Udienza 24 novembre 1905; Pres. Montemurri, Est. De Luca; Ferrara (Avv. Tedeschi) c. Caniglia(Avv. Romani)Source: Il Foro Italiano, Vol. 31, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1906), pp. 37/38-39/40Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23111036 .
Accessed: 18/06/2014 15:42
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 195.34.78.78 on Wed, 18 Jun 2014 15:42:23 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
37 GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE 38
vansi già acquisiti e stabiliti dalla controscrittura o dalle
segrete intese dei contraenti, per le quali il contratto, al quale apparentemente figuravano di aver dato vita, do
veva reputarsi fra di loro come effimero e di niun effetto, ma è una sentenza puramente dichiarativa, nel senso che
fra il contratto larvato e quello realmente esistente ed
efficace si dichiara che quest'ultimo di fronte al primo,
per la forza delle cose, non può sortire efficacia.
Che, cosi essendo, l'obbligo della trascrizione non
deve ricercarsi in alcuno dei casi previsti e indicati dagli art. 19B3 e 1934 cod. civ., ma sibbene nel n. 8 dell'art.
1932, che riflette l'ipotesi di una convenzione per la
quale un trasferimento di proprietà, solo per fini parti colari messo apparentemente in essere, non siasi giam mai operato per essere l'immobile rimasto sempre nel
dominio dell'apparente alienante.
Che infine a maggiormente convincere dell'insoste
nibilità della tesi vagheggiata dal ricorrente, basta ri
flettere che, ove mai si ammettesse la teorica dell'oppo nibilità ai terzi di buona fede, che abbiano acquistato diritti sull'immobile fittiziamente alienato, della sentenza
che tale vendita ha dichiarato simulata, e che non è stata
trascritta, ne deriverebbe l'assurdo che, mentre una delle
parti contraenti, a respingere ogni molestia e pregiudizio derivante dall'effimero ed apparente contratto di aliena
zione, potrebbe insorgere alla base di una controscrittura
per farlo dichiarare simulato, l'altra parte potrebbe im
punemente trar vantaggio dal contratto simulato, pregiu dicando i diritti dei terzi di buona fede, e ciò in dispre gio del principio di legge e di giustizia : nemo locuple tavi debet com aliena jactura.
Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE D'APPELLO DI AQUILA. Udienza 24 novembre 1905; Pres. Montemurki, Est. De
Luca; Ferrara (Avv. Tedeschi) c. Caniglia (Avv.
Romani).
Appello — Avocazione del merito — jVullita della sen
tenza impugnata — Decisione nel inerito (Cod. proc.
civ., art. 492, 493*.
Glnoe» — Obbligazioni relative — Riconoscimento per
iscritto — Inammissibilità di azione giudiziaria
(Cod. eiv., art. 1802). Il magistrato di appello, che dichiara la nullità della sen
tenza impugnata per vizio di procedura (nella specie,
per nullità della citazione iniziale del giudizio), deve
decidere la causa in merito e non rinviarla al giudice di
primo grado. (1) Non è ammessibile l'azione per il pagamento di un debito
di giuoco, anche se riconosciuto con scrittura. (2)
(1) Yedi da ultimo in senso conforme Cass. Napoli 27
luglio 1904 (Foro it., 1904, I, 1351) e in senso contrario Cass. Roma 10 maggio 1900 (id., 1900, I, 1299) con le rispettive note di richiami.
Per la giurisprudenza posteriore si veggano in senso con ferme alJa sentenza che pubblichiamo: Cass. Napoli 31 dicem bre 1903 (Foro it.. Rep. 19 !4, voce Appello civ., nn. 318, 319); Cass. Palermo 1') aprile o 12 agosto 1904 (ibid., nn. 320, 3211; App. Palermo 15 ottobre 1904 e Cass. Torino 9 decornare 1903 (ibid., nn. 32(5, 329);
— in senso difforme: App. Trani 9 aprile 1904; App. Milano 23 dicembre 1903 e 17 maggio 1904 (Foro it., Rip. 190-i, voce Appello civ., nn. 322, 324, 325).
