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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE || Udienza 22 dicembre 1938; Pres. ed est. Cangini,...

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Udienza 22 dicembre 1938; Pres. ed est. Cangini, P. M. Lenzi; P. (Avv. Ardito, Sabbatini) c. H. (Avv. Calamandrei, Fascetti) Source: Il Foro Italiano, Vol. 64, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE (1939), pp. 777/778-781/782 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23138053 . Accessed: 28/06/2014 08:57 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.116 on Sat, 28 Jun 2014 08:57:19 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Udienza 22 dicembre 1938; Pres. ed est. Cangini, P. M. Lenzi; P. (Avv. Ardito, Sabbatini) c. H.(Avv. Calamandrei, Fascetti)Source: Il Foro Italiano, Vol. 64, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1939), pp. 777/778-781/782Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23138053 .

Accessed: 28/06/2014 08:57

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GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE

giuridica in genere, non sono organi di essa, ma sono veri

rappresentanti, costituenti la cosiddetta rappresentanza or

ganica, e quindi sono ad essa applicabili i principi! della

rappresentanza. Or bene, non può disconoscersi : che gli efletti di que

sta trovino un limite naturale nel suo stesso scopo ; che il mandatario debba perseguire gli interessi del mandante e che se, invece, agisce contro l'interesse di questi e nel

proprio, si svii dalla linea concettuale della finalità del

mandato, incorra nell'abuso del mandato stesso e, conse

guentemente, distrugga la relazione contrattuale esistente fra lui ed il mandante.

In altri termini, la sua attività, quale mandatario, ri mane paralizzata per essere venuto a mancare il presup posto e l'essenza del mandato. Ed è vano far ricorso alla

teoria ohe riconosce la validità del contratto con se stesso, o dell'auto-contratto, secondo la terminologia tedesca.

Questo contratto, ammesso da buona parte della dot

trina, rappresenta una mera costruzione teorica, ed anzi un'astrazione giuridico-filosofica, cui il Supremo Collegio non ha fatto buon viso, specialmente con la sua recente

giurisprudenza, considerandolo quale uno sterile tentativo.

E, invero, ognuno sente ed intuisce la impossibilità lo

gica e giuridica che possa scaturire il consenso (duorum vel plurium in idem placitum consensus) da due distinte dichiarazioni di volontà provenienti da una unica persona, da prima contrastanti e poi convergenti ; e che il rappre sentante agendo a nome e per conto del rappresentato, diventi, contemporaneamente, soggetto attivo e passivo dei diritti e delle obbligazioni scaturienti dal contratto da lui soltanto stipulato.

Di norma in ogni contratto si contengono due, o più, interessi contrastanti, che raggiungono in esso un punto di accordo, realizzando il consensus contrahentium.

Il contrasto di interesse fra i contraenti è dunque in

sito in ogni contratto.

Nei pochi casi in cui vuol ravvisarsi avere il diritto po sitivo accolta la cennata teoria, l'auto-contratto è soltanto

apparente, poiché la manifestazione della volontà del man

dante non promana sostanzialmente dal rappresentante, ma dal mandato stesso, ovvero è in altro modo deducibile.

Così dall'art. 386 cod. comm. che ordinariamente si

cita per sostenere la cittadinanza, per così dire, dell'auto

contratto nella nostra legislazione, si ricava che il prezzo della vendita è determinato dalla borsa o dal mercato.

Il consenso sul prezzo, elemento essenziale del contratto di vendita, risulta già dalla commissione e quindi dalla di

retta* volontà del mandante.

Alla stregua delle suesposte considerazioni, devesi per tanto ritenere che l'auto-contratto, inteso per quel nego zio giuridico che una persona compie, assumendo riguardo a uno dei contraenti la rappresentanza altrui, ed agendo in nome proprio quale altro contraente, sia affetto da in

validità, che lo rende annullabile.

Agli stessi criteri si è inspirato il progetto di riforma del diritto delle obbligazioni, disponendo nell'art. 36 che

nessuno può, salvo disposizioni contrarie della legge e le

norme relative al commercio, contrattare con se stesso in

nome di un suo rappresentato, nè per proprio conto, nè

per conto di altri, senza autorizzazione, o ratifica del rap

presentato. E la Suprema Corte con ripetuti insegnamenti ha af

fermato la annullabilità dell'auto-contratto sulla considera

zione che la possibilità che l'interesse del rappresentato

rimanga soverchiato da quello del rappresentante vizia sen

z'altro il rapporto di rappresentanza. Inoltre, nel caso di specie, nell'art. 150 cod. comm. il

legislatore ha risolto negativamente la questione della va

lidità del contratto con se stesso, imponendo agli ammi

nistratori interessati di astenersi.

