Udienza 29 novembre 1877, Est. Radagna —Sperling c. Marini N. N.Source: Il Foro Italiano, Vol. 3, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1878), pp. 179/180-181/182Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23085745 .
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179 PARTE PRIMA 180
dichiarazione che il terzo abbia fatta, il terzo stesso
non prende figura di parte contendente nel giudizio,
ed a lui non può essere applicata la disposizione che
segna la condanna della parte soccombente nelle spese
del giudizio.
Nè vale il dire che, siccome dal fatto del terzo de
riva che il pretore, quando non è competente, deve
rimettere le parti ad udienza fissa avanti il Tribunale,
cosi il terzo medesimo deve sopportare il carico delle
spese cui col fatto proprio dette luogo.
Il terzo conosce a priori quali sono le conseguenze
cui esponesi mancando di comparire a fare la sua di
chiarazione, e sa che questa è supplita per lui dal
giudice ; egli non deve incaricarsi di sapere quale potrà
essere il giudice competente per assoggettarlo alla sola
pena che la legge gli commina, e della quale può avere
le sue buone ragioni di essere contento, piuttosto che
prendersi il disagio di comparire per fare esso stesso
la dichiarazione. Tanto meno poi è sostenibile che nella
specialità del caso il procedimento perdesse il carattere
di esecutivo, regolato con norme proprie del capo V,
nel libro II, titolo II, del Codice di procedura civile, e
denaturasse in un giudizio nuovo ed ordinario di di
chiarazione di credito, per le circostanze che le parti
non comparvero avanti il Tribunale nell'udienza fissa
destinata dal pretore, ma invece al seguito di cita
zione per giorno diverso proposta dal signor Bertucci
nei nomi, il quale formulò domanda perchè il ca
valiere Paoletti fosse dichiarato debitore verso la ere
dità beneficiata di lire cinquantamila e frutti, ed al
signor Gargani occorse chiedere rettificazione che in
vece era debitore di lire 50,357 28 e frutti relativi, ed
inoltre tenuto al rimborso dell'imposta di ricchezza
mobile, manifesto apparendo che tutte le accennate cir
costanze furono mere accidentalità, incapaci di immu
tare la sostanza ed indole del giudizio, che si mantenne
sempre nei termini di esecutivo per la conferma di
pignoramento presso terzo, di assegnamento del de
bitore diretto, siccome è dimostrato lucidamente dalle
conclusioni presentate al Tribunale, e dal pronunciato
del Tribunale medesimo sulla sentenza impugnata sol
tanto nel capo relativo alla condanna nelle spese.
Per questi motivi, rigetta l'appello, ecc.
CORTE D'APPELLO DI PERUGIA Udienza 29 novembre 1877, Est. Radagna — Sperling
e. Marini N. N.
invocazione — Errore di fallo — Rìeivìo (Art. 494
e 508 Cod. proc. civ.).
Deve revocarsi, a tenore dell'art. 494 del Codice di
proced. civ., quella sentenza, che ha pronunziato
non in forza di criteri ricavati da cattiva ponde
razione di fatti, ma per aver supposto fatti ine
sistenti, o ritenutili in senso opposto ai documenti
ai quali la sentenza riferivasi (1).
È in facoltà del giudice che ammette la rivocazione
di rinviare le parti a provvedersi in congrua sede
rapporto al merito della causa.
La Corte, ecc. — Considerando che dalla relazione
del Governo sull'istituto della rivocazione appare che
in alcune legislazioni precedenti questo mezzo extra
ordinem per causa di errore non era ammesso, se non
quando fosse l'effetto del dolo reale o presente della
parte vincitrice, o si trovasse in conflitto colla verità
proclamata da altro giudicato: alla mente però dei
membri della Commissione legislativa apparve un altro
vero manifestato dalla eloquenza dei fatti diuturni, che
il magistrato può fallire ancora per inavvertenza (mi seranda condizione della umana fralezza) il che recla
mava un legittimo provvedimento contro l'austero prin
cipio Ano a quel tempo affermato, non poter egli esser
fallibile che per solo fatto delle parti, del quale era
incolpevole. Descrivendosi quindi questo rapporto esi
stente nella società, che è assiduo compito del legisla
tore, fu stabilito che l'errore di fatto può essere ar
gomento di rescissione di una sentenza. Ma cotesto
errore deve risultare dagli atti e documenti della causa,
ed ha luogo quando la decisione sia fondata sulla sup
posizione di un fatto, la cui verità è incontrastabil
mente esclusa, ovvero quando sia supposta l'inesistenza
di un fatto, la cui verità è positivamente stabilita; e
tanto nell'uno che nell'altro caso, quando il fatto non
sia un punto controverso sul quale la sentenza abbia
pronunciato (art. 494 Cod. proc. civ.). Dalle quali pa
role, rivelatrici della mente legislativa, viene larga
mente esplicato, con locuzione che ne comprende l'in
timo concetto (incontrastabilmente, positivamente) con
quanta circospezione debba il magistrato, che fu autore
della sentenza impugnata, procedere nel giudizio di re
vocazione, il quale, se pure ha un pungolo all'amor
proprio, è confortato dalla onoranza della fiducia pub
blica, che aspetta da lui la emenda dell'errore, ed egli lo farà volentieri con animo sereno, rendendo testimo
nianza di ossequio e di affetto all' impero della verità.
Considerando che gli errori denunziati non sono il
risultato di criteri ricavati da cattiva ponderazione dei fatti della causa, sibbene la conseguenza di avere
supposto fatti inesistenti, o ritenutili in senso perfet tamente opposto ai documenti ai quali la sentenza
riferivasi; con che se venne offesa la rettitudine del
giudizio non è materia dell'odierno disputare, ma fu
per certo informata la volontà stessa di giudicare che
non potè manifestarsi alla coscienza del magistrato
nell'esaminare i documenti, dei quali perciò si venne
a fare mal' governo; Considerando che non può dubitarsi che tali fatti
erronei non siano stati decisivi nella causa; Considerando che, allo stato degli atti, è più oppor
tuno consiglio ammettere la domanda di rivocazione,
(1) Conf. Appello Venezia, 23 giugno-1876 (Foro il., I, 1152); Ap pello Napoli, 17 marzo 1876 (Foro il., I, 827); Appello Venezia, 8 feb
braio 1877, comune di Mestre c. comune di Venezia (Temi veneta, 1877, 89); Cass. Torino, 11 novembre 1868, Marchetti c. Gibellino (Bet tini, 1868, 925); Cass. Torino, 17 febbraio 1875, Salvi c. Malagutti (.Monil. trib., 1875, 357).
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181 GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE 182
rinviando le parti a più maturo giudizio pel merito
della controversia (art. 508 Cod. di proc. civ.)
Per questi motivi, ammette la domanda di rivoca
zione, ecc.
TRIBUNALE CIVILE DI FORLÌ.
Udienza 10 luglio 1877, Pres. ed Est. Funari — Mortani
(Proc." Mariani) c. Quercioli (Proc. Zoffili).
I'rova testimoniale — Avvocato (Cod. proc. CÌV., ar
ticolo 236).
L'avvocato difensore di una delle parti può essere esa
minato come testimone in favore della parte stessa,
quando ne abbia abbandonata la difesa. (1)
Il Tribunale, ecc. — Attesoché nella legge di proce
dura sono enumerate le persone che sono dichiarate in
capaci a deporre come testimoni ili giudizio civile, ma fra
queste non sono indicati gli avvocati difensori. Al difetto
di una sanzione espressa di legge ha supplito la giuris
prudenza, la quale ha ravvisato e stabilito esistere una
incompatibilità giuridica tra l'ufficio di procuratore le
gale e di difensore, e quello di testimonio a favore della
stessa parte che è rappresentata e difesa, e quindi non
potersi contemporaneamente rivestire le due qualità ;
Attesoché però né la giurisprudenza prescrive, né la
ragione suggerisce di vietare all'avvocato che ebbe
una volta il patrocinio di una lite, da cui fu quindi
esonerato, di deporre successivamente in giudizio in
senso di verità in favore di chi fu una volta suo cliente,
e ciò perchè, dal momento in cui esso svestì la qualità di difensore, sparì in lui quella incompatibilità di at
tribuzioni che esiste fra l'avvocato difensore ed il te
stimone; ond'è da tener per fermo che è inconciliabile
l'esercizio simultaneo di avvocato difensore e testimone,
ma che se l'avvocato depose l'ufficio, allora l'incom
patibilità assoluta cessa, e si converte in ragione di
sospetto da valutarsi dal giudice nell'apprezzare la te
stimonianza di chi fu una volta avvocato della parte che è in causa.
Per questi motivi, rigetta l'incidente, ecc.
(1) Rammentiamo la L. 25 al Digesto de testibus, nella quale si rac
comanda ai presidi, ut caveant ne patroni in causa cui patrociniuwi
praestiterunt testimonium dica/ut.
Siamo per altro pienamente d'accordo col Tribunale civile di Forlì
nelPammettere che, ove pure, allargando la disposizione dell'art. 236
del nostro Cod. di procedura civile, si voglia riconoscere un'incompa tibilità giuridica fra la qualità di avvocato in causa e quella di testi
monio, siffatta incompatibilità debba venir meno ogniqualvolta l'av
vocato sia chiamato a deporre dopo essere stato esonerato dal suo
ufficio di patrocinatore. Il legislatore non ha voluto escludere dal fare testimonianza se non
quelle persone che siano legate da intimi rapporti con una delle parti,
quali i parenti, gli affini in linea retta ed il coniuge. Queste non po trebbero deporre in giudizio, neppure se le parti interessate tacessero, o rinunciassero al diritto di farle escludere (Saredo, 1st., n. 466; Gar
giulo, Comm., p. 619; Carré e Ciiauveau, Quest., 1055 ; Pigeau, Comm., t. I, p. 521; Favard, n. 11; Thomine, n. 313,314; Boitard, f. I, p. 413, art. 268).
Ma per tutte le altre persone, la testimonianza delle quali possa per
qualsiasi ragione riuscire di dubbia fede, il legislatore ha abbastanza
provveduto, lasciando alle stesse parti la facoltà di proporre i motivi
che possono rendere sospette le loro deposizioni, e rimettendo all'ap
prezzamento del giudice il valutarle secondo il suo giusto criterio (ar ticolo 237 Cod. proc. civ.)
Non dobbiamo per altro tacere come la nostra giurisprudenza, traendo
argomento dall'art. 288 del Cod. di proc. penale, abbia riconosciuto
che fra coloro che per cagione del loro ufficio possono legittimamente ricusarsi di deporre in giudizio nella qualità di testimoni, debbono es
sere annoverati i procuratori e gli avvocati, quando si voglia inter
rogarli su fatti venuti a loro cognizione in conseguenza dell' assunto
patrocinio, molto più poi se la conoscenza di tali fatti possa per av
ventura arrecar danno ai loro clienti (V. Cass. Napoli, 5 giugno 1869;
Giurisp. ital., XXI, 1, 351; Tribunale di terza istanza di Venezia, 1 marzo
1869; Gazz. Genova, XXII, 258; App. di Bologna, 2 novembre 1874;
Giurisp. ital., XXVII, 2, 44).
TRIBUNALE CIVILE DI FORLÌ. Udienza 8 gennaio 1878, Pres. ed Est. Veccei ff. di P. —
Morani (Avv. prof. Ducati, proc. Mariani) e. Quer
cioli (Avv. Feri e pro!'. Ceneri, proc. Zoffili) e Schiu
marmi (Proc. Ceccarelli).
ProcedimoniO — Csiiiibiauicato sii rito — Incident» —
Iscrizione a ruolo — Verificazione «li scrittura —
8'erizia calligrafica — intervento in causa— Inte
resse (Cod. proc. civ., art. 181, 201, 296).
Quando, per concordia delle parti, una causa ini
ziata a rito formale, fu convertita in sommaria, non possono proporsi (jl' incidenti colle norme del
procedimento formale, ma debbono proporsi colla
conclusionale all' udienza a cui fu rinviata la di
scussione del merito, senza che però da siffatta ir
regolarità possa dedursi la nullità della procedura
relativa. (1) Non è necessaria la iscrizione a ruolo di spedizione,
quando il Tribunale, dopo la conversione del pro
cedimento da formale in sommario, ha rinviata la
causa a udienza fìssa. (2) La comparazione dei caratteri, per via di perizia
calligrafica, che la concorde giurisprudenza ritiene
(1-2) La risoluzione che il Tribunale ha dato a questa elegante que stione di procedura, ci sembra conforme alla legge ed alla giurispru denza.
Ed invero, quando si tratta di causa iniziata col procedimento som
mario, o che da formale fu, per volontà delle parti o pronunzia di
giudice, trasformata in sommaria, nessun incidente è proponibile colla
forma speciale dell'art. 181 Cod. proc. civ., dovendosi qualunque istanza
si di merito, come d'istruttoria, e ogni altra d'indole incidentale, pro
porre all'udienza stessa destinata per la discussione della causa e cu
mularsi nella discussione di questa, giusta il disposto dell'articolo 390
Cod. proc. civ. e la comune dottrina forense, Ricci, Cod. proc. civ., vol. I, n. 448 a 451, p. 412; Gargiulo, Cod. proc. civ., vol. I, p. 1007;
Cuzzeri, Cod. proc. civ., vol. I, p. 239 e p. 578, n. 5; Ann. it., I, 1, 1, 26 e 2, 26; II, 2, 124 e 680; IV, 2, 291; Legge, VI, 561; Mon. Irib.,
X, 869; Mon. giudi., T, 299. Verificandosi pertanto il caso che, dopo essere stata legittimamente destinata una causa ad una determinata
udienza per la discussione del merito, una delle parti pretenda di ele
vare un incidente adottando le forme dell'art. 181, il Presidente, da
vanti a cui le parti compariscono in virtù della citazione, non può nè
deve prestarsi a sanzionare una flagrante illegalità contro l'ordine dei
giudizi, e in danno della parte citata e riluttante; e perciò null'altro
gli resta a fare se non che astenersi dall'esercitare un ufficio che in
quelle condizioni di cose non gli è dalla legge attribuito, e l'unica
pronunzia che dovrà emettere è quella di non esser luogo a provve
dere, rinviando la parte a proporre la sua istanza nella udienza già destinata per la discussione. E di vero se si autorizzasse l'anormale
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