(2) Consulta nello stosso senso, anche per la ipotesi in cui il debito di giuoco sia stato convertito in un debito cambia rio: Trib. Camerino 19 aprile 1889 (Foro it., Rep. 18-9, voce
La Corte, ecc. — La distinzione che si suole mettere
innanzi fra nullità che riguarda solo la sentenza impu
gnata e nullità che colpisce l'intero procedimento tenuto
davanti il giudice inferiore, e la conseguente afferma
zione che, potendosi dire nel primo, ma non nel secon-*
do caso, già percórso un grado di giurisdizione, debba il
magistrato di appello nell'uno ritenere la causa e nell'al
tro rinviarla al primo giudice, si trovano resistite da te
stuali disposizioni della legge. Ha questa in modo tas
sativo indicato i casi nei quali il giudice di appello deve o può astenersi dal provvedere direttamente sul merito, ed ha stabilito che lo può quando, in riforma della sen
tenza appellata, ordina ulteriori atti d'istruzione, e lo
deve quando riconosce 1! incompetenza del primo giudice, o quando in prima istanza si ò giudicato solo sulla com
petenza (art. 492 e 493 cod. proc. civ.). Coll'ammettere
che abbia obbligo di rinviare la causa all'autorità giu diziaria di primo grado anche quando dichiara nullo il
procedimento tenuto dinnanzi all'autorità istessa si aumen
tano conuna interpretazione estensiva i casi di eccezione in
dicati dalla legge e si disconosce anche l'indole del giudizio di appello, giacché dichiarare la nullità senza provvedere sul
merito è ufficio della sola Corte Suprema, Spetta invece
al magistrato di secondo grado il diverso compito di ri
parare a tutti gli errori del giudice inferiore; e deve
quindi egli, allorquando riconosce la nullità della sen
tenza o per vizi della sentenza istessa, o per vizi del
procedimento, sostituire una propria pronunzia a quella che riforma, trovandosi per l'atto di appello surrogato nel
luogo e nelle veci del primo giudice a tutti gli effetti
per cui quest'ultimo era stato adito e dovendo conse
guentemente i motivi di nullità valere soltanto come
motivi di gravame. La nullità della forma, riguardi essa la sola senten
za o tutto il procedimento, non toglie il fatto che un
primo giudizio già si è esaurito, dappoiché ciò che la
legge vuole è che la causa passi pei due gradi di giu
risdizione, senza esigere che si svolga pienamente nel
primo avanti di passare nel secondo. Se basta che in
prima istanza si sia resa sopra una controversia una sen
tenza che non tocca in alcun modo il merito della lite
per dare, in caso di riforma, diritto al giudice di ap
pello di decidere il merito, non si saprebbe trovare una
ragione per cui gli si debba togliere un tal diritto al
lorché dichiara la nullità del procedimento che serve di
base alla decisione sottoposta al suo esame.
E si erra quando, a motivo di tale nullità, si nega la esistenza del giudizio di primo grado.
Mentre nel diritto romano il pronunziato del giudice,
per produrre la cosa giudicata, doveva essere non solo
definitivo ed irrevocabile, ma anche valido, nel diritto
moderno invece la nullità, sebbene stabilita dalla legge, non opera di per sé stessa, non basta cioè da sola a pri vare la sentenza del carattere del giudicato, ma deve es
sere fatta valere nel termine utile con uno dei mezzi
concessi per impugnare la sentenza medesima, e deve
essere riconosciuta dall'autorità giudiziaria competente. In caso contrario la sentenza passa irrevocabilmente in
giudicato malgrado il vizio di cui essa od-il procedi mento che le ha servito di base si trovino affetti. Non
Giuoco, n. 2) ; App. Roma 6 luglio 18SS [id., Rep. 1888, voce Elet to cambiario, n. IOTj; App. Bologna 10 aprilo 1886 e App. Mi lano 30 luglio 1886 [id., Kep. 1886, voce Giuoco, nn. 1, 2).
