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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE || Udienza 28 febbraio 1905; Pres. Pugliese, Est....

Date post: 08-Jan-2017
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Udienza 28 febbraio 1905; Pres. Pugliese, Est. Pianigiani, P. M. Tofano (concl. conf.); Finanze (Avv. erar. Riccardi) c. Ditta Honneger (Avv. Castiglioni, Querenghi) Source: Il Foro Italiano, Vol. 30, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE (1905), pp. 331/332-333/334 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23107531 . Accessed: 17/06/2014 16:07 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.158 on Tue, 17 Jun 2014 16:07:02 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Udienza 28 febbraio 1905; Pres. Pugliese, Est. Pianigiani, P. M. Tofano (concl. conf.); Finanze(Avv. erar. Riccardi) c. Ditta Honneger (Avv. Castiglioni, Querenghi)Source: Il Foro Italiano, Vol. 30, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1905), pp. 331/332-333/334Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23107531 .

Accessed: 17/06/2014 16:07

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331. PARTE. PRIMA • 332

rificato, se il commerciante o l'industriale avesse prose

guito l'esercizio della azienda, senza che egli potesse

muovere lamento di duplicazione di tassa, così non gli e

dato di muovere lamento qualora cedendo ad altri l'a

zienda, sia assoggettata all'imposta quella somma che,

aleatoriamente fissata, egli consegue come equivalente, con anticipata realizzazione, di quei maggiori utili suc

cessivi nei quali si sarebbe ritrovato il reddito tassabile

in futuro a di lui carico. 0 in altre parole, appunto per

chè si tratta di utili futuri che, capitalizzati in unica volta,

entrano a far .parte del patrimonio del cedente, la loro tas

sazione non può costituire una duplicazione dell'imposta

già pagata negli anni precedenti. Imperocché quest' impo

sta colpì il reddito prodotto anno per anno e non quello

futuro, costituente nuova ricchezza, che non cessa di esser

tale quantunque rinvenga la sua ragione negli esercizi

anteriori.

Né si dica che il reddito che il commerciante o l'indu

striale avrebbe potuto ritrarre prima e non ritrasse dalla

sua azienda, per avere rinunciato a produrlo, sia stato

di già assoggettato all' imposta da commisurarsi per legge non solo sui redditi certi, ma eziandio su quelli presun

ti. Avvegnaché è bensì vero che l'imposta si applica anche sui redditi presunti, ma presunti come certi, effet

tivi, rispondenti cioè a quanto si ritiene essersi prodotto in realtà nell'anno al quale l'accertamento si riferisce, e

non sui redditi meramente ipotetici, né su quèlli di suc

cessivi esercizi.

E dacché la Corte d'appello considerò che, con la ces

sione del nome della ditta e dell'avviamento in disputa, fu trasferita appunto la speranza di lucri futuri, e che il

prezzo capitalizzato in unica volta rappresenta codesti lu

cri che il cedente avrebbe potuto conseguire di mano in

mano negli anni successivi, d'intuitiva evidenza appare che di questo modo, implicitamente bensì, ma necessa

riamente, escluse che la tassazione dei lucri medesimi

potesse costituire una duplicazione di tassa.

Laonde viene meno eziandio la censura di violazione

dell'art. 360 cod. proc. civ. mossa dal ricorso sotto co

desto aspetto alla denunziata sentenza; risaputo essendo

che una motivazigne, anche soltanto implicita, è sufficiente

per scagionare le pronuncio dei magistrati di merito dal

vizio di mancata motivazione.

Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. Udienza 28 febbraio 1905; Pres. Pugliese, Est. Piani

giani, P. M. Tofano (conci, conf.) ; Finanze (Avv. erar.

Riccardi) c. Ditta Honneger (Avv. Castiglione Que

eenghi).

Registro — Società — Recesso di soelo — Assegna zione <11 quota — Tassabilità (L. 20 maggio 1897, sulle tasse di registro, tariffa, art. 79, 80).

Il recesso di un socio da una società commerciale non dà

luogo allo scioglimento parziale di questa, e quindi il

socio recedente non ha diritto ad avere una porzione in natura delle cose formanti il patrimonio della so

cietà, ma ha soltanto un diritto di credito verso la so

cietà stessa per l'ammontare della sua quota. (1) Conseguentemente, se la società fibbia un patrimonio im

mobiliare, non può applicarsi al recesso' di un socio la tassa di trasferimento di beni immobili, sol perche egli

prenda la quota in denaro e tutti gli immobili per ■

mahgano alla società. (2)

La Corte, ecc. — Considerato che la sentenza denun

ziata osserva e ritiene a fondamento della sua decisione

che le società di commercio costituiscono enti collettivi

distinti dalle persone dei soci;.che le quote di parteci

pazione ad una società sono dalla legge reputate beni

mobili riguardo a ciascun socio fino a che essa esista, e

sebbene essa possegga un patrimonio immobiliare ; e che

durante tale esistenza i soci non hanno diritto a una por

zione in natura del patrimonio immobiliare, ma solo alla

quota di utili provenienti dalla gestione sociale; e su questi

principi l'amministrazione pubblica nulla trova da rile vare in contrario.

Ma poi la sentenza soggiunge che il recesso, simile alla

esclusione d'un socio, non porta scioglimento nemmeno

parziale della società, la quale continua a vivere mante

nendo intatto il suo patrimonio immobiliare. Nel che

consiste la differenza tra società e comunione, nella quale il comunista ha sempre diritto di avere tutta la sua

porzione in natura. Indi la sentenza seguita a dire: " Le società debbono durare per il tempo convenuto ;

ed allo scioglimento totale potrà il ricevitore applicare le tasse relative. E poi nella specie gli atti di recesso

parlano chiaro, accennando a restituzione della quota so

ciale di lire 40 000 e non a trasferimento di immobili, i quali appunto perchè di spettanza della società non po

tevano dal socio recedente a lei cedersi e trasferirsi „.

Che però su queste ultime affermazioni la Finanza

non consente, sostenendo in contrario che niuna legge

impedisce che le società, le quali si formano per volontà

dei loro componenti, possano per deliberazione dei soci

sciogliersi totalmente in rispetto a tutti i soci e parzial mente rispetto ad uno o più soci ; che questo scioglimento

parziale non può avere rispetto al socio che esce dalla

società conseguenze diverse dallo scioglimento totale, vale

a dire il pagamento della parte spettante al socio rece

dente, o sia in natura o .sia in denaro ; che il principio

doversi la quota sociale reputare cosa mobile vale fino a

che il socio sta in società, ma quando^egli sia autoriz

zato a recedere, la società si scioglie in rapporto al me

desimo e sottentra uno stato di comunione, per il quale

egli ha diritto di avere la sua parte delle cose sociali.

Ciò posto, per quanto si riferisce alla tassa da corrispon dersi l'art. 79 parla chiaro: se la divisione è fatta in

proporzioni eguali dovrà applicarsi la tassa fissa, ma se

avviene un maggiore assegno a favore di un socio, allora

si verifica un trasferimento, e quindi trattandosi di im

mobili la tassa pagabile sul maggiore assegno sarà quella

proporzionale di cui nella nota marginale del predetto articolo.

(1-2) Consulta in proposito la stessa Cassazione di Eoma 18

giugna 1894 (Foro it., Rep 1894, voce Registro, n. 3d), la qualo ritenne esser dovuta la tassa fissa di registro, e non quella proporzionale, quando il recesso di alcuni soci non apporti alla società altra variazione, se non quella che la società si veda privata della caratura degli stessi soci, e cioè della cosa medesima da essi apportata.

In senso contrario vedansi: App. Casale 28 ottobre 1886

(Foro it., Hop. 188G, voce Registro, n. 36); App Milano 9 aprile 1888 (id., Rep. 1888, detta voce, n. 48) ; App. Casale 25 gennaio 1894 (id., Rep. 1894, voce stessa, n. 22).

Consulta pure in senso difforme, per l'ipotesi però che re cedano dalla società tutti i soci meno uno, il quale si assuma l'attivo e il passivo del patrimonio sociale, Cass. Roma23agosto 1898 (Foro it., Rep. 1898, voce Registro, n. 19) e App. Venezia 3J aprile 1896 (id., Rep..1896, detta voco, n. 15).

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GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE

Se questo non fosse, si avrebbe lo sconcio di lasciare

circolare gli immobili senza pagamento di tasse e potrebbe con ripetuti recessi agglomerarsi, senza pagare un cen

tesimo di tassa, un ingente patrimonio immobiliare anche

in mano di un solo (sic /). Così va inteso l'art. 79 della

tariffa, il quale, pure uniformandosi alle supreme ragioni del diritto, chiude l'adito a qualunque frode e stratta

gemma.

Considerato cbe, posto a confronto il testo del n. 79

della tariffa annessa alla legge del registro colle regole cbe governano le società commerciali, il ragionamento dell'avvocatura erariale non apparisce fondato.

E di vero non può mettersi in dubbio cbe il patri monio immobiliare, specialmente quello cbe serve al fun

zionamento della società, appartenga, onde essa non sia

distolta dal suo fine, in modo assoluto ed esclusivo alla

collettività, e che la quota di ciascun partecipante debba

sempre aversi come cosa mobile.

Or questo stato di diritto vien meno solamente in caso

di scioglimento vero e proprio, che avviene per cessazione

intera o parziale della società, di quello scioglimento che

dà luogo alla liquidazione e indi alla divisione del residuo asse sociale, divisione che è contemplata, all'oggetto di

una tassa graduale, dal susseguente n. 80 della tariffa, e

nella quale specialmente può aver luogo la ipotesi con

templata'nella nota marginale al n. 79.

Non vien meno però nel caso di recesso di un socio,

perchè la società in questo secondo caso rimane in vita

e con essa il diritto a trattenere il patrimonio immobi

liare, che sovente costituisce necessaria condizione della

sua esistenza.

Liberi i soci, se lo credono non pernicioso all'eute, di

restituire al recedente la sua quota anche in immobili ;

ma quando ciò credano di non fare, non può dirsi che la

imminenza nella superstite società della porzione di im

mobili idealmente spettante al socio che si ritira, sia

l'effetto della abdicazione di questo. Nè il recesso può

equipararsi allo scioglimento, perchè ciò, sebbene ad al

cuni effetti possa parer vero nei rapporti del socio rece

dente, non vale agli effetti della legge tributaria, la quale non può a comodo creare una fittizia spartizione fra soci

di cose che la legge commerciale vuole siano di proprietà assoluta dell'ente. Vero è che la quota spettante al socio

recedente sta, come nel caso di esclusione, in propor zione dell' intero fondo sociale secondo il bilancio, ma per

questa quota egli non ha che un diritto di credito, nè

può pretenderla che in contanti, éd è un errore affermare

che esso lasciando alla società quella parte di immobili

che idealmente corrisponde alla sua quota, venga a tra

smettere negli altri soci che restano uniti lina porzione della medesima, per la semplicissima ragione che egli non

può trasmettere in altri quello che non è suo.

Se per avventura la quota a lui rimborsata non ri

sponda all'attivo sociale, al recedente potrà spettare un'a

zione di supplemento in denaro ; ma una tale menomazione

del diritto dell' individuo non può interpretarsi in senso

di abdicazione o di trasmissione, perchè ciò è contrario ai principi che regolano la società.

Può darsi che un tale sistema non risponda perfet

tamente in materia tributaria a giustizia distributiva; ma

quale istituto umano e specialmente tributario è perfetto ?

Che del resto anche la stessa tariffa pare che abbia vo

luto distinguere fra recesso e scioglimento, perchè se ciò

non fosse, non avrebbe enumerato letteralmente i due

capi, sottoponendo poi i risultati dello scioglimento alla

tassa graduale di divisione di cui al susseguente n. 80.

Che in conseguenza di quanto sopra, apparisce di giu stizia rigettare il ricorso della Finanza dello Stato.

Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. Udienza 28 febbraio 1905; Pres. Pagano G-uarnaschelli

P. P., Est. Giordani,' P. M. Andreucci (conci, conf.) ; Ferrovie mediterranee (Avv. Rossi) c. Mitasci (Ayv. Florenzano).

Ferrovie — Infortuni siti lavoro — Casse «11 soccorso — Indennità — Azione diretta -contro le società

ferroviarie.

Ferrovie — Infortuni sul lavoro — Indennità — [tlisu

r* — B. #. «8 gennaio 1899 — Costltnzionalltft

(L. 17 marzo 1898, sugli infortuni del lavoro, art. 1,

7, 18j R. D. 22 gennaio 1899 e L. 29 marzo 1900, su

gli istituti di previdenza del personale ferroviario). Il ferroviere colpito da infortunio sul lavoro può rivolger-,

si, per la relativa indennità, alla società da cui di

pende, anziché alla speciale Cassa di soccorso della so

cietà stessa. (1) "

L'infortunato però ha diritto a ripetere soltanto V inden

nità stabilita dalla legge sugli infortuni o quella mag

giore che gli spetti in base agli statuti della Cassa di

soccorso a cui è iscritto, ma non l'una e l'altra. (2) Il regio decreto 22 gennaio 1899, che ha così determinato

il diritto dei ferrovieri colpiti da infortunio, è perfet tamente costituzionale, ed in ogni modo fu ratificato dalla legge successiva del 29 marzo 1900. (3)

La Corte, ecc. — Considerato che col primo mezzo di

annullamento la Società ricorrente impugna la denunziata

sentenza per avere la Corte di merito respinto l'eccezione

pregiudiziale, con la quale essa Società aveva sostenuto

che il Mitasci non avesse azione contro di lei per l'inden

nità da lui domandata e che egli dovesse invece rivol

gere tale azione contro il Consorzio di mutuo soccorso.

Ma siffatta censura è priva di fondamento giuridico ;

imperocché, come la Corte di merito giustamente osservò, le società ferroviarie in forza dell'art. 18 della legge 17 marzo 1898, corrispondente all'art. 20 del testo unico, furono esonerate dall'obbligo di assicurare i loro operai

presso la Cassa nazionale istituita con la legge dell'8 lu

glio 1883, o presso società od imprese private di assicura

zione debitamente autorizzate, a condizione che modificas

sero in conformità della stessa legge 17 marzo 1898 gli statuti delle rispettive Casse-pensioni e di mutuo soccorso, e quindi esse 'furono autorizzate a funzionare da istituti'

assicuratori dei loro operai, valendosi dei detti istituti di

previdenza ; e ciò è tanto vero, che con l'art. 6 E. D.

23 maggio 1899, col quale in esecuzione della citata

legge del 1898 furono, modificati gli statuti delle dette

Casse, fu imposto alle società ferroviarie l'obbligo di rim

borsare alle Casse medesime, in ogni caso di infortunio,

(1) Vedi da ultimo in conformità Casa: Firenze 19 maggio 1004 (Foro it., 1904, I, 1356) con i richiami in nota.

(2-3) Consulta nello stesso senso Cass. Roma 14 giugno 1904

(Foro it., 1904, I, 905) con la relativa nota.

La sentenza cassata della Corte d'appello di. .Roma, 5 no

vembre 1904, può- leggersi nel Palazzo di giustizia, 1905, p. 29.

Vedi anche al riguardo una nota dell'àvv. Cagli, nel Contratto

di lavoro, 1901, p. 252, e altra nota dell'avv. Raimondi, nel Foro

delle Puglie, 1904, 317. .

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