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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE || Udienza 22 marzo 1937; Pres. Migliacci, Est....

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Udienza 22 marzo 1937; Pres. Migliacci, Est. Bonomo; Ditta A. M. Liquori (Avv. Ferone) c. Soc. An. Fratelli Pantanella (Avv. Mazzilli) Source: Il Foro Italiano, Vol. 62, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE (1937), pp. 1745/1746-1747/1748 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23138888 . Accessed: 24/06/2014 21:02 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.229.86 on Tue, 24 Jun 2014 21:02:53 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Udienza 22 marzo 1937; Pres. Migliacci, Est. Bonomo; Ditta A. M. Liquori (Avv. Ferone) c. Soc.An. Fratelli Pantanella (Avv. Mazzilli)Source: Il Foro Italiano, Vol. 62, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1937), pp. 1745/1746-1747/1748Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23138888 .

Accessed: 24/06/2014 21:02

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GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE

CORTE D'APPELLO DI NAPOLI.

Udienza 22 marzo 1937 ; Pres. Migliacci, Est. Bonomo; Ditta A. M. Liquori (Avv. Ferone) c. Soc. An. Fra

telli Pantanella (Avv. Mazzilli).

Vendita, — Gl'imo — Deficienza «li peso specifico —

Eccedenza di corpi estranei — Carattere di vizi

redibitori — Applicabilità, al contratto tipo ita

liano (Cod. civ., art. 1505).

Nella vendita di grano, la indicazione del peso specifico e della percentuale di corpi estranei non rappresenta da sola delle qualità essenziali, ed occorre invece,

per assurgere a tanto, che le parti abbiano chiara

mente voluto quella essenzialità. (1) E pertanto la deficienza del peso specifico o la eccedenza

di corpi estranei, non considerate queste come qua lità essenziali dalle parti, dà luogo all' azione redibi

toria e non a quella contrattuale. (2) Lo stesso è a ritenersi anche in applicazione del Con

tratto tipo italiano per la vendita di grano, costi

tuito dalla Commissione Centrale delle Associazioni

granarie. (3)

La Corte, ecc. (Omissis) — Prendendo ad esami

nare la controversia sotto l'aspetto veramente sostanziale

e di stretto diritto, se cioè nel caso concreto la pre tesa deficienza lamentata per la merce, minore peso spe cifico e maggiore impurità, rappresentano mancanza di

qualità essenziale, considerata la medesima sotto il dop

pio profilo obbiettivo e subbiettivo, la Corte osserva che

neppure sussistono elementi i quali valgano a sorreggere la tesi affermativa assunta e sostenuta dall'appellante. Di

vero esaminando la questione sotto il primo di detti pro

fili, certo anche in base al semplice criterio di buon senso

non è consentito di dire che sol perchè il grano non rag

giunge un certo peso e contiene delle impurità come

dei chicchi di orzo, avena, pietruzze, e cosi via, cessi di

essere grano e diventi sostanza diversa, ed in verità sotto

tal profilo non pare che lo stesso appellante trovi ragione di insistere, poiché dopo di avere genericamente affer

mato che nel commercio dei grani detti elementi sono im

portanti ed essenziali, degrada subito ad affermare che

essi formano oggetto caso per caso di apposite pattui zioni.

Dunque è sull'esistenza o meno di tali specifiche pat

(1-3) Non ci risultano precisi precedenti di giurisprudenza, in riguardo alle vendite di grano.

Con riferimento alle vendite in genere, la giurisprudenza si è ormai consolidata nel senso, sostanzialmente conforme, per cui si fa luogo all'azione contrattuale, e noti alla redibitoria, anche quando manchino nella cosa qualità e caratteristiche, che, sebbene non essenziali di per sè, siano state tuttavia con

siderate, con clausola espressa, di carattere essenziale per l'uso al quale la cosa era destinata e senza le quali non sarebbe stato dato il consenso.

Così le numerose decisioni della Corte di cassazione del

Regno, riassunte nei nostri Repertori, degli ultimi anni, sotto la voce Vendita risalendo fino a quella del SI ottobre 1924, Pres. ed est. d'Amelio, in l'oro it., 19J5, I, 398, con nota del prof. avv. Tullio Ascahelli.

In senso alquanto difforme, e cioè nel senso che si fa luogo all'azione redibitoria quando si deducano vizi ed ipperfezioui della merce, che la rendono inidonea all'uso cui è destinata, o che tale uso diminuiscano, e ciò indipendentemente dal fatto che i vizi od imperfezioni concernano qualità espressamente pattuite, tranne che la mancanza di quelle qualità non renda la uosa sostanzialmente diversa da quella contrattata, vedi da ultimo Cass. Regno 22 febbraio 1928, in Foro it., 1928, I, 404, con nota di richiami.

