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Udienza 27 novembre 1905; Pres. Perfumo, Est. Faggella; Ditta fratelli Branca di Milano (Avv.Gianturco, Albasini Scrosati, De Martino) c. Ditta fratelli Branca di Marigliano (Avv. Grippo,Marghieri, De Marino)Source: Il Foro Italiano, Vol. 31, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1906), pp. 41/42-55/56Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23111038 .
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GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE
La Corte, ecc. — Se non può disconoscersi come la
dottrina e la giurisprudenza siano sempre largamente di
scordi sulla questione di diritto giudiziario che la Corte
è chiamata a decidere, pure è con altrettanta fermezza
di convinzione che avvisa di rimanere costante ai suoi
diversi precedenti giudicati, nel senso che la rinunzia
all'appello principale, fatta o prima della scadenza del
l'udienza assegnata per la comparizione, o nelle more del
giudizio, se non sia stata accettata incondizionatamente
dalla parte appellata, non è efficace a far venire meno
in questa il diritto di proporre appello incidente.
Nè la Corte a pro' della sua tesi crede doversi dilun
gare in una dettagliata dimostrazione del fondamento del
suo assunto, limitandosi a quanto occorre per soddisfare
all'onere che incombe al magistrato di dar ragione della
sua decisione.
All' uopo basterebbe fermarsi al disposto dell'art. 487, che nella lettera, nel suo spirito e nella sua genesi sto
rica rende palese la verità della tesi che la rinunzia al
l'appello principale non pregiudica il diritto a quello in
cidente, e che in sostanza, una volta introdotto l'appello
principale, l'intimato ha tosto quesito il diritto a pro
porre l'incidente fino al momento della discussione, an
corché l'appellante non persista nel suo, perchè appunto
per legge (art. 487 cod. proc. civ.) nelle cause civili som
marie l'appello incidente non può proporsi che nelle con
clusioni alla prima udienza in cui si tratta la causa e
l'appellante principale coli' introduzione dell'appello apre
all'appellato l'adito a proporre il suo, instaurando il giu dizio di secondo grado.
E di vero, tale proposizione ivi si proclama in modo
assoluto e senza restrizione, nò distinzione ; ivi non si
accenna nè a condizione che al momento del recesso del
l'appello principale quell'incidente sia stato proposto, nè
che il ritiro avvenga dopo scaduto il termine per appel
lare, o dopo la contestazione della lite.
E giusta apparisce una siffatta ampia disposizione a
favore dell'appellato, perchè altrimenti il diritto dell'ap
pello incidente rimarrebbe alla piena mercè dell'appel lante principale, il quale potrebbe all'ultimo momento, con un improvviso recesso, impedire all'intimato di pro
porre il suo incidente, e cosi si favorirebbe le frodi e le
maligne manovre, cui non est indulgendum, giacché non
potendo l'appellante nei giudizi sommari proporre il suo
appello incidente, come si è detto, che all'udienza di di
scussione, ammessa la teoria del Tiscornia, l'appellato, coli' ultroneo atto di recesso dell'appellante, non potrebbe
più appellare incidentalmente. E questa sarebbe una ma
nifesta ingiustizia, perchè l'appello incidente, sebbene
nasca in occasione dell'appello principale in cui incide, ha una vita propria e indipendente, e non è affatto un
accessorio di quello principale; che sa fosse altrimenti,
o Rep. 1893, stessa voce, n. 192), conforme all'opinione seguita dalla maggioranza degli autori, ma opposta invece a quella prevalente nella giurisprudenza. Veggansi infatti le decisio ni contrarie delle Cassazioni di Roma e di Napoli 16 maggio 1902 e 10 marzo 1903 (Foro it., 190-', I, 1293; 1903, I, 894), nonché
posteriormente: Cass. Torino 31 dicembre 1902 (id,., E e p. 1903, voce Appello civ., nn. 174-176); Cass. Napoli 30 gennaio e 14 marzo 1904 (id., Rep. 1904, voce cit., nn. 208, 209); App. Trani 7 maggio 1904 (ibidem, n. 210).
Per un'amplia trattazione della questione, e per altre indi cazioni di dottrina e giurisprudenza, rimandiamo alle note do
gli avv. G. Pouchain e L. Busatti (Foro it., 1902, I, 1293; 1891, I, 34), il primo favorevole, l'altro contrario all'ammessibilità
dell'appello incidente anche dopo la rinuncia all'appello prin cipale.
l'appellante principale si renderebbe l'arbitro della in
tiera lite, con violazione di quella parità di trattamento
che devono godere anche le parti contendenti, perchè in
conclusione l'intimato perderebbe l'esercizio del suo di
ritto per fatto della sola volontà dell'appellante princi
pale.
Nè potrebbe obiettarsi che l'intimato, per assicurarsi di
potere anche esso appellare, avrebbe dovuto esser cauto di
farlo colla forma dell'appello principale, perchè così si demo
lirebbe tutto l'istituto giuridico dell'appello, e si rendereb
be inutile quello dell'appello incidente, che il legislatore ha
introdotto per la celerità del giudizio in grado d'appello. Altro argomento d'altronde si ritrae dallo stesso di
sposto dell'art. 447 cod. proc. civ., che dichiara l'inef
ficacia dell'appello incidente solo quando sia inefficace
quello principale per essere stato interposto fuori termi
ne ; onde se ne inferisce che, proposto in termine utile, nul
la può influire sulla sua ricevibilità o no il recesso dal
l'appello principale. Infine vi ha un argomento desunto
dalla genesi di tale art. 487 cod. proc. civ., che sempre
più persuade del fondamento della tesi suaccennata, per
chè la disposizione ora in vigore, a differenza di quella
dell'art. 540 cod. proc. civ. del 1859, non richiede più per
la sussistenza dell'appello incidente, dopo il recesso di
quello principale, che si sia introdotto prima della rinun
zia. (Omissis). Per questi motivi, ecc.
CORTE D'APPELLO DI NAPOLI Udienza 27 novembre 1905; Pres. Perfumo, Est. fag
gella; Ditta fratelli Branca di Milano (Avv. Gian
torco, Albasini Sorosati, De Martino) e. Ditta fra
telli Branca di Marigliano (Avv. Grippo, Marghieri, De Marino).
Ditta e nome commerciale — Omonimia — Prodotto
commerciale — Denominazione identica a quella di
altro prodotto altrni — Concorrenza sleale o illecita
(L. 30 agosto 1868 sai marchi di fabbrica, art. 5). La concorrenza sleale risulta dallo scopo fraudolento di
diffondere un prodotto commerciale a danno di un
altro, e da mezzi preordinati ed atti a raggiungere
questo scopo mediante V inganno del pubblico sulla
identità e sulla qualità dei prodotti concorrenti. (1) Il diritto all'uso del nome commerciale deve essere eser
citato legittimamente e senza offesa dei diritti altrui, sicché anche l' uso del proprio nome identico a quello di altro commerciante può costituire un mezzo di con
(1) La sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere 5 agosto 1904, riformata dalla presente importante ed elaborata decisione della Corte d'appello di Napoli, è riassunta nel nostro Repertorio del 1904, voce Ditta e nome comm., nn. 20-22.