In senso contrario vedi App. Roma 15 ottobre 189S (Foro it., Rep. J 898, voce Giuoco, n. 1).
This content downloaded from 195.34.78.78 on Wed, 18 Jun 2014 15:42:23 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
PARXJi PRIMA
solo, ma se il vizio del procedimento dipende dalla nul
lità della citazione che ha preceduto la sentenza contu
maciale, allora il contumace, insieme all'obbligo di im
pugnare la sentenza istessa nel termine e nei modi dalla
la nullità dell'atto introduttivo della li,e avanti ogni al
tra difesa. Ove ciò non faccia, la nullità si ritiene sa
nata, rimanendo così valido tutto il giudizio di primo
grado. E se la sentenza, quantunque profferita a seguito di
un procedimento che poteva essere, ma non fu ricono
sciuto nullo, acquista forza di giudicato, e se la nullità
della citazione di prima istanza, nullità che avrebbe re
so nullo tutto il procedimento contumaciale, deve per
legge ritenersi sanata a motivo della rinunzia tacita da
parte del contumace, che, gravandosi di appello, non l'ha
eccepita prima di ogni altra difesa, e deve ritenersi per
rinunzia tacita sanata, sebbene sia assoluta e di ordine
pubblico, l'incompetenza per ragion di grado, non può
farsi a meno di riconoscere che a torto, per allargare i
casi di eccezione nei quali il giudice di appello ha ob
bligo di rinviare la causa al primo giudice, si ricorre
al principio di ragion comune : quod nullum, est, nullum
producit affectum, dovendosi invece ammettere che, nono
stante il vizio non della sola sentenza, ma di tutto il
procedimento, non manca il giudizio di prima istanza e
si rende quindi possibile il giudizio di appello. Ed avendo obbligo di conoscere del merito della lite
anche se fosse nulla la citazione con cui la lite medesi
ma è stata introdotta davanti il Tribunale di Sulmona,
può la Corte astenersi per ora dal ricercare se una tale
nullità esista o meno. Di essa l'appellante avrebbe di
ritto di avvalersi o per sfuggire alla condanna tanto nelle
apese della sentenza contumaciale, quanto nelle altre che
per l'art. 388 cod. proc. civ. dovrebbero rimanere a ca
rico del contumace anche se riuscisse a lui favorevole il
giudizio di secondo grado, o per far riconoscere un di
ritto già quesito, o per promuovere una domanda in ga
ranzia che, per la contumacia irregolarmente dichiarata,
non gli fu possibile proporre in prime cure, domanda
che sarebbe lecito avanzare in appello, giacché, senza le
dere il diritto del garante, il giudice di secondo grado,
con la interlocutoria con cui ne ordina la chiamata in
causa, rinvierebbe, ai termini dell'art. 492, la causa istes
sa davanti il primo giudice. Nella specie però l'interesse nel Ferrara di eccepire
la nullità della citazione deriva unicamente dalla con
danna nelle spese inflittagli con la sentenza contumaciale.
Ma, siccome per ottenere la revoca di quella condanna
dovrebbe egli non solo vedere accolta l'eccezione di nul
lità, ma dovrebbe anche riuscire vittorioso nella decisio
ne del merito della lite, così è opportuno che per prima
sul merito si provveda, tanto più che, in vista dei con
traddittori certificati prodotti dalle parti per accertare se
il convenuto risieda a Rivisondoli, dove ebbe a notifi
carsi la citazione, od a Roma, sarebbe costretta la Corte
a disporre una prova testimoniale, che si invoca dall'ap
pellante e che rimarrebbe inutile se l'appellante istesso
non riuscisse a dimostrare di aver sottoscritto l'obbliga
zione del 31 maggio 1902 per un debito di giuoco. Ove si desse una tale dimostrazione, la domanda del
Caniglia sarebbe certamente da respingersi.
