Udienza 3 maggio 1931; Pres. ed est. Faucanié; Bocchi (Avv. Alberini), Banca delle Marche eAbruzzi (Avv. Caravaggi) c. Cassa Risparmio Provincie Lombarde (Avv. Bonardi), Pezzani (Avv.Cantoni), Palazzoli (Avv. Cadeo), Toninelli (Avv. Marchetti)Source: Il Foro Italiano, Vol. 56, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1931), pp. 1303/1304-1309/1310Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23133843 .
Accessed: 28/06/2014 13:02
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 193.142.30.174 on Sat, 28 Jun 2014 13:02:58 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
1303 PARTE PRIMA 1304
dell'appellante ripiega. La disposizione testuale del testa
mento del conte Calderari è là seguente : « A Berlino ebbi
un figlio che ha nome Luigi Westphal dalla signorina Frieda
Westphal abitante in Berlino, via Sophir Charlotten, 57
58. A favore di detto figlio ho concluso un'assicurazione
di marchi 30.000 con la Società di assicurazione La New
York sede di Berlino da pagarsi al detto Luigi West
phal alla mia morte. Prego avvertire la Società in oaso
di mia morte >. Manca in questa dichiarazione, secondo
gli appellanti, la nota che rassicuri della precisa volontà
del testatore di effettuare il riconoscimento per tutte le
conseguenze di legge. Il riconoscimento fatto con una di
chiarazione che lasci incerti sul fine voluto non dovrebbe
poter essere atteso, senza violare il divieto semj re vi
gente della ricerca della paternità. Anche il rigore che è in questa tesi non si armonizza
con la tendenza più liberale della comune coscienza giu
ridica, a proposito dei diritti e dei doveri che nascono
dal rapporto della filiazione. La dottrina rigorosa propu
gnata in Francia, che non possa aversi riconoscimento
senza che risulti la precisa volontà di effettuarlo, non è
stata tra noi seguita incondizionatamente. Il Bianchi, che
meno la respinge, consente però che il riconoscimento è
sostanzialmente una confessione, e vale anche se fatto in
termini enunciativi e con frase incidente : cosi nel le
gato o nella donazione fatta a persona qualificata per pro
prio figlio naturale. Più risolutamente la dottrina cheap
pare oggi dominante rileva che il diritto di famiglia si
riavvicina, meglio che al diritto privato, al diritto pub
blico, e che in esso quindi non predomina la volontà come
espressione di autonomia individuale. Onde il carattere
probatorio, di dichiarazione di scienza, nel riconoscimento
del figlio naturale, e la sua efficacia come mezzo di ac
certamento, non come titolo per il rapporto giuridico di
filiazione (Dusi, Cicu). Per vero le dubbiezze che possono sussistere nel campo
astratto della dottrina, raramente hanno rispondenza nella
pratica. Accertato che il testamento olografo è mezzo
idoneo per il riconoscimento della filiazione naturale, è
ben difficile che colui che vi menzioni alcuno come suo
figlio, lo faccia, quali siano i termini in cui la menzione
è concepita, senza la coscienza e l'intento di attribuirvi
il valore formale del riconoscimento. Certamente questo non si è verificato nel nostro caso. (Omissis)
Per questi motivi, ecc.
CORTE D'APPELLO DI BRESCIA.
Udienza 3 maggio 1931; Pres. ed est. FaocaniÉ ; Boc
chi (Avv. Alberini), Banca delle Marche e Abruzzi
(Avv. Caravaggi) c. Cassa Risparmio Provincie Lom
barde (Avv. Bonardi), Pezzani (Avv. Cantoni), Pa
lazzoli (Avv. Cadeo), Toninelli (Avv. Marchetti).
Esecuzione immobiliare — locazione — Anticipa zione dei fitti — Termine non superiore al tre
anni — Anteriorità alla trascrizione del precetto —
Efficacia contro 1 creditori Ipotecari — Termine
superiore a tre anni — Riduzione al triennio —
Computo (Cod. civ., art. 498, 1932, 1942; cod. proc.
civ., art. 687).