Sulla distinzione tra qualità redibitorie e qualità contrat tuali si veda la recentissima trattazione del Gorla, La compra vendita e la permuta, pag. 123 e segg. (in Trattato di diritto civile italiano

diretto^ da Vassalli, VII, 1, "Utet, 1937),. il quale pone in

rilievo la unità strutturale delle due garanzie, redibitoria e con

trattuale, osservando che in entrambi i casi si tratta di garan zia in senso tecnico (per l'illustrazione di questo concetto c^r

op. cit., n. 67) e non di una lex specialis sull'inadempienza e su'"

l'errore, salva la diversa intensità che il mezzo di tutela, strut~ turalmente identico, presenta rispetto alle qualità redibitor 6 a

quelle contrattuali (v. cap. VII e Vili).

Il Fobo Italiano — Anno LXII — Parte I-116.

tuizioni nella fattispecie che occorre fermarsi a discutere, per decidere se abbia ragione l'appellante di insistere nella tesi di vera e propria azione contrattuale per con

segna di aliud pro alio da parte della venditrice, o al contrario abbia ragione l'appellala di resistere nel suo contrario convincimento ritenuto esatto dal Tribunale, che cioè sieno in contestazione puri e semplici vizi della

merce, contemplati dall'art. 1498 cod. civ. e soggetti a

pena di- decadenza per l'esercizio dell'azione relativa in

giudizio ai brevi termini di cui al secondo inciso del ca

poverso 1° dell'art. 1605 detto codice civile. Il Liquori a fondamento della sua tesi pone a risalto

il tatto che nella lettera di contrattazione 23 luglio 1935 si parlò espressamente del peso specifico di Kg. 80»e di

corpi estranei nella proporzione dell'I0/^. Està bene, ma tale constatazione positiva non basta da sola a legittimare la tesi stessa perchè occorre, per indagare la seria- vo lontà delle parti, stabilire se essa, specie in considera zione della destinazione del grano, molitura (per la me desima non certo si esigono grani scelti, selezionati, sia

per peso come per purezza di corpi estranei, qualità che davvero si dovrebbero ritenere considerate come essen ziali per i grani destinati per semenza, come opportuna mente distinto e spiegato dall'appellata), fu diretta a con siderare i menzionati peso e proporzione di impurità come condizione essenziale sine qua non della validità del con senso espresso dall'acquirente e quindi della contratta

zione, ovvero come semplici elementi da tener presenti per la parte e liquidazione degli abbuoni o meglio di re stituzione di parte del prezzo, pur previsto dall'art. 1601 cod. civ. quando dal compratore si preferisca ritenere la cosa riscontrata affetta da vizi. Ora è chiaro che appunto in considerazione di detta destinazione, oltre che per il

comportamento tenuto dalle parti nel periodo officioso della contestazione, non pare che si possa seriamente du bitare che esse non ebbero affatto l'intenzione più grave e rigorosa vagheggiata dal Liquori nella formazione del contratto. Di vero a volere incominciare dalla valuta zione del cennato comportamento riscontrasi subito che il Liquori non appena cominciò a parlare di constatazione di sola deficienza di peso specifico, si noti, e non anche

d'impurità, con le lettere 29 luglio e 3 agosto: non è a dire che egli comunque si protestò per inadempienza so stanziale e dichiarò di rifiutare senz'altro la merce, ma al contrario insistette solo perchè fossero prelevati i

campioni. Inoltre con la stessa lettera del 3 agosto più che rifiutare la merce egli procedette espressamente a dichiarare che de Simone in detto giorno aveva solleci tato la consegna del saldo del'a quantità venduta e pre gava perciò di volere provvedere subito urgendo la merce. E conchiudeva col dire che non appena accertata la ve rità avrebbero veduto di definire al tutto per la qualità, in base a campioni che la Pantanella aveva fatto ugual mente prelevare all'arrivo. Come sia possibile conciliare tale dichiarazione con l'usò della merce ricevuta, e il ver samento anche della maggior parte del prezzo con la vo lontà di ritenere che per il nominato difetto di peso spe cifico la Pantanella avesse sostanzialmente violato il con

tratto, e quindi si sarebbe voluto e potuto esercitare un'azione radicale di risoluzione, assolutamente non si

comprende. Ed allora tale impossibilità vai primieramente a con

vincere che il Liquori abbia sin dal principio avuta la

giusta sensazione giuridica, nel senso che solo di vizi della merce avrebbe potuto fondatamente discutere, e per l'accertamento della entità di essi confidava, a contratto del tutto eseguito, nella lealtà e buona volontà della Pan tanella. Quanto poi alle disposizioni fermate nel contratto

tipo costituito dalla Commissione Centrale delle Associa zioni granarie, esibito dallo stesso appellante, è proprio esatto quanto afferma l'appellata, che cioè quello sorregge la tesi di resistenza da essa assunta. Infatti ad incomin

ciare dalla prima facciata del modulo si constata che le indicazioni di peso specifico, corpi estranei, e poi ancora

«condizionamento», «campionamento» ecc. sono trascritti a parte dopo della voce « qualità » nelle quali sono con

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1747 PARTE PRIMA 1748

tenute diverse precisazioni ; e poi a tergo dopo che al n. 7 risulta disposto che le constatazioni del peso speci fico e del contenuto dei corpi estranei saranno fatte su

campioni suggellati, ecc. si precisano al n. 8 e 9 e ri

spettivamente gli abbuoni e percentuali che si possono pretendere dal compratore ; ed in caso di eccedenza di un certo massimo previsto, per la deficienza stessa è sta bilito persino un giudizio arbitrale. Dunque è chiaro che nella pluralità dei casi di semplici abbuoni può fare que stione l'acquirente, casi che quando gravi, vengono ri messi al giudizio arbitrale. Il caso, poi, gravissimo, è

previsto a parte nell'art. 10 (somma d'abbuono che

emerga per le specifiche pattuizioni contrattuali e del

l'arbitrato il 7 °/0 o il 10 "/o del valore della merce ri

spettivamente per i grani duri e teneri) e solo per tale caso è data facoltà al compratore di rifiutare la merce.

Bla nel caso concreto non solo, come già rilevato, il

compratore non comunque chiese un giudizio arbitrale sulla proporzione delle impurità e sulla deficienza dipeso specifico e neppure semplicemente minacciò di rifiutare la

merce, ma al contrario fece premura per l'invio di altra a saldo della quantità pattuita. E non più efficaci argo menti può dire la difesa del Liquori di aver ricavato ed offerto al giudizio della Corte dagli art. 10 e 12 regio de creto 15 giugno 1936 poiché dal cap. 2 di essi risulta

pure espressamente fissato non il rifiuto del grano da parte degli uffici ammasso, quindi qualità inferiore' a quello con siderato nel 1° comma, ma invece una semplice diminu zione proporzionata di prezzo, e quindi, se mai, un altro

argomento alla tesi del Tribunale e della Corte, nel senso che sempre e solo di vizio sia consentito di parlare. (Omissis)

Per questi motivi, ecc.

liORTE D'APPELLO DI ROMA.

Udienza 18 febbraio 1937 ; Pres. Giaquinto, Est. De

Feo ; Soc. An. di Navigazione Aerea c. Palleroni.

Aeronautic» — Contratto di t ras porlo — Danni ai

viaggiatori — Itesponsabilittk dei vettore — li

miti (E. D.-legge 28 settembre 1933 n 1733, di

scipl. contratto di trasporto aereo, art. 36).

Il vettore del trasporto aereo, a differenza di quello ter

restre, per sottrarsi all'obbligo del risarcimento del

danno, non deve provare nè il fortuito, uè la forza

maggiore, nè una causa estranea a lui non imputabile, ma deve soltanto dimostrare di aver prese le misure

necessarie ad evitare il danno, col grado di diligenza del buon padre di famiglia. (1)

Nel trasporto di passeggeri, l'esonero da responsabilità del vettore aereo si estende anche ai vizi occulti di

* costruzione dell'aeromobile, ma non al caso di usura

di quei dati pezzi (nella specie, tubo di adduzione

della benzina al motore) che il vettore è tenuto a co

noscere come sottoposti a maggiore logorìo. (2) Il controllo degli apparecchi esercitato dallo Stato attra

verso il Registro Italiano Navale e Aeronautico (R.

I.N.A.) noti può esimere il vettore dallo adottare, al controllo in partenza, le misure necessarie previste dall'art. 36 del regio decreto-legge 28 settembre 1933

n. 1733. (3)

(l-'<) Non ci risultano editi precedenti giudicati in base alla vigente legge del 1933.

Per la dottrina, si consulti, oltre la nota critica alla deci sione che riferiamo, di S. Marino nella Iiiv. di dir. aeron., 1937, 50, anche lo scritto di G. Cortesani, J contratto di trasporto se condo la nuova legge aeronautica, in G-iust. pen., 1935, III, 441.

Particolarmente interessante pei riferimenti, contenuti nella sentenza che annotiamo al rapporto della legge italiana del 1933 con la Convenzione di Varsavia del 1929, è poi lo stadio di A. Giannini, Il trasporto aereo internazionale e la Convenzione di Varsavia, in Saggi di diritto aeronautico, Milano 1932, pag. 223, e special., sulla responsabilità del vettore aereo, pag 232 e seguenti.

La Corte, eco. (Omissis) — Osserva la Corte che il

Tribunale ebbe a porre a base della sua motivazione le

seguenti affermazioni :

a) che al trasporto terrestre di persone non è ap plicabile, analogicamente, la norma portata dagli arti coli 1631 cod. civ. e 400 cod. comm., che si riferisce unicamente al trasporto di cose. Al trasporto terrestre di

persone è applicabile, invece, l'ipotesi sancita in materia di adempimento delle obbligazioni, dalle regole generali contenute negli artt. 1218, 1224 e 1225 cod. civ. per cui, provato il nesso obbiettivo di causalità tra il danno risentito dal viaggiatore e il fatto del trasporto, il vettore non ha obbligo di dare la dimostrazione rigorosa chiesta dall'art. 400, ma deve solo provare l'adempimento di quel normale dovere di diligenza contrattuale per l'osservanza del quale la causa e l'evento del danno non gli sono più imputabili ;

b) che a questi principi! si ispira il regio decreto

legge 28 settembre 1933, con una maggiore attenua zione circa la presunzione di responsabilità a carico del vettore ;

c) che, nel caso in esame, la S.A.N.A. non aveva

offerto e neppure chiesto di offrire la prova liberatoria contro la presunzione di responsabilità, nè erano suffi cienti a dare la dimostrazione della prova stessa i docu menti prodotti ;

d) che, per quanto si riferiva ad un'eccezione sol levata dalla S.A.N.A. circa la colpa concorrente degli attori, tutte le circostanze di fatto che si riferivano al si nistro escludevano nel modo più assoluto che il compor tamento degli attori in modo particolare e di tutti i pas seggeri in genere, potesse considerarsi tale da avere pro vocato ed aggravato le conseguenze dell'incendio.

Osserva innanzitutto la Corte che è necessario retti ficare un principio erroneamente enunciato dal Tribunale. Hanno affermato, come si è detto, i primi giudici che, per consolidata opinione, il vettore, nell'ipotesi di tra

sporto di passeggeri, si esonera da ogni responsabilità di mostrando solo l'adempimento del normale dovere di di

ligenza contrattuale, senza obbligo di provare la causa a lui estranea ed a lui non imputabile.

E', al contrario, principio quasi del tutto pacifico che la prova liberatoria, per il vettore di passeggeri, debba unicamente consistere nella dimostrazione che il fatto dan noso sia dovuto a circostanze estranee alle linee del suo

operato e che non basti provare d'aver usato la media

diligenza del buon padre di famiglia. I principii stessi a base dei quali pone, il Tribunale, il suo ragionamento, contrastano alla tesi accolta nella sentenza appellata, dal

momento che l'art. 1226 considera precisamente il for tuito e la forza maggiore e l'art. 1225 altra causa estra nea ed all'obbligato non imputabile, dovendosi considerare come tale, secondo una quasi concorde dottrina e giuri

sprudenza, un impedimento obbiettivo ed assoluto allo

adempimento dell'obbligazione assunta, impedimento che

è sottoposto alla duplice condizione di essere estraneo al

vettore ed a lui non imputabile attraverso la prestazione della necessaria diligenza, il che importa la conseguenza

che, se uno di questi due elementi faccia difetto, se cioè, ad esempio, il giudice si trovi in presenza di un fatto

non estraneo alla persona dell'obbligato, per quanto non

possa, a lui, farsene carico, la sua responsabilità non può essere elisa. Ne deriva egualmente l'altra conseguenza che il debitore rimane responsabile anche se la causa del

danno sia sconosciuta ed anche se egli abbia provato la

diligenza della sua condotta.

Queste le norme generali accolte in tema di adempi mento di obbligazioni ed applicabili in materia di tra

sporto di passeggeri, che la Corte crede dovere, ancora

una volta, riaffermare per stabilire le necessarie premesse da cui si debba partire per considerare quali siano i li

miti della responsabilità del vettore in un regime di tra

sporti di assoluta eccezione, come quello in esame.

Praticamente, data la grave forma di responsabilità che grava sul vettore e data la difficoltà di poter ricor

' rere, in parecchi casi, alle ipotesi previste dalla legge

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