Sulla determinazione degli estremi costitutivi della con correnza sleale, cfr. da ultimo App. Firenze 13 novembre 1898 (Foro it., 1899, I, 227, con nota del Giannini); e per la giuri sprudenza posteriore: App. Genova 17 luglio 1899 (id., Eep. 1899, voce Ditta t nome comm., n. 14); App. Firenze 21 luglio 1899 (ibid., n. 15-19) ; Trib. Napoli 30 agosto 1899 (id., Eep. 1900, stessa voce, nn. 25-27); App. Venezia 3 novembre 1900 (ibid., nn. 29-30) e 7 dicembre 1900 (id., Eep. 1901, stessa voce, nn. 15-17) ; Cass. Palermo 10 giugno 1902 (id., Eep. 1902, stessa voce, n. 11) ; Trib. Eoma 11 giugno 1902 (ibid., n. 16); Trib. Palermo 25 luglio 1902 (ibid., n. 14) ; Cass. Torino 28 dicembre 1903 (id., Eep. 1904, stessa voce, nn. 34, 35); Cass. Palermo 30 gen naio 1904 (ibid., n. 14); Trib. "Venezia 14 aprile 1904 (ibid., n. 51) ; App. Venezia 13 luglio 1904 (ibid., nn. 28-33); App. Eoma 2 agosto 1904 (ibid., n. 39).
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43 PARTE PRIMA 44
correnza sleaie, quando sia diretto a contrassegnare un prodotto identico a quello preesistente del commer
ciante omonimo e ad ingenerare confusione tra i due
prodotti. (2) La responsabilità per omonimia può essere dolosa, colposa
od anche obiettiva, e si fonda sulla illegittima usurpa
zione dell'altrui attività industriale o commerciale. (3)
Per un prodotto assai diffuso basta a cagionare confu
sione, ed a costituire perciò un mezzo di illecita concor
renza, V identità della denominazione principale (nella
specie, fernet Fratelli Branca), quando, anche esistendo
differenze nelle parti accessorie della denominazione,
esse siano tali da passare inavvertite. (4)
La Corte, ecc. — Osserva che la ditta milanese scor
ge nell'uso del nome della ditta di Marigliano, apposto
al prodotto che questa espone in commercio e vende,
una concorrenza sleale a suo danno, per la confusione
che genera la identità della denominazione fra la pro
duzione commerciale dell'una e quella dell'altra. E' da
osservare che il nome commerciale della ditta milanese
(2-3) Sulla concorrenza sleale per omonimia, cfr. in senso
conformo, Cass. Palermo 18 luglio 1901, La Rosa c. La Rosa
(Foro it., Rep. 1901, voce Ditta e nome comm., n. 31); e la sen
tenza App. Milano 14 febbi'aio 1900, Carlo Erba c. Carlo Erba
(id., Rep. 1900, stessa voce, n. 6), che ha risoluto una questio ne sotto vari rapporti identica a quella che ba dato luogo alla
presente sentenza, ritenendo che il titolare d'una ditta com
merciale ha diritto d'imporre a colui che inizia lo stesso com
mercio sotto il suo proprio nome, corrispondente a quello della
ditta stessa, di aggiungervi delle indicazioni dirette ad evitare
la perfetta omonimia: nella specie, di aggiungere al nome la
paternità negli stessi caratteri del nome e la data di fonda
zione della nuova casa in caratteri non più piccoli della metà
di quelli adoperati pel nome. — In senso sostanzialmente con
trario, ma per .un caso solo in parte analoga, cfr. App. Go
nova 30 giugno 1900, Branca c. Melzi-Branca (id., Rep. 1901, stessa voce, nn. 30, 31).
Nella sentenza che qui pubblichiamo la Corte di Napoli ha in sostanza ritenuto che la fonte dolla responsabilità per omonimia consista nell'uso illegittimo del diritto al nome.
In senso conforme il Vivante, Trattato, I, n. 154, secondo il
quale il giudice può costringere il commerciante a contrassegna re il suo nome con qualche aggiunta
" quando ciò sia necessario
per distinguerlo da un omonimo che si servi perii primo del
lo stesso nome in commercio, perchè il diritto di usare del
proprio nome deve essere limitato dal dovere di non danneg
giare chi ne è già in possesso e di non trarre in inganno la
buona fede del pubblico ; solo a questo modo il nome rag
giunge il suo scopo di contrassegnare e distinguere coloro che
lo portano, nè si può dire che si rechi offesa al diritto intangi bile e sacro d'usarlo solo perchè si impedisce a chi lo pos siede di farne un uso sleale r. Il Giannini, La concorrenza
sleale, n. 83 e segg., segue invece una diversa opinione, poi
ché, distinguendo tra la ditta come firma e la ditta come se
gno reale, sostiene che " chi intraprende un commercio od
una industria già osercitata da un omonimo può e deve usare
della sua ditta come firma, ma di questa ditta, che risponderà al suo nome patronimico, non può usare come marca, o, per essere più. precisi, ne potrà usare purché non usurpi la ditta
altrui „. Cfr. anche, Camerano, Omonimi in commercio, nel Con
sulente comm., 1903, 137; e sulla teoria generale dell'abuso dei
diritti, cfr. il rocente ed importante scritto del Josserand, De
l'abus des droits, Paris, 1905.
Circa la natura del diritto al nome commerciale, cfr. Cass.
Firenze 12 marzo 1903, Pagliano c. Pagliano (Foro it., 1903,
I, 475, con nota dell'avv. P. Casini); App. Milano 17 gen naio 1905 (Riv. di dir. comm., 1905, II, 115); e per la dottrina,
RavA, I diritti sulla propria persona, nella Riv. it. per le scien
ze giur, 1901; e da ultimo Ascoli, Sul diritto al nome comvier
ciale, nella liiv. di dir. comm., (loc. cit.).
(4) Conformemente App. Napoli 30 ottobre 1901 (Foro it., Rep. 1901, voce Ditta, e nome comm., n. fi) ; in senso contrario App. Genova 30 giugno 1900 (id, Rep. 1901, stessa voce, nn. 32, 33).
è Fratelli Branca, e quello della ditta di Marigliano, come risulta dal suo atto costitutivo, è il seguente: Fra
telli Branca fu Carlo e C. Invero all'art. 2 del rogito di costituzione 5 gennaio 1903 è detto:
" Si è formata fra
i costituiti una società in accomandita semplice, sotto
la ditta Fratelli Branca fu Carlo e C., con sede in Ma
rigliano Ora le parole " con sede in Marigliano „ non
formano parte integrante della ragione sociale, ma indi
cano solamente il luogo ove la società poneva la propria sede. E questa verità è fatta ancor più palese dall'art.
13 dello stesso rogito, in cui i soci stabiliscono : " In
qualunque caso di scioglimento della società la ditta
Fratelli Branca fu Carlo e C. apparterrà al costituto
sig. Michele Branca o suoi eredi Nò sembra superfluo notare che la ditta milanese figura del pari nelle eti
chette, depositate in virtù della legge 30 agosto 1868, e
pur oggidì usate, come pur dimostra la stessa ditta di
Marigliano nella, riproduzione a stampa delle etichette
delle due ditte, colla denominazione Fratelli Branca e
Comp.
Non può quindi ritenersi, come a semplice scopo di
difesa assume la ditta di Marigliano, che la sua ragione sociale consista nella lunga denominazione di " Fratelli
Branca fu Carlo di Marigliano con sede di Napoli luo
go di origine degli accomandatari. E in tutte le forme
di pubblicità e sulle etichette, in un solo rigo la ditta
di Marigliano imprime il suo nome commerciale limi
tato alla formola : Fratelli Branca fu Carlo e C. La
sede della società è indicata in una riga sottostante e
con. caratteri più piccoli e di minor rilievo.