Le anticipazioni dei fìtti non ancora scaduti per un
periodo di tempo non superiore al triennio, ancorché
non trascritte, sono efficaci di fronte ai creditori ipo
tecari anteriormente iscritti, purché di data certa
precedente la trascrizione del precetto. (1) Le anticipazioni dei fitti non ancora scaduti per un
termine superiore ai tre anni, trascritte dopo la
iscrizione ipotecaria del creditore, devono essere ri
dotte a tale durata e la riduzione può operarsi in
analogia con quanto dispone l'art. 493 cod. civ. per la riduzione delle locazioni, con l'avvertenza che il
triennio entro cui quelle vanno ridotte è quello in
corso al tempo della trascrizione del precetto, compu tando il primo triennio dal giorno in cui risulta con
atto di data certa che avvenne la cessione o libe
razione. (1)
La Corte, ecc. — L'appellante Bocchi Angelo, il
quale a sensi dell'art. 687 cod. proc. civ. non può op
porre al deliberatario che le anticipazioni fatte secondo la
consuetudine dei luoghi ed è costretto a ripetere il paga mento dal dì della delibera, ha diritto per il credito che ne
deriva di essere collocato sul prezzo ricavato dalla ven
dita con preferenza ai creditori ipotecari anche anteriori
(Cassa di Risparmio e Banca delle Marche e degli Abruzzi) limitatamente però a un triennio ?
Si presenta cosi allo studio della Corte la dibattuta
questione circa l'efficacia di fronte ai creditori ipotecari delle liberazioni e anticipazioni triennali fatte dal con
duttore.
Il Tribunale, aderendo alla tesi di un insigne maestro
(il Mortara), 1 'ha risolta in favore dei creditori e a
danno del conduttore, ritenendo che rispetto al giudizio di esproprio e malgrado il disposto degli art. 1932 n. 7
e 1942 cod. civ., il conduttore per i fitti anticipati trien
nali o ultratriennali, trascritti o non trascritti, non abbia
che un'azione personale di rimborso verso il locatore da
farsi valere per contributo sul prezzo della vendita. Esso
parti dal riflesso che la trascrizione dell'atto di anticipa zione degli affitti non può immutare la natura e l'essenza
del rapporto creditorio si da trasformarlo da diritto per sonale in diritto reale sull'immobile, e che, non attribuendo
la trascrizione medesima diritti maggiori di quelli conte
nuti nell'atto che si trascrive, e la prevalenza nel con
flitto di diritti non potendo essere stabilita che in base
alle cause di prelazione fissate dalla legge (privilegi e ipo
teche) ne deve conseguire che il conduttore non può van
tare di fronte ai creditori ipotecari alcun titolo di prefe
renza, tranne nel caso, in cui si sia curato di far iscrivere
ipoteca a garanzia delle sue ragioni. La Banca delle Marche e degli Abruzzi (la Cassa di
Risparmio, nel presupposto, non esatto, che l'appello Boc
chi non la riguardi, pur chiedendo la conferma della sen
tenza appellata, non prende veruna parte alla discussione
del punto in contesa) insiste perchè la decisione del Tri
bunale sia confermata ed invoca a suffragio della tesi da
esso accolta un arresto della Corte Suprema a Sezione
riunite (sent. 22 gennaio 1923). Ma la Corte, pur professando il più profondo ossequio
e non solo gerarchico al responso della Corte Suprema,
(1-2) Vedi in conformità specialmente per la prima massima, App. Trani 9 agosto 1920 (Poro it., 1920, I, 761) con nota di richiami alla precedente giurisprudenza. Di poi consulta: stessa Corte 18 dicembre 1920 (id., Rep. 1921, voce Esecuzione immobiliare, n. 26) e la sentenza della Cassazione di Roma, 22 gennaio 1923, ricordata come difforme, nel corpo di quella che pubblichiamo (id., Rep. 1923, voce Graduazione, n. 3).
