Udienza 26 luglio 1893; Pres. Tondi P., Est. L. M. Tommasi, P. M. Quarta; Pelosi (Avv. Pacelli) c.Rossini (Avv. De Siano)Source: Il Foro Italiano, Vol. 18, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1893), pp. 1219/1220-1221/1222Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23097903 .
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1219 PARTE PRIMA 1220
sua di clover pagare la rendita terratica che le veniva
domandata in qualità di erede dell'antico colono Vin
cenzo Pelle, che la pagava al benefìcio di S. Giovanni
Battista, ora soppresso, la Corte si limitò a dire che
alla mancanza del titolo originario si supplisce col
l'antica rivela fatta del beneficiario al suo supe
riore, coll'apprezzo della rendita del fondo allora
posseduto dal detto Vincenzo Pelle, e col ruolo ese
cutivo formato nel 1829; ma non si fa dimostra
zione alcuna, di ciò che in detti documenti si fosse
dichiarato, come avrebbe dovuto farsi per pro
vare qual'era il titolo dell'obbligo che gravava il
Vincenzo Pelle e che siasi potuto trasmettere nella
Concetta Pelle, locchè era importante ben definirsi
per misurarne poi gli effetti in ordine all'altra ec
cezione, pure capitale, che si faceva, di essere ornai
ogni azione nascente da quei titoli prescritta. E
qui è ancora da notarsi che appunto per scalzare
una tale eccezione la Corte si contenta di dire che
per la non fatta rinnovazione del ruolo nel tren
tennio non si può dedurre la prescrizione di esso,
perocché pel sovrano rescritto del 12 febbraio 1838
e per la costante giurisprudenza si è sempre ri
tenuta inutile la rinnovazione dei ruoli quando si
tratta di canoni e prestazioni enfiteutiche. Ma co
me è stato or ora avvertito, la Corte non si era
punto curata di determinare qual'era la vera na
tura della prestazione che si chiedeva dal Fondo
culto, se dovuta in forza di colonia perpetua o di
contratto enfiteutico. E se è vero che per le en
fiteusi il decreto del 1838 dichiarò non necessaria
la rinnovazione del titolo, nulla è ivi disposto per
le colonie perpetue. Ora, se anche per queste do
vesse applicarsi la stessa regola che per le enfiteusi
doveva esaminarsi e giudicarsi dalla Corte di merito,
se voleva adempiere all'obbligo di dare i motivi in
fatto ed in diritto del suo pronunziato.
Ma ciò omise la Corte, contentandosi dell'enun
ciazione di un principio astratto che poteva esse
sere applicabile solo quando si fosse ben definita
la natura giuridica della prestazione che era stata
dedotta in giudizio.
Per questi motivi, cassa, ecc.
2169 delle leggi civili prescrivendo che dopo 28 anni dalla data dell'ultima scrittura, il debitore di una rendita può essere astretto a somministrarne a proprie spese una nuova al suo creditore o a quelli che abbiano causa da lui, si è
proposto il dubbio da taluni titolari di benefici ecclesiastici, se debbono essi compellere i rispettivi debitori alla rinno vazione dei titoli, malgrado la esistenza dei ruoli esecutivi. La Commissione dei presidenti presso la Gran Corte dei
conti, d'ordine superiore, ha preso in esame un tale ogget to , ed essa considerando ohe con la formazione dei ruoli fu interrotta la prescrizione trentennale, e che daltronde l'art. 24 del regolamento annesso al real decreto dei 19 di cembre 1816 fu diretto ad una più sollecita esecuzione del oitato art. 2169 delle leggi civili, non già all'abrogazione del medesimo, ha perciò all'unanimità opinato ohe i tito lari dei benefici ecclesiastici possono oompellere i rispettivi debitori alla rinnovazione dei ruoli nei oasi contemplati dal real deoreto del 2 maggio 1822, scorsi che siano i 28 an ni dal dì della prima eseguita rinnovazione. Questo real Ministero essendosi uniformato a tale avviso, io m'affretto a parteciparlo, ecc ».
A dimostrare maggiormente come i censi e le terraggiere sono ritenuti dal legislatore diritti creditori e quindi sog getti alla prescrizione, vuoisi notare che la legge sull'im posta della ricchezza mobile con l'art. 5 ha soggettati al
l'imposta i censi e le terraggiere, e con l'art. 6 ha abolito le ritenute, che, in relazione al tributo fondiario, furono stabilite a favore dei debitori dei censi e di tutte le terrag giere.
Prof. S. Jannuzzi. '
CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA.
Udienza 26 luglio 1893; Pres. Tondi P., Est. L. M.
Tommasi, P. M. Quarta; Pelosi (Avv. Pacelli) c. Rossini (Avv. Db Siano).
liocazione — Bàssnrlment» doloso della cosa lo
cata — Responsabilità (Cod. GÌ V., art. 1151,
1569). Dazio consumo — Appaltatore esercente — Prov
vista di merce — Appaltatore successivo —
Responsabilità (Cod. CÌV., art. 1151).
Al conduttore e vietato di sfruttare nelV ultimo
periodo della locazione la cosa locata, in modo
da esaurirne o diminuirne la produttività. (1)
Quindi all'appaltatore del dazio consumo, che è
nel contempo esercente, non è lecito negli ultimi
giorni dell' appalto fare straordinaria provvista dì generi soggetti a dazio. (2)
La Corte, ecc. (Omissis). —
Osserva, sull'ultimo
assunto del ricorso, che l'esercizio del proprio di
ritto si arresta là dove induce la locupletazione
con l'altrui detrimento. A questo giuridico prin
cipio s'informavano le antiche, e s'informano an
cora le moderne legislazioni, le quali non consen
tono che taluno si arricchisca con l'altrui iattura.
Parve in ogni tempo contrario all'equità, nonché
alla morale, che sotto il pretesto dell'uso di un di
ritto si attentasse all'altrui.
Il principio che non incontra civile responsabi lità chi si avvale del proprio diritto, deve essere
inteso secundum rationem legis, nel senso che il
moderatore ed arbitro delle proprie cose non offen
da le ragioni altrui, che non ne trasmodi, che si
contenga nella cerchia prestabilita dalla legge, cioè
che nello svolgimento del suo diritto non ne faccia
un uso vietato dalla legge o dai regolamenti (art.
436 cod. civ.). I diritti di uno spesso vengono in
conflitto con quelli di un altro, onde il bisogno di
contemperarli a fin di mantenere in armonia i rap
porti sociali, che resterebbero turbati se, sotto pre
testi dell'esercizio di un diritto, si offendesse l'al
trui, che pur vuole essere rispettato.
(1-2) La sentenza confermata dalla Corte d'appello di Ro ma 14 luglio 1892 è riassunta nel Repertorio del 1892, voce Dazio consumo, n. 167. V. pure ivi (n. 168 e 169) le sentenze delle Corti di appello di Napoli 18 maggio 1892, e di Torino 80 gennaio 1892. Ricordiamo che la stessa suprema Corte di Roma con sentenza 1 giugno 1891 (ivi, n. 166) ritenne clie
l'appaltatore il quale ènei tempo stesso esercente può nella fine del suo appalto introdurre nell' esercizio qualunque quantità di merce, rilasciando a sè stesso la relativa bol letta di sdaziamento.
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1221 GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE 1222
Or il conduttore, cui i Pelosi ben si appongono
di assimilare l'appaltatore del dazio consumo, non
può nell'ultimo periodo del suo godimento, senza
ledere gli altrui diritti, sfruttare la cosa locata in
maniera da sterilizzarla e da consegnarla al pro
prietario, ovvero al nuovo affittuario, in tale stato
da non potere l'uno o l'altro per del tempo ritrar
re i frutti di cui fosse capace o da conseguirli in
minore quantità di quelli che avrebbe ricavato se
al dolo non si fosse fatto ricorso.
I diritti del fittaiolo o dell'appaltatore sono mi
surati dalia durata del contratto (art. 1509 cod.
civ.) e non possono perciò spiegare i loro effetti
oltre un tal termine, con indebito lucro in danno
del proprietario o di chi per esso subentri nel go
dimento della cosa locata o appaltata.
La quantità dei generi soggetti ad imposta è de
terminata economicamente dal consumo nel Comune
cui il dazio si riferisce, in modo che l'appaltatore
non ha diritto che a percepire l'imposta sopra le
merci che spontaneamente si sdaziano sulla previ sione del consumo e non pure su quella ingente
straordinaria quantità di cui egli con macchinazioni
procuri lo sdaziamento, o profittando della sua qua
lità di esercente faccia introduzione nella cinta da
ziaria o nel suo spaccio, e che un accorto industrian
te non avrebbe sdaziato se non avesse avuto il pro
posito di far proprio il dazio che altri avrebbe
riscosso senza il maneggio doloso o l'accennata op
portunità.
In tali incontri l'appaltatore travalica i confini
del proprio diritto, compie un atto illegittimo, e ar
ricchisce col danno altrui e reca al terzo nocumento
risarcibile, a termini dell'art. 1151 cod. civ.