Si è obiettato dagli appellanti che, per sussistere la

invalidità del contratto concluso in violazione del men

zionato articolo, occorre che il conflitto di interessi sia

dannoso.

Per verità, il citato art. 150 non richiede l'elemento

del danno, ma fa menzione di « perdite » e solo per sta

bilire la sanzione a carico degli amministratori, olle, infor mati del conflitto, abbiano preso parte alle deliberazioni che non siano poi approvate dai sindaci.

fn base, quindi, ai suesposti principi! ed alla lettera dell'art. 150, ove si fa menzione semplicemente di «inte resse contrario », il contratto conclusosi nella situazione di conflitto prevista nell'articolo stesso, è sempre annul

labile, con la precisazione che ove esuli il danno manche rebbe l'interesse ad agire e, quindi, a domandare l'annul

lamento. (Omissis) Per questi motivi, ecc.

TRIBDNALE EI PISA.

Udienza 22 dicembre 1938 ; Pres. ed est. Cangini, P. M. Lenzi ; P. (Avv. Ardito, Sabbatini) c. h. (Avv. Ca

lamandrei, Fascetti).

Matrimonio — Trascrizione del matrimonio religioso —

Atto di matrimonio — Incompiutezza delle genera lità degli sposi — Validità della trascrizione (L. 27

maggio 1929 n. 847, sul matrimonio, art. 9, 10). Matrimonio — Atto del matrimonio religioso da cui

non risulta il consenso degli sposi — Nullità della

trascrizione (L. 27 maggio 1929 n. 847, sul matrimo

nio, art. 5, 8, 16).

L'incompiutezza delle generalità degli sposi contenute in

un atto di matrimonio religioso può dar luogo soltanto

a sospensione della trascrizione ; ma ove la trascrizione

sia avvenuta, col completamento delle generalità da parte

dell'ufficiale dello stato civile, essa non può, sol per quella

incompiutezza, venire annullata. (1) Non può trascriversi agli effetti civili un atto di matri

monio religioso che non enunci esplicitamente la presta zione del consenso da parte degli sposi ; e ove ciono

nostante l'atto di matrimonio venga trascritto, la tra

scrizione è nulla. (2)

Il Tribunale, ecc. — Fatto. Il Tribunale osserva che

verso la mezzanotte dell'11 luglio 1931 il sacerdote Pa

dre B. univa in matrimonio, secondo il rito cattolico, la

signorina E. H. e il dott. A. P. Le nozze avvenivano nella chiesa Francescana di Marina di Pisa, luogo ove la

sposa, sembra, possedeva una villa. Il sacerdote era stato

delegato dall'Ordinario di Pisa, col consenso dell'Ordinario

di Firenze, città ove la sposa aveva la sua residenza. La

scelta della chiesa che non era quella parrocchiale, la de

legazione a P. B. che non era il parroco, l'ora tarda co

stituirebbero fatti spiegabili col desiderio dello sposo e

degli sposi di consacrare il loro vincolo in una chiesa

Francescana a Marina di Pisa, di indossare abiti da sera :

motivi futili, ma tuttavia non risibili perchè non è lecito sorridere sui sentimenti più intimi e neppure sulle loro

più tenui sfumature. Padre B. unì in matrimonio gli sposi e trasmise il do

(1-2) Non risultano precedenti specifici ; ma vedi, in senso

piuttosto contrario, App. Milano 23 giugno 1933 in Foro it., 1933, I, 1810 con nota. In quel caso fu ordinata la trascrizione di un matrimonio religioso, celebrato urgente mortis periculo a senso dei can. 1043-1044 cod. jur. can., sulla semplice dichiarazione del sacerdote di avervi assistito, mancando l'atto di celebrazione in duplice originale con le indicazioni prescritte dagli artt. 8 e 9

della legge. La seconda massima è conforme alla tesi sostenuta in dot

trina dal Grisostomi-Marini, Il diritto matrimoniale, Roma, 1929, pag. 107 e dal Ravà A., Il matrimonio secondo il nuovo ordinamento italiano, Padova, 1929, pag. 59, e Lezioni di diritto civile sul matrimonio, 3a ed., Padova, 1935, pagg. 343 e 346. —

Sono invece implicitamente contrari coloro che, dando la preva lenza alla prima parte dell'art. 34 del Concordato, tendono a ri tenere che ogni matrimonio canonicamente valido debba produrre gli efletti civili a mezzo della trascrizione. Così, per tutti, il

Vassalli, Lesioni di diritto matrimoniale, I, Padova, 1932, nn. 59-69.