Stabilito così che il nome commerciale della ditta di
Marigliano è quello di Fratelli Branca fu Carlo e C., e
che il nome dato al prodotto ò identico, occorre discen
dere all'indagine : se l'uso e il modo e la forma di que
sta denominazione e della relativa pubblicità produca una
confusione delle ditte e dei relativi prodotti. Bisogna ri
cercare, in sostanza, se nella specie esista o no da parte
della ditta di Marigliano la perpetrazione di una concor
renza sleale ai prodotti della ditta Branca di Milano, che
da lungo tempo smercia e diffonde in tutti i mercati
del mondo il suo prodotto, che va sotto il nome di Fer
net dei Fratelli Branca e C.
Non mai come in questa parte del diritto ha regnato
nella dottrina e nella giurisprudenza tanta incertezza
di criteri direttivi nell'apprezzamento delle circostanze
di fatto costitutive della concorrenza sleale e nella deter
minazione, dal punto di vista scientifico e pratico, di
questa figura giuridica. La incertezza dipende dalla infinita varietà delle con
tingenze speciali di fatto e dalla moltiplicità delle forme
artificiose e fraudolente adoperate dai concorrenti nella
espansione delle industrie e dei commerci; onde la dot
trina e la giurisprudenza spesso hanno smarrito i grandi
e sintetici principi direttivi, atti a risolvere qualsiasi
difforme artifizio di concorrenza sleale ; e, se ben si con
sideri, hanno finito di diffondersi in una confusa e mi
nuziosa casistica, ove i contendenti trovano insegnamenti
e decisioni confortatrici di opposte tesi.
Nò minor confusione domina nelle legislazioni, per
chè alcune lasciano la repressione della concorrenza sleale
alle disposizioni generali del diritto positivo, come in
Italia e nella maggior parte degli Stati, e altre conten
gono norme speciali, come il regio decreto portoghese
15 dicembre 1894 e la legge germanica 27 maggio 1896, l'uno troppo ristretto e deficiente, l'altra troppo empi
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giurisprudenza civile e commerciale
rica e indeterminata. Alcune teorie ricorrono al con
cetto dell'abuso di un diritto e della violazione di un
diritto altrui ; altre, al concetto generico di qualunque fatto che, senza costituire una diretta violazione di una
precisa norma di legge, può essere dannoso all'altrui le
gittimo interesse materiale o morale;'altre, all'uso di
mezzi fraudolenti e di manovre riprovate dall'onestà e
dalla lealtà; altre, al lavoro del commerciante di attirare
fraudolentemente a sé la clientela altrui; altre, alla for
inola di una disonesta, subdola e perfida rivalità di com
mercio.
Ma tutte le teorie, piò o meno apertamente, si fon
dano sul concetto del delitto o del quasi-delitto (art.
1151 cod. civ. ital. ; 1382 cod. civ. franc.; 50 cod. fed.
delle obbl. ; 998 cod. civ. rumeno; 1401 cod. civ. olan
dese). La giurisprudenza ò ancora più incerta ed empirica,
sia quella italiana che straniera, raramente assorgendo a
idee generali. Alcuni pronunziati però fanno consistere
la concorrenza sleale nell'uso di artifizi più o meno ma
nifesti per far passare la propria merce sotto il nome
altrui, o nell'adattare distintivi di altri produttori per
modo da ingenerare confusione tra una fabbrica e un'al
tra, ovvero nell' uso di artifizi o raggiri che non costi
tuiscono falsificazione di marchi. Altre dottrine rag
gruppano gli atti di concorrenza sleale in categorie più
o meno ampie. In queste primeggiano e il gruppo de
gli atti inducenti confusione fra gli stabilimenti com
merciali o fra le merci, e il gruppo degli atti miranti
all'esaltazione della propria merce e allo svilimento della
merce altrui mediante confronti nominativi e denigra
zioni, e il gruppo degli atti aventi per scopo di sviare
l'altrui clientela e attrarla a sò con mezzi illeciti o
fraudolenti.
Pei fini della presente contestazione sarebbe un fuor
d'opera discutere sull'esattezza e la estensione di queste
categorie, e basta osservare che la ditta attrice, secondo
l'intentio del suo atto istitutivo del'giudizio e le sue com
parse conclusionali in prima e seconda istanza, denun
ziava gli atti di concorrenza sleale che rientravano in
tutti e tre gli enunciati gruppi. •Ora è certo che il primo e terzo capo di fatti arti
colati nell'atto di citazione e nella comparsa conclusio
nale si riferiscono al primo gruppo o alla prima forma
della concorrenza sleale; il secondo e quarto al secondo
gruppo o alla seconda forma, e l'ultima parte del quarto,
al terzo gruppo o alla terza forma.
Che poi queste tre grandi categorie di fatti illeciti e
fraudolenti costituiscano indubbiamente fatti di concor
renza sleale, è unanimemente ammesso da tutte le teorie
escogitate sulla concorrenza sleale e in tutti i pronun
ziati della giurisprudenza italiana ed estera.
La vera e propria concorrenza sleale, per quanto sia
grande l'autorità delle molteplici teorie che si conten
dono il campo in Italia e fuori, più che altro delitto o
quasi delitto, è una tessitura di frode, che il commer
ciante sleale espande sui mercati a danno del commer
ciante frodato.
Essa, nella sua sintesi, si compone di due elementi:
subiettivo e obiettivo. Il primo consiste nel proposito o nel fine di espan
dere nel mercato il prodotto del frodatore a detrimento
del frodato, vale a dire di operare una illegittima con
correnza al prodotto altrui, diminuendone la diffusione e
lo smercio, e creando o accrescendo la diffusione e la -sen
dita del proprio. La confusione dei due prodotti, la de
nigrazione del prodotto altrui, l'ingiusto ed esagerato vanto del proprio in confronto degli altri, le manovre, 10 studio delle somiglianze, lo sviamento della clientela, tutte le altre operazioni dolose compiute dal concorrente
sleale ed enumerate dalla dottrina e dalla giurisprudenza, non sono che i mezzi. E alcuni di questi mezzi sono
anch'essi costituiti da un complesso di atti o di raggiri
o di manovre.
L'elemento obiettivo è costituito dalla concreta at
tuazione dei mezzi ordinati al raggiungimento del pro
posito di frode. Esso però, se nella sua concezione sin
tetica va considerato nel suo ultimo risultato, deve es
sere, nei singoli casi, studiato e scisso in tanti altri ele
menti, fatti o atti, preordinati, collegati fra loro. L'er
rore comune a tutte le dottrine e alla giurisprudenza, italiana ed estera, consiste appunto in questo: nell'avere
scambiato i singoli atti connessi e costituenti il mezzo
obiettivo di concorrenza sleale con questa, ritenendolo
11 fine ultimo del frodatore. E si aggirano nell'equi
voco, scambiando le varie specie di mezzi colle forme
della concorrenza. E da questi difetti non è immune
neppure la legge germanica del 27 maggio 1896, la quale, al § 1, enuncia demonslrationis causa taluni mezzi do
losi di concorrenza, capaci d'ingannare la buona fede
del pubblico, facendo in essi comprendere la figura giu
ridica della concorrenza, onde si è disputato se questa si
possa concretare anche in altri fatti.
