.

La distinzione tra percorsi dentro e fuori cinta, più non risponde alla lettera del n. 267 della tariffa ora vi

gente ; è pur contraria allo spirito di innovazione che lo

informa. Già, imperante il testo 28 dicembre 1865, fa

cevasi questione se il capoluogo, da cui doveva calcolarsi

la distanza per gli uscieri di pretura nelle città divise

in più mandamenti, si limitasse al confine del manda

mento o si estendesse a tutta la città. Col nuovo testo

(come rilevasi dalla relazione accompagnante il progetto 9 dicembre 1896, ripresentato dal ministro Costa il 12

aprile 1897) si volle tra l'altro togliere ogni appiglio alla

ora accennata e ad altre questioni. Fissandosi per mi

surare il chilometro di raggio del circuito, al di là del

quale l'indennità compete, come punto di partenza la

sede dell' ufficio, restarono esenti il limite del Comune, il limite dell'abitato e gli altri punti di partenza origi nanti le vecchie questioni.

Non è quindi esatto che in argomento la legge sugli uscieri abbia lasciato sostanzialmente intatte le disposizio ni della tariffa del 1865 : innovò dall' un lato col parificare in rapporto all'ammontare della trasferta gli ufficiali

giudiziari delle preture, tribunali e Corti di appello fis

sando l'indennità chilometrica in lire 0,40 (allegato A,

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349 GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE 350

nil. 267, 273, 277) ; innovò dall' altro, come si disse, nella

determinazione del punto di partenza pel computo delle

distanze.

Infondato quindi è l'assunto dedotto col secondo mezzo

di annullamento, che la mutata dizione riproduca immu

tato il concetto, e che per sede dell' ufficio si deve inten

dere, non la piazza o la via in cui è sito, ma il Comune

in cui nella tabellata ripartizione delle circoscrizioni giu

diziarie fu fissato il capoluogo rispettivamente per le

preture, pei tribunali e per le Corti. Data la tesi del

ricorrente, senza scopo e inesplicabile rimarrebbe la so

stituzione di una od altra dizione ; il legislatore, ripro ducendo i vecchi concetti con parole nuove, non avrebbe

eliminato nessuna delle questioni antiche ; ne avrebbe

fatta sorgere una nuova, quella che ora si dibatte.

Sta invece che sede è il luogo, l'edificio, dove il pub

blico ufficiale ha il suo seggio, cioè 1' ufficio ; la città in cui questo è posto soltanto in senso vago e lato può dirsi

ufficio, non in senso proprio e specifico. In una città

possono aver sede più preture : sarebbe improprio e non

corretto dire sede di una delle preture gli altri manda

menti della stessa città sfuggenti alla competenza del

titolare di quella pretura. Non è logico dare significato indeterminato ed impro

prio alle parole prescelte dal legislatore, surrogandole ad

altre, per fissare, precisandolo, il proprio intento e per

eliminare questioni che la determinatezza farebbe rivi

vere. Tanto meno è logico ritenere che alla più spiccata delle questioni che si vollero eliminare (se nelle città

divise in più mandamenti il capoluogo da cui si calcola

la distanza si limiti al confine del mandamento o si

estenda alla intera città) dalla legge 21 dicembre 1902, mirante esplicitamente a rendere meno penose le condi

zioni degli ufficiali giudiziari, siasi voluto dare soluzione recisamente contraria ai loro interessi. Ben si compren dono le preoccupazioni derivanti dal riflesso dell'aggravio

alle parti, per la previsione che nelle città essendo esenti

solo gli atti occorrenti nel circuito attorno agli uffici giu

diziari del raggio di un chilometro, troppo elevata sarà

la cifra di quelli importanti il diritto di trasferta. Ma

oltre che a chi dovesse percorrerle a piedi le distanze

riescono pesanti sia fuori, sia dentro l'abitato ; oltre che

alle agevolezze di percorso (non gratuito però) proprie

della città fanno riscontro le maggiori esigenze della vita;

è certo che l'aggravio alle parti è la conseguenza inde

fettibile dei ritocchi alla tariffa civile proposti onde ren

dere maggiore la somma dei proventi degli uscieri, come

spiega la relazione Costa, la quale non omette di chiarire

la irrilevanza delle altre risorse, essendo risaputo che

della gran mole di atti in materia penale ben di rado e

in proporzioni minime si riesce a percepire i diritti.

È quindi indubitato che la previsione degli aggravi

inerenti ai ritocchi sotto qualsiasi forma non isfuggi al

legislatore, ma, data la necessità e l'urgenza di provve

dere alle condizioni economiche degli ufficiali giudiziari,

i ritocchi furono approvati.

L'urgenza ora accennata, che ad evitare indugi spinse

il Guardasigilli a pregare il Senato di non proporre emen

damenti, spiegherebbe imperfezioni di forma se mai ve

ne fossero nel complesso della legge modificata (facile

quando un concetto nuovo si innesta in una legge pree

sistente), se cioè si credesse riscontrarne nel capoverso

del n. 767 e nel n. 773 della tariffa, nel primo dei quali,

conservato il testo del 1865, si dichiara non dovuta in

dennità chilometrica pel ritorno in residenza ; nel secondo

si fissa l'indennità degli ufficiali giudiziari del tribunale

per la trasferta fuori della residenza come al n. 267.

Sia pure che residenza in senso giuridico si riferisca al

Comune; per l'art. 17 cod. civ. difatti non si ha cam

biamento di residenza se non si cambia Comune ; ma cosi

inteso il Comune di residenza abbraccia anche il terri

torio fuori l'abitato, ed in tal senso nessuno più consente

ad accettare la parola residenza conservata nelle ora ci

tate disposizioni. Resta così il significato di uso, pel

quale la residenza può riferirsi alla città, alla campagna, al palazzo, alla casa.

Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. Udienza '24 gennaio 1906; Pres. Pagano P. P., Est. La

Terza; Mayer (Avv. D'Angelo) c. Paolucci (Avv.

Mapei).

Servitù — fondo interclnso — Passaggio di tolleranza — Passaggio necessario — Diritto ad averlo (Cod.

civ., art. 593).

L'aver ùn passaggio a titolo di mera tolleranza sul fondo del vicino non priva il proprietario del fondo inter

cluso del diritto di ottenere il passaggio legale.

La Corte, ecc. — Osserva che, pur seguendo il Mayer nel concetto che la questione vera della causa sia quella di vedere se il Paolucei, il quale ha un passaggio, sia

pure anche di mera tolleranza, pel fondo Croce di per tinenza di Mayer, possa pretendere il passaggio legale nei suoi fondi, non potendosi sconoscere che tanto nel

caso ipotizzato nell'art. 593, quanto nell'altro previsto dall'art. 595 è mestieri che esista l'elemento della neces

sità ; cotesta questione non possa essere risoluta tanto

sfavorevolmente al suo assunto nel senso già ritenuto

dal Tribunale, che cioè il passaggio di mera tolleranza

non privi il proprietario del fondo intercluso del diritto

di conseguire quello <'he per legge gli spetta. E la ra

gione è oltremodo manifesta e ad un tempo intuitiva, dal

momento che il passaggio a titolo di semplice tolleranza

può cessare da un istante all'altro, a volontà di chi la

tolleranza presti, senza attribuire qualsiasi diritto a co

lui a cui favore lo si presta, senza produrre stabilità di

cose, che è pur necessario che avvenga.

Ma a sostenere la tesi contraria il Mayer invoca la

autorità del Dalloz, del Demolombe, del Laurent, che

la poggiano sulla mancanza del legittimo interesse e sul

dovere dei giudici di provvedere allo stato attuale. L'o

pinione però di cotesti scrittori non può essere condivisa

da questo Supremo Collegio, inquantochè il legittimo in

teresse, derivante appunto dalla ragione già accennata

di conseguire l'esercizio di una servitù che risponde ad

un diritto e che rimanga per volgere del tempo immu

tata e rispettata, esiste, ed esiste fin dal momento della

interclusione e permane sino all'altro della dichiarazione

ed esecuzione del diritto, ed il rimando dell'esercizio di

questo al tempo del contrasto si risolverebbe in una de

negata giustizia, non potendo il magistrato ritenere la

relativa domanda una domanda di jattanza ed affermare

l'immobile non intercluso per virtù di un passaggio del

tutto provvisorio, che nei sensi di legge la interclusione

non modifica, non toglie. Si aggiunge inoltre dal ricor

rente che mal fu definito il passaggio di tolleranza quando era ed è un passaggio a titolo di diritto, sia per le di

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