It Foro Italiano — Anno LXIV — Parle I-52

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PARTE PRIMA

cumento (lo si deve chiamare così e non atto di matri

monio, per non pregiudicare il merito della lite) all'uffi

ciale di stato civile di Pisa il quale lo trascrisse il 16 lu

glio 1931 nei registri di atti di matrimonio, completandolo con dati che nel documento suaccennato non erano ricor

dati (così il nome della madre dello sposo, il nome della

madre della sposa, i luoghi di nascita degli sposi, la loro

professione). Il documento stesso venne anche inviato al

Parroco di Marina, il quale però non lo trovò regolare. (Omissis)

Con citazione 28 marzo 1938 il dottor A. P. conte

stava alla signora H. che la trascrizione del documento

attestante la celebrazione del matrimonio era nulla.

(Omissis) Diritto. L'attore deduce tre motivi a fondamento

delle sue istanze: 1° Il sacerdote celebrante era incompetente perchè

delegato da un Ordinario che non era quello nella cui dio

cesi aveva residenza la sposa. 2° Il documento non indicava le complete generalità

degli sposi e le pubblicazioni avvenute ; inoltre esso era

stato trasmesso all'ufficiale di stato civile dal sacerdote de

legato e non dal parroco o dallo Ordinario.

3° Il documento non è un atto di matrimonio per chè non enuncia la prestazione del consenso da parte de

gli sposi ; è un semplice certificato che non poteva essere

trascritto. (Omissis) L'accennata questione sulla competenza del sacerdote

celebrante può essere ritenuta superata dalle stesse de

duzioni delle parti. I documenti dimostrano che il Padre

B. era stato regolarmente delegato dall'Ordinario Dioce

sano di Pisa precisamente per il matrimonio P.-H. ; e che

l'Ordinario Diocesano di Firenze, luogo ove era domici

liata la sposa, aveva consentito alla celebrazione del ma

trimonio «in una chiesa di Marina di Pisa».

Maggiore regolarità non potrebbe essere osservata se

condo il codice di diritto canonico e secondo il concordato.

L'attore rileva ancora che il documento trascritto era monco perchè non indicava le fatte pubblicazioni, nè le

complete generalità degli sposi, nè il ricevimento del certi ficato di avvenute pubblicazioni, certificato che doveva

essere trasmesso al sacerdote dall'ufficiale di stato civile a norma dell'art. 7 della legge più volte citata : osserva inoltre l'attore che l'ufficiale di stato civile non poteva completare il documento scrivendo nella trascrizione i dati che mancavano nel documento stesso e che l'atto di ma

trimonio avrebbe dovuto essere trasmesso dal parroco o dall'Ordinario e non dal sacerdote delegato.

Il Collegio osserva che il modo di trasmissione dello atto di matrimonio non ha alcuna sanzione di nullità. In vece di seguire la via più lunga, che è quella normale, e cioè dal sacerdote delegato al parroco e da questi all'uffi ciale di stato civile, il documento pervenne direttamente all'ufficio di stato civile dal sacerdote delegato ; e non si riesce a vedere perchè l'ufficiale di stato civile avrebbe dovuto sospendere la trascrizione se non avesse avuto ra

gioni di dubbio sull'identità del sacerdote che inviava il

documento, tanto meno potrebbe parlarsi, per tale troppo sottile argomento, di nullità dell'avvenuta trascrizione.

Invece è vero che l'ufficiale di stato civile avrebbe dovuto sospendere la trascrizione perchè l'atto non con teneva tutte le indicazioni richieste dall'art. 9 della legge ; inutile il richiamo al certificato di avvenute pubblicazioni perchè la mancanza di queste non legittima neppure il ri tardo nella trascrizione (art. 12 della legge). L'ufficiale di stato civile doveva dunque sospendere la trascrizione e rinviare l'atto «per la sua regolarizzazione» (art. 10 p. p. della legge). Ma, avendo egli invece completato con dati a sua conoscenza l'atto, ed avendolo trascritto, quale sarà la conseguenza ? Non certo la nullità della trascri zione. Si tratta di nullità relative che, normalmente, dànno

luogo alla sospensione della trascrizione fino a regolarizza zione dell'atto e che non portano come conseguenza la nullità della trascrizione stessa ; così come i motivi sem

plicemente impedienti e non dirimenti non producono la nullità del matrimonio civile.

Occorre distinguere fra sospensione e impossibilità di

trascrizione, la prima non induce nullità e dà luogo sol

tanto a penalità a carico dell'ufficiale di stato civile (art. 20

capov. legge e 124 cod. civ.) ; la seconda induce nullità

della trascrizione poiché se questa doveva essere non già

sospesa per rettificazione dell'atto, ma rifiutata ad esempio

per uno dei motivi indicati dall'art. 12 della legge, non si

può parlare d'irregolarità sanate per l'avvenuta trascrizione

e si deve ritenere questa come nulla. Adunque le deficienze

notate dall'attore non possono produrre il grave effetto al

quale egli vuol giungere : la nullità della trascrizione.

Resta così da considerare il più grave, e dopo le os

servazioni fatte, quello che può ritenersi l'unico motivo

sul quale si adagia l'azione di nullità ; la mancata enun

ciazione del consenso prestato dagli sposi. Prima di scendere all'indagine di tale non lieve pro

blema, occorre una breve premessa. Lo Stato, con la legge per l'applicazione del concor

dato, non ha riconosciuto senz'altro effetti civili al matri

monio religioso : l'art. 5 dispone che tal matrimonio « pro duce," dal giorno della celebrazione, gli stessi effetti del

matrimonio civile, quando sia trascritto nei registri dello

stato civile secondo le disposizioni degli artt. 9 e segg. ».

Lo Stato dunque, a differenza di quanto è avvenuto in al

tri paesi, non ha assunto il matrimonio religioso come un

matrimonio civile ; lo Stato si è riservata una indagine esteriore ed anche una intrinseca delibazione che sono di

sciplinate dagli artt. 9, 10, 13 e 14 della legge. È la tra

scrizione che imprime effetti civili al matrimonio religioso e non è questo che di per sè stesso produce effetti civili.

Da ciò deriva il sindacato che, alla stregua della legge, lo

Stato si riserva sugli atti di matrimonio trasmessi all'uf

ficiale di stato civile.

Si comprende che nè ufficiale di stato civile nè tri

bunale civile potranno indagare nel merito e cioè sulla

validità del vincolo. Ed è per questo che il Collegio opina, in risposta ad un argomento dedotto dall'attore, che debba

essere trascritto anche un matrimonio sottoposto a condi

zione sospensiva lecita (canone 1092 nn. 3 e 4) ; e ciò per

quella recezione del diritto matrimoniale canonico nel di

ritto civile italiano, per i matrimoni religiosi postconcor datari fra i cattolici, che il Collegio reputa essere avvenuta

con la legge del 1929. Ma lo Stato si è riservato il di

ritto di vagliare l'atto di matrimonio, di rifiutarne la tra

scrizione per determinati motivi e di dichiarare, per i mo

tivi stessi, la nullità della trascrizione avvenuta. In secondo luogo, e sempre in via preliminare, il Col

legio osserva che, sia tassativa od esemplificativa l'indica zione dei casi esposta nell'art. 12 della legge, non vi è

dubbio che non ricorre nessuno dei casi stessi ; nè l'uno dei coniugi era legato da altro matrimonio valido agli effetti civili, nè gli sposi erano già uniti in matrimonio valido agli effetti civili, nè l'uno degli sposi era interdetto

per infermità di mente. Sarebbe però esagerata la dedu

zione secondo la quale, escluse le ipotesi previste dallo art. 12 della legge, dovesse del pari ritenersi esclusa la

possibilità di un annullamento della trascrizione. L'art. 12,

presupponendo l'esistenza di un atto di matrimonio, ri serva allo Stato il diritto di rifiutare la trascrizione in

quei tre determinati casi ; non dice affatto, e non poteva dirlo, che sia valida la trascrizione di qualsiasi altro do

cumento definito atto di matrimonio, anche se manchi dei

suoi requisiti essenziali, quali la diversità del sesso, l'età non inferiore ai 16 anni per l'uomo e 14 per la donna

(art. 1 della legge), il consenso. Un atto che unisce in matrimonio due maschi o due femmine, o due impuberi o due dissenzienti non sarebbe un atto di matrimonio e non

potrebbe essere trascritto. Nel caso in esame si tratta di accertare se la man

cata enunciazione del reciproco consenso degli sposi tolga all'atto il carattere di atto di matrimonio per classifi carlo nella categoria degli attestati e dei certificati, se

perciò l'ufficiale dello stato civile si trovava in presenza di un atto di matrimonio o pure di un qualsiasi docu mento che non poteva essere trascritto nei registri degli atti dello stato civile.

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781 GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE 782

Se vi è un atto nel quale il consenso assume valore

preminente su tutti gli altri elementi, questo è il matri

monio. Tanto importa il consenso nel matrimonio che per il codice civile esso è un actus legitimus al quale non

possono essere apposte condizioni, termini o modi (art. 95

cod. civ.) ; e il diritto canonico ammette soltanto la con

dizione sospensiva lecita (canone 1092 già ricordato). « Ma

trimonium facit partium consensus » (canone 1081). « Sponsi matrimonialem consensum exprimant verbis ; nec aequipol lentia signa adhibere ipsis licet, si loqui possinl » (canone 1088, vedi anche canone 1090 e 1091). Adunque il diritto

civile e il diritto canonico concordano nel ritenere il con

senso come l'elemento essenziale, anzi assorbente del ma

trimonio.

Ciò posto, non sembra che un atto di matrimonio possa così definirsi se il consenso non è chiaramente enunciato.

L'ufficiale di stato civile o il sacerdote compiono un ac

certamento costitutivo di un vincolo ; non si vede come

l'atto possa essere ritenuto costitutivo se l'accertamento

non è esplicitamente enunciato. Crede adunque il Collegio che l'enunciazione esplicita del consenso sia necessaria af

finchè l'atto possa valere come atto di matrimonio.

In tale opinione induce anche un principio di logica

giuridica che non può essere limitato ai soli atti del pro cesso civile. L'art. 56 cod. proc. civ., dopo aver ammo

nito che non può essere pronunciata la nullità di un atto, se 'a nullità non sia dichiarata dalla legge, così prosegue nel primo capoverso : « possono tuttavia annullarsi gli atti

che manchino degli elementi che ne costituiscono la es

senza». Ora, come il consenso costituisce l'essenza del ma

trimonio, l'enunciazione del consenso costituisce l'essenza

dell'atto di matrimonio. E poiché l'enunciazione manca, l'atto in esame manca di un elemento essenziale e quindi non è un atto di matrimonio ; conseguentemente il docu

mento non avrebbe dovuto essere trascritto poiché è am

messa la trascrizione degli atti di matrimonio e non di

scritti più o meno equipollenti ; e perciò, in conclusione, la trascrizione è nulla.

Ma si obbietta : il sacerdote dichiarò nell'atto di avere

unito in matrimonio gli sposi « secondo il rito di S. Ro

mana Chiesa » ; e poiché la Chiesa esige il consenso, vi è

nell'atto la enunciazione del consenso degli sposi. L'argo mento è più seducente che convincente. Il rito di S. Ro

mana Chiesa prescrive che il sacerdote riceva il consenso

degli sposi (vedi istruzioni della Suprema Corte dei Sacra

menti. Città del Vaticano 1929 allegato III mod. I pag. 26

n. 11 pag. 28 n. 8, pag. 7) ; l'enunciazione del consenso,

per quanto già è stato osservato, deve essere esplicita, al

meno per la trascrizione dell'atto ; per la stessa ragione non

si può accertare l'effettiva prestazione del consenso né in

duttivamente, attraverso la dichiarazione del sacerdote

che afferma di avere unito gli sposi in matrimonio, né per altre vie. E tali ragioni valgono per respingere anche l'altra

obiezione secondo la quale la prestazione del consenso si

troverebbe nella sottoscrizione degli sposi : anche qui siamo

nell'implicito e non nell'esplicito, né ora si discute se un

consenso, valido o no, vi sia stato ; si discute soltanto se il documento trascritto aveva oppur no il valore di un

atto di matrimonio. Il Tribunale ha aderito ad una tesi che può apparire

rigorosa, ma che è l'unica che al Collegio sembra confor

me alla legge. Le ragioni morali, già apprezzate dal Tri

bunale ecclesiastico, non possono essere prese in conside

razione quando si deve valutare estrinsecamente la vali

dità di un atto.

Per questi motivi, ecc.

TRIBUNALE DI GENOVA.

Udienza 21 dicembre 1938 ; Pres. Casagli, Est. Arras ;

Gregorio e. Società Ansaldo.

