Udienza 30 giugno 1915; Pres. Lucchini P., Est. Sabatini, P. M. De Feo (concl. conf.); Sindacatoitaliano infortuni (Avv. Gorgoni) c. Marucci (Avv. Conte, Montani)Source: Il Foro Italiano, Vol. 40, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1915), pp. 1263/1264-1267/1268Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23117284 .
Accessed: 28/06/2014 17:55
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 193.142.30.16 on Sat, 28 Jun 2014 17:55:45 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
1263 PARTE PRIMA 1264
di generalità, proporzionalità ed eguaglianza. Se così non
foase, non sarebbero mantenuti i criteri della generalità ed eguaglianza.
E senza andare più per le lunghe, se la legge avesse
voluto mantenere in vigore le antiche leggi sul riparto delle sjfese in esame, non avrebbe omesso di richiamarle
come ha fatto nei nn. 2, 3, 8, 9, 10, 12 e con l'ultimo
comma dell'art. 112. Questa mancanza dimostra che il
riparto delle spese in esame debba esser fatto secondo
il sistema tributario con l'imporre l'onere su tutti i cit
tadini secondo i criteri di cui innanzi.
Per questi motivi, cassa, ecc.
COSTE Di CASSAZIONE DI ROMA. Udienza 7 agosto 1915.; Pres. Lucchini P., Est. Tempe
stimi, P. M. De Feo (conci, ponf.); Veronelli (Avv. Mauri) c. Persicale ed altri.
Ululoni — Elratonl amministrative — Connor «io de
gli esercrntl per In gestione del duale consumo —
Componenti — Illeggibili tA a consigliere comunale.
(L. com. e prov. 21 maggio 1908, art. 23 ; L. 7 mag
gio 1908, sul dazio consumo, art. 55 ; Reg. relativo
17 giugno 1909, art. 371).
La gestione daziaria assunta dalla maggioranza degli esercenti di un Comune non ha i caratteri del vero
e proprio contratto di appalto, e quindi non e causa
di ineleggibilità a consigliere comunale dei compo nenti il consorzio. (1)
La Corte, ecc. — .Attesoché la Corte di merito rav visò nella gestione degli esercenti in consòrzio pel dazio
consumo i caratteri del contratto di appalto nell'inte resse del Comune, e dichiarò quindi ineleggibile a con
sigliere comunale di Lainate il Veronelli, che di quel consorzio faceva parte, pel disposto dell'art. 23 (ora 26), comma 7, della legge com. e provinciale.
Attesoché con l'art. 18 L. 6 luglio 1905 (55 testo
unico 7 maggio 1908), oltre le modalità della gestione diretta o dell'appalto, venne introdotto per la riscos sione del dazio consumo nei Comuni aperti un altro
sistema, quello della gestione da parte della maggio ranza degli esercenti riuniti in consorzio, le cui norme furono riservate al regolamento, che furono infatti ema nate con l'art. 371 e segg. del regolamento generale per la riscossione dei dazi interni di consumo 17 giugno 1909.
Attesoché, come appare dai lavori parlamentari, il
legislatore, nell'introdurre questa forma speciale di ge stione daziaria, ebbe intendimento di generalizzare il
sistema dell'abbonamento di classe, stabilito e discipli nato con l'art. 206 del regolamento generale; e non può l'assunzione di tale gestione assimilarsi all'appalto (come ha ritenuto la Corte milanese), differente nei suoi ele menti essenziali e nella sua finalità contrattuale. E in
vero, l'assuntore dell'appalto, come privato contraente é a fine di speculazione e di lucro, si sostituisce intera
mente al Comune nella riscossione del dazio dai contri
buenti; nella gestione consorziale, invece, in vista nel
rapporto già esistente di contribuenti del Comune, gli esercenti costituiti non in una forma di società civile o
(1) La sentenza cassata delia Corte d'appello di Milano 5 marzo 1915, leggesi a col. 618 di questo stesso volume, dove sono ricordati i pochi precedenti di giurisprudenza e dottrina, generalmente contrari alla massima accolta dalla decisione qui riferita.