I mezzi sono innumerevoli, quali possono escogitarsi dalle menti dei frodatori; variano da luogo a luogo, da
regione a regione, da merci a merci, da clientela a clien
tela, a seconda della natura del commercio e dell'indu
stria, degli usi mercantili e comuni, dei bisogni, delle
domande e delle offerte, della maggiore o minore rapi
dità dei traffici, del maggiore o minor movimento degli
affari, delle qualità delle clientele; divengono sempre
più sottili e subdoli a misura che si accrescono e l'espe rienza mercantile e le relazioni degli speculatori fra loro
e la pratica degli stratagemmi della speculazione e l'e
spansione del commercio e delle industrie e le occasioni
propizie ; e mutano e si perfezionano secondo le circo
stanze speciali di fatto, i mezzi di pubblicità, le sottili
escogitazioni del fraudatore si rinnovellano e si trasfor
mano, assumono apparenze legittime e ingannatrici ; al
cuni sono derelitti, perchè troppo riconosciuti e non più
efficaci; altri però ne sorgono più potenti e più perfezio
nati; talvolta sotto l'apparenza della ingenuità e della
buoaa fede si cela la perfidia e l'inganno; sotto l'aspetto delle note distintive, la confusione dei prodotti ; nello
studio delle differenze si nasconde l'industria fine della
frode. Tutte le teorie e la giurisprudenza hanno, infine,
dovuto ammettere l'impossibilità di fissare in determina
te, sia pure numerose, categorie le forme della concor
renza sleale, perchè, scambiandole coi mezzi, questi sono
innumerevoli, variabili, rinnovellantisi di tempo in tem
po, imprevedibili, multiformi.
La concorrenza sleale è unica nella sua sostanza, con
cretantesi in un'azione fraudolenta operante nell'ambito
della espansione del commercio o dell' industria altrui,
diminuendola e danneggiandola a profitto del concorrente
fraudator. Senonchè bisogna tenere presente tutta la
funzione dell'elemento obiettivo, che concorre a costi
tuire la figura giuridica della concorrenza sleale.
Essa è duplice: in rapporto al proposito del frauda
tor, in quanto opera per la realizzazione di questo come
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47 PARTE PRIMA 48
mezzo a fine ; e in rapporto al pubblico in cui spiega la
sua azione fraudolenta, cioè alla massa dei consumatori
e degli acquirenti del prodotto del commerciante frodato.
Sotto il primo aspetto v'è uu nesso da mezzo a fine, e sotto il secondo, il mezzo deve essere efficace ed ido
neo a produrre il suo effetto immediato: l'inganno del
pubblico o della clientela sulla identità o sulla qua lità o sui pregi o sull'origine dei due prodotti con
correnti.
Il carattere essenziale, adunque, dell'elemento obiet
tivo della concorrenza sleale deve consistere nella sua
idoneità ad attuare il fine.
Il mezzo anche deve riguardarsi da un punto di vi
sta sintetico e da un punto di vista analitico: dal pri
mo, ha relazione col fine fraudolento del concorrente
sleale, e dal secondo, va analizzato e distinto nei vari
atti e fatti connessi e preordinati alla sua costruzione, sì che, mentre è tale, cioè ha carattere di mezzo in rap
porto al fine della concorrenza sleale, all'elemento su
biettivo, quelli costituiscono per esso altrettanti mezzi
speciali o singoli elementi disposti e ordinati a comporlo. Così la confusione delle denominazioni e dei prodotti
può essere determinata e costituita da una moltiplicità di atti vari: da rassomiglianze di avvisi, da omonimie, da identiche forme di pubblicità, di marchi, di etichette, d'insegne, di emblemi. E' da notare che quei singoli atti e il loro coordinamento devono esaere idonei a com
porre il mezzo complessivo fraudolento o l'elemento obiet
tivo della concorrenza sleale.
E indifferente che per la composizione del mezzo frau
dolento si adoperino talvolta atti per sò leciti: il loro
uso a scopo illecito e il loro coordinamento, come ele
menti che compongono un mezzo fraudolento o altrimenti
illecito, sono illegittimi. Così l'uso del proprio nome,
legittimo per sè stesso, diventa illecito, se entra nella
costruzione illegittima di un mezzo di concorrenza sleale.
Laonde questa si sostanzia, nella sua più alta sin
tesi, in questi due elementi : a) scopo fraudolento di con
seguire o accrescere con l'inganno l'espansione del pro
prio commercio o della propria industria, operando una
illecita diminuzione dello smercio dei prodotti altrui, cui
si fa concorrenza; o deprimendo ad arte il loro valore e
il loro credito commerciale ; 6) un'orditura di fatti e atti
all'uopo collegati, idonea a produrre un inganno nel pub blico e nella massa dei consumatori, a vantaggio del con
corrente fraudator ed a danno del frodato, e costituente
un mezzo atto a raggiungere quel fine.
In certi casi, e avviene raramente, può mancare il
proposito di frode, ma il modo e la forma di esercizio di
un commercio possono determinare gli stessi effetti della
concorrenza sleale, e in questi casi v'è sempre la colpa del concorrente, che, senza alcuna prudenza e senza avver
tire il rispetto dei diritti altrui, agisce in modo da recare
danni all'altrui azienda commerciale. Può aversi obiet
tivamente lo stesso fenomeno : un ingiusto arricchimento
di un'azienda a danno di un'altra, una sottrazione ille
gittima di valori e di vantaggi di un commerciante a
profitto del concorrente. E la risarcibilità c fondata sul
quasi-delitto. È questa una forma di concorrenza colposa, che, pei.
fini della risarcibilità, dal punto di vista obbiettivo, pro duce identici effetti : la responsabilità del concorrente e
la sua obbligazione al risarcimento dei danni e quella di togliere la causa di questi. Essa però avviene rara
mente: la concorrenza ordinaria, purtroppo frequente, è
la tipica concorrenza sleale, avente i caratteri della frode
commerciale. Bisogna notare in questa la differenza fra
la funzione dei mezzi dolosi della frode operante nei rap
porti fra il fraùdator e il frodato, e l'azione fraudolenta
della concorrenza, sleale: mentre la prima agisce sulla
coscienza, sulla mente e sulla volontà della vittima, traendola nell'errore e nell'inganno, la seconda opera sulla mente e sulla volontà dei compratori del prodotto contro cui si concorre e dei clienti della ditta danneg
giata, generando in loro l'inganno e distogliendoli dal
l'acquisto.
Quindi per l'una l'idoneità dei mezzi è da misurarsi
in confronto della vittima che dev'essere ingannata, e
per l'altra, in confronto ai terzi acquirenti e consuma
tori del prodotto. E se i mezzi subdoli del concorrente
sleale pur fossero inidonei ad ingannare la vittima, e
spesso sono tali, possono essere atti a trarre in inganno la buona fede dei terzi acquirenti.
Così riesce più facile, e coi mezzi meno industriosi,
l'inganno degli acquirenti di un prodotto comune, il cui
acquisto richiede un'attenzione minima o anche nessu
na, che quello dei compratori di un prodotto, l'acquisto del quale ha uopo di un maggior grado d'attenzione e
una più minuta indagine. Nella presente controversia è da porre mente ad uno
dei mezzi più usuali e più potenti adoperato dai concor
renti sleali: l'omonimia. Qualunque sia la dottrina che
si adotti sul diritto al proprio nome, o quella tradizio
nale e più antica del diritto di proprietà, propugnata spe cialmente dall'antica scuola francese e da alcuni autore
voli scrittori anche recentemente in Italia, o quella che
lo definisce un diritto personalissimo, un diritto sulla
propria persona, che serve a contrassegnarla e a distin
guerla, considerato come espressione della sua personalità del suo stato di famiglia ; o si adotti la teoria, che pur ha largo seguito, dei diritti intellettuali o dei beni im
materiali, o quella del diritto di famiglia, o la indivi
duale, che ha numerosi seguaci in Germania, o la teoria
dei diritti privi di oggetto, certa cosa è che non possa contrastarsi nel titolare del nome il diritto di usarlo e
distinguersi con esso in tutte le manifestazioni della sua
personalità, e il diritto alla tutela giuridica di esso. 1\la
l'esercizio di questo diritto deve svolgersi nel campo della
legittimità e non offendere i diritti altrui : in questa of
fesa la sua opera diventa illegittima, se, come nella con
correnza sleale, un determinato suo uso assume il ca
rattere e l'atteggiamento di strumento di frode, o rie
sce ad usurpare utilità economiche e beni che spettano ad altri.
Questo speciale esercizio, inteso a tendere un ingan no ed a perpetrare una frode, o in quanto per colpa del
titolare produca un danno, è illegale. In materia com
merciale l'omonimia, quando sia causa di errore od'in
ganno, o riesca semplicemente di danno a un'azienda
omonima, ò stata universalmente circondata, nella dot
trina e nella giurisprudenza, da apportane cautele effi
caci a produrre nel pubblico una spiccata distinzione de
gli omonimi. La dottrina e la giurisprudenza hanno costantemente
badato a un elemento di tempo nella costituzione di ditte
omonime, la priorità, come quella ch'è determinatrice
della preferenza nella tutela giuridica di fronte alle po steriori denominazioni identiche, movendo dal principio che la precedenza di un diritto legalmente acquisito debba
essere rispettata dai diritti sussecutivi. Invero la que
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49 GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE 50
stione che si agita sulla natura del diritto al nome pa
tronimico e sulla sua sfera di esercizio si ripete per le
denominazioni commerciali, l'insegna del negozio, il mar
chio, la ditta, il nome del prodotto.
Ora, qualunque dottrina si accolga, o quella di un
diritto speciale sui generis, o quella dei diritti intellet
tuali, o quella del diritto personale, o quella della pro
prietà, largamente seguita in Italia e fuori, certa cosa
è che in tutte queste dottrine e nel campo di tutte le le
gislazioni, il diritto all'uso del nome distintivo di un'a
zienda o di un prodotto commerciale è un diritto merite
vole di protezione giuridica contro tutte le violazioni, fra
le cui forme è da annoverarsi quella della omonimia, che
faccia sparire, pei fini del commercio esercitato e in re
lazione ad esso, ogni distinzione fra gli enti o gli oggetti
omonimi. La questione qui si presenta sotto un duplice
aspetto : del nome assunto dalla società e della denomi
nazione del prodotto. L' uno e l'altra sono identici : al
prodotto si è dato il nome della ditta sociale. Onde una
doppia omonimia, della ragione sociale e della produzione
industriale messa in commercio. Vengono cosi in con
flitto due principi generali : da una parte quello della
libertà nella composizione della ditta e nell'uso del pro
prio nome patronimico, e dall'altra quello del rispetto
dei diritti altrui esistenti, operanti sotto il medesimo no
me. Il secondo limita il primo, il quale deve svolgersi
in modo da non offendere i diritti legittimamente acqui
siti da altri. E la conciliazione dei due principi non è
possibile che colla distinzione dei due prodotti. La li
mitazione di un principio generale, anche di quello con
tenuto nella formola qui suo iure utitur neminem laedit,
è la necessaria conseguenza della coesistenza dei diritti.
Il concorso dei due principi si concreta e si espli
ca nel concorso di due ordini di diritti: quello della
preesistente ditta omonima produttrice, la quale vive e
opera sotto quel determinato nome, e quello del secondo
commerciante omonimo, posteriore in ordine di tempo,
che svolge la propria attività industriale e diffonde sui
mercati coli'identico nome un prodotto del medesimo ge
nere, se non della medesima qualità intrinseca. L'asso
luto impero del primo, pei fini della denominazione, mena
all'annullamento dell'altro, e l'assoluta prevalenza di que
sto produce o può produrre l'annientamento o, almeno,
il danno di auello. Ma il diritto positivo non può per
mettere or l'una or l'altra conseguenza ; deve conciliare
i due ordini di diritti in modo che ciascuno si svolga
nella sua sfera di azione limitata dalla coesistenza del
l' ltro.
E questo mantenimento di ogni ordine di diritti nei
propri confini non si ottiene altrimenti che colla di
stinzione dei due enti e dei due prodotti commerciali omo
nimi, perchè la sparizione di ogni carattere distintivo
genera la responsabilità di una invasione nel campo dei
diritti acquisiti del primo commerciante omonimo, e di
un'appropriazione illegittima di essi : i consumatori o i
clienti, credendo di acquistare i suoi prodotti, acquista no quelli di un altro. Avviene pure, specialmente in
commercio, che il sorgere di un'azienda o di un' industria,
di un nuovo ordine di diritti, determini il cadere di altri preesistenti, senza che il loro operare sia illegit
timo; ma questo effetto, così frequente nel mondo com
merciale, è un effetto della concorrenza legittima, la quale
nò con l'errore nò con l'inganno riesce a far prevalere
il miglior prodotto sui mercati. In commercio il nome
non rappresenta solamente un segno destinato a distin
II Foro Italiano — Anno XXXI — Parte I-i.
guere un prodotto dagli altri, ma rappresenta un com
plesso d'interessi e di diritti, ed ha un valore economi
co in quanto attrae una clientela e accredita la merce.
Esso s'immedesima talmente nel prodotto da costi
tuire parte integrante del credito commerciale che il
prodotto gode, tanto vero che, data a questo un'altra de
nominazione, esso spesso perderebbe in tutto o in parte il suo credito. Talché il nome commerciale, sia pur co
stituito da un nome patronimico, ha una duplice fun
zione: di contrassegnare il prodotto o lo stabilimento e
di costituire una parte integrante del loro credito e del
loro valore economico. Sotto il primo aspetto, esso è un
diritto personale, se serve a distinguere la persona o il
subietto di diritto, è un diritto inerente alla proprietà della merce o dell'azienda, se è destinato a distinguere l'una
o l'altra.
Il proprietario del prodotto o dello stabilimento, come
ha il diritto di usarlo, venderlo, esporlo in commercio,
così ha quello, purissimo, di distinguerlo dagli altri con
un proprio nome, quale espressione delia sua esistenza
commerciale. E la tutela giuridica di questo diritto im
porta che altri portatori di un medesimo nome commer
ciale debbano distinguersi e rispettarlo, perchè l'assen
za di ogni segno distintivo sufficiente a tale scopo nel
movimento di una identica industria riuscirebbe ad of
fenderlo, confondendo colla merce o coll'azienda omoni
ma quella simile preesistente. E in questa offesa sta
l'illegittimità, che, se congiunta al danno, genera l'ob
bligazione dell'autore del fatto al risarcimento.
Quindi la tutela giuridica di uno dei diritti ineren ti alla proprietà di un prodotto o di uno stabilimento
impedisce che l'esercizio posteriore dell'omonimia da
parte di altri produttori o commercianti possa far spa
rire l'appariscente distinzione.
In commercio occorre che l'omonimo non solo sia,
ma apparisca diverso. Senonchè giova osservar^ che
la pura e semplice omonimia, per essere produttiva di
danno, dev'essere integrata con un altro elemento obiet
tivo essenziale: l'identità del genere di industria o di
commercio. Così soltanto la ditta o il prodotto omoni
mo è idoneo a invadere la sfera dell'operosità della ditta
o del prodotto preesistente, assumendo in essa e al co
spetto del pubblico, dei clienti e dei consumatori, l'ap
parenza dell'una o dell'altro, sì che riesca ad operare e
ad espandersi sotto l'erronea credenza di essere quella
ditta o quella merce cui fa concorrenza.
In ciò si determina un'azione usurpatrice di affari e
di utilità altrui. Onde l'operosità dell'omonimia, in quan to possa, in un identico genere d'industria o di com
mercio, riuscire a svolgersi nell'opinione della clientela
sotto la veste e la parvenza di un'altra ditta o di un
altro prodotto, si risolve in una illegittima usurpazione
dell'altrui attività industriale o commerciale. E questo è il vero fondamento giuridico della responsabilità per
omonimia.
Nella vera e propria concorrenza sleale l'omonimia è
sempre strumento di frode ; ma, sia pur semplicemente
colposa, essa fonda l'obbligazione del suo autore al ri
sarcimento dei danni. Anzi, per la sua intrinseca ille
ceità, come quella che crea uno stato antigiuridico, an
che indipendentemente da ogni colpa dell'autore, deve
essere repressa e fonderebbe un'azione di restituzione per
ingiusto arricchimento.
Nel campo legislativo si sono manifestati due indi
rizzi : uno ha tassativamente stabilito la norma che ogni
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PARTE PRIMA
nuova ditta formata da omonimi deve chiaramente di
stinguerai dalla preesistente (cod. comm. tedesco, § 30; cod. svizzero, art. 868, 773) ; l'altro l'ha affidata ai prin
cipi generali sul dolo e sulla frode, sul delitto e sul
quasi-delitto, e anche sull' ingiusto arricchimento, come
in Italia e in Francia.
La giurisprudenza è ricca di responsi in materia di
omonimia, in Italia, in Francia, in Inghilterra, in Ger
mania, perchè l'omonimia è stata uno dei mezzi più co
muni e usati di frode. Invero gli annali giudiziari re
gistrano frequenti casi di speculatori, che, ridotti a mal
partito, sono andati in cerca di omonimi d' industriali
fortunati e assai noti in commercio, hanno comprato il
diritto di uso del loro nome e impiantato stabilimenti a
scopo di concorrenza sleale. Fra tutte, la più esatta ed
incisiva è la giurisprudenza inglese, in cui il concor
rente omonimo è raffigurato come colui che assume
l'aspetto e l'atteggiameniO di un'altra persona, e mostran
do di vendere i prodotti di questa, in realtà smercia i
propri: l'operare in questo modo equivale a compiere una
frode.
L'omonimia, per essere efficace, deve essere tale da
produrre l'inganno e lo scambio di una ditta o di un
prodotto per un altro ; e 1' idoneità di essa, come di qua
lunque altro mezzo di concorrenza illecita, può variare
da luogo a luogo, da industria a industria, da clientela
a clientela. L'omonimia, se per un prodotto, per un
certo commercio, per una data clientela, è d'uopo che sia
assolutamente perfetta perchè riesca ad ingannare, per altri basta che si presenti soltanto in un punto princi
pale, a seconda che si richiegga una maggiore o minore
attenzione di coloro che acquistano la merce o che con
trattano.
Chiariti così i principi fondamentali della questione, resta ad esaminare se nella specie esista o meno nella
costituzione della nuova ditta e nella denominazione del
nuovo prodotto una concorrenza sleale contro la ditta
attrice.
In verità lo stesso atto di costituzione della società
5 gennaio 1903 offre elementi tali da far ritenere che
la società sia sorta col fine precipuo, se non esclusivo, di vivere e prosperare mediante la concorrenza sleale
contro l'omonima ditta milanese. La società si costitui
va fra sei soci e colla forma in accomandita semplice, nella quale i fratelli Branca sono accomandatari, appun to perchè soltanto i loro nomi figurassero nella ragione
sociale, a termini del primo capoverso dell'art. 114 cod.
di commercio. E di questi soci gerenti uno, Gabriele Branca, non ha fatto che prestare il suo nome, non essendosi mai
occupato nè occupandosi della fabbricazione di liquori. La forma della società e la prestazione del nome da
parte di Gabriele Branca dimostrano lo scopo ch'ebbero
i soci, di formare una ditta e fabbricare un prodotto omonimo alla ditta milanese e al suo prodotto, per apri re contro di essa una campagna di concorrenza sleale:
i soci vollero dar vita ad una ditta nella quale spiccas se la fondamentale dizione " Fratelli Branca „ e dare al
prodotto l'identico nome.
Invero le due parole congiunte Fratelli Branca sono
il fondamento della loro ragione sociale e della deno
minazione del prodotto : tutto il resto non è che un ac
cessorio trascurabile; il fine illecito dell'omonimia, come
mezzo di concorrenza sleale, è raggiunto. E la dimo
strazione dell'artificio adoperato dai soci è più evidente
ove si rifletta che, mentre i due Branca figuravano ac
comandatari, cioè soci gerenti, la vera gestione sociale
venne affidata all'altro socio accomandatario, che non fi
gurava nella ragione sociale, e, quel che più è notevole, con esclusione degli altri due, che sarebbero stati anche
i veri e legittimi amministratori della società.
Infatti con l'art. 8 tutta la direzione amministrati
va della società va data all'accomandatario Mario Mau
tone: e la cassa e la tenuta dei libri e la firma sociale
e l'acquisto delle materie occorrenti alla fabbricazione del
prodotto e la cura di collocarlo e venderlo e la facoltà
di riscuotere i capitali : in sostanza tutta la gestione so
ciale, che pel codice commerciale (art. 114) spettava ai soci
illimitatamente responsabili, è riconcentrata in uno di
essi. Ma v'ha di più: anche quando i due fittizi acco
mandatari si allontanassero dalla società o si rifiutassero
di eseguire le attribuzioni loro affidate, gli accomandan
ti avrebbero il diritto di continuare la società sotto la
istessa ragione sociale e gli stessi marchi e distintivi, e
sotto la stessa ditta (art. 11 del contratto), perchè a loro
interessa, più di ogni altra cosa, la denominazione della
ditta e del prodotto Fratelli Branca, per concorrere sleal
mente contro la ditta milanese. E così nel caso di morte.
Ma che cosa si lascia a Michele e Gabriele Branca?
A quest'ultimo assolutamente nulla. Al primo spette rebbe un mensile di lire 150. Entrambi poi hanno l'ob
bligo di conferire alla società la loro personale industria
e le cognizioni tecniche, e di adoperare la maggiore di
ligenza nella fabbricazione dei prodotti; e pur dagli atti
risulta che nessun metodo speciale avevano e nessuna
perizia. E un altro elemento importante emerge dall'art.
5 del contratto sociale: mentre in apparenza si lascia
una certa libertà ai Branca di dare ai prodotti quelle forme e denominazioni che credessero opportune, si ag
giunge subito che " per quanto riguarda i marchi e i
segni distintivi dovranno andare di accordo col Mauto
ne „ ch'è il vero e proprio socio gerente. La forza e l'intima struttura della società sono ar
tificiosamente preordinate al fine di creare una ditta ed
un prodotto omonimi alla ditta Branca di Milano e al
suo prodotto. E la prova vera è ribadita da un altro
fatto rilevantissimo: coll'art. 3 del contratto la società
si propose la fabbricazione di vari liquori, cognac, fernet, anici e altri, ma in realtà si è messa a fabbricare e a
spacciare il solo fernet, cioè l'unico liquore col quale po teva raggiungere lo scopo. Onde tutto è con fine arti
ficio preordinato a quello scopo illecito. Ma l'esistenza
del solo elemento subiettivo sarebbe insufficiente, se
non fossero idonei i mezzi adoperati, se cioè o l'elemen
to obiettivo mancasse o fosse insufficiente. E la effica
cia del mezzo deve misurarsi alla stregua del pubblico a cui è diretto.
Occorre tenere presenti i seguenti elementi sostan
ziali : a) la identità dell'elemento o del punto che, nelle
omonimie non completamente perfette, più impressiona e attira l'attenzione dei compratori e li induce all'acqui
sto; b) il genere e la natura della merce; c) la specie della clientela cui la merce è destinata: e) quale sia l'or
dinario e usuale grado di attenzione che i compratori e
i clienti pongono nell'acquisto della merce.