Or codesto Rossini, con i fatti innanzi trascritti de
dotti a prova, oppone ai Pelosi — dal momento che
assume di avere i medesimi introdotto nella loro
pizzicheria in Monterotondo, Comune aperto agli ef
fetti dell'azienda daziaria, negli ultimi giorni del
l'appalto di uno di essi, detto Andrea, ingenti quantità di generi colpiti dal dazio in detrimento della succes
siva gestione daziaria — ciò che costituisce, come
ben dissero i giudici di merito, fatto illecito, che
schiude adito a civile responsabilità, in base al prin
cipio nemo locupletavi debet cum aliena jactura. Di tal che anche l'ultimo assunto dei Pelosi si
ravvisa destituito di giuridico sostrato.
Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. Udienza 10 aprile 1893; Pres. Puccioni, Est. Pu
gliese; Ministero della guerra e. Avallone.
Danni di guerra — Danni mediati e immediati — Azione di risarcimento — Competenza del
l'autorità. giudiziaria.
In materia di danni di guerra non compete azio
ne per risarcimento verso lo Stato se non per i
danni mediati, dipendenti cioè da un'azione preor dinata e da uno studio preventivamente fatto
per provvedere alle esigenze della guerra, ma
non per i danni immediati, derivanti dallo scop
pio effettivo della guerra e dalle necessità mo
mentanee del combattimento. (1)
La Corte, ecc. — Ha considerato che le Sezioni
unite di questa Corte regolatrice abbiano già avuto
occasione di pronunziarsi in ordine ai casi di com
petenza dell'autorità giudiziaria a conoscere delle
domande d 3i privati per risarcimento di danni re
cati dal fatto di guerra. I principi stabiliti dalle
decisioni precedenti, per la esatta osservanza della
legge, si fondano precipuamente su la distinzione,
indispensabile a farsi, fra danni immediatamente
derivati dallo scoppio effettivo della guerra, o me
glio conseguenze improvvise, imprevedute, prodotte
dall'attualità dell'azione bellica e dalle necessità mo
mentanee del combattimento: e danni che possono considerarsi mediati, o meglio dipendenti da un'azio
ne preordinata, da uno studio preventivamente fatto
circa i modi come far fronte all'esigenze della guer
ra medesima prima che abbia a verificarsi lo scon
tro degli eserciti ed innanti che avvengano quelle
urgenti necessità, alle quali può dar luogo il com
battimento. Distinzione cotesta tanto più razionale
ed inevitabile allora quando trattisi di azione pro mossa per indennizzo di requisizioni compiute in
occasione dello assedio di una fortezza, avvegnaché
in simiglianti casi non si può non riconoscere un
duplice periodo; quello, cioè, dello studio tecnico
militare di tutto ciò che può abbisognare per la
buona riuscita dello assedio da parte degli asse
diane, dello apparecchio dei mezzi e delle misure
convenienti per far capitolare presto la piazza
presa di mira; e l'altro, che potrebbesi dire di
effettiva azione assediatrice, di reale combattimen
to contro gli assediati. Periodo quest'ultimo che
talvolta crea dei bisogni impellenti, non determi
nati, nè preveduti dagli studi precedenti, e dà luogo
ad esigenze anche momentanee, le quali costitui
scono necessità surta allora per allora e che con
ogni mezzo deve essere urgentemente appagata per
non compromettere il risultato finale delle opera zioni già cominciate.
È parte naturale del giudizio su la competenza,
(1) Giurisprudenza costante. Vedi le numerose sentenze
pubblicate in questa Raccolta o riassunte nei nostri Reper tori alla voce Danni di guerra.
V. pure le recenti deoisioni della stessa Cassazione di Roma 11 marzo, e 22 febbraio 1893 (retro, col. 587 e 466, con note di richiami) e 19 dicembre 1892 (Legge, 1893,1, 73), e quella della Cassazione di Firenze 14 novembre 1892 (Temi veneta, 1893,6).
Consulta anche le note del oh. prof. Gabba pubblicate in questa Raooolta (1832, I, 1155, e 1839, I, 200), e per quanto riguarda l'applicabilità dell'art. 76 della legge 25 giugno 1865 sulle espropriazioni ai danni prodotti da occupazione di immobili per opere di difesa dell'esercito nazionale, ese guite prima o dopo l'apertura delle ostilità, vedi Sabbatini, Legge sulle espropriaz. per p. u., 2» eliz., vol. II, pag. 374 e segg.
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