E inutile andar ricercando se le obbligazioni natu
rali siano suscettive di novazione e se nel novero delle
pbbligazioni istesse si debba oppur no comprendere il
'legge determinati, ha anche eccepire
debito di giuoco, giacché da una parte la legge, dopo
di aver fatto cenno nell'art. 1237 delle obbligazioni
naturali, tratta separatamente della materia del giuoco,
e d'altra parte nessuna novazione avrebbe posto in es
sere il Ferrara col rilasciare il chirografo, per essersi
con esso, non già estinto, ma solo riconosciuto l'origi
nario debito, che a motivo di giuoco si sarebbe da lui
assunto.
La questione sta invece tutta nel vedere se, col ri
conos3ere un debito per giuoco, sia stato possibile al
Ferrara concedere al Caniglia quell'azione che per de
biti di simil genere la legge espressamente nega.
Si ammetta pure che a chi ha contratto un'obbliga
zione naturale non è di regola vietato di obbligarsi ci
vilmente ; si ammetta che l'azione verrà allora a sorgere
per l'obbligo in tale maniera assunto, obbligo che aven
do per base l'anteriore rapporto, che costituisce pur sem
pre un debito, quantunque non passibile di azione, non
è senza causa, e riesca a liberarsi dal vincolo delle for
malità solenni richieste per gli atti di donazione. Ma
tutto ciò sarà per altro possibile solo quando la legge,
mentre non presta sussidio col concedere l'azione, non
resiste all'obbligazione primitiva. Resistendovi, la pri
mitiva obbligazione, sebbene riconosciuta nelle forme ci
vili, continua ad essere imperfetta per un motivo imma
nente, giacché non cangia la causa.
E così accade appunto in materia di giuoco.
Ad onta del riconoscimento del debito già contratto,
le parti si trovano sempre nel caso previsto dall'art. 1802
del codice civile. Il creditore reclama il pagamento di
ciò che ha vinto, mentre pel pagamento dei debiti di
giuoco non è concessa azione. Egli non ha altro che la
promessa che sarà pagato, e non si può promettere col
l'effetto di attribuire quell'azione che si trova negata per
un motivo di ordine pubblico, pel motivo cioè che il
giuoco isterilisce l'uomo come fonte di produzione, men
tre è supremo interesse della società che nessuno sia di
stratto dal lavoro.
Né vale obiettare che la legge, se convalida il paga
mento del debito di giuoco perchè, pagando, il perdi
tore riconosce di essere vincolato, e se approva un tal
riconoscimento volontario, non dovrebbe poi togliere ef
ficacia alla conferma espressa, non essendo lecito nega
re a questa il valore attribuito alla conferma tacita ri
sultante dal pagamento, e non vale ciò obiettare per
l'evidente motivo che, nonostante la conferma espressa,
bisognerebbe pur sempre ricorrere a quell'azione che non
si ò voluta concedere in riguardo ad un debito, il quale,
confermato o no, è sempre un debito di giuoco.
Per questi motivi, ecc.
CORTE D'APPELLO DI GENOVA. Udienza 31 ottobre 1905; Pres. Valbusa, Est. Fani; De
Silvestri c. Tiscornia.
Appello — lllnnmin all'appello principale — Appello
incidentale posteriore — AuiniessibililA (Cod. proc.
civ., art. 487).
La rinunzia all'appello principale non pregiudica il di
ritto dell'appellato di proporre appello incidente sino
al momento della discussione della cauta. (1)
(1) La Corte di Genova conferma cosi la massima già ac
colta in altre sue precedenti sentenzo (cfr. sent. 11 marzo 1902
e 15 settembre 1893, Furo it., Rep. 1902, voce Appello ciò., n. 184,
This content downloaded from 195.34.78.78 on Wed, 18 Jun 2014 15:42:23 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions