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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE || Udienza 28 decembre 1896; Pres. Montanari, Est....

Date post: 11-Jan-2017
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Udienza 28 decembre 1896; Pres. Montanari, Est. Farsetti; Sanguineti (Avv. Orsini) c. Società del credito mobiliare (Avv. Pernossi, Parenzo, Fani, Poli); Ferrari, Magnasco Terrile (Avv. Calderini, Gallo, Borragini) e Associazione degli azionisti del credito mobiliare ed altri Source: Il Foro Italiano, Vol. 22, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE (1897), pp. 143/144-147/148 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23101578 . Accessed: 18/06/2014 18:41 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 62.122.73.86 on Wed, 18 Jun 2014 18:41:22 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Udienza 28 decembre 1896; Pres. Montanari, Est. Farsetti; Sanguineti (Avv. Orsini) c. Societàdel credito mobiliare (Avv. Pernossi, Parenzo, Fani, Poli); Ferrari, Magnasco Terrile (Avv.Calderini, Gallo, Borragini) e Associazione degli azionisti del credito mobiliare ed altriSource: Il Foro Italiano, Vol. 22, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1897), pp. 143/144-147/148Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23101578 .

Accessed: 18/06/2014 18:41

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PARTE PRIMA 144

i raggiri, certo la prova sarebbe sempre ammissi

bile; ma non si fa questione di tutto ciò; l'unica

eccezione si è quella di mancanza di forma perchè si pretende che sia una donazione. Nè varrebbe

il dire che la legge fa anche eccezione al divieto

della prova testimoniale quando non è stato pos sibile al creditore di procurarsi una prova scrit

ta dell'obbligazione contratta verso di lui, per

chè qui non si tratta nè di creditore, nè di de

bitore, nè d'impossibilità di procurarsi la prova,

perchè trattandosi di donazione, se la Gabbani

avesse osservato da parte sua le formalità volute, avrebbe avuto l'atto legale constatante la sua vo

lontà di donare, ed avrebbe così potuto impugna

re e revocare la donazione per mancanza per parte

delle Bianchini di accettazione per atto pubblico. Se poi si venisse invocando la massima che qua lora nello scritto contenente l'obbligazione non ne

sia dichiarata la causa, questa può provarsi con

testimoni quantunque non vi sia principio di pro va scritta, o si tratti di valore eccedente le li

re 500, come già decisero anche la Corte di ap

pello di Trani 25 aprile 1881 {Foro it., Rep. 1881, voce Prova testini., n. 13) e la Cassazione di Fi

renze 31 marzo 1885 (id., Rep. 1885, stessa voce,

n. 28), si potrebbe rispondere che altro è provare

la causa taciuta di una obbligazione scritta, e per

ciò di un obbligo già accertato dal titolo, e di cui

si reclama l'esecuzione dall'altra parte, altro è ve

nire col mettere in essere fatti convenzionali a

creare l'obbligo stesso, un obbligo di restituzione

che si nega, e che potrebbe non esservi mai stato.

Qui si tratta di una azione di rivendicazione che

si propone contro chi ha per sè un atto di trasla

zione di quei titoli compiuta ed eseguita dalla Cab

bani che ora equivale ad essere la stessa rivendi

cante, atto che prova intanto la proprietà anche

nei rapporti di lei fino a prova contraria, e la do

nazione non si presume, nè si presume che si fac

ciano atti nulli. Si vuol provare che la Cabbani

ha avuto la volontà di donare e le Bianchini hanno

acconsentito a ricevere quei titoli per donazione;

questi consensi, come si disse, benché non costitui

rebbero una convenzione giuridicamente efficace per mancanza di forma, costituiscono però sempre un fat

to d'indole convenzionale, e non un fatto semplice e

materiale. Ora, sebbene il transfert di cui si tratta

non indichi la causa e perciò non si vada propriamen

te contro il titolo, quando però chi per rivendicare

una proprietà mobiliare da esso stesso trasferita ha

bisogno di porre in essere fatti di questa natura e

versanti sopra un valore superiore a lire 500, non

può ad avviso della Corte venire a crearsi un si

mile titolo di rivendicazione all'appoggio soltanto

di presunzioni o di prova testimoniale senza prin

cipio di prova per iscritto per riprendersi ciò che

potrebbe aver dato invece a titolo oneroso e senza

invocare fatti di dolo, raggiri o violenza. Lo po

tranno fare certamente coloro che per quella do

nazione siano stati frodati di diritti loro propri,

perchè questi terzi con potevano procurarsi la pro

va scritta della donazione; ma non lo potrà fare il

trasferente, mentre dipendeva da lui stesso il (ar

constare della propria volontà di donare osservando

le formalità volute dalla legge per farlo, e così poi

avrebbe avuto il mezzo di impugnare e revocare la

donazione per mancanza di atto pubblico di accet

tazione. L'art. 1061 riserva bensì al donante, suoi

eredi od aventi causa, la facoltà di opporre la nul

lità della donazione se l'accettazione non è fatta

nelle forme volute, ma poiché parla solo della ac

cettazione, suppone che dalla parte del donante vi

sia già la prova por atto legale della donazione, e

quindi la mancanza poi dell'atto formale di accet

tazione non ha bisogno di prova testimoniale, per

chè non si può dal donatario dimostrare quell'atto

esistente se non lo produce. Qui invece si tratta

di provare una donazione; certo si potrà farlo an

che dal donante, suoi eredi ed aventi causa, ma

resta sempre a vedere con quali mezzi. Nemmeno

si può dire che qui si tratti di provare una simu

lazione. A parte che anche in questo caso per co

stante giurisprudenza nei rapporti fra le parti con

traenti occorre per ammettere le presunzioni o la

prova testimoniale un principio di prova scritta,

e la Cassazione di Roma 24 aprile 1895 (Foro it.,

1895, 1, 703) ciò richiedeva fra i contraenti anche

quando fosse una simulazione in frode della legge,

salva la impossibilità di dimostrarla, impossibilità che appartiene ai giudici nei singoli casi di apprez

zare e valutare; siccome però qui il transfert non

enuncia la causa, così non si può dire che mascheri

una donazione : esso non maschera nulla. Nè si po

trebbe dire che per ciò solo che la causa fu taciuta

si è voluto simulare ; anzitutto sarebbe una gratuita

presunzione; ma del resto una presunzione non è un

atto; e poiché questo invece non ha nè una veste

nè un'altra, non si può parlare di maschera e di

simulazione, e quando poi si vuol provare che sia

a titolo gratuito piuttosto che oneroso, si ritorna

nella questione della ammissibilità della prova co

me sovra trattata.

Ritenuto che pertanto non essendo ammissibile

la prova testimoniale, invano si invocano dall'Epe

netos delle presunzioni, e sul valore di esse non

occorre trattenersi, poiché quando la legge non am

mette la prova testimoniale non può il giudice fon

darsi nemmeno sulle presunzioni (art. 1354). Per questi motivi, ecc.

CORTE D'APPELLO DI PERUGIA Udienza 28 decembre 1896 ; Pres. Montanari, Est.

Farsetti; Sanguineti (Avv. Orsini) c. Società

del credito mobiliare (Avv. Pernossi, Parilnzo,

Fani, Poli); Ferrari, Magnasco Terrile (Avv.

Calderini, Gallo, Borraoini) e Associazione de

gli azionisti del credito mobiliare ed altri.

Società — Deliberazioni dell'assemblea generale

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145 GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE 146

— Impugnativa per parte di un azionista —

Rappresentanza degli altri dissidenti — In

tervento In primo grado — Opposizione di

terio — Intervento in appello (Cod. comm.,

art. 163; cod. proc. civ., art. 491, 510).

L'azionista che impugna una deliberazione dell'as

semblea generale, a norma dell'art. 163 cod.

comm., agisce anche nelV interesse di tutti gli altri azionisti come lui dissidenti, e la sentenza

pronunciata in di lui confronto fa stato e co

stituisce cosa giudicata di fronte a tutti. (ì) Quindi gli altri soci dissenzienti possono interve

nire nel giudizio di primo grado a tutela del

l' interesse comune, ma non hanno facoltà di fare

opposizione di terzo alla sentenza che venga pro nunciata in prima istanza senza il loro inter

vento, ne di intervenire per la prima volta nel

giudizio d'appello. (2)

La Corte, ecc. — Vera questione principale, che

no» è essenzialmente pregiudiciale, o che essendo

lo, può dirsi in ultimo conto assorbitiva di tutte

le altre, che, come pregiudiciali, pone innanzi il

Credito mobiliare, siccome carenza d'azione ecc.,

è quella che si riassume in questa domanda: l'in

tervento volontario in grado d'appello per parte

di Ferrari, Barella, Magnasco e Terrile è legitti

mamente ammissibile ? Costoro non dubitano di ri

spondere in modo affermativo, perchè qualifican

dosi come terzi di fronte all'attore Sanguineti,

fondano la bontà e validità del loro intervento

in causa nel disposto degli art. 491 e 510 cod.

proc. civ., sendochè trovinsi (a loro avviso) nella

condizione d'essere pregiudicati dalla sentenza che

il Tribunale di Roma pronunciò nel 16-22 agosto 1S94 e con cui ammise la validità della delibera

zione sociale del 10 febbraio 1894, comunque poi, essi soggiungono, quell'intervento deve sempre re

putarsi ammissibile, almeno come fatto d' interes

sati che quali semplici parti si uniscono a quella

che già piatisce in giudizio, e che subì quella pri

ma sconfìtta, pericolosa ai loro comuni interessi.

Ciò dicendo, essi intervenienti dimenticano trop

po come ad accogliere quel loro concetto formi

ostacolo gravissimo e insuperabile la stessa loro

qualità di soci azionisti, ai quali, se l'art. 103 cod.

comm. dà diritto, anche come singoli, di fare op

posizione alle deliberazioni sociali, a tutela dei pro

pri e comuni interessi, all'atto pratico, quanto al

l'esercizio di quel diritto, ogni analoga facoltà si

confonde e vien transfusa nel socio azionista che

col fatto proprio li prevenne su quella via e a

quello scopo, per modo che tutti gli altri oggi non

possono fare nè più nè meno di lui, che nell'azione

propria compendia ogni altra azione, sia perchè è

identico l'interesse che li accomuna, sia perchè con

tal mezzo si raggiunge uniformità ed economia di

giudizi, due cose che a favore della più seria e più

sollecita amministrazione della giustizia non sono

indifferenti nell'animo del più savio legislatore. Così

la mancanza di vera estraneità fra essi e il socio

Sanguineti, che già promosse la propria azione, pre

valendosi appunto della facoltà concessagli dall'art.

163 cod. comm., s'oppone recisamente ali'applica zione a loro riguardo dell'art. 510 cod. proc. civ.,

imperocché la identità dell'azione Sanguineti con

quella che avrebbero potuto esperimentare tutti gli

altri soci e azionisti dissidenti e contrari come lui,

dà alla sentenza appellata tale un carattere d'ob

biettività, che la rende efficace e valida erga omnes

e impedisce di considerare il Sanguineti come una

persona diversa dagli altri dissidenti, i quali anche

intervenendo in appello non avrebbero potuto mu

tare lo stato della causa, ma dovevano accettarlo

come l'hanno trovato; siccome però terzi non pos

sono dirsi essi, così non possono neppure come sem

plici parti comparire in appello (art. 491 cod. proc.

civ.). In tema di opposizione di terzo la nostra

giurisprudenza insegna che per essere ammessa oc

corrono due requisiti : 1° che la sentenza pronun

ciata sia come una res inter alios acta ; 2° che

possa venire da essa all'opponente un danno vero

e reale. Per le cose dette gl' intervenienti Ferrari,

Magnasco, Barella e Terrile non possono dirsi terzi

di fronte al Sanguineti per la identità della azione

che potrebbero spiegare e per lo scopo cui mire

rebbero, identico pure per tutti; non possono te

mere un danno vero e reale, perchè per l'obbietti

vità del giudicato è e sarebbe sempre in ogni mo

do eguale la sentenza come efficace per tutti, sia

che uno solo si muova, sia che agiscano cento o

mille, perchè la causa è sempre una identica, uni

co e identico 1' interesse di questi come di quello.

Nè è obbiezione seria e valutabile quella che con

tal modo di intendere non solo quasi si impedisce

agli altri soci pur consorti con quello dissidente e

opponente di meglio tutelare l'interesse comune, e

s'apre la via a possibili frodi e collusioni, come ad

esempio fra la maggioranza e il socio per avven

tura non più fermo e oscillante o non del tutto

onesto o scrupoloso in tutte le sue dissidenze ed

opposizioni, perchè primieramente il dire solidali e

come confusi il socio opponente gli altri restati si

lenziosi e inerti quando l'opposizione si moveva non

diminuisce e menoma ogni loro diritto, ma avverte

che la loro inazione, se mai fosse rincrescevole e

ammettiamo anche per ipotesi dannosa, sarebbe

sola conseguenza della loro stessa negligenza, di

mentichi come furono che la legge corre al soc

corso e provvede a chi vigila non a chi dorme; e

in secondo luogo il pericolo possibile d'una collu

sione e d'una frode sarà motivo d'andar cauti nel

giudicare, osservando bene la vera condizione delle

cose, pesando in sè stessi i fatti a cui si vuol da

re un valore giuridico, o, nel caso, di valutare la

(1-2) Y. la sontenza della- Cassazione di Roma, nella stessa eausa, 20 aprile 1896, a cui la Corte perugina si uniforma pienamente, e le relative note del prof. Vi vante e doll'avv. Rissetti, nel volume precedente di

questa Raccolta (I, 653 e 841).

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147 PARTE PRIMA

bontà d'una disposizione di legge, di proporre e de

siderare rimedi e provvedimenti atti a garantire

da ogni frode e collusione ; non già di rifiutare in

una occasione attuale e presente l'approvazione di

un concetto giusto e retto quando collusione e frode

non v'è, e nessuno si cura di metterlo in evidenza, mentre d'altronde è certo che quando esiste dav

vero, è capace a viziare sostanzialmente ogni rap

porto giuridico, dolus omnia vitiat; ponendo allora

e mai prima d'allora al riparo chiunque ne fu vit

tima e soggetto passivo. Siffatta pertanto è l'opi nione di questa Corte, godendo che in ciò sia pre ceduta dalla Corte di cassazione di Roma, che ad

ossa per nuovo esame rinviò la causa presente, in

quanto il seguirla in questa via, se si compenetra

nell'ossequio sempre dovuto al senno di magistrati

superiori, soddisfa per la bontà intrinseca del giu

dicato a quel sentimento d'indipendenza che è la

prerogativa più gelosa della coscienza d'un magi

strato, che nelle questioni civili non ha che da se

guire la voce della verità e del diritto.

Nella impossibilità pertanto di ammettere 1' in

tervento di Ferrari, Barella, Magnasco e Terrile, e

di fronte alla dichiarazione emessa dal Sanguineti

in relazione alla predetta sentenza del Tribunale di

Roma, chiedendone la conferma dinanzi il giudice di appello, dessa resta, come cosa giudicata, al di

fuori d'ogni possibile ulteriore discussione al ri

guardo delle parli contendenti nell'attuale giudizio. Però la Corte crede sempre cosa conveniente, seb

bene esuberante, aggiungere che in ogni caso quella sentenza meriterebbe d'essere in quella parte con

fermata, tanto è ispirata a considerazioni esattis

sime. (Omissis) Per questi motivi, ecc.

IM'ISTA DI GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE

Locazione d* opera — Impiegato — Licenzia

mento — Termine.

Quando nel contratto di locazione d'opera non è

fissata la sua durata, il conduttore ha sempre di

ritto di licenziare il locatore, anche se siano stati

previsti casi speciali di espulsione.

In caso di licenziamento, il conduttore deve ac

cordare al locatore un termine congruo per pro

curarsi un collocamento che corrisponda alla sua

condizione. (1)

Per un impiegato a giornata il termine congruo non può stabilirsi in un sol giorno.

Se un impiegato è retribuito ad un tanto per

ogni giornata, ma il conteggio è fatto mensilmen

te, il termine congruo deve essere di un mese.

(App. Lucca, 26 marzo 1896; Ciampolini (Avv.

Sraffa) c. Società tram vie Pisa (Avv. Carini); Dir.

comm , 1896, 2, 531).

Prova testimoniale — Esame all'estero — De

legazione (Trattato italo-francese 24 marzo 1760, art. 22).

L'esame di testimoni residenti in Algeria deve

esser delegato alla locale autorità giudiziaria fran

cese, non al console italiano ivi residente. (1)

(Appello Milano, 27 ottobre 1896; Pres. ed est.

Cappa P.; Croolcston Brothers (Avv. Luzzati) c.

Fino (Avv. Tacconi); Monit. trib., 1896, 1008).

(1) Sul termine da darsi al locatore d'opere in caso

di licenziamento veggasi da ultimo la decisione della IV Sezione del Consiglio di Stato 18 luglio JL89H (Foro

it., 1894, III, 11), nonché: Cass. Torino 1G giugno 1893

(iil., Eep. 1893, voce Locazione, d' ojiera, n. 7-9), e App. Roma 21 giugno 1892 (id., 1892, I, 983, con riassunto di

dottrina e giurisprudenza). Ricordiamo anche la sentenza 29 dicembre 1892 della

Cassazione di Firenze (Foro it., 1893, 1, 1176, con nota

del prof. Tartufaiìi), che decise non esser dovuto un

congruo termine al locatore d'opere licenziato per esser si senza plausibile motivo assentato dal lavoro, ritenen do implicita nella volontaria assenza l'intenzione di cessare dalla locazione

(1) La Corte ha osservato nella surriassunta decisione : "Il Tribunale nel fare la delegazione in discorso,

stata chiesta dall'attrice ditta Croókston Brothers, fu vorosimilmente mosso dall'idea che la medesima fosse in armonia colla vigente leggo consolare 28 gennaio 1866, e leggesi ivi infatti nell'art. 171 che i tribunali dello Stato possono indirizzare rogatorie ai consoli o tribunali consolari per la esecuzione dei propri giudi cati e provvedimenti. Se non che tale art. 171 (come

già fu avvertito da questa stessa Corte in sentenza 26

ottobre 1893, Foro it., Rep. 1894, voce Prova testim., n.

78) trovasi posto sotto il capo 2° riflettente i modi di esercitare la giurisdizione (consolare) in quei paesi e ca si in cui i trattati o gli usi ne acconsentano l'esercizio ; e giova pure notare che se nolla Sezione V di tale ti

tolo II, in cui è compreso il detto art. 171, si conten

gono disposizioni dichiarate comuni alle precedenti se

zioni, codesta dichiarazione deve evidentemente inten dersi allusiva soltanto alle sezioni del medesimo capo 2°. Ciò posto, e siccome dal trattato 24 marzo 1760 tuttora

vigente colla Francia, di cui l'Algeria fa politicamente parte, e più precisamente dall'art. 22 si rileva che le

rogatorie per l'esecuzione dei giudicati italiani in Fran

cia, e viceversa, devono indirizzarsi non già ai consoli ma alle rispettivo autorità giudiziarie (concetto questo che vedesi ribadito nella convenzione consolare pubbli cata col decreto 11 settembre 1862), ne viene che l'esau

rimento delle prove state ammesse colla sentenza del cui appollo si tratta, doveva, in quanto le medesime siano ad assumersi nella località di Bona, venire affi

dato non all'autorità consolare, ma alla magistratura

francese, da cui dipende tale località, e che trovasi in

forza dol principio di sovranità investita della giuri sdizione ordinaria

V. nello stesso senso anche App. Genova 18 novem bre 1895 (Foro it., lie p. 1895, voce Prova testim., n. 68).

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