Udienza 5 decembre 1885; Pres. Crispo Floran, P. P., Est. La Manna, P. M., Armò (concl. contr.);Nicosia (Avv. Todaro e Gugino) c. Comune di Sperlinga (Avv. De Simone)Source: Il Foro Italiano, Vol. 11, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1886), pp. 735/736-737/738Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23091994 .
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735 PARTE PRIMA
ghezza della proprietà dell'acquirente; laddove nel
l'art. 555, che vuol essere posto in correlazione non
col successivo, ma con quelli da cui è immediata
mente preceduto, ed ancora al caso in cui il vicino
abbia innalzato a sue esclusive spese un muro già
comune fra i due proprietari confinanti, bastava il
dichiarare che volendosi acquistare la comunione
anche della parte alzata, l'altro vicino dovesse pa
gare la metà della: spesa che costò l'alzamento, per
ché si dovesse senz'altro intendere doversi la comu
nione del medesimo estendere per tutta la sua lun
ghezza sovrastante al muro già comune.
Del resto, oltre la lettera, anche la ragione della
legge conduce ad una interpretazione siffatta, im
perocché se l'osse lecito al vicino di acquistare quelle
sole parti dell'alzamento di cui abbia bisogno per
appoggiarvi il proprio edilìzio o per altro uso, da un
lato si andrebbe incontro a quelle incertezze e con
fusioni di proprietà che importava di evitare, e d'al
tro canto, siccome una frazione qualunque di un
muro si sorregge pel contrasto non solo delle parti
sottostanti, ma anche delle parti laterali, cosi il
vicino acquirente di una sola frazione potrebbe ve
nire a godere in realtà di tutto l'alzamento senzs,
concorrere in tutta la spesa a cui l'altro ha dovuto
far fronte per costruito.
Attesoché senza fondamento per censurare la sen
tenza si osserva che sarebbesi pur dovuto, per lo
gica conseguenza, imporre al Borello l'obbligo di
acquistare l'alzamento per tutta la sua altezza, i!
che non fu fatto; poiché è ovvio il rispondere che
avendo i fratelli Vitale acconsentito ache l'acquisto fosse limitato alla sola altezza a cui ascende la co
struzione del Borello, e non potendo mai i giudici concedere oltre il domandato, non aveva già la Corte
uopo di esaminare se le parole e la ragione della
legge inducano pure a far ritenere che l'acquisto della parte alzata debba estendersi a tutta la al
tezza a cui sia piaciuto al vicino di farla giungere. Per questi motivi, rigetta ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI PALERMO.
Udienza 5 decembre 1885; Pres. Crispo Floran, P.
P., Est. La Manna, P. M., Armò (conci, contr.) ; Nicosia (Avv. Todaro e Gugino) c. Comune di Sper
linga (Avv. Db Simone).
Appello — Esecuzione immobiliare — Citazione e
uotideazione (Cod. proc. civ., art. 703). Connine — Beni assegnati in corrispettivo degli
usi civici — Beni patrimoniali.
La citazione d'appello nei giudizi di espropriazione immobiliare è validamente diretta alla parie e
notificala al suo procuratore. (1)
2 I beni assegnati ai Comuni in corrispettivo degl
aboliti usi civici sulle terre ex feudali non sono
di pubblico demanio comunale, ma patrimoniali
e quindi alienabili.
La Corte, ecc. — Osserva sul primo mezzo, che,
se la vigente legge di procedura civile, nel fine di
procurare il sollecito svolgimento dei giudizi di e
spropriazione, ha ingiunto, con l'art,. 703, doversi
l'atto di appello notificare ai procuratori delle parti,
che hanno interesse contrario alla riforma della
sentenza, e al debitore, a norma dell'art. 695, cosic
ché più speditamente sul luogo stesso del giudizio
avvenga tale notificazione, non ha potuto derogare
alla necessaria citazione delle parti, anziché de' loro
procuratori, da intimarsi, sibbene, a costoro per la
maggiore brevità del procedimento. Occorre rettamente distinguere la notificazione, e
la citazione, com'è appunto per regola questa distin
zione sancita dall'art. 145 della procedura, ed in coe
renza ad essa, ritenere che la citazione non può es
sere ad altri fatta, se non alla parte medesima
interessata, anziché al suo procuratore; però la no
tificazione dee farsi a quest'ultimo, appunto per ese
guire la sollecita definizione del giudizio.
Di ciò si ha un esplicito argomento nella disposi
zione del citato articolo 695 della procedura, ov'è
detto che l'atto si notifica al procuratore del debi
tore, e, se il debitore non ha costituito procuratore,
l'atto si affigge alla porta esterna della sede del
tribunale. La legge, insomma, ha provveduto ad
una forma più pronta di notificazione; ma non ha
per questo trascurato la sostanza della citazione,
che non può non dirigersi alla parte medesima in
teressata, anziché al suo procuratore.
Non può, dunque, ritenersi che venga in contrad
dizione alla legge la dichiarazione di appello con
citazione alla parte, notificata, sibbene, come nella
specie, al procuratore di lei, facendo consegna della
copia al figlio, secondo l'articolo 139 della procedura.
E deesi, per conseguenza, il primo mezzo rigettare.
Osserva sul secondo mezzo, che il Comune è l'ente
morale, il quale rappresenta la universalità de'cit
tadini, e riassume in questa rappresentanza la
somma dei dritti e de' doveri di tutta la cittadi
nanza, sia che riguardino l'ordine generale, sia che
riflettano i bisogni speciali, cui non può essere prov
veduto singolarmente da ciascuno.
Nell'un caso sorge i! concetto della pubblica de
manialità, nell'altro emerge quello della patrimo
nialità, o proprietà privata del Comune. Or se l'a
bolizione degli usi promiscui, pel progresso dei temp1
e per l'immegliamento dell'agricoltura e del com
(1) V. la nota apposta alla contraria sentenza della Cassazione di Firenze 10 marzo 1884 (Foro it., 1884, I, 93), nella quale è richia mata la giurisprudenza fino allora conosciuta.
Posteriormente si ̂ pronunziarono in senso conforme la Cassazione
41 Roma 16 febbraio 1885 (id. id., 1885, 1, 383) e la Cassazione di
Napoli 11 dicembre 1883 e 7 maggio 1884 (id. id., Rep., 1884, voce
Appello civ., n. 79 e 100). Si vegga pure Cass. Roma 21 marzo 1884
j (id. id., 1884, detta voce, n. 103). Si pronunziò in senso contrario la Corte d'appello di Napoli 4
giugno 1884 ivi, n. 98).
| In quanto all'altra questione se sia valido l'atto d'appello diretto
J alla parte e notificato alla medesima nel domicilio eletto presso il
procuratore, vedi Cass. Napoli 23 novembre 1883 (id. id. 1884,1, 14o).
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GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE
mercio, portò il corrispettivo dell'assegnazione dì j una quota delle terre ex feudali, e se la proprietà !
fondiaria di questo corrispettivo, assegnata nell'in- j teresse dei comunisti, fa d'uopo essere esplicata dal
legittimo rappresentante di loro, cioè dal Comune,
appunto perchè a tale esplicazione non può ciascun
comunista singolarmente provvedere, ne viene evi
dentemente che quella proprietà sia del Comune, e
che i beni assegnati non possano annoverarsi che
nella categoria de' beni patrimoniali. A questa necessaria conseguenza non si oppone la
mantenuta destinazione all'uso de' singoli, la ripar tizione delle terre ai comunisti, mercè l'annua pre stazione di un canone verso il Comune.
È dessa una modalità rispondente all'esercizio del
primitivo diritto; ma non attiensi per fermo al pub blico demanio, sibbene ad una proprietà meramente
fondiaria, o patrimoniale. Di ciò si ha il più luculento argomento nelle in
vocate disposizioni della legge del 1816, e nelle istru
zioni del 1841, che necessariamente suppongono la
proprietà fondiaria del Comune, malgrado la ripar
tizione delle terre ai comunisti, mediante il corri
spettivo di un'annua prestazione, o canone, a suo
favore; ed è anche ribadito dall'ari. 112 dell'attuale
legge com. e prov., secondo cui il godimento in na
tura degli abitanti del Comune non disdice al carat
tere patrimoniale de' beni, dei quali vien questo go
dimento accordato.
E ciò basta per riconoscere sino all'evidenza come
nel rinnegare questo'carattere ai beni in disputa, siasi la Corte di appello di Catania ingannata, e
debbasi perciò annullare la sua sentenza.
Per questi motivi, ecc.
CORTE D'APPELLO DI GENOVA
Udienza 27 luglio 1886; Pres. Gori, Est. Clerici ; Buriassi (Avv. Accorsi) c. Viaui (Avv. Betti e
Bensa).
Servitù — Veduta diretta — Prescrizione (Cod.
civ., art. 590).
Servitù — Calice e veduta diretta — Caratteri di
stintivi — Inferriate — Acquisi» della niedianza
del muro (Cod. civ., art. 584, 585).
Servitù — Finestre — Chiusura — tregge nuova.
La parola altrimenti nell'art. 590 cod. civ. italiano
riguarda anche l'acquisto del diritto di veduta
diretta, o finestra a prospetto, per mezzo della
prescrizione. (1)
La servitù legale di cui air art. 590, non è quella ne prospectui officiatur, ma è piuttosto la servitù
ne luminibus officiatur, alquanto più estesa di
quelle di finestra, o di luce ed aria, contemplate da altri codici. (2)
Veduta diretta è contrapposta a veduta obliqua; ed
è quella che si esercita spingendo lo sguardo di
rettamente avanti la persona verso il fondo del
vicino od anche al dissopra di questo. (3) Una veduta diretta o finestra di prospetto, munita
di invetriale mobili, e alta meno di due metri
dal suolo, non può considerarsi semplice luce di
tolleranza, secondo gli art. 584, 585 c. c. (4) In tal caso non osta al carattere di finestra di pro
spetto Vessere la finestra munita di inferriata in
fissa nel muro, specialmente se le maglie del
l'inferriata non hanno Vapertura, di dieci centi
metri,, giusta l'articolo 584 del codice civile. (5) La facoltà, accordata dall'articolo 6!4 del codice
albertino al vicino, di chiudere le finestre di un
muro finitimo, benché acquistala per prescrizione, non può più essere esercitata vigendo il codice
civile italiano.
(1-5) A conferma della sapiente decisione surriferita circa le diffe renze tra la veduta diretta o finestra di prospettore la semplice luce di tolleranza, giusta gli articoli 584, 585, 590 del codice civile
italiano, stimiamo opportuno aggiungere le seguenti osservazioni.
L'art. 590, prescrivendo la distanza di tre metri di ogni nuova co struzione dalla veduta diretta o finestra di prospetto, aperta nel muro del vicino, non definisce che cosa propriamente s' intenda per finestra di prospetto, o veduta diretta. Da ciò consegue che il co dice civile italiano non può intendere queste parole in senso diverso da quello che vien loro comunemente attribuito, e che la disposi zione dell' articolo 590 in particolare, di cui è quistione, è appli cabile nella causa decisa dalla surriferita sentenza già solo e perchè esso vi è applicabile secondo il comune significato attribuito alle parole veduta diretta o finestra di prospetto. Si afferma in contrario che servitù di prospetto significa diritto di godere di un'amena prospet tiva sul fondo del vicino, e si cita in appoggio la 1. 14 D. de servii,
praed. urb., dove si legge: in prospectu plus quis habet ne quid ei officiatur ad gratiorem prospectum et liberum. Ma che non sia
propriamente essenziale l'amenità della veduta alla servitus pro spectus in diritto romano, ò opinione di tutti ì giureconsulti, i quali hanno per conseguenza fatto distinzione fra il prospectus, di cui nella detta 1. 14, e la servitus prospiciendiì o ne prospectui of ficiatur, di cui nella 1. 3 d. t. e nella 2 § 1, de action. Fra gli altr* codesta distinzione è ammessa da Puchta e da Vangerow. Altri, e forse i più, la ripudiano; ma chi preferisce questa seconda opinione deve certamente ritenere in pari tempo che V amenità non sia ca rattere essenziale della servitù della veduta, poiché non in tutti i passi romani suaccennati ne è fatta menzione. Molto meno poi ap parirebbe applicabile nel codice civile italiano la distinzione suddetta se anche fondata fosse nel diritto romano, al riflettere che quel codice parifica la veduta diretta alla finestra di prospetto. La ve duta diretta non ha certamente bisogno di essere amena. Essa è
semplicemente il vedere qualcosa nell'atto in cui si prende aria; il vedere e il prendere aria nella medesima direzione e facendo uso della medesima apertura, senza bisogno di compromettere la propria salute per un altro verso, arrampicandosi, o montando in cima ad una scala, qualunque del resto sia la bellezza e l'amenità delle cose che si vedono, ed anche qualunque sia la estensione dell'orizzonte dominato collo sguardo, purché non sia meno largo di tre metri di fronte alla finestra. Se del resto il nostro legislatore reputasse ne cessaria alla finestra di prospetto l'amenità, come avrebbe egli con cesso al vicino di fabbricare dirimpetto alla relativa finestra, alla sola distanza di tre metri? Quale amenità può mai in nessun caso avere una veduta che non si protende più ih là di tre metri da colui che stà riguardando? Per questo capo adunque non è a dubitarsi che le espressioni veduta diretta, finestra di prospetto, nell'art. 590 del codice civile italiano non hanno altro significato che quello naturale, cioè quello ad esse attribuito nel comune discorso; che la finestra di cui era quistione davanti alla Corte di Genova aveva tutti i carat teri di finestra di prospetto o di veduta diretta, e che il non ap plicarvi il disposto di detto articolo sarebbe stato contravvenire al naturale significato delle parole, alle esigenze del comune senso di
giustizia, e al ragionevole intendimento del legislatore. Ma si obbietta altresì, veduta diretta o finestra di prospetto
non può essere nel codice civile italiano quella che più propriamente
l Foro Italiano — Volume XI — Parte I - 47.
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