commerciale, ma in un consorzio di carattere ammini
strativo, mediante la cessione della gestione, provvedono, non già a realizzare una speculazione, ma a ripartire fra
essi d'accordo le quote rispettive di dazio nella riscos
sione. Nè la rappresentanza del Comune nella riscossione
del dazio entra come condizione essenziale del contratto, essendo solo eventuale e limitata: eventuale, perchè è
possibile che non vi sia una minoranza di esercenti estranea
al consorzio, ma che questo sia formato, inizialmente o
durante la gestione, dalla totalità degli esercenti; nel
qual caso non si fa luogo all'esercizio della qualità e
diritti del Comune per la riscossione del dazio, e vi sono
solo contribuenti tenuti solidalmente, mediante la rappre sentanza del consorzio, al pagamento del tributo sotto la
forma di canone fisso d'abbonamento; limitatamente,
perchè, in vista dell'art. 376, è riservata facoltà agli eser
centi fuori del consorzio di ricorrere contro la determi
nazione del loro canone d'abbonamento, fatta dalla dele
gazione consorziale, alla Giunta comunale, la quale può ordinare l'esperimento a tariffa per un periodo superiore a sei mesi.
Che se alcune disposizioni proprie dell'appalto, fra cui la
prestazione della cauzione (art. 331 e 335), si applicano alla cessione della gestione daziaria, queste non riguar dano che elementi accessori del negozio giuridico, ma
non ne snaturano l'essenza, che lo avvince per sostan
ziale affinità giuridica alla forma d'abbonamento degli esercenti per classi, che non si dubita non potere costi
tuire ragione d'incompatibilità alla carica di consigliere
comunale, come non lo costituisce l'obbligazione al tri
buto. Ond'è che in conformità della natura giuridica del
contratto di cessione in esame risultante dalla legge sui
dazi di consumo, il regolamento legislativo 17 giugno 1909 potè legittimamente dichiarare con l'art. 371 che la
disposizione dell'art. 331, riguardante l'incompatibilità dei consiglieri comunali ad assumere l'appalto dei dati
di consumo, non si estende agli esercenti cessionari in
consorzio della gestione daziaria.
Per questi motivi, cassa, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA Udienza 30 giugno 1915; Pres. Lucchini P., Est. Sabatini,
P. M. De Feo (conci, conf.); Sindacato italiano in
fortuni (Avv. Gorgoni) c. Maruoci (Avv. Conte, Mon
tani).
Infortuni — Occasione del lavoro — Bstreiui — Ri
schio specifico e comune — Infortunio avvenuto
nella via ordinarla per reearsl al lavoro (L. 81 gen naio 1904, sugli infortuni del lavoro, art. 7).
Sono coperti dall' assicurazione anche gli infortuni avve
nuti fuori del luogo e tempo del lavoro, purché però abbiano occasione dal lavoro' stesso e derivino da un
rischio specifico a cui si trova esposto l'operaio in rap
porto al lavoro che deve compiere, e non un rischio
comune a cui egli sia esposto alla pari di qualunque altra persona. (1)
Conseguentemente, se l'operaio per recarsi al lavoro segue una via ordinaria e la percorre salendo in una vet
tura tramviaria nella quale subisce un infortunio, tale
infortunio non può dirsi occasionato dal lavoro e non
è perciò indennizzabile. (2)
(1 2) La giurisprudenza è ormai predominante in questo senso. Vedansi in piena conformità la stessa Cassazione di
This content downloaded from 193.142.30.16 on Sat, 28 Jun 2014 17:55:45 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
(il.URISPRDDENZA CIVILE E COMMERCIALfc. 1266
La Corte, ecc. — Osserva che il primo motivo del
ricorso è fondato.