Guerra (disciplina (li) — Stabilimento di produzioni di

guerra — Licenziamento di dipendente autorizzato

dall'autorità militare — Controversie relative —

Competenza del giudice del lavoro (L. 14 dicembre 1931 n. 1699, sulla disciplina di guerra, art. 9, 30, 31).

Il magistrato del lavoro è competente a giudicare sulle con troversie relative al provvedimento di licenziamento in

tronco di un dipendente da un'azienda dichiarata sta

bilimento di produzione per la guerra emesso dall'azienda medesima e successivamente autorizzato dalla competente autorità militare. (1)

La Corte, ecc. — Necessita sia presa in esame l'ecce

zione di incompetenza che influisce sulle maggiori, se non su tutte le pretese svolte dall'attore.

Sono circostanze pacifiche in causa : che gli stabilimenti Ansaldo sono stati da lungo dichiarati ausiliari, quindi mobilitati civilmente, di conseguenza sono diventati mobi

litati civili tutti gli appartenenti e dipendenti in modo

permanente o temporaneo degli stabilimenti stessi, e perciò anche il Gregorio, fino a che è durato il suo rapporto di

lavoro; che la lettera 5 febbraio 1938 di licenziamento in

tronco del Gregorio per assenza ingiustificata dal lavoro è

stata contemporaneamente comunicata dall'Ansaldo alla

Delegazione interprovinciale del Commissario Generale per le fabbricazioni di guerra che in data 8 febbraio 1938 ha

testualmente risposto : « Con riferimento alla lettera di co

desta ditta del 5 febbraio 1938 presi gli ordini da S. E.

il Commissario Generale per le fabbricazioni di guerra si

autorizza licenziare il capo officina Gregorio Carlo per i

motivi specificati nella sopra citata lettera». Di questi dati

la convenuta si vale per giustificare la sua eccezione pre liminare, sostenendo che per effetto della dichiarazione della

ausiliarità degli stabilimenti e conseguente loro sottoposi zione alla sorveglianza dell'autorità militare, ogni potere

disciplinare sul personale dipendente si è trasmesso all'auto

rità militare, la quale solo perciò è diventata competente ad applicare sia le condizioni disciplinari previste dai re

golamenti di lavoro, sia le prescrizioni consentite dal re

golamento di disciplina militare, onde anche nei casi in cui il datore di lavoro interessato per suoi scopi privatistici al regolare andamento dell'azienda e nelle migliori condi

zioni di potere controllare l'opera dei propri dipendenti e

quindi meglio rilevare le infrazioni commesse, avesse pro ceduto all'applicazione delle comuni sanzioni disciplinari, tali sanzioni diventano effettive, acquistano cioè validità

ed efficacia solo in quanto l'autorità militare autorizzan

dole od approvandole, le ha fatte proprie ; dimodoché pure in questi casi i provvedimenti disciplinari debbono consi

derarsi implicitamente voluti dall'autorità militare, mentre

il datore di lavoro deve ritenersi a tale fine un delegato di detta autorità.

Perciò costituendo i provvedimenti disciplinari atti della

pubblica autorità, essi non sono suscettibili di sindacato da parte dell'autorità giudiziaria.

Nella specie, il provvedimento disciplinare, licenziamento

in tronco del Gregorio per assenza ingiustificata, era stato

come tale autorizzato dal Commissario Generale per le fab

bricazioni di guerra, quindi non poteva essere dal Tribu

nale discusso ; discutere tale licenziamento voleva infatti

significare discutere e sindacare il provvedimento dell'auto

rità militare che con l'autorizzazione avesse fatto proprio il licenziamento in tronco ; e ciò non poteva essere al Tri

bunale consentito.

Se non che ritiene il Collegio che la costruzione e 'le

argomentazioni pur così acutamente svolte dalla difesa

della convenuta, non trovino adeguata giustificazione nelle

disposizioni di legge in materia.

A tale fine è opportuno anzitutto richiamare i testi di

legge che trovano applicazione nella dedotta materia. •

(1) In senso contrario vedi, da ultimo, Pret. Torino 12 aprile 1938 (retro, col. 218) con nota di richiami alla giurisprudenza precedente pure in senso contrario, tra cui la sentenza Pret. Fi nale Ligure 18 marzo 1937 (id., 1938, I, 145) con nota sostan zialmente adesiva di E. Donetti.

Nel senso della sentenza sopra riportata cfr. invece La Torre, da ultimo in Mag. giur. lav., 1938, 514.

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