Il primo elemento nella contestazione presente è co
stituito essenzialmente dalla denominazione Fernet Fra
telli Branca; tutto il resto, che completa la denomina
zioneAdel]a ditta e della merce, è indifferente e trascu
rato dalla grande massa dei consumatori. Il secondo
elemento, consistendo in un prodotto comunissimo e di
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B3 GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE 54
uso quasi generale, non richiede minuziose e accurate
indagini. Il terzo elemento è costituito da una clientela
vasta, da quella che i commercialisti chiamano il gran
de pubblico, la massa della popolazione, e non da una
speciale categoria di persone d'affari ed esperte in sif
fatta industria. L'ultimo elemento si concreta in grado
ordinario di attenzione minima, che si ferma soltanto
alla indicazione di Fernet Fratelli Branca e non va ol
tre, nè si estende ad altre indicazioni accessorie, che
sono assolutamente neglette. E a ragione nella giurisprudenza speciale intorno a
questa materia è universalmente apprezzata una deci
sione del Tribunale federale svizzero in grado di appel
lo dal Tribunale cantonale di Zurigo, che distinse i carat
teri distintivi del nome di una merce destinata a clien
ti tecnici ed esperti, da quelli di un nome di una mer
ce destinata alla grande massa del pubblico, e la merce
da smaltirsi in Europa dalla merce da negoziarsi fuori
l'Europa: se basta anche un'aggiunta accessoria e com
pletiva per la prima, non è sufficiente per la seconda e
molto meno per le merci esportabili all'estero.
L'omonimia nella specie, malgrado le aggiunte acces
sorie, è perfetta e idonea a creare la confusione fra le
due» case produttrici e i due prodotti nella grande massa
del pubblico. E a tutto ciò si aggiunge l'artificiosa pub blicità data dalla ditta concorrente, con cui essa dà
maggior risalto all'omonimia e alla conseguente confu
sione dei prodotti, facendo sempre più scomparire le dif
ferenze, sulle quali non si ferma l'attenzione dei com
pratori. Infatti la forma dell'etichetta è presso che
uguale e quasi identici i caratteri tipografici, e del me
desimo formato le bottiglie.
Il colorito è indifferente, come indifferente è il posto
della firma, essendo queste circostanze tali che non at
tirano l'attenzione dei compratori. La prima parte del
l'etichetta è composta anche di due righi e mezzo di
scrittura; in un altro punto le due etichette finiscono
colle medesime parole: "
caffè, vermouth, ecc.,,. Gli stessi
concetti espressi sono presso che eguali. E negli av
visi inseriti nei giornali italiani ed esteri spiccano sem
pre le parole Fernet Fratelli Branca; le altre indica
zioni di paternità e di luogo riescono pel pubblico asso
lutamente trascurabili.
E gli avvisi pubblicati dopo la sentenza appellata
rendono anche più manifesto l'artificio, perchè si fa cre
dere che il vero genuino fernet sia quello della ditta
concorrente, quasi che gli altri siano contraffazioni: il
che ribadisce l'inganno, che il rinomato prodotto in
commercio diffuso dalla ditta milanese come Fernet Bran
ca non sia altro che quello venduto dalla società concor
rente. È vero che si dice in un punto "
Casa fondata
nel 1903 „ ; ma questa data si trova in un manifesto che
si avvolge, come la stessa ditta di Marigliano afferma, intorno alla bottiglia, manifesto che nessuno si fa a leg
gere e a considerare, e nessuno dei compratori suole
nell'acquisto badare alla indicazione della data di fonda
zione.
E la reclame fatta all'estero è anche più efficace e
più libera da studio di distinzioni, come appare dagli
avvisi inseriti nei giornali degli Stati uniti nord-ame
ricani, come nell'Araldo Italiano di New-York. E al
l'estero le connate circostanze di luogo, di paternità, di
colorito, di tempo, sono completamente inutili, perchè
la grande massa del pubblico più difficilmente potreb
be istituire paragoni e accorgersi che esistono due pro
dotti distinti sotto il nome Fernet Fratelli Branca. Per
essa, al di là di questa denominazione, ogni altra indi
cazione accessoria è del tutto come non esistente.
Ond'è da conchiudere che, data la qualità del pro
dotto, la clientela cui è diretto, l'artificiosa composizio ne dei nomi e della forma di pubblicità, nè in Italia, nè
all'estero, e meno all'estero che in Italia, la grande mas
sa del pubblico suole istituire un esame comparativo dei
due prodotti in commercio sulle esteriori e accessorie
indicazioni che circondano il vero e proprio nome fon
damentale, identico per entrambi. Qui adunque l'omo
nimia raggiunge tutto il suo scopo di confondere le due
case produttrici e i rispettivi prodotti, dando così luogo in favore della ditta più recente a una vera e propria concorrenza sleale.
Ma questa ditta con alcuni documenti tende a pro vare: a) che Michele e Gabriele Branca hanno sempre esercitato il commercio; b) che da molti anni commer
ciarono in liquori e vini in America, istituendo anche
ivi una società pel fernet ; c) che ora lo fabbricano ; d) che
non avevano nè hanno bisogno di cooperazione tecnica;
e) che rifiutarono non oneste proposte da un chimico e
da un viaggiatore della casa Branca di Milano.
Ma tali fatti, in gran parte smentiti da altri elemen
ti acquisiti agli atti, non sono rilevanti nè scuotono la
dimostrata concorrenza sleale per omonimia, giacché, pur
provati, la slealtà della concorrenza resta nè si attenua.
Dati per veri quei fatti, essi non tolgono che l'omoni
mia delle ditte e dei prodotti produca la concorrenza il
lecita. Inoltre la ditta ricorre a uaa prova testimonia
le. Ma questa prova è frustranea. Quanto ai due primi
capitoli articolati, è da osservare che lo scopo della so
cietà rilevasi chiaro non solo dai precedenti tentativi di
Michele Branca con altri soci, e specialmente dagli atti
del giudizio da lui sostenuto con Pasquale Scarpati, e
sarebbe impossibile che i testimoni avessero cognizione
esatta della vera intenzione dei soci : non dovrebbero che
fare induzioni e apprezzamenti, che spettano soltanto al
collegio giudicante. In ogni modo, a prescindere da tutto ciò, i due ca
pitoli sono perfettamente inutili, perchè, dimostrata l'esi
stenza della omonimia pioduttiva di confusione e di scam
bio fra le ditte e i loro prodotti, la concorrenza illecita
sussisterebbe sempre, e la responsabilità della ditta di
Marigliano sarebbe fondata, se non sul dolo, sulla colpa
e sul quasi delitto, sopra un fatto a lei imputabile e
dannoso, che dev'essere rimosso.
E la illiceità della causa del danno starebbe, in qua
lunque caso, appunto sulla obiettiva usurpazione del
credito e della clientela altrui, mediante la confusione
dei nomi. Onde, per quanto grande possa essere la rispet
tabilità dei soci, questa non li salva dalla responsabilità.
Il terzo capitolo è del pari ultroneo : sia pur vero che
autorevoli avvocati abbiano espresso il loro parere nel
senso sostenuto dalla ditta, ciò non toglie nè attenua la
verità delle cose e l'esistenza della campagna di' concor
renza illecita fatta dalla ditta concorrente. Il quarto ca
pitolo è parimenti frustraneo di fronte alla realtà della
concorrenza illecita ; il quinto è recisamente_smentito dal
fatto accertato della concorrenza illecita stessa. Il sesto
capitolo è inutile dopo la dimostrazione, innanzi fatta,
dell'efficacia dell'omonimia e dell' importanza che ■ deve
darsi all'etichetta e alla indicazione della data. ^ I tre
altri capitoli, pur se provati, non influirebbero perennila
sull'esistenza della concorrenza innanzi dimostrata.
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PARTE PRIMA
Nè influirebbe l'ultimo capitolo, perchè, qualunque fosse stata la condotta dei fratelli Branca in commercio,
ciò non esclude che nella specie facessero una concor
renza sleale.
La Corte a questo punto osserva che sia necessario
ordinare le opportune modificazioni alla indicazione della
nuova ditta e al nome del suo prodotto, perchè cessi lo
stato di confusione e di concorrenza illecita. E la Cor
te crede che sia necessario all'uopo accogliere le con
clusioni della ditta attrice, e specialmente che il cogno
me Branca sia preceduto dai prenomi Michele e Gabriele
e seguito dalla indicazione Napoli.
Quanto alle altre forme di concorrenza sleale, che la
ditta milanese fa consistere in molteplici fatti lesivi del
suo credito, la Corte osserva essere superflua ogni altra
indagine, perchè quei fatti, come la stessa attrice am
mette nelle sue lunghe difese, supporrebbero la recisa
distinzione dei prodotti. E la Corte ritiene che la con
correnza nella specie consiste appunto nella studiata con
fusione dei nomi. Se mai la ditta di Marigliano, dopo la distinzione ordinata, si rendesse colpevole di altri fatti
lesivi, cioè adoperasse altri mezzi illeciti di concorrenza, rimarrebbe sempre salva l'azione all'attrice.
In ordine ai danni, la Corte osserva che la ditta at
trice ha dovuto subirne per la confusione dei prodotti, e potranno essere accertati in separata sede, in cui si
potrà discutere se e in quali proporzioni si siano veri
ficati. La ditta di Marigliano chiede un termine per
l'adempimento delle modificazioni che la Corte ordina, ma questo termine prolungherebbe uno stato illegittimo, che deve immediatamente cessare. Sulla estensione dei
danni la Corte osserva che essi devono gravare la so
cietà e in conseguenza i soci a seconda della misura
della responsabilità che hanno assunto nel contratto so
ciale di un'accomandita semplice, salvo, in ogni ceso, la
responsabilità degli accomandanti, se anche i soci acco
mandanti abbiano concorso personalmente nella gestio ne in cui si concreta la concorrenza sleale. (Omissis).
Per questi motivi, ecc.
CORTE D'APPELLO DI TORINO. Udienza 13 settembre 1905; Pres. Peirani, Est. Vigo;
Bertolotti (Avv. Boro etto) c. Iona e altri (Avv. De
vecchi, Rollino, Raineri, Varese).
fallimento — Concordato — Opposizione — Intervento
del creditori — Formazione del concordato — Ade
sioni — Termine (Cod. comm., art. 835, 836).
Nel giudizio di opposizione al concordato possono inter
venire individualmente i creditori interessati. (1) Il termine stabilito dal giudice delegato per raccogliere
altre adesioni a norma dell'art. 835 cod. comm. non
è prorogabile per alcun motivo. (2)
La Corte, ecc. — Attesoché, sebbene sia un fatto che
nei fallimenti la rappresentanza della massa dei credi
ti) In senso conforme App. Milano 21 giugno 1892 (Foro it., Kep. 1892, voce Fallimento, n. 271); Trib. Brescia 19 luglio 1893 (id., Rep. 1893l stessa voce, n. 253); — in senso contrario Trib. Milano 4 luglio 1903 (i<i!., Etep. 1903, stessa voce, n. 204).
(2) In senso conforme App. Casale 31 dicembre 1891 (Foro
it., 189-, I, 454, con richiami in nota); — in senso contrario App. Palermo 12 genaaio 1891 (id., Rep. 1891, voce Fallimento, n.
203); App. Catania 22 dicembre 1902 [id., Eep. 1903, stessa voce, n. 189).
tori risiede nel curatore, pure l'individuale capacità giu
ridica dei creditori stessi non ne viene per questo me
nomata. Comunque, nella presente causa è stato con
acquiescenza di tutti gli interessati ammesso dalla sen
tenza appellata che possono i creditori individualmente
intervenire per prendervi quelle conclusioni che fossero
di loro diritto circa all' istanza da altri spiegata per ot
tener riconosciuta la nullità del concordato. Non sareb
be quindi equo l'usar ora diverso trattamento ai sovra
nominativamente indicati clienti del procuratore Varese
Angelo sol perchè intervenuti soltanto in appello, se, co
me verificasi nella specie, i loro stessi avversari si sono
pienamente rimessi a quanto la Corte avrebbe al riguardo
reputato opportuno di disporre. Tanto più che in pro
posito l'art. 491 cod. proc. civ. non commina invalidità
o nullità di sorta e, d'altra parte, detti intervenuti in fon
do non fecero che asteggiarsi a che, circa ai loro cre
diti, non sia disposto diversamente da quello che col sud
detto concordato hanno con diritto consentito.
Che il presente giudizio d'opposizione a concordato
venne iniziato con citazioni del 26 e 27 marzo 1905, nelle
quali trovasi specificatamente designato che l'opposizione stessa veniva sollevata a norma dell'art. 836 cod. comm.
ed appoggiata a che il suddetto concordato era stato fetto
fuori termine al seguito di un illegale calcolo delle mag
gioranze di cui all'art. 883, perchè si era tenuto conto
dei voti di persone che non avevano facoltà di votare e
con una formula atta a menomare i diritti dellt mino
ranza. Inoltre nelle citazioni stesse veniva espresso in
modo specifico che in base a tali motivi si intendeva e
domandava in contraddittorio del curatore e dei falliti
regolarmente citati che fosse dichiarato nullo il concor
dato medesimo. Non si può quindi aver dubbio che la
suddetta opposizione ò stata attivata in piena consonanza
col citato art. 836 cod. comm. e coll'art. 145 cod. proc. civile.
Che in merito è ovvio il rilievo che l'istituto del con
cordato è rivolto al maggior vantaggio del commercio, e che in tale fine trova la sua ragione giuridica il di
sposto per cui, date determinate contingenze, i creditori
in minoranza vengono, in infrazione dei loro diritti cre
ditori, assoggettati ai deliberati della maggioranza. Ora innegabilmente detto vantaggio non si raggiun
gerebbe, anzi l'istituto del concordato si tramuterebbe in
pericolo ed anche in danno, se fosse lecita l'arbitraria
inosservanza delle modalità e dei termini dalla legge stabiliti per disciplinarlo con equo contemperamento ai
punto dei diritti dei creditori in minoranza cogli inte ressi del commercio in genere.
Detti modi e termini hanno per funzione di evitare
che si possa con arbitrarie dilazioni trascinare per lungo
periodo di incertezza la sorte dei creditori e della fallita, nonché di togliere assolutamente la possibilità di sopraf fazioni o di viete combinazioni in danno della minoranza
dei creditori e di chicchessia. Rigorosa quindi deve esi
gersene l'osservanza, nò ammettersene l'estensione oltre
a quanto l'espressione della legge strettamente consenta.
Che da ciò desumendo criteri d'interpretazione degli
art. 833 e segg. cod. .comm., è a rilevarsi che, nonostante
tutto il favore della legge pel concordato, pure, allorquan do questo non sia stato consentito da tutti quanti i cre
ditori, essa legge vuole che sia il giudice a fissare e pre siedere un'adunanza dei creditori, onde mettere in grado
gli interessati di raccogliere possibilmente le maggioranze necessarie alla validità del concordatole se questa mag
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