La Corte di merito infatti, nel confermare l'ammis
sione della prova testimoniale proposta dai coniugi Luigi
Maruoci e Luigia Giannetti per giustificare i fatti posti
da essi a fondamento della loro domanda d'indennità, si
lasciò guidare da un concetto troppo esteso, e quindi non
esatto, dell'art. 7 L. 31 gennaio 1904 per gl'infortuni de
gli operai sul lavoro. L'assicurazione, e quindi la inden
nità, è dovuta per tutti i casi di morte, o di lesioni
personali con le conseguenze ivi previste, per l'infortu
nio che avvenga per causa violenta in occasione di lavoro.
Ora, la parola «occasione», per lo stesso suo significato
letterale e secondo lo spirito che informò le disposizioni
di questa legge, non sta ad indicare un rapporto di stretta
causalità fra il lavoro e l'infortunio, per modo che que
sto ne debba essere la conseguenza immediata e diretta,
ma evidentemente un semplice rapporto occasionale, un
rapporto cioè di causalità anche mediata e indiretta, il
quale nell'avverarsi dell'infortunio entri come concausa
o come un semplice coefficiente. Quindi, nell'applicare
questa legge, che ha avuto di mira di assicurare nelle di^
sgrazie avverantisi per occasione del lavoro un equo com
penso alla classe operaia da parte del capitale, che tanto
si avvantaggia dell'opera manuale altrui, converrà guar
darsi da interpretazioni restrittive, che potrebbero costi
tuire un anacronismo e una ingiustizia, e preferire di
attenersi a larghe interpretazioni, sempre però, ben s'in
tende, entro i limiti segnati dalia lettera e dal fine
della legge che ora si esamina. Certamente, quindi, l'in
fortunio coperto dall'assicurazione e perciò indennizza
bile non lovrà limitarsi a quanto avvenga durante il
lavoro e per cause immediatamente dipendenti dal lavoro
stesso, ma apprendersi per tale anche quello verificatosi
fuori del luogo e del tempo del lavoro medesimo, ma pur
sempre quando le-circostanze di tempo e di luogo, nelle
quali il sinistro si è verificato, rispondano al necessario
requisito di essere state occasionate dal lavoro che l'ope
raio compiva o stava per compiere. Questi criteri furono
già espressi in altra precedente sentenza di questo Su
premo Consesso e si è voluto qui ripeterli quasi con le
stesse parole. Ma allora questa Corte di cassazione pure
osservò, ed è necessario ripeterlo nella causa presente, che anche in coteste larghe interpretazioni conviene sem
pre guardarsi dalle esagerazioni, non andare cioè oltre
quanto è consentito dalla lettera e dallo spirito della di
sposizione legislativa. Non sarà dato quindi trovare alcun
nes30 fra il lavoro e l'evento dannoso, il quale sia dipeso da cause o circostanze affatto estranee al lavoro e che
potevano verificarsi per qualsiasi altro individuo. Sul
quale proposito rettamente si distingue il rischio specifico da quello generico: il primo, derivando, sia per la esi
stenza sia per la qualità, dalle condizioni peculiari del
l'industria, minaccia esclusivamente quelli che con l'in
dustria si trovano in contatto; il secondo, derivando da
circostanze non speciali dell'industria ma comuni, grava
in uguale misura sull'operaio e su qualunque altro indi
viduo.
Roma 25 luglio 1910 (Foro it., 1910, I, 1049, con richiami); Cass.
Napoli 19 novembre 1909 (ibid., col. 96, con nota dell'avv. Per
sico); Cass. Torino 26 settembre 1914 (Foro it., Rep. 1914, voce
Infortuni, n. 161) ; App. Firenze 25 aprile 1914 (ibid., n. 163). — In
senso difforme si veda da ultimo App. Torino 6 maggio 1914
(Foro it., 1914, I, 837) con la relativa nota, e la sentenza dell#
Corte d'appello di Roma 2 marzo 1914 (id., Rep. 1914, voce cit., n. 154), cassata con la decisione qui riferita.
Ora, è certo e sicuro che la legge in parola ha volute
tutelare il rischio professionale dell'operaio, ossia il ri
schio specifico che incombe su lui per occasione del la
voro. Ciò si fa manifesto per l'art. 1° della legge stessa, il quale non contempla che gli operai e neppure tutti gli
operai, ma soltanto quelli addetti alle industrie o ai la
vori più pericolosi. Nella questione poi, assai dibattuta, se l'operaio ga
rantito dalla legge sia coperto dall'assicurazione durante
il tragitto dalla propria casa all'officina o al cantiere di
lavoro, o in quello di ritorno, la dottrina e la giurispru denza hanno ormai si può dire, fissato delle massime ve
ramente razionali e che rispondono ai fini della legge. In genere l'operaio non entra nei rapporti e nell'attività
del lavoro che quando sia giunto nel luogo ove questo dóve eseguirsi. L'operaio quindi che accede a cotesta lo
calità o ne ritorna, finché si vale delle vie e dei mezzi
ordinari di trasporto, comuni ad ogni individuo, trovasi
certamente fuori dell'ambiente e dell'attività del lavoro
e non può correre che rischi comuni. Il rischio può ad
divenire specifico quando per giungere al lavoro debba
necessariamente percorrere una Yia malagevole o perico
losa, o quando i mezzi di trasporto siano forniti dallo
industriale o direttamente o per opera di altri con i quali l'industriale stesso abbia contrattato. In quest'u-ltimo caso
l'operaio entra nella sfera dei rapporti dell'attività lavora
trice, e vi permane, finché si trovi sul destinatogli veicolo
di trasporto, e i rischi che può correre durante tale tra
sporto debbono collocarsi fra quelli specifici.
Orbene, la denunziata sentenza, senza tener conto di
cotesto dichiarazioni e di coteste limitazioni del vero ri
schio professionale o specifico, si lasciò guidare da questo concetto estesissimo ed effrenato che a costituire l'occa
sione di lavoro bastasse qualsiasi nesso di causalità anche
indirettamente col lavoro, qualsiasi rapporto di causalità
che in qualsiasi modo vi abbia contribuito. E applicando siffatto sconfinato concetto, per il quale sarebbe da am
mettersi che l'operaio appena uscito di casa per recarsi
al lavoro, qualunque via tenga o qualunque cosa faccia
durante il tragitto, debba essere indennizzato per qualsi
voglia infortunio capitatogli per via, e che certamente
non gli sarebbe incorso se di casa non fosse uscito, ap
plicò la disposizione dell'art. 7 della legge ad una fat
tispecie che assolutamente non lo comportava. Uscito di casa il giovane Marcucci nel mattino del
14 dicembre 1914 per recarsi a San Paolo a lavorare
presso la Cooperativa arte edilizia, sali sopra una vettura
della linea tramviaria n. 5 esercitata con altre linee dalla
Società anglo-romana. Un corto circuito sviluppò un in
cendio in cotesto carrozzone, e nel trambusto che ne seguì
riportò egli la frattura del cranio, quindi la morte. La
circostanza che egli fosse tuttora operaio di quella Coope rativa fa vivamente contrastata dalla Cooperativa stessa.
Checché fosse di ciò, non si assumeva dagli attori ge nitori di detto Marcucci, né tanto meno si poteva provare, che quella corsa della tramvia fosse effettuata per conto
della Cooperativa stessa e destinata al trasporto dei suoi
operai. Era una delle corse mattutine che fino ad una
certa ora e in talune linee si fanno a tariffa ridotta, e
che se sono usufruite dai vari operai, non sono destinate
esclusivamente ad essi, ma a qualunque classe di persone.
Il Marcucci adunque era liberissimo di avvalersi sia di
cotesto mezzo di trasporto, sia di qualunque altro ordi
nario, non escluso il pedestre. E salendo su quel carroz
zone egli non correva un rischio specifico, a lui proprio
Ir. Fono Italiano — Anno XL — Parte 7-82,
This content downloaded from 193.142.30.16 on Sat, 28 Jun 2014 17:55:45 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
1267 PARTE PRIMA 1268
come operaio, ma quel rischio comune che poteva incom
bere a qualsiasi individuo, che per un qualsivoglia motivo
avesse voluto valersi di quel mezzo di trasporto. Se cotesto infortunio per avventura dipese da colpa
o negligenza della Società tramviaria, era contro questa che i genitori del Marcucci avrebbero potato sperimen tare l'azione ai termini del diritto comune, ma niuna
azione poteva loro competere ai termini della legge spe ciale contro la Società per conto della quale avrebbe egli
dovuto in quel giorno prestar l'opera sua, nè contro l'altro
ente che di tali operai aveva assunto l'assicurazione.
Osserva che, dovendosi per questo primo motivo, che
investe la base della denunziata sentenza, addivenire al
l'annullamento della sentenza stessa, è inutile occuparsi del secondo motivo, che riguarda i rapporti fra l'indu
striale e l'ente assieuratore che rimane assorbito.
Per questi motivi, cassa, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. Udienza 12 giugno 1915; Pres. Capotorti P., Est. De
Luca, P. M. Nonis (conci, contr.) ; Lucidi (Avv. San
drini) c. Ferrovie dello Stato (Avv. Chimienti),
ferrovie — Convellutone dt Berna —• Trasporto <11
merol — Oloblftrailone erronea — Spedizione sena»
Imballaggio — Inapplicability della soprattassa (Con
venzione di Berna 15 dicembre 1902, art. 7).
Nei trasporti ferroviari eseguiti in base alla Convenzione
. di Berna, V Amministrazione ferroviaria non può esi
gere sopratasse per erronea dichiarazione della qua lità della meree, quando questa sia stata spedita senza
imballaggio. (1)
La Corte, ecc. (Omissis) — Per risolvere la contro
versia sul diritto o meno di riscuotere la sopratassa per l'erronea dichiarazione della qualità della merce spedita senza imballaggio, invano ricorrente e resistente vengono invocando la ragione per cui la sopratassa si è stabilita.
Osserva il Lucidi che, quando la spedizione si fa allo
scoperto, la Ferrovia è immediatamente posta in grado di conoscere la qualità della merce che le si consegna e di rettificare eventualmente la dichiarazione sottoscritta
dallo speditore. E aggiunge che, essendo soverchia inge nuità supporre che essa si arresti ad una tale dichiara
zione e non tassi la merce secondo la vera qualità che
le risulta meglio ancora che se fosse indicata nella let
tera di vettura, manca qualsiasi giustificazione per l'ap
plicazione di una penalità, la quale apparirebbe sempre meno giustificabile nel caso in cui sia necessario ricor
rere al criterio dell'assimilazione per non trovarsi la
merce specificatamente indicata nella tariffa.
Sostengono invece le Ferrovie che il gran movimento
del servizio che esse devono compiere e la sollecitudine
richiesta pel suo disbrigo non permettono di- riconoscere
sempre il vero contenuto di una spedizione, anche se la
merce non si trovi imballata, e che ad ogni modo l'esat
tezza della dichiarazione voluta pure in tal caso serve
(1) Nello stesso senso decise anche la Cassazione di Torino, innanzi a cai si presentò per la prima volta la questione, con sentenza 11 gennaio 1909, pubblicata in questa Eaccolta (1909, I, 15L'2) con richiami dottrinali.
La sentenza difforme del Tribunale di Roma 7 giugno 1913, netta stessa causa ora decisa dal Supremo Collegio, frovasi riassunta nel nostro Repertorio del 1914, voce Ferrovie, nn. 170-175.
ad impedire che lo speditore si avvantaggi di una pos sibile negligenza degli agenti ferroviari.
La scelta fra queste opposte pretese dipende al certo
solo da un apprezzamento della estensione degli obbli
ghi da imporsi allo speditore, affinchè, di fronte alle dif
ficoltà che crea il gran movimento del servizio ferrovia
rio, possa il servizio stesso avere una buona esecuzione.
E siccome un tale apprezzamento si è fatto da coloro che
hanno preso parte alla Convenzione internazionale di
Berna, così, dovendosi ricercare, non già quale sia la via
migliore da seguire, ma quale sia quella che è stata pre
scelta, il còmpito del giudice, non altrimenti che'negli altri casi in cui tutto dipende dall'arbitrato del legisla
tore, viene a limitarsi all' interpretazione diretta e in
trinseca della norma da applicare, quando, come nella
specie, la volontà che ebbe a presiedere ad una tal nor
ma non è per alcun'altra via fatta palese. Giacché a torto si afferma dall'Amministrazione re
sistente che uua manifestazione di volontà si sia avuta
nella conferenza internazionale di Parigi per la revisione
della Convenzione del 15 dicembre 1892, dove fu avan
zata la proposta, accolta poi con la Convenzione del 25 di
cembre 1898, di applicare la sopratassa non solo per le
false, ma anche per le erronee dichiarazioni della qualità della merce, non potendosi dal fatto di non vedersi
richiesto il concorso del dolo nello speditore trarre la con
seguenza di essersi voluta stabilire la penalità per dichia
razioni che non solo siano erronee, ma che tali si mo
strino nel momento in cui si eseguisce la consegna al
vettore. Tanto è ciò vero, che l'art. 105 delle nostre ta
riffe e condizioni pei trasporti interni, dopo aver deter
minato la pepalità per le inesatte dichiarazioni della qua lità della merce, riconosce espressamente che essa non
va corrisposta nel caso che la merce sia spedita senza
imballaggio. È venendo all' interpretaeione diretta e intrinseca del
testo della Convenzione, non può mettersi in dubbio la
giustizia della tesi del ricorrente.
Con lo stabilire che la Ferrovia ha diritto tanto di ve
rificare se il contenuto dei eolli corrisponda alla dichia
razione della lettera di vettura, quanto di controllare il
peso delle memi, e coll'aggiungere immediatamente che
si trovano determinate nel regolamento le sopratasse da
pagarsi sia nel caso d'inesatta dichiarazione del conte
nuto, sia in quello d'indicazione di un peso inferiore al
reale, l'art. 7 della Convenzione lascia nella maniera più chiara comprendere che la sopratassa va corrisposta sol
tanto nei casi di erronea dichiarazione del contenuto dei
colli o d'inesatta dichiarazione del peso. L'intimo nesso che esiste fra le due parti consecutive
della disposizione, e che dalla costruzione del discorso è
fatto palese, toglie la possibilità di una contraria inter
pretazione, dovendosi aver riguardo, oltre che al signi
ficato, alla connessione delle parole nel ricercare il senso
della legge. E siccome le Ferrovie non pure non negano, ma
espressamente riconoscono che alle merci imballate deve
necessariamente essersi riferito l'art. 7 nel parlare di
verifica del contenuto dei colli, e si vedono costrette a
riconoscerlo, sia perchè altrimenti non si spiegherebbe il richiesto intervento dello speditore nella verifica, sia
perchè, mentre si dichiara che questa va fatta in con
formità delle leggi del territorio dove ha luogo, le nostre
tariffe ferroviarie non dettano che le norme per l'aper tura dei colli allo scopo di verificarne il contenuto, cosi
This content downloaded from 193.142.30.16 on Sat, 28 Jun 2014 17:55:45 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions