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Udienza 4 maggio 1893; Pres. Dei Bei, Est. Orilia; Marsili, Chiesa-Bini (Avv. De Dominicis,Caroselli) c. Vernesi (Avv. Ferreri) e FabianiSource: Il Foro Italiano, Vol. 18, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1893), pp. 803/804-805/806Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23097777 .
Accessed: 18/06/2014 03:42
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803 PARTE PRIMA
obiettare che nel caso si deve riconoscere che vi
era un'impossibilità di procurarsi la prova scritta.
Si vorrebbe dire in sostanza che qui si tratta di
una promessa che è opera di una parte sola, sen
za che la medesima abbia radice in un qualche ac
cordo d'elle parti di cui si potesse far constare con
scritto.
Comunque siasi, ad ogni modo una ragione vale
sempre per tutte e rende inutile il più oltre sof
fermarsi su questo terreno della prova testimonia
le. Conviene che il fiduciario non solo dichiari la
fiducia od anche prometta di eseguirla, ma che for
nisca egli stesso spontaneamente la prova provata
della sua 'lichiarazione od anche della sua pro
messa di eseguire la fiducia; l'art. 829 dichiara che
non è ammessa alcunn prova, e quindi vieta ogni
prova tanto diretta che indiretta e cosi anche la
prova testimoniale della confessione o della pro messa con cui si verrebbe a fare entrare dalla fi
nestra ciò che l'articolo ha cacciato dalla porta.
Ecco perchè la prova deve risultare per iscritto
spontaneamente emanante dallo stesso fiduciario;
allora si avrà la spontanea dichiarazione o la spon
tanea promessa da lui stesso provata e sanzionata
per cui potrà essere costretto ad eseguirla.
Ma ogni prova che voglia dare il pretendente di
verbale dichiarazione o promessa, ogni prova non
precostituita della medesima, non può venire ac
colta, ostandovi l'art. 829, la cui disposizione sa
rebbe illusa so per questa via indiretta si venisse
a dare la prova della fiducia. Non è quindi nem
meno il caso di fare la distinzione fra la prova te
stimoniale di fatti materiali e di fatti giuridici; in
questa materia delle fiducie essendo vietata ogni
prova non precostituita della relativa dichiarazione
o promessa del fiduciario che riuscirebbe alla prova
della fiducia stessa, la prova testimoniale è esclusa
tanto pei fatti materiali da cui si volessero trarre
delle induzioni, che pei fatti giuridici; è esclusa
ogni prova diretta o indiretta, perchè riuscirebbe
sempre prova della fiducia medesima.
Dopo ciò sarebbe superfluo l'occuparsi anche dei
capitoli nono e decimo. (Omissis). Per questi motivi, ecc.
CORTE D'APPELLO DI ROMA.
Udienza 4 maggio 1893; Pres. Dei Bei, Est. Orilia;
Marsili, Chiesa-Bini (Avv. De Dominicis, Carosel
li) e. Vernesi (Avv. Ferreri) e Fabiani.
ILocazione — Uiiivei»salit}\ di mobili — Farina
eia — Facolià dèi conduttore — Obblighi del
locatore — Pignoramento delle cose locate
(Cod. eiv., art. 1575, 1585, 1732; cod. proc. civ.,
art. 647).
Possesso — Universalità di mobili — Equiva
lenza al titolo (Cod. civ., art. 707).
I medicinali d'una farmacia costituiscono un'uni
versalità di mobili, che sebbene distinti, sono co
sì stretti da un nesso ideale, da formare un tut
to unico ed identico con effetto continuativo,
malgrado il cambiamento successivo delle cose
singole che lo compongono, fi) Nella locazione di una universalità di mobili il
conduttore ha facoltà di alienare le singole cose, salvo l'obbligo di surrogarle con altre che val
gano a reintegrare l'universalità. (1)
Quindi, se il conduttore per reintegrare l'univer
salità delle cose contrae debiti, il locatore, come
mandante, deve risponderne ; e non pub opporsi con giudizio di separazione al pignoramento che
i creditori facciano sull'universalità delle cose
locate.. (3) Anche per le universalità di cose mobili vige il
principio che il possesso vale titolo. (4)
La Corte, ecc. (Omissis) - La privata scrittura
del 5 novembre 1874 contiene due convenzioni re
lative al capitale mobiliare esistente nella farma
cia di via Urbana n. 12, trasferita poi al n. lo e quin di al n. 141 della stessa strada; e, cioè, il trasferi
mento di proprietà dal Viviani nel Chiesa-Bini pel
prezzo che sarebbe stato determinato dal perito Sil
vestri, e la locazione dello stesso capitale concessa
dal Chiesa-Bini al Viviani per la corrisposta di L.
40 al mese. In questa duplice convenzione la ve
dova Chiesa-Bini ha fondato la sua domanda in se
parazione dei mobili e medicinali pignorati da Ver
nesi. Essa sostiene che l'oggetto del contratto sia
una universalità di cose; le quali, sebbene tra loro
distinte, pure, essendo soggette allo stesso nome
« farmacia », sono cos'i strette da un nesso ideale,
da formare un tutto unico ed identico con effetti
continuativi, malgrado il cambiamento successivo
delle cose sìngole che lo compongono.
La Corte non dissente, come non dissentì il Tri
bunale, da questo concetto. Non vale obbiettare
che per leggi proibitive del tempo l'esercizio della
farmacia appartenga al Viviani; in quanto che le
leggi medesime non impedivano, nè potevano im
pedire che la proprietà delle cose, le quali sotto
qualunque nome si aggruppavano, appartenesse a
persona diversa dallo esercente; e quindi la uni
versitas rerum componente la farmacia esercitata
dal Viviani ben poteva appartenere al Chiesa-Bini
(Omissis). La Corte ha ritenuto che, ammesso pure il con
cetto deU'universitas, ancorché ampliato a tutto il
(1-3) Sulla dibattuta e delicata questione relativa alla
proprietà e alla disponibilità dello merci di un negozio da to in locazione o in usufrutto, rammentiamo da ultimo la sentenza della Corte d'appello di Milano 26 febbraio 1889
(Foro it., 1889, I, 825), rimandando per un più accurato stu dio sui vari punti della questione, e precipuamente sul di
ritto del conduttore rispetto alle cose locate e sul concetto della universalità di mobili, alle note dei nostri collabora tori. V. Scialoja L. Mortara e C. Vivantk (Foro it.., 1888, I, 705; 1885, I, 805; 1888, I, 940) e alle relative sentenzo da essi
annotato, nonché alla molta e varia giurisprudenza ivi ri
chiamata. V. pure App. Milano 11 febbraio 1890 (Foro it., Eep. 1890, voce Usufrutto, n. 3-5).
(4) V. nello stesso senso App. Bologna 8 giugno 1888 (Fo ro it., 1888, I, 940) con la nota sovra citata del p rof. Vivante.
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GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE
capitale caduto sotto il pignoramento del Vernesi,
e cosi senza le limitazioni vagheggiate dal Tribu
nale, la posizione giuridica dei Chiesa-Bini, non
ostante tutte queste concessioni, non ne venga
migliorata. Difatti, il Chiesa-Bini, con la locazio
ne del 1874, pur rimanendo proprietario della uni
versitas rerum componente la farmacia già del Vi
viani, ne concedeva allo stesso l'uso ed il godimento.
La Corte non va lino al punto di ritenere che, trat
tandosi di cose fungibili, l'uso ed il godimento equi
valgano alla proprietà delle cose singole, con l'ob
bligo di surrogare merci e generi nuovi a quelli che
si consumano, perchè il concetto della proprietà nel
conduttore potrebbe parer ripugnante al fondamen
to del contratto di locazione, che è semplicemente
di godimento; opina però, confortata dalla autorità
della nostra Corte regolatrice (sentenza 24 novem
bre 1882; Foro it., 1883, I, 705), che nell'atto della
locazione il conduttore riceva il mandato dal loca
tore di alienare i generi e le merci componenti la
universitas, come procuratore in rem propriam,
fermo l'obbligo della surrogazione. Difatti, senza
il mandato di vendere, il Viviani non avrebbe po
tuto esercitare la farmacia; e senza quello di com
prare, non avrebbe potuto reintegrare la universi
tas che a suo tempo doveva restituire ai Chiesa
Bini. Ciò posto, la quistione è decisa testualmente
dall'art. 1732 cod. civ., dettato espressamente pei*
regolare i rapporti del mandante verso i terzi, nel
quale è detto che il mandante è tenuto ad esegui»
re le obbligazioni contratte dal mandatario secon
do le facoltà che gli ha dato.
Nessuno potrebbe mettere in dubbio che i debiti
contratti dal Viviani, sia pure solidalmente col Fa
biani, si formassero appunto per reintegrare la far
macia nel suo insieme, e quindi siano nei limiti
delle facoltà ricevute, e così facciano carico al
mandante, che è tenuto direttamente ad eseguirle.
Se è così, vien meno ai Chiesa-Bini ogni buon fon
damento per sostenersi nella domanda di separa
zione.
Né si dica che il Vernesi avrebbe dovuto proce
dere a giudizio di cognizione anche in confronto
dei Chiesa-Bini prima di passare ad atti esecutivi
in loro danno; imperocché la osservazione potreb
be avere il suo valore se il Vernesi avesse pigno
rato beni in possesso dei Chiesa-Bini, e non già
quelli trovati in possesso dei suoi diretti debitori,
già condannati con sentenza definitiva. La regola
« universitas iuris possideri nequit », che ha ispirato
l'ultima parte delio art. 707, non si applica alle
universalità di fatto, per le quali continua ad avere
vigore la regola che in fatto di mobili il possesso
vale per titolo. 11 Vernesi aveva nella farmacia
in Via Urbana n. 15, che era sotto la Ditta Fal
ciani e Viviani, trovato effettivamente Virginio Fa
biani e Costantino Viviani, ed era autorizzato dal
l'art. 707 a crederli i veri proprietari. Se avesse
fatto indagini ulteriori, avrebbe saputo che Fabia
ni e Viviani erano soci con contratto regolarmente
trascritto, senza però riuscire a scoprire l'ombra
dei Chiesa-Bini che lasciavano a Viviani e socio
l'uso, il godimento, il possesso, la Ditta. 11 Ver
nesi contrattò con quei due legittimamente, conside
rando come loro proprie le cose mobili di cui li vide
in possesso. Se riuscisse ai Chiesa-Bini sottrarre
al credito i mobili che non han pagato nè diretta
mente nò per mezzo del mandatario cui avevano
dato incarico di pagarli, sarebbe aperto il più lar
go campo alle frodi, con danno irreparabile del
commercio e con offesa evidente della buona fede.
In conseguenza ai Chiesa Bini deve essere vietato
ogni reclamo. Nè essi ne soffriranno; imperocché
hanno sempre il diritto di costringere il Viviani
a reintegrare la universitan che gli affidarono. Se
poi l'azione che spiegheranno contro questo ultimo
non darà buoni risultati, la colpa sarà dell'inadem
piente, imputabile sotto altro aspetto anche agli
stessi Chiesa-Bini, che stabilirono una convenzione
a vita con chi non offriva garanzie sufficienti.
Per questi motivi, ecc.
CORTE D'APPELLO DI TORINO.
Udienza 2 dicembre 1892; Pres. ed est. Skcco-Suau
do P. P.; Fine (Aw, Benso) c. Pron (Aw. Tkbp
piè)
I4jh«ciizìoii« immobiliare — Precetto — Opposi
zione Forma — Vermine — Buffetto (Coti.
proc. civ., art. 660). §2sec(izionc immobiliare —- Irretii (lei debitore
— Titolo esecutivo — Notificazione omessa —
Notizia del titolo — Protesto «li effetto cam
biario — Nullità sanata (Ood. proc. civ., art. 560).
L'opposizione a precetto immobiliare proposta nel
termine di 30 giorni, di cui all'art. 660 cod.
proc. civ., è ammessibile, ma non sospende l'ese
cuzione. (I)
Dessa è proponibile in via di eccezione contro la
istanza di autorizzazione alla vendita. (2)
Trattandosi di esecuzione immobiliare contro l'ere
de, la notificazione del titolo esecutivo deve pre
cedere di cinque giorni quella del precetto, anche
se trattasi di cambiale scaduta dopo la morte
del debitore originario. (3)
La notificazione preventiva dev'esser fatta dal
l'usciere, e non può supplirsi dalla notizia del ti
tolo esecutivo che l'erede abbia altrimenti, avuta
ne dalprotesto della cambiale, in ispecie se levato
al domicilio dell' originario debitore senza nep
pure nominarsi l'erede. (4)
La nullità derivante dall'omessa notificazione pre
ventiva del titolo esecutivo all'erede non e sanata
daldecorso di tempo considerevole primadella ci
tazione per l'autorizzazione alla vendita.
(L-2) Nella giurisprudenza si distingue tra le opposizioni di forma e queLle di merito ; le prime soltanto debbono pro
! porsi, sotto pena di decadenza, nel termine prescritto dal"
I l'art. 660 (Y. Cass. Roma 4 maggio 1891, Foro itRep. 1891
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