This content downloaded from 193.142.30.174 on Sat, 28 Jun 2014 13:02:58 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
1805 GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE 1306
non crede di poter seguire i priucipì ivi aflermati e posti
principalmente a base della soluzione adottata.
La legge coll'imporre la trascrizione degli atti di li
berazione e di cessione di affitti eccedenti il triennio di
cui all'art. 1932 cod. civ. n. 7 cogli effetti di cui all'ar
ticolo 1942 codice stesso e coll'obbligare così i terzi
a rispettare le liberazioni e cessioni eccedenti il triennio
se trascritte, purché non in frode, ha stabilito un titolo
di preferenza secondo l'anteriorità delle rispettive trascri
zioni od iscrizioni nell'ipotesi di conllitto fra i diversi
aventi causa da un medesimo autore. La trascrizione non
è qui soltanto la pubblicità-notizia, ma funziona come ti
tolo di preferenza, avendo la legge parificati tali atti per
finzione giuridica a diritti reali. E la ragione della legge
è manifesta. Il legislatore ha voluto conciliare gli inte
ressi del proprietario, che deve poter godere la cosa sua
in conformità del suo diritto di proprietà cogli interessi
dei terzi. Dall'obbligo invero incombente a costoro per lo
art. 1597 cod. civ. di rispettare la locazione, se di data
certa, ne poteva per logica conseguenza derivare l'ulte
riore obbligo di rispettare anche le anticipazioni di fitti
per qualunque tempo dipendenti dal contratto medesimo,
e questo poteva esporli a grave pregiudizio, nel caso che
il debitore, abusando della facoltà di disporre delle uti
lità del fondo, riscuotesse o cedesse fitti anticipati in mi
sura così grave da rendere vano ed illusorio il diritto del
creditore ipotecario. Così la legge, con una eccezione al
principio generale che la trascrizione concerne solo gli atti
relativi a beni immobili, ebbe a prescrivere, come per le
locazioni eccedenti i nove anni, che le anticipazioni ecce
denti il triennio dovessero trascriversi, subordinandone
cosi la loro efficacia di fronte ai terzi, all'osservanza di
una simile formalità, in modo che gli acquirenti e i cre
ditori e tutti coloro che volessero a qualunque titolo ac
quistare diritti sull'immobile ne fossero notiziati e posti
in grado di regolarsi.
Ma se per le anticipazioni eccedenti il triennio occorre,
affinchè sieno rispettate, che la trascrizione dell'atto che
le riguarda, sia trascritto anteriormente all'ipoteca, perchè
è appunto la anteriorità della iscrizione o trascrizione che
a sensi dell'art. 1942 cod. civ. ne determina la preferenza,
per le anticipazioni non eccedenti il triennio e di data
certa non occorre affatto che sieno anteriori alla iscri
zione dell'ipoteca ; basterà sieno anteriori alla trascrizione
del precetto. Lo si argomenta dal succitato art. 1942.
Se ivi è statuito che la sentenza o l'atto di liberazione
e di cessione di fitti eccedenti il triennio, finché non sia
trascritto, non ha alcun effetto riguardo ai terzi, che a
qualunque titolo hanno acquistato e legalmente conservato
diritti sull'immobile, cioè riguardo agli acquirenti e ai
creditori ipotecari, bisogna ritenere, argomentandosi a
contrario, che le sentenze e gli atti stessi di liberazione
e cessione per un termine non maggiore di tre anni sono
efficaci rispetto a tutti, ancorché sieno essi acquirenti o
creditori ipotecari. Anche qui lettera e spirito della legge sorreggono que
sta interpretazione che è seguita da un'imponente scuola
di giuristi (Paoli, Giorgi, Luzzati, Gabba, Saredo, Mat
tirolo, Cuzzeri, Gargiulo) e che è anche confortata da
autorevoli responsi della giurisprudenza (vedi ("ass. Roma,
28 febbraio 1898 e 24 giugno 1898, Foro it., 1898, I, 612, 1188; Cass. Roma 9 maggio 1909, Foro it., Rep. 1909,
voce Esec. immob., n. 90; App. Bologna 31 dicembre
1915, Foro it., Rep. 1916, voce cit., n. 82; Cass. Firenze
14 aprile 1919, Foro it., 1919, I, 511.
Bisogna tener sempre presente il principio affermato
dal nostro codice per soddisfare ai bisogni ordinari della
agricoltura e dell'industria, che successor singularis te
ne tur stare colono. Questo principio, come si è detto, la
legge volle conciliarlo con la necessità di impedire che
dalla illimitata applicazione di esso ne potesse derivare
ai terzi grave pregiudizio, come nel caso di anticipazioni o cessioni fatte per molti anni, che scemano notevolmente
il valore del fondo, e prescrisse la trascrizione per quelle eccedenti un dato termine (3 anni).
Nel progetto Pisanelli si era limitato a un anno la
esenzione dalla trascrizione, ma poi si dispose, al fine di
non creare un vincolo vessatorio di soverchio carico in
danno del locatore, di elevare il termine a tre anni, con
siderandosi che entro questo limite non si dovesse im
porre ostacolo al diritto di godimento della cosa sua in
pregiudizio del proprietario. Gli atti di anticipazione di fitto non eccedenti il triennio vennero per tal modo con
siderati dalla legge come atti di mera amministrazione, intesi a soddisfare bisogni o interessi del proprietario de
gni di considerazione ; e come le locazioni non eccedenti
il novennio non possono essere impugnate dai creditori
anteriormente iscritti, cosi per lo stesso principio devono
essere rispettate entro il limite di cui all'art. 1932 n. 7
le anticipazioni costituenti un patto inerente alla loca
zione.
Nè il creditore ipotecario ha diritto di dolersi, poiché,
per le anticipazioni o cessioni eccedenti il triennio, se
trascritte, egli è in grado di regolarsi, ma lo è pure per
quelle non eccedenti il triennio, poiché egli, messo sullo
avviso dalla legge, deve tenere conto nella valutazione del
fondo anche di queste prevedibili diminuzioni.
Si sostiene da un'autorevole dottrina che questi prin
cipi dell'opponibilità ai terzi delle anticipazioni e libera zioni affermata dal codice civile, non possono avere effetto
rispetto al giudizio di espropriazione in forza del sistema
di protezione prevalente dei creditori sancito negli arti
coli 2085 stesso codice e 687 cod. proc. civile. E si dice
anzitutto che l'ipoteca si estende anche alle accessioni
dell'immobile a sensi dell'art. 1966 cod. civ. e quindi ai
frutti naturali e civili, e che pertanto non può il d ritto
preesistente del creditore ipotecario venire pregiudicato da liberazioni o cessioni fatte dopo, che potrebbero anche
rendere incapiente il credito ipotecario. Intanto questa
interpretazione è resistita dalla dizione dell'art. 1942 cod.
civ. dalla quale si ricava che le liberazioni e cessioni non
eccedenti il triennio sono efficaci di fronte ai terzi che
hanno acquistato e conservato legalmente diritti sull'im
mobile, e quindi di fronte a tutti, sieno anteriori o po
steriori alla data certa dell'atto. Inoltre devesi conside
rare che, se è vero che il creditore ipotecario ha diritto
al prezzo del fondo ipotecato e dei suoi accessori, è anche
vero che l'art. 2085 cod. civ. sancisce che è dal giorno
in cui si trascrive il precetto che il debitore non può
alienare i frutti e che fino a tanto che ciò non avvenga,
il debitore, continuando ad essere il proprietario del
fondo, ha diritto di amministrare, di godere e di disporre.
Non è esatto il dire che i creditori ipotecari abbiano
sui frutti naturali e civili del fondo ipotecato un diritto
quesito fin dalla iscrizione, sia pure condizionato all'espe
rimento dell'azione ipotecaria. I creditori ipotecari hanno
diritto in via generale a che il loro debitore non diminui
sca il valore venale del fondo, ma in particolare, per quel
che riflette i frutti, è solo dalla trascrizione del precetto
che essi vengono immobilizzati (art. 2085 c. c.) per es
li. Foro Italiano — Anno LVI — Hart? 1-87.
This content downloaded from 193.142.30.174 on Sat, 28 Jun 2014 13:02:58 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
1307 PARTE PRIMA lS08
sere, unitamente al prezzo dell'immobile, distribuiti ai
creditori ; ed è da questo momento, dal giorno cioè in
cui l'effetto pratico della iscrizione passa dallo stato po tenziale a quello attivo mediante la trascrizione del pre
cetto, che i frutti vengono assoggettati al vincolo reale.
Prima essi possono essere legittimamente alienati entro i
limiti stabiliti dalla legge, la quale al di qua dei tre anni
non ha creduto necessario provvedere all'interesse dei
creditori ed inceppare l'attività amministrativa del pro
prietario. Nè poi appare fondato il sostenere che gli art. 1932
e 1942 cod. civ. non esplicano la loro efficacia nel campo
dell'espropriazione forzata in virtù della regola sancita
dall'art. 687 cod. proc. civ. e che al conduttore che ha
fatto anticipi non può spettare che un'azione personale di
rimborso, com'è personale il suo credito. Si è voluto ri
scontrare un'insanabile discordanza f; a questa disposizione e quelle di cui agli art. 1932 e 1942 cod. civ., ma questa
discordanza a parere della Corte non c'è. Certamente si
deve riconoscere che l'art. 687 cod. proc. civ. col di
sporre che non si possa opporre al compratore se non il
pagamento di fitti o canoni anticipati fatto secondo la
consuetudine dei luoghi contrasta coi principi fondamen
tali della trascrizione conservando come mezzo di pub blicità le consuetudini locali, le cui incertezze furono ap
punto la causa per cui si ricorse all'istituto della trascri
zione (Gabba), ma si deve rilevare che anche qui lo
spirito della legge ne sana il contrasto e ne spiega la
ragione. L'art. 687 cod. proc. civ. invero riguarda sol
tanto le vendite forzate, costituisce evidentemente un ius
singolare determinato dalla diffidenza con la quale il le
gislatore ha guardato la figura dell'espropriato corrivo,
per lo stato in cui si trova, alla perpetrazione di frodi e
dalla convenienza di attrarre all'incanto il mnggior nu
mero possibile di offerenti. Ma se tale disposizione è di
•ius singolare di fronte alla regola consacrata nel codice
civile, essa non può riferirsi che alla vendita forzata e
riguardare soltanto i rapporti fra conduttore e delibera
tario, non quelli fra il conduttore e i ere !itori del loca
tore espropriato, i quali rapporti devono essere assogget tati alla regola generale stabilita dagli art. 1932 e 1942
cod. civ. con l'effetto, di cui sopra si è discorso, che il
conduttore avrà diritto di opporre ai creditori le antici
pazioni e cessioni nei sensi e nei limiti di cui agli articoli
suindicati al fine di ottenere il rimborso sul prezzo rica
vato dalla vendita.
Nè si potrebbe trarre un argomento contrario alla tesi
adottata dal fatto che la legge italiana nel riprodurre la
disposizione dell'editto e dei codici Sardi del 1854 e 1859, dai quali è stato tratto l'art. 687 del codice di rito, ne
abbia soppressa l'ultima parte, con la quale si faceva
salvo al conduttore il diritto di ottenere il rimborso sul
prezzo con prelazione o per contributo, poiché la salvezza
del diritto al rimborso è una conseguenza di troppo ovvii
principi di diritto per ritenere inutile e sovrabbondante una
riserva espressa, mentre poi la collocazione con preferenza o per contributo non è che il portato delle suaccennate
disposizioni degli art. 1932 n. 7 e 1942 cod. civile.
Fermo così il principio del rispetto da parte di chiun
que delle anticipazioni triennali che, ben s'intende, non
siano in frode (e nella specie la frode, se adombrata
dalla Banca nelle sue note, non è però in alcun modo
provata nè comunque fatta oggetto di particolare azione) resta a vedere se il Bocchi abbia diritto di essere
collocato con preferenza alla Cassa di Risparmio e alla
Banca delle Marche e degli Abruzzi per le tre annate
dal 1929 al 1932, come chiede, tanto per la locazione
Belprato come per quella Feniletto. Si sostiene dalla Banca
che, se anche per ipotesi si dovesse aderire alla tesi av
versaria, non per questo la domanda del Bocchi potrebbe essere accolta per il motivo che il triennio, entro cui vanno
ridotte le cessioni e anticipazioni di fitti, è quello in corso
al tempo, nel quale sopraggiunge la trascrizione del pre
cetto, computando il primo triennio dal giorno in cui ri
sulta con atto avente data certa che avvenne la cessione
o liberazione; e invoca a sostegno di questa tesi l'auto
rità del Mattirolo, e poiché il primo precetto immobiliare
sugli stessi beni fu trascritto ad istanza di altro credi
tore il 7 dicembre 1926 e quello della Banca il 5 novem
bre 1927, così il triennio in corso al momento della tra
scrizione del precetto (tanto si consideri il primo, quanto il secondo) è il triennio 1926-1927 ; 1927-1928 ; 1928-1929 ; triennio di cui l'affittuario si era già rimborsato non avendo
corrisposto l'affitto-.
Sa la Corte che anche su questo punto riflettente il
computo del triennio è sorta questione e che si sono esco
gitati vari sistemi.
Sembra però che, come insegna l'autorevole dottrina
testé invocata, nel silenzio della legge si debba avere ri
guardo alle disposizioni che regolano casi simili e materie
analoghe e cioè all'art. 493 cod. civ. ove è detto che
le locazioni fatte dall'usufruttuario per un termine ecce
dente i cinque anni non sono durevoli nel caso di cessa
zione dell'usufrutto se non per il quinquennio che si trova
in corso al tempo nel quale cessa l'usufrutto computando il primo quinquennio dal giorno in cui ebbe | rincipio la
locazione e gli altri successivi dal giorno della scadenza
del precedente quinquennio. Ora se il diritto di ammini
strazione nell'usufruttuario, per quel che riflette la loca
zione, si è stabilito in un quinquennio e se oltre tale
limite la locazione è riducibile nei sensi e nei modi di
cui al detto art. 493, pare alla Corte che nel caso di an
ticipazione di fitti per un identico principio direttivo, salva la differenza del periodo di tempo, il modo di ricon
durre tali atti nei limiti segnati non possa essere che
identico.
E poiché il diritto del creditore ipotecario iscritto
viene posto in atto con la trascrizione del precetto, così
in applicazione del detto principio il triennio entro cui
vanno ridotte le cessioni e le liberazioni di fitti non per anco scaduti come giustamente rileva la Banca, è quello in corso al tempo nel quale sopraggiunge la trascrizione
del precetto, computando il primo triennio dal giorno in
cui risulta con atto avente data certa che avvenne la
cessione o la liberazione. Se dunque il primo precetto fu
trascritto sugli stessi beni il 7 dicembre 1926 ne viene
che il triennio da rispettarsi, anche se si ha riguardo al
secondo precetto intimato dalla Banca e trascritto il 5
novembre 1927, non poteva riflettere che il periodo dal
l'il novembre 1926 all' 11 novembre 1929, periodo in corso
appunto alla data della trascrizione dei precetti e riguardo al quale il Bocchi dichiara di essere stato rimborsato.
E pertanto a torto il Bocchi, per quel che riflette le
anticipazioni relative alla locazione del fondo Belprato, e
che riguarda le sette annate 1926, 1927, 1928, 1929,
1930, 1931, 1932 della prima locazione scadente I'll no
vembre 1932 e la prima annata 1933 della nuova loca
zione 1 aprile 1826 rogito Stolfini (in totale lire 600.000)
pretende la rivalsa per le tre intere annate 1929-1930; 1930-1931 ; 1931-1932.
This content downloaded from 193.142.30.174 on Sat, 28 Jun 2014 13:02:58 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
1309 GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE 1310
Dice il Bocchi che siccome a lui Don fu mai notificato
il fatto dell'avvenuta trascrizione del precetto, egli avrebbe
potuto validamente pagare il fitto nelle mani del Pezzani
divenuto sequestratalo giudiziale dei beni precettati e
degli accessori anche dopo la trascrizione del precetto 5
novembre 1927, e che quindi il triennio, sul quale sono
da ritenersi valide ed efficaci in confronto dei creditori
ipotecari anteriori le anticipazioni da lui fatte coll'atto
Stolfini 3 dicembre 1926, decorre dall' 11 novembre 1929, o quanto meno dal giorno dell'aggiudicazione (28 giugno
1929). Ma non si comprende come la premessa giustifichi una simile illazione. Sta bene che a differenza di quanto avviene nelle esecuzioni mobiliari, il debitore espropriando nella esecuzione immobiliare dopo la trascrizione del pre cetto riveste la qualità di sequestratario giudiziario dei
beni precettati e dei frutti naturali e civili dei beni me
desimi, e come tale può validamente ricevere dal condut
tore i fitti e le pigioni dei fondi locati, ma ciò nulla ha a
che vedere colla questione di cui si tratta, riguardante
il computo del triennio valido delle anticipazioni fatte
prima d3lla trascrizione del precetto, questione questa che va risolta, come si è detto, applicandosi per analogia il disposto dell'art. 493 cod. civ. con riferimento al mo
mento in cui i creditori iscritti hanuo diritto alla immo
.bilizzazione dei frutti e in base ai principi sopra svolti
circa le ragioni che giustificano il rispetto del triennio.
( Omissis) Per questi motivi, ecc.
CORTE L'APPELLO DI NAPOLI.
Udienza 13 marzo 1931; Pres. Talarico, Est. Raja;
Malagola Ubaldini o. Presidenza del Consiglio dei
ministri.
Nobiliti (titoli di) — TrnamlAsione ni fig;li allottivi —
AimiiÌNwll»ililà — l'jMri'iui — SuceeN8Ì»iie riservata
al discendenti ed eredi in linea mnachile — lisclu
Niwne dei fieli adottivi (11. D. 21 gennaio 1929,
n. 61, sull'ordinamento dello stato nobiliare italiano, art. 56).
1 figli adottivi possono succedere nei titoli nobiliari del
l'adottante soltanto nel caso in cui l'atto di investi
tura feudale ammetta alla successione qualsiasi erede
anche non agnato. (1)
Se nell'atto di concessione la successione sia riservata
ai discendenti maschi ed agli eredi in linea maschile, vanno esclusi da essa i figli adottivi, dovendosi in
tendere per eredi unicamente gli agnati discendenti
dal primo investito. (2)
La Corte, ecc. — A seguito del responso della Su
prema Corte regolatrice, il tema della controversia in
questa sede di rinvio resta circoscritto alla sola interpre tazione del diploma 6 giugno 1481, e cioè se la conces
sione del Castrum Pecorarium e del relativo titolo di
conte, da parte del duca di Urbino a Francesco Ubal
dini della Carda, abbia posto in essere un feudo mera
mente ereditario, in modo che il titolo nobiliare debba
(1-2) Con la au riferita decisione la Corte d'apjello di Napoli, in sede di rinvio, si uniforma interamente alla sentenza della
Cassazione 14 marzo 1930 (Foro it., 1930, I, 764;. Vedi ivi la rela
tiva nota di precedenti sulle questioni decise.
passare anche ad estranei, purché eredi dell'ultimo inve
stito. Il diploma, nella parte che riflette la successione
del feudo è cosi concepito : «... tibi praelibato Fran
cisco in Nostro cospectu personaliter constituto, tuisque
posteris et flliis masculis reliquisque descendentibus vel
heredibus in perpetuimi per virilem lineavi pro iure no
bis competenti . . pro tuique generis nobilitate donatio
nis titulo irrevocabiliter . . . donamus, damus, concedi
mus et liberaliter impartimur ('antrum Pecorarium . . . ».
Da parte dei Malagola si insiste nel sostenere che la for
inola della concessione è cosi ampia da comprendere an
che gli eredi non discendenti, come sarebbe dimostrato
dalla p<rticella disgiuntiva vel, che rende impossibile la
compenetrazione dei due concetti di discendenti ed eredi, sotto il riflesso che, essendo insita nella qualità di di
scendente anche quella di erede iure sanguinis, la sem
plice qualità di erede ad altro non potrebbe riferirsi che
agli eredi non iure sanguinis. Ma la particella vel non
può essere considerata in senso assolutamente disgiuntivo. Non solo nei tempi di mezzo quella parola fu adope
rata spesso per et ed anche per idest, come ne dà atte
stazione il Da Gange nel suo « Glossarium » e come ne
dànno altreni esempi il de Afflichi ed il Voet, ma anche
nel latino classico è adoperato l'uso del vel per rettifi
care o meglio specificare una cosa detta innanzi. Lo
Schultz, nella sua grammatica latina, dice appunto che il
vel agguaglia, corregge, accresce. Virgilio la usa per unire : pariter pietate vel armis ; e cosi Tito Livio : hunc
ordinem ex censu descripsit vel paci decorum vel bello.
Cicerone lo adopera come accrescitivo : per me vel ster
tas, licet, inquit Carneades, non modo quiescas ; ed in
senso rafìorzativo : raras tuas quidem, sed suaves acci
pio litteras • vel quas proxime acceperam, quam pru dentes. Non è esatto, perciò, che la parola vel nei clas
sici è sempre usata in senso disgiuntivo. L'autorità de
gli scrittori sta a dimostrare il contrario, onde cade la
asserzione che il concedente usando la particella vel, ab
bia voluto senz'altro prevedere due ipotesi distinte nella
successione del feudo, una successione cioè per discenden
za, ed una successione per eredità.
Nè giova opporre che se il vel non avesse importato una separazione obbiettiva tra due ipotesi diverse, la
menzione degli eredi sarebbe rimasta priva di significato,
gi cchè, risalendo *1 regolamento giuridico dei teudi, se
condo le consuetudini feudali, non deve disconoscersi che
il primo acquirente del feudo non acquistava il suo di
ritto per mezzo di alcuno, cui egli fosse immediatamente
succeduto, ma per effetto della investitura o concessione
da parte del principe, in considerazione della sua abilità
personale, cioè intuitu personae. Di guisa che i feudi, considerati nella loro natura e nella loro essenza, poiché nascevano dai benefici, non potevano avere alcuna atti
nenza nè con l'eredità, nè col testamento. Essi traevano
la loro origine dalla investitura, onde, avvenendo la con
cessione in beneficio del primo investito e dei suoi di
scendenti, co-itoro vi subentravano non come eredi di Ini,
ma per diritto proprio perchè compresi nella prima in ve
stitura la quale | erciò racchiudeva altrettante concessioni
quanti erano i discendenti del primo acquirente. La con
cessione fu dapprima revocabile ad nutum, poi fu a
tempo, più tardi a vita ed infine divenne oggetto di suc
cessione, ma con ciò non venne a perdere la sua carat
teristica in quanto che, in tanto fu estesa la concessione
ai posteri, in quanto furono considerati quali eredi pre
santi del valore del primo investito. Da ciò la conse
This content downloaded from 193.142.30.174 on Sat, 28 Jun 2014 13:02:58 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions